martedì 26 dicembre 2017

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 9

Lorenzo da Ponte

"Et tamen implicitus quoque possis inque peditus/effugere infestum, nisi tute tibi obvius obstes/et praetermittas animi vitia omnia primum/aut quae corpori' sunt eius, quam praepetis ac vis " (vv. 1149-1152), e tuttavia anche avviluppato e impedito potresti schivare il danno, se non ti ostacolassi da solo andandole incontro e per prima cosa non lasciassi correre tutti i vizi dell'animo o quelli evidenti del corpo di colei che più tutte desideri e vuoi.
-implicitus: da implico, avviluppo.
-inque peditus : et impeditus in tmesi, da in e pes, con le pastoie ai piedi, il contrario di expeditus , sciolto. L'amore è considerato come un laccio che inceppa e impedisce la visione della realtà effettuale, quasi il corrispettivo dell'a[th, l'accecamento, che, nel IX dell'Iliade , è una "smisurata forza irrazionale"contro la quale"ogni arte dell'educazione umana, ogni buon consiglio è impotente"[1]. Infatti la donna viene definita da Ippolito ajthrovnfutovn (v.630), pianta dell'accecamento.
-Infestum: aggettivo sostantivato.
-tute tibi obvius obstes: il pronome personale in poliptoto e la doppia allitterazione rendono l'idea dell'uomo che ostacola se stesso andando da solo incontro al suo danno.
-corpori' (=corporis) quae sunt: i difetti del corpo sono evidenti e reali, particolarmente dopo che la donna si è spogliata, mentre gli animi vitia possono anche passare inosservati.
 Si tratta di aprire bene gli occhi sui difetti dell'amante, come vedremo tra poco.

Ovidio utilizzerà questa lezione nei Remedia amoris.
"Come dimenticare che Lucrezio aveva raccomandato di non ostacolare con l'autoinganno la guarigione dall'amore? e aveva anche aggredito satiricamente la cecità di chi non vuol vedere nella persona amata i difetti dell'animo e del corpo ma preferisce nasconderli dietro un repertorio di nomignoli blandi. E così i Rimedi contro l'amore ripetono questa lezione e anzi aumentano le dosi terapeutiche: non solo saranno banditi gli autoinganni dell'eufemismo ("aprite gli occhi e chiamate i difetti col loro vero nome") ma addirittura bisognerà rovesciare in difetto ogni pregio esistente ("se è formosa, chiamala grassa; se bruna, chiamala negra; se è snella, chiamala quattrossa; se non è rozza, dì che è sfacciata"). E' questo uno dei punti in cui l'Ovidio dei Remedia sembra più esplicitamente disfare gli insegnamenti dell'Ars. Nell'Ars l'eufemismo d'amore (se è grassa, dilla formosa...) era raccomandato a chi voleva farsi amare: ma si trattava di una tecnica di corteggiamento, e la possibilità di scivolare nell'autoinganno era solo un corollario di cui il poeta scrupolosamente avvertiva i suoi discepoli (Ars amatoria 2, 647 ss.). Sia l'Ars che i Remedia fanno tesoro della lezione diatribica di cui Lucrezio era stato portavoce, la lezione secondo cui gli innamorati sono ciechi fino al ridicolo. Una proposizione da cui conseguono due opposte possibilità: se si tratta di mostrarsi innamorati, bisogna accettare di apparire ciechi e ridicoli (l'Ars); se si tratta di liberarsi dall'amore, bisogna bene aprire gli occhi, e magari finanche vedere troppo (i Remedia )"[2].

