sabato 29 giugno 2019

Carola capitana degli ultimi


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Riferisco e condivido con i miei lettori alcuni testi in onore della capitana Carola e dei poveri per i quali questa ragazza trasgredisce leggi inique.

Le leggi degli uomini, come sosteneva Don Milani sono giuste"quando sono la forza del debole." Quando invece esse "sanzionano il sopruso del forte", è bene "battersi perché siano cambiate"[1].

Messaggio morale della tragedia greca:
Umanesimo è amore per gli uomini
Sofocle, Antigone, v.523: "Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore". -

Utilizzo delle citazioni per partire dalla carne viva degli autori e non fare un discorso generico. Li cito, poi spiego

Valore morale della sofferenza.
Parto da Eschilo, Agamennone, 177: il tw'/ pavqei mavqo~ dell’Agamennone (v. 177) che ritorna in altre forme in altri autori, antichi e moderni.
Goccia invece del sonno[2] davanti al cuore la pena che ricorda il male (stavzei d’ ajnq j u[pnou pro; kardiva~ - mnhsiphvmwn povno~ , 179 - 180) e anche a chi non vuole giunge l’essere saggio.
Arriva con violenza la grazia degli dèi (182).

“La forma drammatica classica si regge su un principio: che la sofferenza inevitabilmente connessa all’esistere (anzi: al voler essere la via destinataci) conduca finalmente al mathos, a un ‘chiaro’ sapere”[3].

Un caso di lieto fine in seguito a resipiscenza possiamo trovare nell'Alcesti di Euripide. Admeto, sentendo il peso della solitudine dopo avere chiesto alla giovane moglie il sacrificio della sua vita per salvare la propria, soffre la desolazione nella quale è rimasto e dice:"lupro;n diavxw bivoton: a[rti manqavnw", condurrò una vita penosa: ora comprendo (v.940). In seguito, come si sa, gli verrà restituita la compagna dalla possa di Eracle.

 C. Del Grande in Tragw/diva afferma che pure la commedia nuova, e particolarmente quella di Menandro mantiene un carattere paradigmatico fornendo esempi di mavqo" tragico. E' il caso di Carisio negli jEpitrevponte" (L’arbitrato)il marito che aveva ripudiato la moglie per un presunto errore sessuale di lei, un fallo che, senza saperlo, avevano commesso insieme, quando si accorge dell'amore della sposa, ironizza sulla propria innocenza di uomo attento alla reputazione:" ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn"(v. 588), io uno senza peccato, e comprende che deve perdonare quello che è stato solo un "ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchma", un infortunio involontario della donna (v.594).
E', secondo Del Grande, un "vero momento di mavqo" tragico"[4]

Il protagonista di questa commedia ripropone la formula antica della dovxa , la reputazione, ma poi la supera, con quell’ ejgwv ti" ajnamavrthto", che anticipa il Vangelo di Giovanni:"chi di voi è senza peccato scagli la pietra per primo contro di lei, oJ ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp j aujth;n balevtw livqon (8, 7). Qui non si tratta di un adulterio presunto. Infatti gli scribi e i farisei portano al tempio una donna còlta in adulterio (mulierem in adulterio deprehensam , 8, 3) e chiedono al Cristo, che insegnava in quel luogo, se dovesse essere lapidata secondo la legge mosaica. Lo dicevano per metterlo alla prova e magari poterlo accusare. Gesù allora si diede a scrivere con il dito sulla terra. E siccome lo incalzavano, il Redentore, rizzatosi, disse loro:" qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat ". E riprese a scrivere per terra. Tutti gli altri uscirono, e il Cristo, rimasto solo con la donna, la assolse, come tutti gli altri, aggiungendo:"vade et amplius iam noli peccare " (8, 11), vai e non peccare più.. 

