sabato 16 agosto 2025

Nietzsche e i Greci 15 Invidia e speranza. Esiodo, Ovidio.


“I più antichi Greci hanno avuto, riguardo all’invidia, un sentimento diverso dal nostro; Esiodo l’annovera tra gli effetti della buona, benefica Eris[1], e non c’era niente di urtante nell’attribuire agli dèi qualcosa di connesso con l’invidia (…)“ Similmente i Greci erano diversi da noi nell’apprezzamento della speranza; la si sentiva come cieca e insidiosa; Esiodo si è espresso su di essa, in una favola, con i termini più forti, ed in verità ha accennato qualcosa di così inusitato che nessun esegeta moderno lo ha compreso. Infatti ciò va contro lo spirito moderno, che con il sorgere del cristianesimo ha imparato a credere alla speranza come ad una virtù (…)  per i Grecila speranza dovette subire una certa retrocessione di valore e sprofondare nel malvagio e nel pericoloso[2].

 

L’affermazione dell’ "l'invidia degli dèi" è attribuita a di Erodoto ma non è sua esclusiva: nell'Alcesti di Euripide, Eracle, dopo avere restituito la sposa all'amico, lo avverte :" e[cei": fqovno" de; mh; gevnoitov ti" qew'n"(v. 1135), ce l'hai: non ci sia però alcuna invidia degli dèi.

Platone invece nega l’invidia degli dèi: “fqovno~ ga;r e[xw qeivou corou' i{statai” (Fedro, 247), l’invidia infatti rimane fuori dal coro divino.

Per quanto riguarda la speranza che i Greci valutavano diversamente da noi, Nietzsche si richiama  al mito di Pandora, l’Eva dei Greci. Esiodo racconta che Ermes infuse in lei un animo sfacciato e un costume da ladro ( Opere, 67), menzogne, discorsi seducenti e un carattere scaltro, inoltre le diede la parola e la chiamò Pandora poiché tutti le avevano dato un dono (v. 81). Epimeteo non ascoltò il consiglio di Prometeo di non accettare doni da Zeus e si lasciò rifilare Pandora. Ella tolse il grande coperchio dell'orcio "pivqou mevga pw'ma" e fece disperdere i mali che vi stavano racchiusi. Dentro rimase solo la Speranza (v. 96). Questa dunque può essere considerata un male.

     

I giuramenti d'amore  non sono credibili.

si dovrebbero dichiarare pubblicamente invalidi i giuramenti degli innamorati e interdire loro il matrimonio, e proprio perché si dovrebbe prendere il matrimonio indicibilmente più sul serio (…) il figlio è il capro espiatorio”[3].

 L'inaffidabilità riguarda tanto gli uomini quanto le donne.  

Lo afferma pure Sofocle in un  frammento (811 Pearson):" o{rkon d j ejgw; gunaiko;" eij" u{dwr gravfw", giuramento di donna io lo scrivo sull'acqua. E se tali solenni promesse penetrano da qualche parte, certo non dentro gli orecchi degli immortali, sostiene Callimaco in un epigramma:" ajlla; levgousin ajlhqeva, tou;" ejn e[rwti-o{rkou" mh; duvnein ou[at j ej" ajqanavtwn" (A. P.  V, 6), ma dicono il vero che i giuramenti in amore non entrano negli orecchi degli immortali. 

 Ovidio echeggia questo motivo, sia per quanto riguarda Arianna tradita e la scarsa tenuta della parola dei maschi, sia per la non credibilità della femmina umana che è una creatura varia e sempre mutevole,"varium et mutabile semper/femina ", come  aveva già detto Virgilio [4].

L'Arianna dei Fasti [5] toglie fiducia a tutti gli uomini:"dicebam, memini, " periure et perfide Theseu" :/ille abiit; eadem crimina Bacchus habet : /nunc quoque "nullo viro" clamabo " femina credat " (Fasti , III, 475-477, dicevo, ricordo, "Teseo spergiuro e traditore": / quello è andato via; Bacco commette lo stesso delitto:/ anche ora esclamerò:"nessuna donna si fidi più di un uomo". Poi invece Bacco la salverà.

Per quanto riguarda l'instabilità e l'inaffidabilità delle giovani donne, il poeta  di Sulmona negli Amores è più comprensivo: il tradimento infatti non sciupa la bellezza e perfino gli dèi lo concedono:" Esse deos credamne? Fidem iurata fefellit,/et facies illi quae fuit ante manet...Longa decensque fuit: longa decensque manet./Argutos habuit: radiant ut sidus ocelli,/per quos mentita est perfida saepe mihi./Scilicet aeterni falsum iurare puellis/di quoque concedunt, formaque numen habet " (Amores , III, 3, 1-2 e 8-12), devo credere che ci sono gli dèi? Ha tradito la parola data,/eppure le rimane l'aspetto che aveva prima...Era alta e ben fatta; alta e ben fatta rimane./Aveva gli occhi espressivi: brillano come stelle gli occhi,/con i quali spesso la perfida mi ha ingannato./Certo anche gli dèi eterni permettono alle ragazze/di giurare il falso, e la bellezza ha una potenza divina. Diversamente da Leopardi ammiro lo stile di Ovidio.

Villa Fastiggi  16 agosto 2025 ore 18, 21 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Esistono due  [Eride" di cui la prima è cattiva poiché fa crescere la guerra( Opere, 14), la seconda, buona, nata prima, figlia della notte, sta alla base del progresso umano ed essa sveglia al lavoro anche l'ozioso. Per questa il vasaio gareggia con il vasaio, il mendico con il mendico, e l'aedo con l'aedo ( Opere, 26).

 

[2] Aurora, libro primo, 38.

[3] Aurora, libro terzo, 151.

[4]Eneide , IV, 569-570.

[5] Un calendario in distici composto fra il tre e l'otto d. C. quando fu interrotto, dall'esilio, al sesto libro di dodici che dovevano essere. Dovevano illustrare  gli antichi miti e costumi latini.


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