sabato 23 dicembre 2017

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 8

Anton Cechov

- nequiquam (1133): la parola lunga e pesante, in posizione enfatica, inficia l'accumulo di cose ammucchiate ed esibite.
amari: "la paronomasia-come ai vv. 1054 e 1056 riduceva l'amor a pura manifestazione fisiologica (umorem)- qui lo riduce a semplice sofferenza interiore (amari)"[1].
"aut cum conscius ipse animus se forte remordet/desidiose agere aetatem lustrisque perire... " (vv. 1135-1136), o perché l'animo senza volere si tormenta da solo rendendosi conto di passare la vita senza far nulla e di esaurirsi nella crapula...
forte: il tormento viene addosso "per caso" nel senso che quando agiamo in maniera distruttiva e contraria alla vita in generale, o, nella fattispecie, al mos maiorum, cerchiamo di respingere la pena, ma questa, sempre viva, ci vola addosso. Per l'immagine mutuata cfr. Edipo re, vv. 481-482
desidiose (1136) Cfr. gli occupati otiosi del De brevitate vitae di Seneca: sibi ipsi molesti sunt: quorum non otiosa vita dicenda est srd desidiosa occupatio (12, 2), sono molesti a se stessi, quelli la cui vita non è libera da occupazioni ma una occupazione inoperosa.
Non habent isti otium sed iners negotium, costoro non hanno tempo libero da occupazioni ma un affaccendarsi inutile (12, 4).
Uno di questi portato a braccia fuori dal bagno e posto su una portantina, disse: iam sedeo? (12, 7) sono già seduto
 il loro passatempo è una desidiosa occupatio, una occupazione inoperosa, un iners negotium un affaccendarsi inutile. Costoro sibi ipsi molesti sunt.

"aut quod in ambiguo verbum iaculata reliquit/quod cupido adfixum cordi vivescit ut ignis, aut nimium iactare oculos aliumve tueri/quod putat in vultuque videt vestigia risus " (vv. 1137-1140), o perché ella, scagliata una parola in parte incerta, ha lasciato qualcosa che, conficcata nel cuore bramoso, fiammeggia viva come fuoco, o perché egli pensa che lei lanci troppe occhiate e miri a un altro e vede nel volto il riflesso di un sorriso.
aut: altra spiegazione di questa eziologia del dolore.
- in ambiguo=in ambiguum. Ambiguus è formato da amb- e ago:" che inclina in due direzioni, malfermo".
 Abbiamo visto che Pirandello estende questa ambiguità a ogni comunicazione verbale[2]
iaculata (da iaculor; iaculum è il giavellotto): la parola della donna amata, se non è del tutto benevola, diventa un’arma.

Sentiamo di nuovo Leopardi in Aspasia: "Narra che prima,/e spero ultima certo, il ciglio mio/supplichevol vedesti, a te dinanzi/me timido, tremante (ardo in ridirlo/di sdegno e di rossor), me di me privo,/ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto/spiar sommessamente, a' tuoi superbi/fastidi impallidir, brillare in volto/ad un segno cortese, ad ogni sguardo/mutar forma e color" (vv. 92-101).

adfixum... ignis (1138) : la ferita e la fiamma sono messe insieme perché si potenzino a vicenda nel rappresentare la pena d'amore.-iactare oculos : il verbo iacto, etimologicamente imparentato con iaculor , lancio, iaculum, giavellotto, e iactura, il gettare nel mare, la perdita, il danno, rende l'idea del lancio dannoso: in questo caso di un'arma a doppio taglio che lusinga l'occhieggiato e ferisce l'amante.-in vultuque videt vestigia (1140): la triplice allitterazione in v- sembra rendere fonicamente il rimuginare sofferente del geloso.
"Atque in amore mala haec proprio summeque secundo/inveniuntur; in adverso vero atque inopi sunt,/prendere quae possis oculorum lumine operto,/innumerabilia; ut melius vigilare sit ante,/qua docui ratione, cavereque ne inliciaris " (vv. 1141-1145), e questi mali si trovano in un amore conquistato e corrisposto al massimo, ma in uno non contraccambiato e per il quale non si ha la forza, ce ne sono innumerevoli che puoi afferrare a occhi chiusi; sicché è meglio mettersi in guardia prima, secondo il metodo che ho insegnato, e stare attento a non essere adescato.-inopi : per conquistare l'amore come per vincere guerre o gare ci vogliono mezzi (opes ) che possono variare dalla bellezza, alla ricchezza, al potere, al genio, poiché l'amore, soprattutto quello delle donne, nasce dall'ammirazione.

