venerdì 28 giugno 2019

La "Lisistrata" di Aristofane. Parte 4


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Scene giambiche 387 - 466
Entra un provboulo", un consigliere, un commissario politico delegato perché deliberi prima ( prov, boulhv, si pensi al collegio dei dieci Probuli che dopo la catastrofe della spedizione in Sicilia “pre - meditarono” e prepararono il governo oligarchico dei Quattrocento del maggio - giugno 411. Vennero eletti quali Commissari con pieni poteri. Tra questi c’era il vecchio Sofocle.

Nella Retorica di Aristotele leggiamo che quando Pisandro gli domandò se era del parere, come gli altri probuli di istituire i Quattrocento, rispose di sì: “ouj ga;r h\n a[lla beltivw” (1419a), poiché non c’erano altre soluzioni migliori.
Comunque in seguito il poeta prese le distanze dall'operato del regime oligarchico, se è vero, come afferma Canfora[1] che, agli Ateniesi, il giovane e leale Neottolemo del Filottete doveva ricordare lo stratego Trasillo il quale era stato "il promotore del giuramento di fedeltà alla democrazia dei marinai di Samo, il restauratore della democrazia in Atene dopo i mesi dell'egemonia terameniana, il vincitore, con Alcibiade, ad Abido ( i due leoni che debbono marciare fianco a fianco secondo la profezia di Eracle[2])". Nella stessa tragedia, del 409, Sofocle allude con la figura del protagonista FIlottete ad Alcibiade, e con il personaggio di Odisseo, uomo maturo e senza scrupoli a Teramene, detto, per la sua ambiguità politica, il coturno, in quanto si adattava a situazioni diverse come la calzatura da teatro a entrambi i piedi.
"Gli spettatori potevano riconoscere in Odisseo il troppo abile e spregiudicato Teramene, prima (in quanto leader dei Quattrocento) avversario di Alcibiade, quindi promotore del suo rientro: ma promotore 'deluso', dal momento che al suo decreto Alcibiade non ha prestato ascolto per quasi due anni[3]".

La nostra commedia venne rappresentata qualche mese prima che iniziasse la dittatura dei Quattrocento.

Il Probulo dunque lamenta la dissolutezza delle donne - gunaikw'n hj trufhv (Lisistrata, 387), i loro tiasi seguaci di riti orientali, con il tumpanismov" il tambureggiare e i ripetuti evviva a Sabazio (una divinità frigia simile a Dioniso) e pure il lutto per Adone sui tetti. Una volta, quando Demostrato, partigiano di Alcibiade, perorava la partenza per la Sicilia, che vada in malora, la moglie danzando gridava ahi Adone! E quando lui proponeva di arruolare gli opliti di Zacinto , lei sbronza sul tetto diceva: battetevi il petto per Adone!” (396) E intanto il marito infuriava.

Nella Vita di Alcibiade 18), Plutarco racconta che l’oratore Demostrato propose una legge per la quale gli strateghi - Alcibiade - Nicia e Lamaco - dovevano avere i pieni poteri - tou;" strathgou;" aujtokravtora" ei\nai - durante il corso e la preparazione della guerra. I presagi però non furono favorevoli - ouj crhstav - . Cadevano proprio in quei giorni le feste di Adone e le donne portavano in giro immagini di morti, e, battendosi il petto, simulavano sepolture e cantavano inni funebri - tafa;" ejmimou'nto koptovmenai kai; qrhvnou" h\/don - . Una notte poi ci fu tw'n jErmw'n perikophv, la mutilazione di gran parte delle Erme cui vennero tagliate le teste - mia'/ nukti; tw'n pleivstwn ajkrwthriasqentwn ta; provswpa.

Dei riti per la morte di Adone parla anche Ammiano Marcellino
Giuliano Augusto giunse a Tarso, poi si affrettava verso Antiochia orientis apicem pulchrum, culmine bello dell’oriente.
Molte persone lo acclamavano quale salutare sidus, una stella di salvezza.
Evenerat autem isdem rebus, annuo cursu completo, accadeva che quei giorni del 361 Adonēa ritu veteri celebrari, secondo l’antico rito si celebrassero le feste in onore di questo giovane amato Veneris, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum est indicium frugum (22, 9). Visum est triste quod introeunte imperatore nunc primum ululabiles undique planctus et lugubres sonus audiebantur.

