NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 29 gennaio 2018

Twitter, CCCX sunto. Il mio giorno della memoria. Le elezioni

Il mio giorno della memoria. Le elezioni. Elogio delle donne intelligenti che non si curano di stare in un Parlamento degradato. Ottima è la Marzano


La memoria degli orrori di decenni fa non deve essere perduta, certo, ma non va nemmeno strumentalizzata per tacere di orrori più recenti, fino ai presenti.
 Lunedì 29 parlerò degli stranieri nei testi antichi mostrando che i maltrattati non erano trattati peggio dei poveri oggi.

Gli eterni conformisti che ora esecrano l'antisemitismo contro gli Ebrei mentre professano antisemitismo contro gli Arabi o un razzismo da negrieri, nel tempo del consenso a Mussolini e delle leggi razziali sarebbero stati i primi ad approvarle.

"Distruggere il prossimo con le bombe, o dopo un regolare assedio, è forse un modo più rispettabile?”
 Parole di Raskòlnikov in Delitto e castigo di Dostoevkij (trad. it. Garzanti, 1973, p. 586)

Nel giorno della memoria ho ricordato anche quello che nessun mezzo di disinformazione fa ricordare: i crimini del colonialismo, l'11 settembre del 1973, quello dei generali cileni felloni, le stragi impunite di pedoni e ciclisti nelle strade, le morti quotidiane sul lavoro, l'annientamento della scuola. Stragi antiche e tuttora presenti.

Io voto a Pesaro: per il PD Alessia Morani è capolista nel collegio delle Marche del Nord. La sua sboccata smania di parlare senza dire nulla di buono né di bello è dirimente nelle mie intenzioni di voto e, credo, in quelle di tanti altri pesaresi indecisi. Lo spensierato di Etruria rifletta!

Michela Marzano in un’intervista a “L’espresso” ha detto che il ruolo di deputata non fa per lei e non si ricandida. E’ una bella smentita a quanti denunciano la scarsità del numero delle donne in parlamento dove invero ci sono troppe persone scarse. Ci sono viceversa donne non scarse che dal parlamento scappano via disgustate. Ottima la Marzano!


giovanni ghiselli

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sabato 27 gennaio 2018

Twitter, CCCIX sunto. Il deragliamento del treno e l’elemosina bella

Il deragliamento del treno e l’elemosina bella. La kalokagathìa.


La morte delle tre donne sul treno dei pendolari è un femminicidio di Stato. La sera stessa le televisioni governative ne hanno parlato pochissimo, coprendo questa orrenda notizia con l'assassinio del povero ragazzo Regeni che ha riempito, strumentalmente, la serata.

L'elemosina bella. Vado al supermercato con solo il bancomat. Una signora povera più di me, chiede l'elemosina. "Ho solo il bancomat", faccio. "Compra qualcosa da mangiare, per me e la bambina". La piccola accorre. "Che cosa?", domando. "Carne, maiale". Compro, oltre quello che serve a me, due braciole e una confezione di mortadella. Quando esco vedo la madre e la figlia che mi aspettano. Ne sono contento. Consegno alla madre il sacchetto preparato per loro. La donna ringrazia, la bambina si lancia sulla mortadella. Appare felice. Queste due persone hanno riempito di significato la banalità noiosa della spesa.
Non ho fatto l'elemosina: sono state la donna e la bambina che l'hanno fatta a me, all'ecce homo che sono io.
A volte i mendicanti mi infastidiscono, a volte mi curano l'anima.

Questi miei miei cinguettìi sulla bella elemosina stanno ricevendo decine di approvazioni. Le persone buone vogliono avere notizia di azioni buone, cioè favorevoli alla vita. La maggioranza non andrà a votare per il disgusto dell'egoismo, dell'ignoranza e del narcisismo continuamente esibiti dai politici incapaci di cose buone

giovanni ghiselli, mendicante della kalokajgaqiva bontà e bellezza opposte a quelle predicate dalla pubblicità.

Riporto la prima redazione in twitter di questi pensieri e pure i commenti ricevuti per onorare le persone per bene che li hanno fatti.
 Ci sono ancora donne belle e buone, e pure molti uomini di valore. Si tratta di incoraggiare questi e di far vergognare i cialtroni, gli indifferenti, gli ignoranti, gli imbecilli, i bugiardi. E di punire i delinquenti,
I miei cinguettii sulla bella elemosina stanno ricevendo decine di approvazioni. Le persone buone vogliono avere notizia di azioni buone, cioè favorevoli alla vita La maggioranza non andrà a votare per il disgusto dell'egoismo dell'ignoranza e del narcisismo continuamente esibiti


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venerdì 26 gennaio 2018

Shakespeare, "Riccardo III"

William Hogarth, David Garrick as Richard III
Riccardo III, del 1592

(In molti casi indico la parentela etimologica delle parole inglesi con quelle latine e certe volte la parentela indiretta con parole greche. L’inglese infatti è “lingua d’origine germanica profondamente latinizzata”[1])

Riccardo si presenta come deform’d-deformis-de= away; forma= shape- , unfinish’d-finis-finire-…and so lamely and unfashionable that dogs bark at me, as I halt-claudus- by them (I, 1).
Cfr. La zoppia di Edipo e la tirannide come monarchia claudicante.

I, 1 Riccardo duca di Gloucester dice al fratello Giorgio duca di Clarence: Why, this it is when men are rul’ed-regula-regere- by women (I, 1), ecco che cosa succede quando gli uomini sono governati dalle donne.
Vuole fargli credere che il re loro fratello, Edoardo IV , lo perseguita in quanto messo su dalla moglie, regina Elisabetta.
Riccardo utilizza la diffidenza e la paura atavica nei confronti della donna.

