mercoledì 27 aprile 2016

"Il Prometeo incatenato". Parte XI

Alessandro

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Arriano. Eracle (sono tre) e Dioniso (due)
A Tiro venerano un Eracle più antico di quello argivo figlio di Alcmena, fin da molte generazioni prima di Cadmo (2, 16, 1). L’Eracle argivo invece è dell’età di Edipo figlio di Laio, di Labdaco, di Polidoro, di Cadmo, di Agenore[1]. L’Eracle di Tiro è quello venerato a Tartesso sulle colonne d’Eracle perché Tartesso è una colonia fenicia (Arriano, 2, 16, 4).
Quanto a Gerione custode delle vacche, era un re dell’Epiro come afferma Ecateo (2, 16, 6).
 C’è pure un terzo Eracle egiziano (2, 16, 2). Arriano menziona Erodoto il quale sostiene che gli Egiziani venerano Eracle tra i dodici dèi (2, 16, 3). In II, 43 Erodoto considera Anfitrione e Alcmena originari dell’Egitto, ed Eracle una divinità antica cui giustamente i Greci dedicano culti diversi (II, 44). In effetti le funzioni di Eracle differiscono in diverse letture del mito.

Allo stesso modo gli Ateniesi venerano un altro Dioniso, figlio di Zeus e di Core, e il canto Iacco dei misteri viene intonato a questo Dioniso, non a quello tebano (Arriano, 2, 16, 3). Può essere che Euripide abbia voluto sconsacrare quello tebano appunto.
Così forse si spiega la differenza tra il Dioniso feroce delle Baccanti e quello di Omero, un dio impaurito (Iliade, VI, 135 Diwvnuso" de; fobhqeiv" ) e infantile, che, minacciato da Licurgo, si getta in mare dove Tetide lo accolse in seno spaventato e tremante per le grida dell’uomo. Poi c’è quello ridicolo delle Rane di Aristofane. Aristofane nelle Rane rappresenta Dioniso che fugge terrorizzato da Empusa tra le braccia del suo sacerdote (v. 297) e che viene apostrofato dal servo Xantia con:" w\ deilovtate qew`n su; kajnqrwvpwn"(v. 486), oh tu, davvero il più vigliacco degli dèi e degli uomini. Il dio se l'era voluta, cacandosi addosso dalla paura (v. 479).
“Dioniso viene rappresentato nelle Rane come un vilissimo poltrone che il suo stesso schiavo minaccia di prendere a botte. La città fondata dagli uccelli blocca la via alle avventure amorose degli dèi e intercetta il fumo delle vittime offerte dagli uomini, così che alla fine quelli, costretti dalla fame, devono capitolare. Da quando Pluto, dio della ricchezza, che Zeus per invidia aveva fatto cieco, ha riacquistato la vista, nessuno fa più sacrifici. Aristofane fa strazio dei sofisti, ma era anche lui figlio del suo tempo e sapeva quel che poteva offrire al uo pubblico, e quando con le sue caricature alla Offenbach[2] si attaccò agli dèi, non s’accorse che egli dava all’antica pietà il colpo di grazia”[3].
Il mito infatti può avere sottolineature diverse ed essere usato con significati vari, come una parola del vocabolario.

Eratostene di Cirene[4] sostiene che tutto quanto collegava la loro impresa al divino fu gonfiato all’eccesso dai Macedoni pro;~ cavrin th;n jAlexavdrou, per compiacere Alessandro (Anabasi, 5, 3, 1). Avendo trovato una grotta nel Parapamiso, dissero che era proprio Promhqevw~ to; a[ntron i{na ejdedeto (5, 3, 2), la grotta di Prometeo, dove era stato legato con tanto di aquila e di Eracle che la uccise. Dunque spostarono il Caucaso dal Ponto all’Indo. Eratostene non ci crede.
 Per me, conclude Arriano, restino pure nell’incertezza i discorsi su questi fatti ( ejn mevsw/ keivsqwn oiJ uJpe;r touvtwn lovgoi, 5, 3, 4).

Curzio Rufo racconta che l’esercito di Alessandro tra grandi sofferenze valicò il Caucaso (Parapamiso - Hindu Kush), una catena che taglia tutta l’Asia e si congiunge al Tauro. Nel Caucaso c’è una rupe dalla circonferenza di 10 stadi e alta più di quattro in qua vinctum Promethea fuisse traditur (7, 3, 22). Alle falde del monte venne fondata un’altra Alessandria.
Nel film Alexander (2004) Tolomeo, che da vecchio racconta, assimila Alessandro a Prometeo: entrambi hanno cambiato il mondo.
Alessandro stesso più avanti dice: liberare i popoli del mondo è un’impresa da Prometeo che è sempre stato un amico degli uomini.

