giovedì 4 giugno 2015

Metodologia per l'insegnamento del greco e del latino, parte VII

Gandhi


Un tovpo" politico presente nella tragedia e nella storiografia greca e latina è quello che condanna la tirannide[1]. Esempi molto chiari si trovano in Erodoto e nella tragedia con i suoi paradigmi mitici.
Aggiungo una riflessione di Gandhi tratto dal film a lui dedicato dal regista Richard Attenborough: “When I despair, I remember that all through history the way of truth and love has always won. There have been tyrants and murderers and for a time they seem invincible. But in the end they always fall. Think of it, always” (Gandhi, 1982), quando dispero, ricordo che attraverso tutta la storia la via (o il metodo, cfr. oJdov~, “via”) della verità e dell’amore ha sempre vinto. Ci sono stati tiranni e assassini e per un certo tempo essi sembrano invincibili. Ma alla fine essi cadono sempre. Pensaci, sempre. E’ una brevissima lezione a una discepola.
Un altro è quello che afferma, o nega, il diritto del più forte[2]. In Tucidide soprattutto.
 Connesso a questo è il tema dell'imperialismo[3]. Nell’opera di Tacito Mazzarino distingue quello rinunciatario della Germania da quello velleitario degli Annales.

Un tovpo" economico è l'esecrazione del denaro e degli uomini avidi di denaro[4].
Connessa a questo locus particolarmente provocatorio nei confronti dell'attualità, c'è la maledizione del potere, di ogni potere. "Il tema fondamentale di tutto il teatro senecano… è che potere e regno, condizioni di illusoria felicità soggette a rovinosi cambiamenti di sorte, coincidono con la frode, con l'Erinni familiare, con il furor mentre l'unica salvezza è la obscura quies [5], la serenità del proprio cantuccio, l'esser parte indistinguibile della folla. L'avversione al regno ha come aspetto complementare l'esaltazione della tranquillità di ogni piccolo uomo, uno qualsiasi della massa silenziosa: felix mediae quisquis turbae, come canta un coro dell' Agamennone (v. 103). Liceat in media mihi/latere turba (Thy. 533 sg, ) afferma Tieste prima di cadere nelle lusinghe del potere e nella trappola tesagli da Atreo"[6].
 Seneca tragico è del tutto malevolo con il potere. Il regnum è un fallax bonum del quale non c'è da gioire: copre grande quantità di mali sotto un aspetto seducente: Quisquamne regno gaudet? O fallax bonum/quantum malorum fronte quam blanda tegis”(vv. 7 - 8). Sono parole del re parricida e incestuoso che dà inizio all'Oedipus descrivendo l'infuriare della pestilenza. Il regno è un bene scivoloso, un potere claudicante, in particolare quello di Tebe. Nelle Phoenissae Giocasta chiede a Polinice di rinunciare alla guerra poiché il premio che spetta al vincitore non è desiderabile: anzi Eteocle pagherà il fio del successo a caro prezzo, con il solo fatto di essere re: “poenas, et quidem solvet graves: regnabit ”(v. 645).
Manzoni riprende il tovpo" nell' Adelchi quando il protagonista ferito consola il padre sconfitto: “Godi che re non sei; godi che chiusa/all'oprar t'è ogni via: loco a gentile, /ad innocente opra non v'è: non resta/che far torto, o patirlo. Una feroce/ forza il mondo possiede, e fa nomarsi/Dritto.. ” (V, 8). E' il diritto del più forte.
Il secondo coro del Thyestes formato da vecchi micenei contrappone al tiranno crudele e avido un'immagine della regalità interiore: “rex est qui posuit metus/et diri mala pectoris, /quem non ambitio impotens/et numquam stabilis favor/vulgi praecipitis movet, /non quidquid fodit Occidens, /aut unda Tagus aurea/claro devehit alveo” (vv. 348 - 355), è re chi ha deposto le paure e le cattive passioni dell'animo crudele, quello che l'ambizione sfrenata non tocca e l'instabile favore del volgo precipitoso, né tutto quello che l'Occidente scava, o il Tago trasporta nel letto lucente con l'onda ricca d'oro. La regalità interiore non ha paura e non è avida.

Il quotidano “la Repubblica” del 17 gennaio del 2006 recava il titolo in prima pagina “Solo 11 le donne al potere”; ebbene una mente non fuorviata dai luoghi comuni attualmente di moda può pensare che questa rara presenza potrebbe anche fare onore ai miliardi di donne, e di uomini, che non sono al potere.