La paura della donna
Catone il Vecchio si opponeva al lusso e alla libertas femminile da lui intesa già come licentia [2]. E' la paura della donna a suggerire al Catone di Tito Livio alcune parole sulla necessaria sottomissione della femina al fine di tenere sotto controllo una natura altrimenti riottosa .
Così si esprime il censore quando parla, nel 195 a. C., contro l'abrogazione della lex Oppia che, dal 215, imponeva un limite al lusso delle matrone[3] le quali erano scese in piazza proprio per manifestare a favore dell'annullamento della legge:" Maiores nostri nullam, ne privatam quidem rem agere feminas sine tutore auctore voluerunt, in manu esse parentium, fratrum, virorum...date frenos impotenti naturae et indomito animali et sperate ipsas modum licentiae facturas...omnium rerum libertatem, immo licentiam , si vere dicere volumus, desiderant… Extemplo simul pares[4] esse coeperint, superiores erunt "[5], (XXXIV, 2, 11-14; 3, 2) i nostri antenati non vollero che le donne trattassero alcun affare, nemmeno privato senza un tutore, e che stessero sotto il controllo dei padri, dei fratelli, dei mariti...allentate il freno a una natura così intemperante, a una creatura riottosa e sperate pure che si daranno da sole un limite alla licenza...desiderano la libertà, anzi, se, vogliamo chiamarla con il giusto nome, la licenza in tutti i campi…. appena cominceranno a esserci pari, saranno superiori.

Sentiamo anche il lunatico Re Lear (1605) di Shakespeare:" Guardate quella signora che sorride in modo affettato, la cui faccia fa presagire neve dove il corpo si biforca whose face between her forks -furca- presages presagium- snow, che affètta virtù that minces virtue (lat. minutia e virtus) e scuote il capo and does shake the head a sentir nominare il piacere to hear-ajkouvw- of pleasure’s-placēre- name- nomen, o[noma- ;
la puzzola e il cavallo nutrito d'erba fresca non vanno là (alla lussuria) con un appetito più sfrenato with a more riotous appetite- appetitus-appĕtere.
Sotto la vita esse sono centauri, sebbene donne nella parte superiore (down from the waist they are centaurs, though women all above); solo fino alla cintola esse sono eredi degli dèi but to the girdle do the gods inherit (lat. heres); sotto è tutta del demonio beneath is all the fiend’s : lì c'è l'inferno, lì ci sono le tenebre there’s hell, -allied to cell small room, latino cella, stanzuccia- there’s dark, lì c'è il pozzo solforoso the sulphourous pit-puteus che brucia, che scotta, c'è il fetore (stench), c'è la consunzione" (King Lear, IV, 6).

Questa svalutazione e svilimento del corpo femminile, necessario a chi voglia liberarsi dall'irrazionale soggezione alla libidine erotica, si trova nel Secretum del Petrarca quando S. Agostino che vuole liberare l'animo di Francesco dai due errori più pericolosi, l'amore per la gloria e l'amore per Laura, mette in guardia il poeta dai pericoli connessi alla bellezza delle donne, effimera e ingannevole se non addirittura inesistente:"Pauci enim sunt qui, ex quo semel virus illud illecebrose voluptatis imbiberint, feminei corporis feditatem de qua loquor, sat viriliter, ne dicam satis constanter, examinent " (III, 68), sono pochi quelli che, da quando una volta sola abbiano assorbito quel noto veleno del piacere seducente, possono considerare abbastanza energicamente, per non dire con sufficiente costanza, la laidezza del corpo femminile.

Crudele ironia shakespiriana quando Riccardo dice tra sé a proposito del fratello Clarence mandato nella torre perché venga ucciso da due sicari: “I do love thee so that I will shortly send thy soul to Heaven (I, 1), ti voglio bene al punto che presto manderò in cielo la tua anima.

Lady Anne dice a Riccardo il quale ha ucciso il suocero Enrico VI Lancaster (1471) e il marito Edoardo principe di Galles: “ diavolo immondo, vattene e non ci disturbare for thou hast made the happy earth- greco e[ra, terra- thy hell, (I, 2) tu che hai fatto della terra felice il tuo inferno.
Cfr. :"Fecimus coelum nocens" ( Oedipus, v. 36), io ho reso colpevole il cielo[6]. Un'eco di questa autodenuncia si trova nell'Amleto quando il re Claudio assassino del fratello dice:"Oh, my offence is rank, it smells to heaven" (3, 3), oh il mio delitto è marcio, e manda fetore fino al cielo.
Poco dopo Amleto[7], parlando con la madre, paragona lo zio a una spiga ammuffita che infetta l'aria salubre (3, 4).
Riprendiamo il Riccardo III dove eravamo quando Lady Ann dice a Riccardo che si appresta a corteggiarla: “Foul devil, for God’s sake hence, and trouble-tuvrbh-turba us not;-For thou hast made the happy earth thy hell,-Fill’d with cursing cries-quiritare to implore the aid of the Quirites and deep exclaims” (I, 2), sconcio demonio, per amor di Dio, via di qui e non darci pena; perché tu hai fatto della terra felice il tuo inferno, riempito con urla di maledizione e profondi gemiti.
Dopo una battuta corteggiante di Riccardo (wonderful when angels are so angry (I, 2, 75)
Anne rincara la dose chiamandolo “diffus’d infection-infectus incompiuto inficio- of a man”, diffusa infezione di uomo (I, 2).
Eppure Riccardo riesce a sedurla. Lady Anne gli dice “thou are unfit for any place but hell” (I, 2) e il duca risponde di essere invece fit- influenced as to sense by Middle English fete well done-, from Old French fait lat factus- for your bed-chamber –kamavra-volta-camera volta. E via via la convince.
Il linguaggio drammatico di S. suggerisce attraverso la parola scritta il gesto e il tono che devono accompagnarla mentre viene detta[8]. Come quando Richard III dopo avere conquistato Anne, dice: “Shine out, fair sun, till I have bought a glass, /That I may see my shadow-skovtoς (oJ)- as I pass-passus” (I, 2). L’attore non può non levare il capo verso il sole indicando la sua ombra.