Il probulo conclude questo discorso notando di quali eccessi ajkolasthvmata - sono capaci quelle impunite delle donne (398).
Il corifeo biasima anche la loro insolenza - u{brin - ricordando che loro, i vecchi maschi, hanno subìto una doccia.
Il Consigliere aggiunge che i maschi ne hanno colpa siccome hanno concesso troppo alle mogli dando loro occasione di farsi gli amanti. Per esempio: un marito va dall’orefice a dire che dalla collana della moglie che ballava è uscita una ghianda (bavlano" ghianda e glande). Quindi dice che lui deve andare a Salamina e dà all’orefice l’incarico di passare da lei per ficcare al suo posto la “ghianda”
Un altro va dal calzolaio - pro;" skutotovmon - un giovanotto che ha un bischero che non scherza - neanivan kai; pevo" e[cont j ouj paidikovn - (415) e gli dice di andare sul mezzogiorno ad allargare una fibbia che stringe il mignolo del piede tanto delicato - to; daktulivdion pievzei aJpalovn (419).

Lisia racconta un adulterio subito da un campagnolo che si lasciava abbindolare dalla moglie la quale venne adocchiata dall’amante, un seduttore di professione, durante i funerali della suocera della sposa. La serva faceva da messaggera tra i due. Il marito, l’eterno marito, quando scoprì la tresca, in casa sua, uccise il ganzo disteso nel letto della moglie. Lisa lo difese scrivendogli Per l’uccisione di Eratostene.

Questa debolezza dei mariti che rasentano la parte dei lenoni, non va bene: dunque bisogna reagire. Il Probulo in qualità di Commissario ordina di portare dei pali per forzare le porte chiuse.
Ma Lisistrata apre e dice: non c’è bisogno di forzare ejxevrcomai ga;r aujtomavth (431), vengo fuori da sola. Non servono pali ma senno e giudizio.
Il Probulo ordina l’arresto di Lisistrata, ma intervengono Cleonice e Mirrina per impedirlo. L’arciere poliziotto viene fermato dalle tre donne. Volano minacce reciproche. Lisistrata convoca schiere di donne venditrici di grani, legumi, ortaggi, agli, pane e delle ostesse. Le donne incalzano gli arcieri sciti che fuggono.
Il corifeo maschio sconsiglia il Probulo di venire a contesa con tali fiere che li hanno annaffiati
La corifea dice che non cerca brighe: vuole restare in pace, ma guai se vanno a provocarla: diventa come una vespa quando vanno a stuzzicarla o affumicarla.
Il Coro dei vecchi lamenta ancora la prepotenza delle donne. Chiede al Probulo di interrogarle.
Il Probulo allora domanda perché abbiano occupato l’acropoli
Lisistrata risponde “per mettere al sicuro il denaro, perché non facciate la guerra con esso” 488.
Lisistrata ricorda le ruberie di Pisandro ( uno degli autori della reazione oligarchica). E aggiunge: “hjmei'" tamieuvsomen aujtov (494), il denaro lo amministreremo noi.
Il tesoro della Lega costituito dai tributi degli alleati venne trasferito da Delo ad Atene nel 454.
Già amministriamo quello di casa. La polis dunque dovrebbe funzionare come la casa.
Ma il Probulo ribatte che con il denaro di Stato polemhtevon e[st j, bisogna fare la guerra.
Lisistrata replica ajll j oujde;n dei' prw'ton polemei'n (497), anzitutto non c’è alcun bisogno di fare la guerra. Saremo noi a salvarvi. hjmei'" uJma'" swvsomen. Poi: sarai salvato, anche se non vuoi. E’ diventata una missionaria. Il commissario minaccia botte.
Lisistrata deplora il fatto che le donne abbiano taciuto troppo a lungo dopo le scelte sbagliate degli uomini. Se loro, le mogli, provavano anche solo a domandare la ragione di scelte sbagliate, si sentivano rispondere povlemo" d’ a[ndressi melhvsei (520), la guerra sarà affare degli uomini. Ora però esse vogliono salvare l’Ellade.
Ancora a proposito del velo. In una scena giambica della Lisistrata,
il Probulo, una specie di commissario politico, aggredisce Lisistrata che gli ha ingiunto sivwpa ( sta’ zitto, 529) rispondendole: “devo stare zitto io, davanti a te maledetta - w\ katavrate - che per giunta porti un velo sul capo? (kavlumma peri; th;n kefalhvn, 530)
Lisistrata risponde: “se è proprio questo che te lo impedisce, prenditi pure il mio velo, mettitelo in testa, ka\/ta siwvpa, e poi sta’ zitto.
Quindi l’ateniese Cleonice attribuisce al probulo altri simboli del ruolo di donna tradizionale: cardare la lana sgranocchiando le fave - kuavmou" trwvgwn (537)