Torniamo a Lucrezio
 "Nam faciunt homines plerumque cupidine caeci/et tribuunt ea quae non sunt his commoda vere " (vv.1153-1154), infatti fanno così di solito gli uomini acciecati dalla brama e attribuiscono a queste quei pregi che esse non hanno.
-cupidine caeci : clausola allitterante con il tovpo" di "aprite un po' quegli occhi,/uomini incauti e sciocchi" ripreso e spiegato dall'aria del Figaro delle nozze di Mozart-Da Ponte: "Guardate queste femmine,/guardate cosa son./Queste chiamate dee/dagli ingannati sensi/a cui tributa incensi/la debole ragion./Son streghe che incantano/per farci penar,/sirene che cantano/per farci affogar;/civette che allettano/per trarci le piume,/comete che brillano/per toglierci il lume./Son rose spinose,/son volpi vezzose,/son orse benigne,/colombe maligne,/maestre d'inganni,/amiche d'affanni/che fingono, mentono,/che amore non sentono,/ non senton pietà./Il resto nol dico./Già ognuno lo sa"[3]. Infatti era già scritto nella nostra letteratura classica.
- "Multimodis igitur pravas turpisque videmus/esse in deliciis summoque in honore vigere" (1155-1156), quindi vediamo quelle per molti versi corrotte e ripugnanti essere vezzeggiate e tenute nella considerazione più alta.
-turpisque=turpesque. Questa trasfigurazione è motivata non solo dalla cecità dell'uomo ma anche dall'astuzia della donna che, al pari di Ulisse, può essere seduttiva senza essere bella[4]. Kafka racconta in diverse pagine gli espedienti di una donna brutta, Frieda, spietatamente denunciati attraverso il discorso indiretto di un'altra donna, Pepi, naturalmente una rivale: "Frieda, una ragazza bruttina, magra, non giovane, con pochi aridi capelli, e per giunta una sorniona sempre piena di misteri, cosa che probabilmente dipende dal suo aspetto; meschina com'è di faccia e di corpo, deve ben avere altri segreti che nessuno può indagare... Nessuno sa meglio di Frieda stessa quanto sia misero il suo aspetto, chi la vede, ad esempio, per la prima volta coi capelli sciolti giunge le mani per la pietà; una ragazza così, se ci fosse giustizia, non dovrebbe fare neanche la cameriera, lo sa anche lei e ne ha pianto per nottate intere, stringendosi a Pepi e mettendosi intorno al capo le trecce di Pepi. Ma quando è in servizio ogni dubbio l'abbandona, si crede la più bella di tutte e riesce a comunicare agli altri la sua convinzione. Conosce i suoi polli Frieda; quella è la sua vera arte. Ed è pronta nel mentire e nell'ingannare affinché la gente non abbia tempo di osservarla bene. Naturalmente queste arti alla lunga non bastano, la gente ha occhi e finirebbe per servirsene. Ma nell'istante in cui ella fiuta il pericolo ha già pronto un espediente nuovo: ultimamente, per esempio, la sua relazione con Klamm!... Che furba, che furba!… Ma quello che basta a Klamm come potrebbe non essere ammirato dagli altri?… Gli è davvero piaciuta quella cosettina gialla e patita? Ma no, non l'ha neanche guardata, lei gli ha solo detto che era l'amante di Klamm, per lui il trucco era ancora nuovo, ed eccolo perduto... D'altronde Frieda non si sa vestire, è completamente priva di gusto; chi ha una pelle giallastra è obbligato a tenersela, ma non occorre che si metta per giunta, come Frieda, una camicetta color crema, molto scollata, così che vien da piangere davanti a tutto quel giallo... Pepi invece detestava simili artifici"[5].

"Atque alios alii irrident Veneremque suadent/ut placent, quoniam foedo adflictentur amore,/nec sua respiciunt miseri mala maxima saepe " (vv. 1157-1159), e si deridono a vicenda, e consigliano gli altri di placare Venere, poiché sono tormentati da un amore ripugnante, e spesso non considerano, disgraziati i propri grandissimi mali.
-alios alii irrident: poiché vedono la follia degli altri ma non la propria. Si comportano in modo simile ai deiloi, i plebei, stigmatizzati da Teognide:" ajllhvlou" d& ajpatw'sin ejp& ajllhvloisi gelw'nte"" (Silloge, v. 59) si ingannano a vicenda deridendosi a vicenda.
La differenza è che gli innamorati pazzi ingannano se stessi. "Suadent è trisillabico con -u- con forza di vocale... Al v. 1158 è da notare la clausola allitterante (adflictentur amore) e al v. 1159 l'allitterazione in s- e la triplice allitterazione in m- . (sua... saepe; miseri mala maxima )"[6]. Aggiungo la segnalazione dell'ossimoro foedo... amore.

"Nigra melichrus est, immunda et foetida acosmos " (v. 1160), la nera ha l'incarnato di miele, la lercia e puzzolente è trasandata.
-nigra : la pelle scura era apprezzata molto meno della candida.


CONTINUA


[1]W. Jaeger, Paideia, p.72
[2]G. B. Conte (introduzione di), Ovidio Rimedi contro l'amore.
[3]Mozart-Da Ponte, Le nozze di Figaro, IV, 8.
[4] Cfr. Ovidio, Ars Amatoria, II, 123-124.
[5]F. Kafka, Il castello, p. 296 ss.
[6]G. B. Conte, Scriptorium Classicum, 5, p. 58.

1 commento:

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