CONTINUA



[1] Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni, Laterza, 2014, p. 39
[2] Livio, XXXIV, 2, 11-14.
[3] Vietava tra l'altro di indossare vesti multicolori o di girare per Roma su un cocchio a doppio traino di cavalli.
[4] Evidentemente la parità fa paura ai maschi. Lo aveva già detto Marziale (40 ca-104 d.C.) nella clausula di un suo epigramma:" Inferior matrona suo sit, Prisce, marito:/non aliter fiunt femina virque pares " (VIII, 12, 3-4), la moglie, Prisco, stia sotto il marito: non altrimenti l'uomo e la donna diventano pari.
[5]Tito Livio, Storie , XXXIV, 3, 2.
[6] In La tragedia spagnola ( 1592) di Thomas Kyd il nobile portoghese Alexandro, con pessimismo meno assoluto, dice:"Il cielo è la mia speranza: quanto alla terra, essa è troppo infetta per darmi speranza di cosa alcuna della sua matrice" (III, 1).
[7] 1601
[8] Cfr. C. Izzo, Storia della letteratura inglese, Nuova Accademia Editrice, Milano, 1961.

mercoledì 24 gennaio 2018

Twitter, CCCVIII sunto

Jakub Schikaneder, Omicidio in casa
L'odio tra i sessi è un peccato per cui non può esserci remissione: Clitennestra ha ucciso Agamennone, Oreste ha ammazzato la madre, Medea e Procne hanno assassinato i figli per punire i mariti. Ogni giorno si sente e si legge di donne ammazzate o stuprate. Così si uccide la vita stessa.

E ora Sofocle,  attualizzato in vista delle prossime elezioni: Oh promesse del governo dove siete? (cfr. Edipo re, 945-946)
I vaticini di Padoan sono morti insieme con gli operai uccisi dal lavoro che non tutela la vita (cfr. vv. 971-972)

L'ironia tragica di Sofocle: Edipo figlio di Laio dice: combatterò per Laio come se fosse mio padre (v. 264). Tutti voi sapete di certo che Laio era il padre di Edipo.
Renzi, Salvini e Berlusconi fanno dell'ironia tragica quando vantano i risultati ottenuti. Di fatto tutti bersagli mancati in quanto a cultura, equità, benessere diffuso

Liberiamo la poetessa che è dentro la Fedeli, la meno scolarizzata ministra del mondo, e mandiamola nelle strade a recitare a memoria i suoi versi vergini di scrittura, a cantarli accompagnandoli con la dorica lira e tambureggiando ditirambi in onore di Dioniso signore.
Il dio che abita le vette dei monti (Edipo re, 1105) che guida le danze degli astri infuocati (Antigone, 1146-7) Bacco dal volto di vino, compagno delle Menadi (Edipo re, 211) ispirerà la ministra non abbastanza scolarizzata suggerendole note acconce attraverso il cellulare immancabile perfino dentro la scuola secondo lei.
Chi non ha il cellulare, rarissimae aves, quarum ego, è costretto (quale barbarie!) a leggere i libri

Infine Euripide
Vivere senza bellezza è una grande fatica, dice Polissena nell' Ecuba di Euripide (v. 378), E' molto faticoso anche vivere senza cultura e senza giustizia, come i governi da molti anni impongono alla parte più numerosa e bisognosa degli Italiani e, un poco alla volta, continuando così, a quasi tutti.

Lasciamo perdere i vaticini dei sondaggisti: infatti tutta la razza dei profeti ama il denaro (già Sofocle nell’Antigone, 1055), poi Euripide nell’Elena: tali trovate non sono altro che esche (755) per chi va a votare. E' più sicuro chiedere auspici agli uccelli

Gli araldi della tragedia corrispondono ai nostri giornalisti: "sul carro di chi ha successo saltano sempre gli araldi e sono amici di chi nella polis ha cariche e poteri" (Euripide, Oreste, 895-897). Si tratta di Taltibio sottomesso sempre ai potenti (889).

Cassandra nelle Troiane afferma che titolo appropriato agli araldi sarebbe quello di servo (424) e il coro della tragedia Eraclidi nota che tutti gli araldi hanno il vizio di ingrandire due volte quanto è accaduto (292-293). Non fanno anche questo ai nostri giorni i funzionari dei media?

Ieri il transfuga deputato Minore, parlando con bocca sfrenata, ha detto in "questa legislazione" invece di legislatura. Sono arrossito. Nell'Oreste di Euripide c'è un demagogo che confidando nella confusione e nella licenza ignorante parla con lingua priva di porta (ajqurovglwsso") e di ritegno (903-905).

Utilizzo ancora Euripide per segnalare con una nota di biasimo quanti parlano a vanvera: "di bocche senza freno, di stupidità senza misura il termine è sventura (ajcalivnwn stomavtwn-ajnovmou t  j ajfrosuvna"-to; tevlo" dustuciva, Baccanti, vv 386-388).
 Non votiamo il partito che li candida e li manda a parlare in televisione! Evidentemente è un’associazione di balordi.
Tanto più, e ci sta anche Platone, che parlare male non solo è una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime (to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (Fedone, 115 e).

Che dire poi di quelle "carni che prive di mente, sono statue per la piazza"? ( aiJ de; savrke" aiJ kenai; frenw'n-ajgavlmat  j ajgora'" eijsin,  Elettra di Euripide, vv.387-388 i quali pure damnat Wilamowitz).
Non corrispondono a tante facce cretine che vediamo assai spesso in quasi tutte le trasmissini televisive ora che siamo in prossimità delle elezioni?

Concludo ricordando a tutte le persone cui piace imparare che domani, alle 18, presenterò nella Mediateca di San Lazzaro il mio corso su Fatti cruciali e personaggi chiave della storia greca e romana. Saluti a tutti.

giovanni ghiselli

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Intendo partecipare alla campagna elettorale con questo mio scrivere. Ancora non ho deciso del tutto per chi voterò. Mi piace un partito di sinistra favorevole all’equità, come giustizia e come uguaglianza, alla salute, alla cultura, alla bellezza.  

