martedì 29 aprile 2014

La scuola corrotta nel paese guasto. Diciottesimo capitolo. Parte seconda



 L'addio con La visione dell’unità. Il sentimento della necessità di iniziare l'opera. 

Scendemmo in strada. Faceva caldo anche fuori. Ci augurammo buona fortuna a vicenda, ci stringemmo le mani. Poi Ifigenia salì sulla bicicletta e iniziò a pedalare. Vedevo i capelli neri neri e fluenti fino alle spalle semiscoperte. Dopo pochi metri, girò il volto abbronzato più che mai dall’eliotropismo.
Mi guardò e sollevò la sinistra agitandola in segno di saluto. Pensavo che non l'avrei vista più. Perciò cercai di osservarla con attenzione e intensità. Eppure alla mia vista si imposero altre immagini. Dietro la bella figura di lei c'erano alcune persone brutte, tetre, mezze morte che aspettavano l'autobus; alle loro spalle vedevo un orrendo prato della sventura[1] dall'erba già risecchita e cosparsa di carte, bottiglie, barattoli, aghi arrugginiti, sacchetti e siringhe di plastica.
Ifigenia continuava a sorridermi.
In questo contrasto di bello-brutto, radioso-opaco, vitale-morente, vidi l'immagine della mia vita. Tanti dolori c'erano stati: l'infanzia  povera di affetti, gli inverni gelidi, flagellati dalla bora che penetrava fin dentro il focolare della cucina tormentando la fiamma, le liti delle donne squilibrate di casa, il nonno maltrattato, il padre vacante, gli amori non contraccambiati, l'abortimento della creatura concepita da Päivi,  e da me, le morti di amici e parenti strappati alla vita, la loro e la mia, che ogni volta ne era stata diminuita. Poi c'erano immagini ancora più tristi, di rapporti sessuali affamati, nervosi, con donne che non mi piacevano, non stimavo, o addirittura disprezzavo: quelle che dopo l'orgasmo nemmeno potevo guardare in faccia; poi il raffreddore da fieno con l'asma che non lascia dormire tutte le notti dei maggi avvelenati; quindi l'immensa volgarità della gente ordinaria depravata e mortificata dal pervertimento del messaggio di Cristo e dall'avidità degli speculatori. Poi le stragi che hanno insanguinato via via, banche, piazze, treni, stazioni; le bombe dal ringhio metallico che hanno fatto macelli di uomini donne e bambini dilaniati e squartati al pari di pecore e buoi. Tali visioni dolorose pullulavano nell'aria infuocata.

Ma ecco che cominciarono ad apparire anche immagini belle. Vedevo le donne che mi avevano aiutato: quelle di casa innanzi tutto, la mamma, la nonna, le tre zie; grazie a loro ero sopravvissuto, avevo studiato, possedevo una casa a Bologna, due a Pesaro, e diversi ettari di terra in odore di fabbricabilità: dei soldi in sé non mi importava, ma erano serviti alla mia indipendenza. Quindi le finniche della mia vita, Helena, Kaisa, Päivi ed altre meno importanti; poi le amanti non tanto speciali ma dignitose; poi le alunne intelligenti come Luciana; le sante amicizie, dell'Antonia, di mia sorella, di Fulvio; i successi scolastici, da studente e da insegnante, l'arricchimento che mi stava a cuore, quello mentale, conseguito leggendo i classici per tutta la vita, poi l'amore per la natura, il  talento educativo, quello sportivo, la fioritura mentale e fisica degli allievi, ma sopra tutto, davanti a tutto, Ifigenia che mi aveva illuminato zone nuove del mondo, strane e  misteriose regioni
dell'anima.
"Nel suo profondo vidi che s'interna/ legato con amore in un volume/ciò che per l'universo si squaderna; sustanze e accidenti e lor costume, /quasi con flati insieme "[2]. Il rovescio del big bang.

La figura di Ifigenia era la sintesi e il  sole della mia vita. Essa avrebbe gettato luce sulle immagini annidate nella memoria rendendole degne di ricordo e di memoria eterna. Il resto era compito mio: dovevo riscattare i nostri errori di misere creature mortali attraverso la bellezza delle parole e l'intelligenza dei fatti; dovevo scontare la morte eternando i trenta mesi della
nostra storia. Non c'era un minuto da perdere: bisognava iniziare prima che quel sentimento grandioso  mi spaventasse o mi schiacciasse con la paura della difficoltà dell'impresa  grande e necessaria.
Ifigenia intanto aveva girato di nuovo la bella faccia, aveva voltato l'angolo ed era scomparsa.

Giovanni ghiselli

P. S.
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Vi ricordo la mia prossima conferenza
30 aprile ore 17-18, 30. Aula  Guglielmi del Dipartimento di filologia classica e italianistica, via Zamboni, 32.

La presenza di autori greci e latini nella letteratura
dell’Europa moderna.
Argomenti della conferenza:
Indicherò la presenza  di loci di autori latini  in Dante, di nuovo in Shakespeare, poi in  Machiavelli, Manzoni, Alfieri, T. S. Eliot.


[1] Cfr. Empedocle, Poema lustrale, v. 109.
[2] Dante, Paradiso, XXXIII, vv. 85-879

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