Sulla confusione
Callistene disapprovò la confusione tra uomini e dèi e le timaiv, gli onori, devono restare ajpokekrimevnai, distinti (4, 11, 4).
Alessandro per rappresaglia convocò l’assemblea dei soldati non Macedoni e li elogiò. Ricordò di avere sposato la figlia di Oxiarte e quella di Dario ut hoc sacro foedere omne discrimen victi et victoris excluderem (10, 3, 12).
Asiae et Europae unum atque idem regnum est (13). In fondo ha realizzato il progetto di Serse. Oramai Persiani e Macedoni non si distinguono più: “omnia eundem ducunt colorem” (10, 3, 14). Devono avere la stessa legge quelli che vivranno sotto lo stesso re. E’ però la confusione.
Ode I 3[5] di Orazio: "nil mortalibus ardui est;/caelum ipsum petimus stultitiā".
Dario mandò ad Alessandro un’altra lettera: gli offriva la figlia Statira e la Lidia in dote. La fortuna è mutevole e attira l’invidia, scriveva. Temeva che Alessandro facesse avium modo (4, 5, 3) e salisse troppo in alto.
I soldati si lamentavano anche molto realisticamente e razionalmente invero: “in unius hominis iactationem tot milium sanguinem impendi” (4, 10, 3) per la vanagloria di un solo uomo si spendeva il sangue di tante migliaia. Uno che rinnegava il padre, la patria e caelum vanis cogitationibus petere, mirava al cielo con vane fantasie.

A proposito di cieche speranze: “La ragione è nemica d’ogni grandezza: la ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà grande quanto più sarà dominato dalla ragione: che pochi possono esser grandi (e nelle arti e nella poesia forse nessuno) se non son dominati dalle illusioni… Esempio: l’impresa d’Alessandro: tutta illusione” (Leopardi, Zibaldone, 14).


Fine


Bibliografia su Prometeo
F. Bacone, Sapienza degli antichi, trad. it. Bompiani, Milano, 2000.
M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983.
G. Biondi, Il mito argonautico nella Medea. Lo stile 'filosofico' del drammatico Seneca, "Dioniso" 1981.
 M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, Adelphi, Milano, 1994.
 B. Croce, Storia d'Europa nel secolo XIX, Laterza, Bari, 1965.
 I. Dionigi ( testo e commento a cura di) Lucrezio, La natura delle cose, introduzione di G. B. Conte, traduzione di L. Canali, Rizzoli, Milano, 1999.
F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov , trad. it. Bietti, Milano, 1968.
G. Ghiselli (a cura di) Antigone, Loffredo, Napoli, 2001.
M. Heidegger, Introduzione alla metafisica , trad. it. Mursia, Milano, 1990.
H.Hesse Il giuoco delle perle di vetro, trad. it. Mondadori, Milano, 1981.
J. Hillman, L'anima del mondo e il pensiero del cuore, trad. it. Adelphi, Milano, 2002.
F. Nietzsche, La nascita della tragedia , trad. it. Adelphi, Milano, 1977.
 G. Orwell, 1984 , trad. it., Mondadori, Milano, 1989.
 P. P. Pasolini, Scritti corsari , Garzanti, Milano, 1975.
A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione , trad. it., Laterza, Bari, 1979.
E. Severino, Dall’Islam a Prometeo, Rizzolo, Milano, 2003.
M. Shelley, Frankestein , trad. it. Rizzoli, 1994.
P. B. Shelley, Prometeo slegato, trad. it. Einaudi, Torino, 1997.
B. Snell, Eschilo e l'azione drammatica , trad. it. Lampugnani Nigri, Milano 1969.
I. Svevo, La Coscienza di Zeno , Dall'Oglio, Milano, 1938.
Tirso de Molina, L’ingannatore di Siviglia, trad. it. Garzanti, Milano, 1991.
G. Verga, I Malavoglia, Mondadori, Milano, 1969



[1] Cfr. Edipo re vv. 266 - 268:"cercando di prendere l'autore manuale della strage/per il figlio di Labdaco, di Polidoro e anche/ di Cadmo che li precedeva e dell'antico Agenore".
[2] Compositore di operette quali Orfeo all’inferno (1858), La bella Elena (1864) e altre. Ndr
[3] Nilsson, Religiosità greca, p. 105.
[4] Geografo e cartografo che nel III sec. A. C. misurò la circonferenza della terra sbagliando solo di 300 km.
[5] In sistema asclepiadeo IV.

1 commento:

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