Fuori moda dunque ma che riesca comunque a entrare in parlamento.

lunedì 22 gennaio 2018

Twitter, CCCVII sunto

John William Waterhouse, The Danaides
Eschilo e le prossime elezioni

Bene ha fatto la neosenatrice Liliana Segre a ricordare le migliaia di persone che muoiono in mare da anni e subiscono dall’ostilità, dal disprezzo o dall’indifferenza di molti un martirio orrendo e ingiusto, non troppo diverso da quello inflitto agli Ebrei dalla barbarie nazifascista.
Nelle Supplici di Eschilo, il popolo di Argo vota per l’accoglienza delle ragazze oltremarine in fuga dall’Egitto per evitare l’ira di Zeus che protegge i supplici appunto (iJkesivou Zhno;" kovton, v. 618).

Nelle Supplici di Eschilo, le 50 sorelle Danaidi fuggono i loro 50 pretendenti per connaturata avversione all'uomo (v. 8). Li considerano uno sciame violento denso di maschi (31) e il matrimonio uno stupro violento sul cuore (799). La guerra tra i sessi è antichissima.

In seguito, costrette a sposare i 50 cugini e pretendenti Egittidi, le Danaidi ne uccideranno 49 la prima notte di nozze. Non ce ne sono stati abbastanza di morti e di morte? Eppure la propaganda incentiva il prosieguo di questa guerra per assopire la marxiana lotta di classe.

Posto che le femmine siano uno stormo di colombe che fugge dai falchi ugualmente alati, come può essere puro un uccello che divora un uccello (o[rniqo" o[rni" pw'" a]n ajgneuvoi fagwvn;  , Supplici, v. 226) ossia un uomo che ammazza una donna o viceversa? Chi odia persone dell'altro sesso quali nemici di specie diversa, odia la vita e odia se stesso.
Alla fine delle Rane di Aristofane, Plutone rimanda sulla terra il defunto Eschilo perché educhi gli stolti che sono tanti (paivdeuson-tou;" ajnohvtou": polloi; d j eijsivn (vv. 1502-1503). Ho utilizzato l'antico drammaturgo proprio mirando a questo scopo.

Ma il desiderio indurrà una delle ragazze a non ammazzare il compagno di letto e le si smusserà il proposito omicida (Eschilo, Prometeo incatenato, v 865). Così la vita della stirpe continua. Onore dunque e lumga vita alle donne che amano gli uomini e agli uomini che amano le donne quorum ego. Magari non proprio tutte.

A quelli che hanno approvato i bombardamenti sulle città: liquido sangue di donne di madri di figli e di uomini, una volta versato al suolo, non si raccatta (ai|ma mhtrw'in camai; dusagkovmiston, Eumenidi, 261), non si riscatta.
Tutti quanti hanno approvato i massacri di creature umane non possono essere votati dalle persone probe. E’ la mia prima dichiarazione di voto.

All'amico che mi chiede "chi non ha approvato i bombardamenti"? Rispondo: io ho commesso trasgressioni, non lo negherò (oujk ajrnhvsomai, Prometeo incatenato, 265), ma ne rivendico la dignità, perfino mitologica, dicendo Iuppiter quoque. Ma ho sempre disapprovato i vili massacri tecnologici, in privato e in pubblico. E ne sono fiero
  

Il peccato per cui non c'è giustificazione né remissione: "non c'è difesa per chi ha preso a calci l'altare della Giustizia" (Eschilo, Agamennone, 380-383). Ogni rimedio è vano, la colpa non rimane nascosta ma risalta come luce terribile (388-389). Mandiamo via iene e sciacalli

giovanni ghiselli



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Alla fine delle Rane di Aristofane il defunto Eschilo viene mandato sulla terra perché rieduchi gli stolti che sono tanti (vv. 1502-1503). Ho utilizzato l'antico drammaturgo proprio mirando a questo scopo.
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venerdì 19 gennaio 2018

Twitter, CCCVI sunto

Padoan il poeta, Gli ammazzati morti per colpa loro. il crimine del corteggiamento.
La vittoria davvero olimpica delle due Corèe. Scritto politicamente


Padoan fa come il poeta che all'aereo nulla dona un luogo e un nome.
Lo chiama “ripresa”

L'uomo ammazzato da polizia o carabinieri "è morto"; l'operaio ammazzato dalla mancanza di sicurezza nella fabbrica "non ce l'ha fatta". Se fosse stato un uomo con la testa a posto, dunque, ce l’avrebbe fatta.
Quelli assassinati sulle strisce pedonali muoiono per un incidente invece che per un crimine efferato.
 La colpa è sempre dei morti, tanto non possono difendersi
Crimine oggi è invece dire "sei carina” a una donna: acta retro cuncta.

Vera vocabula rerum amisimus (Sallustio, Bellum Caiulinae, 52), abbiamo perduto la verità nel nominare le cose.
Il quiz invece della lettura degli autori, dell'indagine critica, del buon gusto e della cultura.

Chi vuole la guerra e onora Ares, il dio disonorato tra gli dèi, il cambiavalute dei corpi umani, minimizza, o ridicolizza, o addirittura disapprova il meraviglioso passo in direzione della pace costituito dall'accordo tra le due Corèe. E' già una vittoria davvero olimpica di entrambe.

Violenza sulle donne o sugli uomini è ciò che il prepotente costringe a fare senza avere ottenuto il consenso attraverso la persuasione che si crea con le parole, la cortesia, l’educazione. Chi parla male non persuade e spesso fa del male, quasi sempre. La scuola che non insegna a parlare è complice di molta violenza.


Il mio blog compirà 5 anni in febbraio. E’ arrivato a 595696. Sono 120 mila visite all’anno.
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domenica 14 gennaio 2018

Twitter, CCCV sunto

Matteo Renzi
Renzi oramai è a leader in jest, un capo da burla, only to fill the scene (cfr. Shakespeare, Riccardo III, 4, 4, 91)

Una volta Renzi era prospero e giulivo, poi la stangata del referendum gli ha messo in bocca questo ritornello da Riccardo III prossimo a cedere il regno per un cavallo, invano oltretutto: "out on you, owls" (IV, 4, 507).
Con i classici si può sempre commentare il presente.

