domenica 31 dicembre 2017

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 10

Edward John Poynter, Lesbia e il suo passerotto

Catullo mette la carnagione chiara tra le doti fisiche gradite a molti, ma non sufficienti secondo lui, quando mancano la venustas, la grazia, e la mica salis, il grano di sale, a costituire una bella donna. Tale è solo Lesbia: "Quintia formosa est multis, mihi candida, longa, recta est… Lesbia formosa est " (86, 1-2, 5), Quinzia per molti è bella, per me di carnagione chiara, lunga, diritta… Lesbia sì che è bella.

Il Creonte della Medea di Grillparzer, rimpiangendo la figlia fatta morire dalla rivale, gli sembra di vederla: "così bianca, così bella, scendere leggera tra le nere rovine" (atto V).
L' Antigone di Anouilh non è sicura di essere desiderata veramente da Emone per il suo aspetto, meno attraente di quello della sorella:"Sono nera e magra. Ismene è rosa e dorata come un frutto"[1]. Ma il fidanzato, forse perché impazzito, l'ha preferita all'altra figlia di Edipo.

melichrus: è traslitterazione dell'aggettivo greco melivcrou" composta da mevli (miele) e crova (carnagione).
Questo travisamento ricorda l'idealizzazione dell'innamorato Buceo nel X idillio di Teocrito: "Suvran kalevontiv tu pavnte", /ijscna;n aJliovkauston, ejgw; de; movno" melivclwron" (vv. 26-27), tutti ti chiamano Sira, secca, bruciata dal sole, io solo colore del miele.

immunda: formato da in, prefisso negativo, e mundus, pulito. Significa sciatto e sudicio.

Una curiosità: Cicerone, deluso dal comportamento di Pompeo che pensava solo a fuggire, lo paragona a quelle donne immundae, insulsae, indecorae, sudicie, sciocche, brutte che ci distolgono dall'amarle (Att. 9, 10, 2).

foetida: è quella che foetet, puzza, la portatrice di foetor, trasfigurata in acosmos (traslitterazione di a[kosmo", disordinato) che qui dovrebbe indicare la neglegentia sui, l'apparente noncuranza di sé; insomma una trasandatezza elegante.
"caesia Palladium, nervosa et lignea dorcas" (v. 1161), quella con gli occhi glauchi è un simulacro di Pallade, la nervosa e legnosa una gazzella".
-Palladium: corrisponde al greco Pallavdion, statua di Pallade che infatti Omero chiama glaukw'pi", dagli occhi lucenti. Nel nostro contesto gli occhi chiari, tra il grigio e l'azzurro (cfr. quelli della Chauchat della Montagna incantata), non sono considerati un pregio.
-dorcas traslitterazione del greco dorkav", gazzella e capriolo, animali agili, eleganti. Il verbo reggente è sempre est.
"parvula, pumilio, chariton mia, tota merum sal " (1162), la piccina, la nana, è una delle grazie, tutta sale puro.
-parvula: cfr. "la piccina è ognor vezzosa" della lista di Don Giovanni di Mozart-Da Ponte (I, 5), ma questo è il seduttore per il quale conta non l'individualità della donna bensì quello che tutte le donne hanno in comune.
Compie la stessa operazione di Lucrezio, Eliante nel Misantropo di Moliere che aveva tradotto il De rerum natura prima del 1660: "La nera come un corvo è una splendida bruna: la magra ha vita stretta e libere movenze; la grassa ha portamento nobile e maestoso; la sciatta, che è fornita di non molte attrattive, diventa una bellezza che vuole trascurarsi; la gigantessa sembra, a vederla, una dea; la nana è un riassunto di celesti splendori; l'orgogliosa ha un aspetto degno d'una corona; la scaltra è spiritosa; la sciocca è molto buona; la chiacchierona è donna sempre di buonumore; la taciturna gode di un onesto pudore. Perciò lo spasimante, se è molto innamorato, ama pure i difetti della persona amata"[2].
chariton mia: traslitterazione di carivtwn miva, una delle Cariti o Grazie.
-tota merum sal (con clausola monosillabica): noi usiamo piuttosto il pepe per una persona piccola ma non insignificante, mentre della inespressiva e insipida diciamo "non sa di nulla".
Anche per Catullo, come abbiamo visto, il sapore di una donna è dato dal suo sale: "nulla in tam magno est corpore mica salis" (86, 4), in un corpo tanto grande non c'è un granello di sale. Il sapore ovviamente viene dallo spirito.