"Farsi amare per pietà, quando l'amore nasce solo dall'ammirazione, è un'idea molto degna di pietà"[3].

Nelle Troiane di Euripide, Elena, secondo Ecuba, fu attirata dallo splendore di Paride: sia quello della bellezza, sia quello delle ricchezze che portava con sé e che possedeva a Troia dove l'oro scorreva a fiumi. L'adultera, lasciata Sparta, sperava di sommergere nelle spese la città dei Frigi, poiché non le bastavano i palazzi di Menelao per trasmodare nel lusso (vv. 994-995).
Quanto al suo parteggiare per i Troiani o per i Greci durante la guerra, la bellissima stava sempre dalla parte del vincitore: se prevaleva Menelao, lo esaltava per umiliare Paride, se avevano successo i Troiani, lo spartano non era più nulla ("oujde;n h\n o{de", v. 1007). La figlia di Zeus insomma seguiva la fortuna, non la virtù. In effetti non solo l'adultera di Sparta ma le femmine, umane e no, in genere hanno senso pratico e stanno sempre dalla parte di chi ha i mezzi per vincere. "Le donne non perdonano l'insuccesso", dice bene Kostantin, il ragazzo suicida de Il gabbiano [4] di Cechov: "Se una donna non tradisce, è perché non le conviene" sostiene Pavese[5]. Inoltre: "Le puttane battono a soldi. Ma quale donna si dà altro che a ragion veduta?"[6].

ut : conclusivo.
-inliciaris : verbo formato da in +lacio (attiro, irretisco).

Per non lasciarsi sedurre bisognerebbe mangiare soltanto l'esca, senza essere mai presi, come suggerisce Kierkegaard. Prima di innamorarci di una donna dovremmo guardare, oltre che al suo aspetto, importantissimo per carità, anche alla sua moralità, alla sua educazione, alle sue abitudini. Abbiamo già detto di Swann che, adescato, non vede l'insufficienza dell'educazione di Odette.

"Nam vitare, plagas in amoris ne iaciamur,/non ita difficile est quam captum retibus ipsis/exire et validos Veneris perrumpere nodos " (1146-1148), infatti evitare di gettarsi nelle reti d'amore, non è così difficile come una volta incappato nei lacci stessi uscirne e spezzare a forza i robusti nodi di Venere.-plagas ... retibus ... nodos : l'amore ancora una volta[7] che imbriglia, allaccia, inceppa.

Ma si tratta sempre di amori sbagliati, anzi di rapporti malevoli che tendono appunto a depotenziare e sottomettere. Come questo descritto da Pavese:"Quale mezzo migliore per una donna che vuole fottere un uomo, se non portarlo in un ambiente non suo, vestirlo in un modo ridicolo, esporlo a cose di cui è inesperto, e-quanto a lei-avere nel frattempo altro da fare, magari quelle cose stesse che l'uomo non sa fare? Non solo lo si fotte davanti al mondo, ma-importante per una donna che è l'animale più ragionevole che esista-ci si convince che va fottuto, si conserva la buona coscienza"[8]. Tale pessimismo nei confronti dell'amore e delle donne certamente non è estraneo al suicidio di tali autori.


CONTINUA



[1]I. Dionigi, La Natura Delle Cose , p. 413.
[2]Sei personaggi in cerca d'autore (parte prima).
[3] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 10 marzo 1938.
[4]Atto secondo. Cechov è vissuto tra il 1860 e il 1904. Il gabbiano è del 1895.
[5]Il mestiere di vivere , 31 ottobre 1938.
[6]Il mestiere di vivere , 17 gennaio 1938.
[7] Cfr. il già citato Agamennone di Eschilo, v. 1116.
[8]C. Pavese, Il mestiere di vivere , 26 aprile, 1936.

1 commento:

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