Devo una spiegazione ai bambini, gli adulti non ne hanno bisogno: owl significa “gufo”.
"The sense is howler from an imitative root; cf. Lat. ululare, to howl" (A concise etymologocal dictionary of the english language by Walter Skeat, voce owl, p. 364, Oxford 1984, first impression 1882

Grande è la mia meraviglia quando vedo lieti angeli come la Pinotti o la Santanché andare in collera

La Lorenzin si è paragonata a un leone mostrando fauci aggressive. A me sono venuti in mente, piuttosto, iene e sciacalli.

Tabù è andare contro i luoghi comuni: non si possono criticare le donne comunque siano, non si può dire male degli Statunitensi e dei loro protetti, nemmeno se bombardano gli ospedali, si deve dire male delle menti critiche. Sicché? “oblio preme chi troppo all'età propria increbbe”


Non pochi sono i bully-monster refrattari all'educazione umana. Io ci provo lo stesso e cerco di scovare nel demi-devil l'altra metà che può essere angelica. La mia conclusione non è disperata come quella di Prospero: le mie fatiche umanamente spese non vanno sempre perdute tutte

Le fatiche umanamente spese dagli educatori pur bravi solo con enorme impegno di allievi e maestri possono prevalere sulla pubblicità che in modo martellante raccomanda l'antiumamità, l'anticultura, l'antisalute: che è felice chi mangia l'esca velenosa proposta da tv, giornali, cinema, telefonate domestiche.

La povertà vile e negletta da molti, a me sì cara, mi permette di spengere la sete nell'acqua del pozzo e intanto l'orticel del comune dove lavoro dispensa cibi non compri, cavoli e insalata, alla mia parca mensa. Inseguo lietamente la primavera per qualche ciliegia e albicocca in aggiunta.
Questi elogi della povertà non sono espressioni snobistiche, anzi vogliono educare i poveracci che si vergognano di essere poveri e fingono di non esserlo.

Il potere non è mai buono, e le persone buone vogliono soltanto quello che serva a non subirlo da altri o magari serva a emancipare chi lo subisce. Non avere il potere corrente oggi, quello di sfruttare e mentire pubblicamente, non è un disonore né uno svantaggio, anzi è un onore. “Godi che re non sei”, dice il principe Adelchi al padre Desiderio scomfitto da Carlo Magno. Io non ho chiesto di fare l’ufficiale invece del soldato semplice a suo tempo, nel 1969, quando essendo laureato e insegnante da due anni, mi bastava chiederlo, poi ho rifiutato di fare il preside tutte le volte che me lo hanno proposto, quindi ho lavorato con contratti variamente remunerati in varie università, ma ho tenuto anche tante conferenze gratis in biblioteche, licei, associazioni culturali feste dell’Unità e ne sono fiero.
Se le donne non hanno potere, il potere dei politici malfattori o malfacenti, è un onore e un vanto per loro

Se il popolo italiano capisce, preferirà Roberto Speranza, " ragazzo di sinistra non più tanto ragazzo", come si è giustamente e simpaticamente definito, agli altri giovani e pseudo giovan o vecchi o semivecchi politici di destra o di centro o di non si sa che cosa. Virginia Raggi è fine e carina assai, Anna Falcone è una bella persona.  

Nel blog ho fatto mettere una fotografia ingrandita della mia faccia. Ritrae la vecchiezza vergognosa, eccessiva e meritata del celibe che maschera con tinture una canizie vituperosa iniziata a 11 anni, e cerca di coprire con orribili manteche le grinze scavate dai vizi indicibili di una vita vissuta quasi tutta nel peccato. Mi biasimo da solo anticipando gli imbecilli malevoli. I peccati per loro sono che ho sempre insegnato lo spirito critico, ho sempre studiato, ho sempre fatto bicicletta e corsa, ho sempre preso e amato il sole. Il peccato capitale però è che mi sono sempre piaciute molto le donne. E mi piacciono ancora. Con l’aggravante che qualche volta sono stato pure contraccambiato,
Senza contare che sono comunista e, quindi, mangio i bambini 2 volte al giorno: a colazione e a cena. Il pranzo lo salto solo per non ingrassare e continuare a piacere alle donne.


Giovanni ghiselli

p.s
questo mio blog moralmente e culturalmente educativo è arrivato a  594635 visite. Compirà 5 anni in febbraio con almeno 600 mila visite (120 mila all’anno)
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sabato 13 gennaio 2018

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 13

Ritratto romano, presso El Fayyum

Torniamo a Lucrezio che, consapevole di non poter esaurire l'argomento, ne prende un altro, sempre però con lo scopo di fornire all'innamorato accecato i mezzi per recuperare la vista mentale e liberarsi dalla schiavitù.
"Cetera de genere hoc longum est si dicere coner./Sed tamen esto iam quantovis oris honore,/cui Veneris membris vis omnibus exoriatur:/nempe aliae quoque sunt; nempe hac sine viximus ante;/nempe eadem facit, et scimus facere, omnia turpi,/ et miseram taetris se suffit odoribus ipsa/quam famulae longe fugitant furtimque cachinnant " (IV, 1170-1176), sarebbe troppo lungo se cercassi di dire gli altri travisamenti del genere. Ma tuttavia sia pure di bellezza quanto vuoi sublime nel volto, una alla quale da tutte le membra venga fuori la potenza di Venere: certo ce ne sono anche altre; certo abbiamo vissuto senza questa in precedenza; certo fa tutte le medesime cose, e sappiamo che le fa, di una brutta, e si affumica la disgraziata, con ributtanti suffumigi, proprio lei, da cui le serve scappano lontano e sghignazzano di nascosto.
-oris: la bellezza (honor ) del volto è quella che si nota per prima, soprattutto da quando si è adulti.