Gli anatemi contro i tiranni possono estendersi al biasimo dell'eterno filisteo, "l'uomo privo di bisogni spirituali", o a[mouso~ ajnhvr"[7]. In latino c'è il pullus ad margaritam di Fedro, la bestia "potior cui multo est cibus", o ci sono i porci del Vangelo ai quali non bisogna gettare le perle " neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte colcuncent eas pedibus suis et conversi dirumpant vos "[8], perché non accada che le calpestino con i piedi e rivolti contro di voi non vi sbranino.
 Sallustio il quale inizia la sua monografia sulla congiura di Catilina affermando che tutti gli uomini i quali vogliono stare davanti agli altri esseri animati devono adoperarsi con tutte le forze per non passare la vita nel silenzio: “veluti pecora quae natura prona atque ventri oboedentia finxit ", i bruti che la natura foggiò chini a terra e al servizio del ventre (De coniuratione Catilinae, 1).
In greco Platone svaluta completamente i piaceri dei sensi ricercati dagli uomini fronhvsewς kai; ajreth`ς a[peiroi (Repubblica, 586), inesperti di saggezza e virtù. Questi non hanno mai guardato in alto, né si sono mai riempiti di ciò che essenzialmente è, non hanno mai gustato un piacere saldo e puro ajlla; boskhmavtwn divkhn kavtw ajei; blevponteς kai; kekufovteς[9] eijς gh̃n kai; eijς trapevzaς bovskontai cortazovmenoi kai; ojceuvonteς, kai; e[neka th̃ς touvtwn pleonexivaς laktivzonteς kai; kurivttonteς ajllhvlouς sidhroĩς kevrasiv te kai; oJplaĩς ajpokteinuvasi di’ ajplhsivan” (586b), ma come bestiame al pascolo guardando sempre in giù e piegati verso terra e sulle mense pascolano riempiendosi e accoppiandosi, e per l’avidità di queste cose, scalciando e cozzando, con corna e zoccoli di ferro si ammazzano a vicenda per insaziabilità.  
Svilupperò ulteriormente questo argomento nel capitolo 26.

Un altro locus concerne la bellezza che viene spesso coniugata con la semplicità[10].
Al culto del bello si può collegare il rovesciamento del cupio dissolvi della sapienza silenica, ossia la giustificazione estetica della vita umana. Sulla bellezza torneremo più volte, in particolare nei capitoli 59, 59. 1, 59. 2, 59. 3, 59 4., 59 5., 59 6.

Gianni Ghiselli



[1] Per un'ampia trattazione di questo vedi la mia Antigone (Loffredo, Napoli, 2001) pp. 121 - 127.
[2] Per questo cfr. i miei Storiografi Greci (Loffredo, Napoli, 1999) pp. 174 - 178.
[3] G. Ghiselli, Storiografi Greci, pp. 363 - 364.
[4] Cfr. la mia Antigone, pp. 65, 73, 84. Gli autori più citati sono i tragici greci Seneca e Shakespeare.
[5] Fedra 1127.
[6] Gianna Petrone, Il disagio della forma: la tragedia negata di Seneca, "Dioniso" 1981., p. 360.
[7] Queste definizioni si trovano nei Parerga e Paralipomena (1851) di A. Schopenhauer (1788 - 1860). Il filosofo tedesco afferma che tale individuo non sente alcun impulso alla conoscenza e non è capace di godimenti estetici; egli si sobbarca ai presunti piaceri imposti dalla moda e dall'autorità: "di conseguenza le ostriche e lo champagne sono il punto culminante della sua esistenza, e lo scopo della sua vita consiste nel procurarsi tutto ciò che contribuisce al suo benessere materiale" (pp. 462 - 465 del primo tomo.
[8] Matteo, 7, 6. Questo accostamento me lo ha suggerito il collega Giovanni Polara.
[9] Participio perfetto di kuvptw.
[10] Cfr. G. Ghiselli, Ubique naufragium est, pp. 4 - 6. Ne riferirò una parte più avanti (59, 2). 

1 commento:

  1. Gli uomini avidi al potere sono sempre attuali...pregusto la conferenza di lunedì ....un bacio Giovanna Tocco

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