Il Coro delle donne canta
ejgw; ga;r ou[pot j a]n kavmoim j ojrcoumevnh, io non sarò mai stanca di danzare, mai faticosa pena mi prenda le ginocchia, voglio affrontare ogni ostacolo ajreth'" e{nec j, per la virtù (c’è la morale eroica degli uomini) con quelle che hanno fuvsi", una buona natura, cavri", grazia e qravso", ardire, to; sofovn, il sapere, amor di patria e prudente valore ajreth; frovnimo" (547). Non mancano la componente estetica né quella etica.
 Ora si può correre con vento favorevole
Lisistrata aggiunge: e se Eros con Afrodite soffierà desiderio nei seni e nelle nostre cosce h[nper i{meron hJmw'n kata; tw'n kovlpwn kai; tw'n mhrw'n katapneuvsh/ e infonderanno negli uomini tensione piacevole e durezza di clava tevtanon terpnovn toi'" ajndravsi, kai; ropalismouv", (rjovpalon) ci chiameranno Lusimavca", Lisimache, dissolvitrici di battaglie.
Quindi, a proposito di girare armati Lisistrata dice al Probulo “In primo luogo dobbiamo fare smettere agli uomini di andare in piazza con le armi in stato di grave turbamento: infatti ora tra le pentole e gli ortaggi passeggiano per la piazza come Coribanti (Lisistrata, vv.555 - 558).
 E aggiunge: “si rendono ridicoli quando vanno a comprare il pesce armati fino ai denti”.
Cleonice ne ha visto uno komhvthn, con la zazzera, un comandante di cavalleria che gettava nell’elmo di bronzo il purè di legumi (levkiqon) comprato da una vecchia. Un altro, un Trace che sembrava Tereo (il barbaro re stupratore), brandendo scudo e giavellotto, atterriva la venditrice di fichi - th;n ijscadovpwlin e tracannava quelli molto maturi (561 - 564).

Il Probulo chiede alle donne come faranno a far cessare tutto quello scompiglio e a toglierlo di mezzo pau'sai tetaragmevna pravgmata pollav kai; dialu'sai (565)
Lisistrata risponde che faranno come con la loro matassa ingarbugliata: tendiamo piano piano il filo sui fusi da una parte e dall’altra. Così dissolveremo anche questa guerra - ou{tw" kai; to;n povlemon tou'ton dialuvsomen , se ci si lascia fare. Manderemo in giro ambascerie da una parte e dall’altra.
 Di nuovo, la polis deve funzionare come la casa.
Il probulo non crede che le due faccende siano comparabili ma Lisistrata insiste: gli affari di Stato vanno trattati come quelli domestici, in particolare come si tratta la lana: lavare, pulire, scartare, togliere mocqhrou;" tou;" tribovlou" (576) i cattivi triboli[4].
Cardare diaxh'nai - diaxaivnw - ossia sbattere quelli che si associano per le cariche - tou;" pilou'nta" eJautou;" ejpi; tai'" ajrcai'si (578). Spelare le loro teste kai; ta;" kefala;" ajpoti'lai - ajpotivllw - sempre come il pube di queste Lisimache
Poi in un paniere pettinare la concordia generale xaivnein koinh;n eu[noian (579) meteci, stranieri amici, chi deve denaro all’erario e mescolarli tutti insieme kai; touvtou" ejgkatamei'xai - 581
In questa unione bisogna immettere anche i coloni emigrati (a[poikoi) in altre città.
Il probulo rinfaccia alle donne il fatto che vogliano risolvere la guerra senza mai averne preso parte
Lisistrata risponde plei'n h[ ge diplou'n aujtou' fevromen, ne sopportiamo più del doppio.
Prima di tutto in quanto abbiamo partorito e mandato i figli a fare i soldati - prwvtiston mevn ge tekou'sai kajkpevmyasai pai'da" oJplivta" (589)
Poi, per colpa delle vostre spedizioni militari, dormiamo sole da anni - monokoitou'men dia; ta;" stratiav". Io mi affliggo per le povere fanciulle che invecchiano nei talami - peri; tw'n de; korw'n ejn toi'" qalavmoi" ghraskousw'n ajniw'mai (592)
“Non invecchiano anche gli uomini?”, domanda il Probulo
Lisistrata: ma non è la stessa cosa. L’uomo che torna, ka[n h\/ poliov", anche se è canuto, subito sposa una ragazza, ma l’occasione della donna è di breve durata th'" de; gunaiko;" mikro;" oJ kairov", e se non la acciuffa, oujdei;" qevlei gh'mai tauvthn nessuno vuole più sposarla e rimane seduta a fare pronostici oJtteuomevnh de; kavqhtai (597).
Cfr. l’occasione è calva di dietro
Il Probulo menziona la capacità di erezione: ajll j o{sti" stu'sai dunatov" (598), ma chiunque sia in grado di avere un’erezione…
Però viene interrotto da Lisistrata Cleonice e Mirrina che vogliono prepararlo per il funerale dandogli perfino l’obolo per Caronte: oJ Cavrwn se kalei' (606), Caronte, ti chiama e tu gli fai perdere tempo. Ti porteremo anche le offerte del terzo giorno, usuali per i morti,