Cfr. il viso della Chauchat in La montagna incantataMynheer Peeperkorn (conclusione) p. 912
Wehsal notò il sorriso beffardo di Claudia che era in una carrozza con Peeperkorn e Ferge.
Wehsal, innamorato senza speranza, invidia Hans che ce l’aveva fatta
“Io non desidero solo quella bambola di carne che è il suo corpo, anzi se il suo viso fosse un poco diverso, non desidererei nemmeno il suo corpo, dal che si capisce che amo la sua anima e amo con l’anima. L’amore per il viso è amore per l’anima. Sono un uomo ripugnante ma pur sempre un uomo. Sarei capace di prodezze mai viste se lei mi schiudesse quel giardino di delizie che sono le sue braccia, braccia così belle perché appartengono al viso della sua anima. Ogni notte la sogno e finisce sempre che mi dà un ceffone e mi sputa addosso con il viso dell’anima contratto dal ribrezzo e io mi sveglio coperto di sudore e di vergogna”.

aliae quoque sunt: non è un buon argomento per l'uomo che ha concentrato tutti i suoi desideri e le sue speranze in quella forma e tutte le altre non hanno significato per lui. Catullo nel carme 86 già menzionato nega che Quinzia sia "formosa " nonostante abbia un fisico a posto. L'unica bella per lui è Lesbia: "Lesbia formosa est, quae cum pulcerrima tota est,/tum omnibus una omnis subripuit veneres" (vv. 5-6), Lesbia sì che è bella, lei che è splendidissima integralmente, e da sola ha sottratto a tutte tutte le grazie.

B. Shaw denuncia l’illusione dell’uomo giovane che esagera la differenza tra una giovane donna e le altre: “Like all young men, you greatly exaggerate the difference between one young woman and another[1].

hac sine: anastrofe.
-turpi: dativo di comunanza retto da eadem. E' una costruzione frequente nella lingua greca dove il dativo sociativo è retto da oJJ aujtov", idem appunto.
- famulae... fugitant furtimque: triplice allitterazione. Nessuna donna, per quanto sia bella, è di uno splendore integrale per le sue cameriere che ne conoscono gli arcana venustatis, i segreti della bellezza si potrebbe dire utilizzando l'espressione tacitiana imperii arcanum (Historiae I, 4), il segreto del potere.
-cachinnant: la bellezza, che toglie il fiato e il sonno all'innamorato, fa sghignazzare le serve.

"At lacrimans exclusus amator limina saepe/floribus et sertis operit postisque superbos/unguit amaracino et foribus miser oscula figit " (De rerum natura, IV, vv. 1177-1179), ma l'innamorato, versando lacrime per essere stato messo alla porta, spesso copre di fiori e di ghirlande la soglia e unge gli stipiti superbi di maggiorana e, disgraziato, imprime baci sui battenti.
-lacrimans exclusus: questo è un paraklausivquron.
il lamento davanti alla porta chiusa.
I più antichi, che io sappia, si trovano nell'Antologia Palatina. Tra i più noti quello di Callimaco a Conòpio (Zanzaretta) alla quale il poeta, costretto a passare la notte sotto un freddo portico, augura la medesima sofferenza e ricorda che i colori della giovinezza durano poco: "hJ polih; de;-aujtivk j ajnamnhvsei tau'tav se pavnta kovmh " (A. P. V, 23, vv. 5-6), la chioma canuta fra poco ti farà ricordare tutto questo.

Tale tovpo" ha una larga presenza nella letteratura latina: dalla commedia all'elegia.
 Si ricordi come Properzio nell'ultima elegia del terzo libro rinfaccia a Cinzia i prossimi capelli bianchi con le rughe, quindi le augura di soffrire le medesime pene che sta infliggendo a lui con il lasciarlo fuori dalla porta (exclusa inque vicem fastus patiare superbos, tenuta fuori a tua volta, possa soffrire la superba alterigia, III, 25, 15) poiché la bellezza è, si potrebbe dire, un'arma che dopo una certa età si rivolge contro chi la impugna.
Properzio, lo schiavo d'amore per liberarsi dal servitium si aiuta con il ricordo (di ascendenza catulliana[2]) dell'iniuria: "Flebo ego discedens, sed fletum iniuria vincit " (III, 25, 7), piangerò nel lasciarti ma l'offesa vince il pianto, e si consola con la previsione dell'invecchiamento della sua domina :"At te celatis aetas gravis urgeat annis,/et veniat formae ruga sinistra tuae./Vellere tum cupias albos a stirpe capillos/ah speculo rugas increpitante tibi,/ exclusa inque vicem fastus patiare superbos,/ et quae fecisti facta queraris anus./ Has tibi fatalis cecinit mea pagina diras./Eventum formae disce timere tuae " (III, 25, 11-18), ma l'età greve incomba sugli anni dissimulati e vengano rughe sinistre sulla tua immagine bella. Che allora tu voglia strappare dalla radice i capelli bianchi, quando lo specchio ti rinfaccerà le rughe, e a tua volta respinta possa tu sopportare la sprezzante alterigia, e lamentarti ormai vecchia del male che hai fatto. Questi cattivi presagi ti ha cantato la mia pagina fatale, impara a temere la fine della tua bellezza.
Questa dunque è ingannevole come l'amore ed effimera come mutevoli sono le donne.
 In conclusione:"Giovane: un antro arabescato di fiori. Vecchia: un drago che esce fuori"[3].
E' l'eterna consolazione del maschio: l'età si abbatte sulla donna come una mannaia. E sull'uomo no?

