Valerio Varesi Il
commissario Soneri e la strategia della lucertola, Frassinelli, 2014
L’autore e io discuteremo su questo libro il 20 giugno alle
20 a Bologna in piazza Scaravilli.
Il protagonista vive in un mondo andato a male, ammuffito,
infiacchito e insopportabilmente accidioso. L’ombelico di questo mondo è Parma,
una piccola città dalla classe dirigente corrotta, ignorante in parte
criminale, e una polazione incallita, indifferente. La città si corrompe da sola
poiché ha i vermi dentro.
Un pittore, Valmarini, fa imitazioni dei capolavori, un
arricchito alla Trimalchione Ugolini, l’uomo più potente della città, li mostra
in casa sua agli ospiti come autentici. Per costoro l’arte è solo simbolo di
fasto e potenza come gli anelli d’oro dei liberti che volevano spacciarsi per Equites. Il commissario deve indagare su
un vecchio, Romagnoli, trovato stecchito dal freddo in una scala dell’ospedale.
Tra i poliziotti, due terzi sono formati da fascisti.
Soneri dice: “niente sta più assieme” (p. 43). Manca l’armonia,
la possibilità di ajrmovzein,
connettere tra loro le cose, regna la confusione topica dove restano impuniti i
delinquenti da Paflagone (i Cavalieri
di Aristofane) a Cicikov (Le anime morte
di Gogol).
I benpensanti mostrano con orgoglio la loro meschinità
considerandola moderazione. Se c’è una categoria di merda sono i moderati (p.
44). Una parola che una volta suonava male, ora, nella transvalutazione
generale suona assai bene. Moderato nel senso cattivo di conformista
subordinato al luogo comune: il mercato e gli affari al di sopra di tutto. La
vita e la coscienza politica sono sparite.
Partito e affari sono sinonimi.
Il pittore di falsi parla dei politici: sono tra i più
vanitosi e si comportano come gli industriali parvenu. Hanno creato un mondo
dove l’ignoranza è una virtù, ma loro se ne vergognano ancora un po’ e avere in
casa un falso pinturicchio li fa sentire degli statisti
Cfr. le tre biblioteche di Trimalchione e i suoi
strafalcioni letterari "Agamemnon
mihi carissime, numquid duodecim aerumnas Herculis tenes, aut de Ulixe fabulam,
quemadmodum illi Cyclops pollicem poricino extorsit? solebam haec puer apud
Homerum legere. nam Sybillam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla
pendere, et cum illi pueri dicerent: "Sivbulla tiv qevlei" ;" respondebat illa: " jApoqanei'n qevlw" (Satyricon, 48, 8).
La sinistra non vincerà mai poiché l’Italia e il mondo
intero è di destra. La natura umana lo è. Non siamo altruisti e solidali per
natura. Tranne pochi.
Belle le notazioni sul sole e la luce nelle ore del pieno
inverno
La luce invernale arrugginiva lievemente nel primo
polmeriggio, appena passata l’una e l’ombra dei colli si allungava da ovest.
C’è la malinconia del precoce abbuiarsi del giorno nel primo
pomeriggio delle giornate di gennaio
Cfr. Et iam summa
procul villarum culmina fumant,
maioresque cadunt
altis de montibus umbrae (Virgilio, I Bucolica
82-83)
I parmigiani scendono in piazza ma non è una rivoluzione,
sono troppo molli, con le rivoluzioni bisogna mettersi in gioco. E’ solo la
stizza di una città bigotta, un sussulto di ribalderia.
Un Paese intero sembra un gigantesco imbroglio dove tutti
fregano tutti. Gli animali possono essere feroci ma sinceri.
Una critica all’animalismo che condivido: il moltiplicarsi
dei gatti e dei cani va di pari passo con la sfiducia nel prossimo. E’ un
indice di disagio sociale. Molti li prendono, pensando a un giocattolo, poi li
abbandonano appena pisciano sul divano, succede anche nei matrimoni
Soneri trova una logica nei comportamenti inconsueti. Logica
aperta al contrasto.
Dei trafficanti di droga usavano i cani come contenitori a
perdere: facevano inghiottire ovuli con droga alle bestie, poi per recuperarla le
squartavano.
E’ sparito il sindaco in seguito a uno scandalo nella giunta.
La città era vigliaccamente sorda all’indignazione
Cfr. Giovenale facit indignatio versum (I, 79). E’ Soneri o Varesi il Giovenale di
Parma. Difficile est saturam non scribere.
Altri versi di Giovenale si riferiscono a una situazione di
nichilismo, annullamento dei valori di generazioni precedenti, non molto
diversa da questa. P. e. dat veniam
corvis, vexat censura columbas (II, 63)
Incontro a casa del pittore di Soneri con lo spregiudicato
industriale e politico Ugolini che espone la sua filosofia: non bisogna
chiedere sacrifici. Al contrario bisogna far sembrare tutto facile, assecondare
i piaceri, le pigrizie, l’infantile accidia che alligna in ognuno di noi. Si
tratta di vendere. I gusti si impongono. Come le opinioni. E’ un lavoro lento e
paziente ottenuto con la lusinga. La merce è un talismano.
Ugolini è l’uomo più potente della città, ha in mano tutto:
la politica e l’economia. Del resto la politica non esiste più, ci sono solo
gli affari.
Lui fa politica per combinare meglio gli affari
Ciò che conta è il mercato: splendida palude marcescente. Lì
l’unica legge che vale è quella del più forte. Nella storia chi ha sostenuto
l’uguaglianza, che è contraria alla natura umana, ha dovuto imporla con la
forza e si è trasformato in un tiranno. C’è una contraddizione.
Soneri pensa al segno inquietante dell’età di mezzo: il
rarefarsi del proprio mondo il suo sbiadire lento come un affresco assorbito un
po’ alla volta dalla calce. Mi viene in mente il Satyricon rivisto da Fellini.
Poi: vivere nell’efficienza ci riduce a un solo ruolo e ci
impoverisce
Zunarelli il disossatore viene trovato impiccato e Soneri
pensa a tutti i capitomboli della vita che gli avevano stretto il cappio al
collo giorno dopo giorno. Pensò che forse anche lui aveva la sua corda pronta a
strozzarlo.
Seneca: Ogni volta che qualcuno cadrà al tuo fianco dovrai
esclamare:”alium quidem percussisti, sed me petisti” (Ad Marciam,
9, 3), ora hai colpito un altro ma hai mirato a me!
Il sindaco sparito, Corbellini, è la sintesi di questi anni,
era solo immagine. Non c’è più politica ma lo spettacolo della politica, non
più uomini politici ma attori della politica Ha cominciato Reagan, un attore.
Poi tutto è diventato puro imbonimento.
Nella Vita di Svetonio
troviamo l'ultima scena di Augusto il quale supremo die, fattisi mettere
in ordine i capelli e le guance cascanti, domandò agli amici "ecquid
iis videretur mimum vitae commode transegisse" (99), se a loro
sembrasse che avesse recitato bene la farsa della vita, quindi chiese loro, in
greco, degli applausi con la solita clausula delle commedie:" eij de; ti-e[coi kalw'" to;
paivgnion, krovton dovte", se è
andato un po’ bene questo scherzo, applaudite.
La “corta buffa”[1]
era giunta al termine.
CONTINUA
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