"magna atque immanis cataplexis plenaque honoris "(1163), la mostruosamente grande è un incanto pieno di maestà.
-immanis: formato da in- prefisso negativo e manus=bonus, quindi mostruoso.
-cataplēxis: traslitterazione di katavplhxi", che ha la radice del verbo plhvssw, colpisco.
-honoris: cfr. "è la grande maestosa", (Don Giovanni, I, 5).
"Balba loqui non quit, traulizi, muta pudens est " (v. 1164), la balbuziente, non sa parlare, cinguetta, la muta è riservata.
-balba: abbiamo visto che la donna deve essere silenziosa; la balbuziente invece appare spregevole qui e ancor più nella ripresa dantesca: "mi venne in sogno una femmina balba" (Purgatorio, XIX, 7).

Vedi anche Giovenale Satira VI, 184-199
quaedam parva quidem, sed non toleranda maritis.
nam quid rancidius quam quod se non putat ulla
formosam nisi quae de Tusca Graecula facta est,
de Sulmonensi mera Cecropis? omnia Graece:
[cum sit turpe magis nostris nescire Latine.]
hoc sermone pavent, hoc iram, gaudia, curas,
hoc cuncta effundunt animi secreta. quid ultra?
concumbunt Graece. dones tamen ista puellis,
tune etiam, quam sextus et octogensimus annus
pulsat, adhuc Graece? non est hic sermo pudicus
in vetula. quotiens lascivum intervenit illud
zw¾ kaˆ yuc», modo sub lodice relictis
uteris in turba. quod enim non excitet inguen
vox blanda et nequam? digitos habet. ut tamen omnes
subsidant pinnae, dicas haec mollius Haemo
quamquam et Carpophoro, facies tua conputat annos.

traulizi: traslittera traulivzei con ei pronunciato i.
Aristofane nelle Vespe (v. 42)) fa dire a un servo di Bdelicleone che Alcibiade traulivsaς pronuncia oJlã/ς (invece di oJrã/ς, vedi).
-muta pudens, la muta è pudica. Il mutismo è un silenzio eccessivo e anche qui un difetto è ribaltato in pregio.
"at flagrans odiosa loquacula lampadium fit" (1165), ma quella che sputa fuoco odiosa, chiacchierona diventa una fiammetta.
-flagrans: una megera o un'erinni fiammeggiante.
-Lampadium: traslittera lampavdion, diminutivo di lampav", fiaccola.
"Ischnon eromenion tum fit, cum vivere non quit/prae macie; rhadine verost iam mortua tussi " (1166-1167), diventa uno snello tesorino, quando non può vivere per la magrezza; poi è delicata quella che crepa dalla tosse.
-Ischnon eromenion = ijscno;n ejrwmevnion = snello amoruccio .
-rhadine =rJadinhv.
"Questo quadro ironico e caricaturale delle illusioni dell'amante... è accentuato dalla conservazione delle parole greche, altrove nel poema costantemente rese nelle equivalenti forme latine"[3].
Dionigi segnala pure che questo motivo, già presente in Platone (Rsp. 474d), Teocrito 10, 26 sg., già citato, e nell'Anthologia Palatina, "sarà caro alla letteratura posteriore (Orazio, serm. I, 3, 38 sgg.; Ovidio, ars 2, 657-662; rem. am. 315 sgg.), fino a riaffiorare nel Misanthrope di Moliere (2, 5)".


CONTINUA



[1] Antigone (del 1942), p. 78.
[2] Molière, Il misantropo , II, 4. Del 1660
[3]I. Dionigi, op. cit., p. 414.

1 commento:

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