Rimaniamo ancora sul paraklausivquron. Nel Processo di Kafka ce n'è uno molto particolare, quasi rovesciato: è infatti un'attesa ansiosa e querula davanti a una porta aperta proprio per colui che attende senza avere il coraggio di entrare. E' la parabola che il cappellano delle carceri racconta a K. nel Duomo: "Davanti alla legge c'è un guardiano. A lui viene un uomo di campagna e chiede di entrare nella legge. Ma il guardiano dice che ora non gli può concedere di entrare. L'uomo riflette e chiede se almeno potrà entrare più tardi. "Può darsi" risponde il guardiano, "ma per ora no". Siccome la porta che conduce alla legge è aperta come sempre e il custode si fa da parte, l'uomo si china per dare un'occhiata, dalla porta, nell'interno. Quando se ne accorge, il guardiano si mette a ridere:"Se ne hai tanta voglia, prova pure a entrare nonostante la mia proibizione. Bada, però: io sono potente, e sono soltanto l'infimo dei guardiani. Davanti a ogni sala sta un guardiano, uno più potente dell'altro. Già la vista del terzo non riesco a sopportarla nemmeno io". L'uomo di campagna non aspettava tali difficoltà; la legge, pensa, dovrebbe pur essere accessibile a tutti e sempre, ma a guardar bene il guardiano avvolto nel cappotto di pelliccia, il suo lungo naso a punta, la lunga barba tartara, nera e rada, decide di attendere piuttosto finché non abbia ottenuto il permesso di entrare. Il guardiano gli dà uno sgabello e lo fa sedere di fianco alla porta. Là rimane seduto per giorni e anni. Fa numerosi tentativi per passare e stanca il guardiano con le sue richieste. Il guardiano istituisce più volte brevi interrogatori, gli chiede notizie della sua patria e di molte altre cose, ma sono domande prive di interesse come le fanno i gran signori, e alla fine gli ripete sempre che non lo può far entrare. L'uomo, che per il viaggio si è provveduto di molte cose, dà fondo a tutto per quanto prezioso sia, tentando di corrompere il guardiano. Questi accetta ogni cosa, ma osserva:"Lo accetto soltanto perché tu non creda di aver trascurato qualcosa". Durante tutti quegli anni l'uomo osserva il guardiano quasi senza interruzione. Dimentica gli altri guardiani e solo il primo gli sembra l'unico ostacolo all'ingresso nella legge. Egli maledice il caso disgraziato, nei primi anni ad alta voce, poi quando invecchia si limita a brontolare tra sé. Rimbambisce e, siccome studiando per anni il guardiano, conosce ormai anche le pulci nel suo bavero di pelliccia, implora anche queste di aiutarlo e di far cambiare opinione al guardiano. Infine il lume degli occhi gli si indebolisce ed egli non sa se veramente fa più buio intorno a lui o se soltanto gli occhi lo ingannano. Ma ancora distingue nell'oscurità uno splendore che erompe inestinguibile dalla porta della legge. Ormai non vive più a lungo. Prima di morire, tutte le esperienze di quel tempo si condensano nella sua testa in una domanda che finora non ha rivolto al guardiano. Gli fa un cenno poiché non può più ergere il corpo che si sta irrigidendo. Il guardiano è costretto a piegarsi profondamente verso di lui, poiché la differenza di statura è mutata molto a sfavore dell'uomo di campagna. "Che cosa vuoi sapere ancora?" chiede il guardiano, "sei insaziabile". L'uomo risponde:"Tutti tendono verso la legge, come mai in tutti questi anni nessun altro ha chiesto di entrare?". Il guardiano si rende conto che l'uomo è giunto alla fine e per farsi intendere ancora da quelle orecchie che stanno per diventare insensibili, grida:"Nessun altro poteva entrare qui perché questo ingresso era destinato soltanto a te. Ora vado a chiuderlo"[4].
"Nell'apologo, la Legge nascosta dietro la porta, la Legge che l'uomo di campagna ricerca e che K. ignora di ricercare, rivela di attendere tutti gli uomini e soprattutto Josef K. Così, nel processo dove finora avevamo visto solo persecuzione e arbitrio, dobbiamo scorgere una specie di invito, che Qualcuno gli aveva rivolto. Il peccato senza nome, il senso di colpa di cui Josef K. e gli altri imputati sono colpevoli, è in realtà un'elezione divina: questo peccato li rende "belli"; mentre tutti gli altri uomini, che non vivono sotto quest'ombra, non esistono agli occhi di Dio... Il sacerdote propone a K. di entrare nell'edificio della Legge, come fa l'uomo di campagna inebetito e quasi cieco... La categoria dell'attesa è il cuore del mondo di Kafka: attesa di Dio, attesa degli uomini"[5].


CONTINUA



[1] Major Barbara, Act III.
[2] Cfr. 72, 7-8.
[3]Nietzsche, Di là dal bene e dal male, Le nostre virtù, 237
[4]F. Kafka, Il processo , IX capitolo, pp. 220-221.
[5]P. Citati, Kafka , pp. 157-158.

giovedì 11 gennaio 2018

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 12

Sir Lawrence Alma-Tadema
A Difference of Opinion

Le parole insomma servono ad avvicinare e conservare la donna.
Viceversa nei Remedia Amoris il poeta Peligno consiglia di accentuare mentalmente i difetti dell'amante per tenerla lontana. Non è difficile compiere l'una o l'altra operazione siccome è sottile il confine tra vizio e virtù.
"Profuit adsidue vitiis insistere amicae/idque mihi factum saepe salubre fuit./Quam mala" dicebam "nostrae sunt crura puellae"/ (nec tamen, ut vere confiteamur, erant);/ "bracchia quam non sunt nostrae formosa puellae"/ (et tamen, ut vere confiteamur erant)/"quam brevis est" (nec erat),/ "quam multum poscit amantem";/haec odio venit maxima causa meo./ Et mala sunt vicina bonis: errore sub illo/pro vitio virtus crimina saepe tulit./ Qua potes, in peius dotes deflecte puellae/iudiciumque brevi limite falle tuum./"Turgida", si plena est, si fusca est, "nigra" vocetur;/in gracili "macies" crimen habere potest./Et poterit dici "petulans" quae rustica non est;/et poterit dici "rustica", si qua proba est " (vv. 315-330), mi ha fatto bene pensare senza tregua ai difetti dell'amante e questa pratica ripetuta mi è stata salutare. "Quanto sono fatte male-dicevo-le gambe della mia donna" (né tuttavia, a dire il vero, lo erano); "quanto non sono belle le braccia della mia donna" (e tuttavia, a dire il vero, lo erano) " quanto è corta" (e non lo era), quanto esige dall'amante", questo divenne il motivo più grande per la mia avversione. Poi i mali stanno vicino ai beni: sottomessa a quell'errore spesso la virtù si è presa le colpe del vizio. Per quanto puoi, volgi in peggio le doti della tua donna e, dato il breve confine, inganna il tuo giudizio. "Gonfia" devi chiamarla se è piena, se è scura "negra"; in quella magra la secchezza può essere incriminata. E potrà chiamarsi "sfrontata" quella che non è campagnola e si potrà chiamare "campagnola" se una è virtuosa.
quam multum poscit (v. 321): ecco il difetto più odioso per l'amante poiché l'utile è valutato più del bello e del buono.