Sulla medesima linea si trova il Duvskolo" : il vecchio Cnemone solitario e misantropo, in seguito a una caduta nel pozzo, comprende che nessuno è tanto autosufficiente da potere vivere senza l'aiuto del prossimo, e deve ammettere:" e{n d j i[sw" h{marton o{sti~ tw'n aJpavntwn wj/ovmhn - aujto;" aujtavrkh" ti" ei\nai kai; dehvsesq j oujdenov"" (vv.713 - 714), in una cosa probabilmente ho sbagliato: a credere di essere il solo autosufficiente tra tutti, e di non avere bisogno di nessuno.
In Menandro dunque rimane vigente la legge tragica per la quale attraverso le proprie sofferenze si impara e si diventa più comprensivi:"non si può dire che mavqo" non ci sia stato...Il paradigma in funzione esemplare è evidente"[5].
Del resto già nel Prologo il dio Pan aveva detto a proposito di Gorgia: “ oJ pai`~ uJpe;r th;n hJlikivan to;n nou`n e[cwn:proavgei ga;r hj tw'n pragmavtwn ejmpeiriva, vv. 28 - 29, è un ragazzo che ha cervello al di sopra della sua età:/infatti l'esperienza delle difficoltà fa crescere.
Per non limitarmi alla letteratura greca e ai suoi interpreti, aggiungo autori successivi.

Nell'Eneide di Virgilio Didone incoraggia i Troiani giunti naufraghi sulle coste della Libia ricordando che anche lei è esperta di sventure le quali l'hanno resa non solo attenta e diffidente, ma pure compassionevole verso i disgraziati:"non ignara mali miseris succurrere disco "(I, 630), non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati. Tanta humanitas non verrà contraccambiata da Enea.
Questa educazione data dal dolore avrà un riuso fino al Novecento, con Proust e Hesse per esempio.

Versare il sangue a terra è un peccato irredimibile
Il coro dell'Agamennone nel terzo stasimo canta:"una volta caduto a terra (to; ga;r ejpi; ga'n peso;n a[pax) , nero/sangue mortale di quello che prima era un uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv. 1019 - 1021).
Una domanda retorica che afferma la sacralità della vita umana e trova un correlativo cristiano in questa nobile sentenza di Manzoni :" il sangue d'un uomo solo, sparso per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra"(Osservazioni sulla morale cattolica, VII)

Nella Parodo delle Coefore il Coro canta:" Tutti i canali convogliati in un'unica via, bagnando la strage che imbratta la mano, correrebbero inutilmente a purificarla"(vv.72 - 74). Nella lamentazione funebre che conclude il primo episodio, Oreste ribadisce :"infatti se uno versa tutti i libami in cambio di una sola goccia di sangue, vano è il travaglio: così è il detto" ( Coefore, vv. 520 - 521).

Nel Macbeth il protagonista, dopo che ha assassinato il re, fa:" Will all great Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?, tutto l'Oceano del grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare facendo del verde un unico rosso (II, 2).
Il modello di questo passo si trova nella Fedra di Seneca dove Ippolito, sentendosi contaminato dalla matrigna, dice:quis eluet me Tanais aut quae barbaris/Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o ferae! " (vv.715 - 718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre con tutto l'Oceano potrebbe purificare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!
Lady Macbeth in un primo momento afferma che poca acqua basterà a pulire le mani lordate dal misfatto: "A little water clears us of this deed " (Macbeth, II, 2) leggiamo nella tragedia di Shakespeare[6].
Più avanti la stessa donna che, aizzando il marito al tradimento e al delitto, era sembrata tanto salda, resa malata dal crimine sospira:"All the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand ", tutti i balsami d'Arabia non basteranno a profumare questa piccola mano (V,1).

giovanni ghiselli

(continua)


[1] L'obbedienza non è più una virtù , p.38
[2] Il tiranno non dorme. Cfr., p. e. Edipo e Macbeth.
[3] M. Cacciari, Hamletica, p. 100
[4]Tragw/diva , p. 209.
 [5] Del Grande, op. cit. p. 214.
[6] Una battuta che nel libretto di Piave del melodramma musicato da Verdi diventa: "Ve' le mani ho lorde anch'io; poco spruzzo e monde son" (Macbeth, I atto).

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