venerdì 16 giugno 2017

Valerio Varesi, "Il commissario Soneri e la strategia della lucertola". Recensione


Valerio Varesi Il commissario Soneri e la strategia della lucertola, Frassinelli, 2014
L’autore e io discuteremo su questo libro il 20 giugno alle 20 a Bologna in piazza Scaravilli.

Il protagonista vive in un mondo andato a male, ammuffito, infiacchito e insopportabilmente accidioso. L’ombelico di questo mondo è Parma, una piccola città dalla classe dirigente corrotta, ignorante in parte criminale, e una polazione incallita, indifferente. La città si corrompe da sola poiché ha i vermi dentro.
Un pittore, Valmarini, fa imitazioni dei capolavori, un arricchito alla Trimalchione Ugolini, l’uomo più potente della città, li mostra in casa sua agli ospiti come autentici. Per costoro l’arte è solo simbolo di fasto e potenza come gli anelli d’oro dei liberti che volevano spacciarsi per Equites. Il commissario deve indagare su un vecchio, Romagnoli, trovato stecchito dal freddo in una scala dell’ospedale.
Tra i poliziotti, due terzi sono formati da fascisti.
Soneri dice: “niente sta più assieme” (p. 43). Manca l’armonia, la possibilità di ajrmovzein, connettere tra loro le cose, regna la confusione topica dove restano impuniti i delinquenti da Paflagone (i Cavalieri di Aristofane) a Cicikov (Le anime morte di Gogol).
I benpensanti mostrano con orgoglio la loro meschinità considerandola moderazione. Se c’è una categoria di merda sono i moderati (p. 44). Una parola che una volta suonava male, ora, nella transvalutazione generale suona assai bene. Moderato nel senso cattivo di conformista subordinato al luogo comune: il mercato e gli affari al di sopra di tutto. La vita e la coscienza politica sono sparite.
Partito e affari sono sinonimi.
Il pittore di falsi parla dei politici: sono tra i più vanitosi e si comportano come gli industriali parvenu. Hanno creato un mondo dove l’ignoranza è una virtù, ma loro se ne vergognano ancora un po’ e avere in casa un falso pinturicchio li fa sentire degli statisti
Cfr. le tre biblioteche di Trimalchione e i suoi strafalcioni letterari "Agamemnon mihi carissime, numquid duodecim aerumnas Herculis tenes, aut de Ulixe fabulam, quemadmodum illi Cyclops pollicem poricino extorsit? solebam haec puer apud Homerum legere. nam Sybillam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere, et cum illi pueri dicerent: "Sivbulla tiv qevlei" ;" respondebat illa: " jApoqanei'n qevlw" (Satyricon, 48, 8).
La sinistra non vincerà mai poiché l’Italia e il mondo intero è di destra. La natura umana lo è. Non siamo altruisti e solidali per natura. Tranne pochi.
Belle le notazioni sul sole e la luce nelle ore del pieno inverno
La luce invernale arrugginiva lievemente nel primo polmeriggio, appena passata l’una e l’ombra dei colli si allungava da ovest.
C’è la malinconia del precoce abbuiarsi del giorno nel primo pomeriggio delle giornate di gennaio

Cfr. Et iam summa procul villarum culmina fumant,
maioresque cadunt altis de montibus umbrae (Virgilio, I Bucolica 82-83)

I parmigiani scendono in piazza ma non è una rivoluzione, sono troppo molli, con le rivoluzioni bisogna mettersi in gioco. E’ solo la stizza di una città bigotta, un sussulto di ribalderia.
Un Paese intero sembra un gigantesco imbroglio dove tutti fregano tutti. Gli animali possono essere feroci ma sinceri.
Una critica all’animalismo che condivido: il moltiplicarsi dei gatti e dei cani va di pari passo con la sfiducia nel prossimo. E’ un indice di disagio sociale. Molti li prendono, pensando a un giocattolo, poi li abbandonano appena pisciano sul divano, succede anche nei matrimoni
Soneri trova una logica nei comportamenti inconsueti. Logica aperta al contrasto.
Dei trafficanti di droga usavano i cani come contenitori a perdere: facevano inghiottire ovuli con droga alle bestie, poi per recuperarla le squartavano.
E’ sparito il sindaco in seguito a uno scandalo nella giunta. La città era vigliaccamente sorda all’indignazione

 Cfr. Giovenale facit indignatio versum (I, 79). E’ Soneri o Varesi il Giovenale di Parma. Difficile est saturam non scribere.
Altri versi di Giovenale si riferiscono a una situazione di nichilismo, annullamento dei valori di generazioni precedenti, non molto diversa da questa. P. e. dat veniam corvis, vexat censura columbas (II, 63)

Incontro a casa del pittore di Soneri con lo spregiudicato industriale e politico Ugolini che espone la sua filosofia: non bisogna chiedere sacrifici. Al contrario bisogna far sembrare tutto facile, assecondare i piaceri, le pigrizie, l’infantile accidia che alligna in ognuno di noi. Si tratta di vendere. I gusti si impongono. Come le opinioni. E’ un lavoro lento e paziente ottenuto con la lusinga. La merce è un talismano.
Ugolini è l’uomo più potente della città, ha in mano tutto: la politica e l’economia. Del resto la politica non esiste più, ci sono solo gli affari.
Lui fa politica per combinare meglio gli affari
Ciò che conta è il mercato: splendida palude marcescente. Lì l’unica legge che vale è quella del più forte. Nella storia chi ha sostenuto l’uguaglianza, che è contraria alla natura umana, ha dovuto imporla con la forza e si è trasformato in un tiranno. C’è una contraddizione.
Soneri pensa al segno inquietante dell’età di mezzo: il rarefarsi del proprio mondo il suo sbiadire lento come un affresco assorbito un po’ alla volta dalla calce. Mi viene in mente il Satyricon rivisto da Fellini.
Poi: vivere nell’efficienza ci riduce a un solo ruolo e ci impoverisce
Zunarelli il disossatore viene trovato impiccato e Soneri pensa a tutti i capitomboli della vita che gli avevano stretto il cappio al collo giorno dopo giorno. Pensò che forse anche lui aveva la sua corda pronta a strozzarlo.

Seneca: Ogni volta che qualcuno cadrà al tuo fianco dovrai esclamare:”alium quidem percussisti, sed me petisti” (Ad Marciam, 9, 3), ora hai colpito un altro ma hai mirato a me!

Il sindaco sparito, Corbellini, è la sintesi di questi anni, era solo immagine. Non c’è più politica ma lo spettacolo della politica, non più uomini politici ma attori della politica Ha cominciato Reagan, un attore. Poi tutto è diventato puro imbonimento.

Nella Vita di Svetonio troviamo l'ultima scena di Augusto il quale supremo die, fattisi mettere in ordine i capelli e le guance cascanti, domandò agli amici "ecquid iis videretur mimum vitae commode transegisse" (99), se a loro sembrasse che avesse recitato bene la farsa della vita, quindi chiese loro, in greco, degli applausi con la solita clausula delle commedie:" eij de; ti-e[coi kalw'" to; paivgnion, krovton dovte", se è andato un po’ bene questo scherzo, applaudite.
La “corta buffa”[1] era giunta al termine.


CONTINUA




[1] Dante, Inferno, VII, 61.

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