Una riflessione che si trova anche in Machiavelli il quale consiglia al suo principe di evitare quello che anche secondo lui è il difetto più odioso: "ma, sopra a tutto, astenersi dalla roba d'altri; perché li uomini sdimenticano più presto la morte del padre che la perdita del patrimonio"[1]. Citeremo ancora l'autore de Il Principe poiché Ovidio è il maestro, se vogliamo il cattivo maestro, dello sganciamento di un'attività, l’amore nel suo caso, dalla morale.

et mala sunt vicina bonis (v. 323): basta spostare un poco il punto di vista, come quando si è in movimento, anche soltanto con la bicicletta, e si osserva un paesaggio montuoso, perché le forme cambino e si trasfigurino.

Questo avviene non solo nel campo della percezione fisica o estetica ma anche in quello della interpretazione morale: "Unnatural vices/are fathered by our heroism. Virtues/ are forced upon us by our impudents crimes"[2], afferma il classicista T. S. Eliot, vizi innaturali hanno come padre il nostro eroismo. Virtù ci sono imposte dai nostri impudenti delitti.
Già Machiavelli aveva indicato questa confusione di virtù magari deleterie e vizi che possono creare il bene: "se si considererà bene tutto, si troverà qualche cosa che parrà virtù, e, seguendola sarebbe la ruina sua, e qualcuna altra che parrà vizio, e seguendola, ne riesce la securtà e il bene essere suo" [3].

in peius (v. 325): il pessimismo è quasi sempre legato a frustrazioni vitali, soprattutto amorose, lavorative e di salute.

Un'eco di questa svalutazione e svilimento del corpo femminile, necessario a chi voglia liberarsi dall'irrazionale soggezione alla libidine erotica, si trova nel Secretum del Petrarca quando S. Agostino che vuole liberare l'animo di Francesco dai due errori più pericolosi, l'amore per la gloria e l'amore per Laura, mette in guardia il poeta dai pericoli connessi alla bellezza delle donne, effimera e ingannevole se non addirittura inesistente:"Pauci enim sunt qui, ex quo semel virus illud illecebrose voluptatis imbiberint, feminei corporis feditatem de qua loquor, sat viriliter, ne dicam satis constanter, examinent " (III, 68), sono pochi quelli che, da quando una volta sola abbiano assorbito quel noto veleno del piacere seducente, possono considerare abbastanza energicamente, per non dire con sufficiente costanza, la laidezza del corpo femminile.-
rustica (vv. 329 e 330): si ricordino le riflessioni che abbiamo fatto sulla rusticitas che può essere cosa buona o cattiva a seconda di come la si prende.

A volte, controbatto, la seduzione della bellezza femminile o maschile, insomma l'inganno di Cipride, porta aiuto a chi subisce o lo infligge: così è nel poema di Apollonio Rodio dove Fineo consiglia agli Argonauti: cercate l'aiuto della dea Cipride che inganna: in lei infatti sta il compimento glorioso delle vostre fatiche (Argonautiche, II, 423-424). L’aiuto lo darà effettivamente Afrodite agli eroi del vello d’oro facendo innamorare Medea di Giasone.
 Già Saffo chiede aiuto ad Afrodite invocandola come dolovploke, tessitrice di inganni (I D, v. 2).

Continuiamo ancora un poco con i Remedia amoris Ovidio il quale consiglia pure di mettere in imbarazzo l'amata spingendola in situazioni dove non si trovi a suo agio:"Quin etiam, quacumque caret tua femina dote,/hanc moveat, blandis usque precare sonis:/ exige uti cantet, si qua est sine voce puella; /fac saltet, nescit si qua movere manum;/barbara sermone est, fac tecum multa loquatur;/non didicit chordas tangere, posce lyram;/durius incedit, fac inambulet; omne papillae/pectus habent, vitium fascia nulla tegat;/si male dentata est, narra, quod rideat, illi;/mollibus est oculis, quod fleat illa refer " (Remedia Amoris , 331-340), anzi, di qualsiasi qualità sia priva la tua donna, pregala continuamente con toni di lusinga che eserciti questa: pretendi che canti, se è una ragazza senza voce; falla danzare, se è una che non sa muovere una mano; se è rozza nel modo di esprimersi, falla parlare molto con te; non ha imparato a toccare le corde, chiedile di suonare la lira; cammina goffamente, falla passeggiare; i capezzoli occupano tutto il petto, nessun reggiseno copra il difetto; se ha una dentatura brutta, raccontale qualcosa di cui rida; se è di occhi piagnucolosi, dille qualcosa di cui pianga.-precare (v. 332): imperativo di precor. Viene consigliata una diabolica, sistematica distruzione della creatura oggetto di amore-odio, conseguenza dell'amare senza bene velle e della cattiva competizione tra i sessi.

Secondo Pavese questa strategia è concepita e messa in atto sistematicamente dal "popolo nemico" delle donne per annientare gli uomini:"Una donna che non sia una stupida, presto o tardi, incontra un rottame umano e si prova a salvarlo. Qualche volta ci riesce. Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi trova un uomo sano e lo riduce a rottame. Ci riesce sempre"[4].

Per la distinzione tra amare e bene velle, cfr. il carme 72 di Catullo
LXXII
Dicebas quondam solum te nosse Catullum,
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.
dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
sed pater ut natos diligit et generos.
nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
'qui potis est?' inquis. quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.



CONTINUA



[1]Il Principe, 17.
[2]Gerontion, vv. 47-49).
[3]Il Principe, 15.
[4]Il mestiere di vivere , 3 agosto 1937.