Parabasi 614 - 705
Il coro dei vecchi dice di sentire puzzo di tirannide. Viene ridicolizzata la fobia dei democratici per i complotti.

Nelle Vespe del 422 Schifacleone viene accusato di aspirare alla tirannide
Il giovane ribatte che per loro tutto è tirannide e congiura.
La tirannide è assai più a buon mercato del pesce salato (pollw̃/ toũ tarivcouς ejstin ajxiwtevra , 491) tanto che il suo nome gira per tutta la piazza (w{ste kai; dh; tou[nomj aujth̃ς ejn ajgorã/ kulivndetai, 492)
Se uno che va a comprare il pesce chiede scorfani (ojrfwvς) e non vuole sardelle (membravdaς, 493), quello che vende sardelle dice: “quest’uomo ha l’aria di fare provviste per la tirannide”(495)
Se uno chiede della cipolla (ghvteion) per condire le alici, l’ortolana lo guarda di traverso e fa: “di’ un po’: chiedi della cipolla per la tirannide?
Il secondo servo dice che il giorno prima una puttana cui lui aveva chiesto di cavalcarlo, gli aveva domandato se voleva ristabilire la tirannide di Ippia.
La città dunque è piena di delatori e Bdelicleone non vuole che il padre si alzi all’alba per frequentare sicofanti e tribunali.

I vecchi del coro temono che certi Laconi si riuniscano in casa di Clistene per aizzare le donne e abbattere lo stato assistenziale che dà loro il misqovn, il salario con il quale campano.

Clistene era un noto omosessuale
Sento dire che il figlio di Clistene tra le tombe si spiuma il culo (prwkto;n tivllein eJautou', Rane, 424) e si strappa le guance. Cfr. anche v. 495 delle Rane.

Il corifeo dice che con gli Spartani non è possibile una riconciliazione: di loro ci si può fidare come del lupo con le fauci spalancate.
Cfr. l’Andromaca di Euripide e la sua propaganda antispartana
Nell’Andromaca, la protagonista eponima lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~: "o i più odiosi tra i mortali (e[cqistoi brotw'n) per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali, che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia" (vv. 445 - 449).

Anche la voglia di pace delle donne è una trama per la tirannide - ajlla; tau'q j u{fhnan ejpi; turannivdi (630 - uJfaivnw, tesso).
 Ma il vecchio non si lascerà tiranneggiare. Lui si armerà come il tirannicida Aristogìtone. Porterà la spada nascosta in un ramo di mirto. Ha voglia di prendera a cazzotti la vecchia.


CONTINUA


[1]Storia Della Letteratura Greca, p. 167.
[2]  Sofocle, Filottete , v. 1436.
[3] L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca, p. 167.
[4] E’ una pianta spinosa e per metafora un oggetto acuminato: “e dai tentati triboli/ l’irto ncinghiale uscir”, Adelchi di Manzoni.

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