domenica 18 novembre 2018

La scuola non funziona

La scuola non funziona
IV versione, 18 novembre 2018

Michela Marzano, una professoressa per niente sprovveduta, si chiede come possano accadere tragedie tipo quella della madre valdostana che ha ucciso i propri figlioli poi se stessa senza avere cercato di spiegarsi e sfogare il dolore con le parole prima di commettere l’orribile strage.
Infatti se il racconto è dolore, il silenzio è dolore ancora più grande. Mi sono avvalso di Eschilo (Prometeo incatenato, vv.197-198, letteralmente tradotti "doloroso è per me raccontare queste cose,/ma doloroso è anche tacere, e dappertutto sono le sventure").
Giuseppe Berto ha utilizzato questi versi densi di significato come epigrafe del suo Il male oscuro.
Le idèe e le parole dunque sono utili e possiamo avvalercene anche per alleviare il male.
Ma bisogna conoscerle. Conoscerne molte, comprese tante significative e belle.
Ebbene voglio dire alla Marzano che ha mancato di menzionare la causa prima per cui la maggior parte delle persone non ha la capacità di esprimersi con le parole: la scuola non funziona.
Gli studenti stanno manifestando il loro disagio di utenti delle medie e dell'università che diventano sempre meno valide e meno utili. La scuola non funziona siccome non fa leggere gli autori, gli auctores-accrescitori che ci potenziano arricchendoci di idèe senza le quali non possiamo chiarirci gli stati emotivi confusi, quindi gli autori, i classici in primis, ci forniscono le parole necessarie a esprimere il pathos non senza il logos e a comunicarli con qualche efficacia.

Del resto talora le parole non vengono dette anche a causa dell'intimidazione che la massa degli ignoranti o il potere tirannico esercita su chi potrebbe parlare dicendo la verità che è alétheia, non latenza, disvelamento di quanto viene malignamente occultato o criminalmente inventato. Ne faccio un esempio e concludo con un'altra citazione avvalendomi questa  volta di un ottimo autore latino.
 Ottavia era la giovinetta figlia di Claudio che Nerone ancora ragazzo fu costretto dalla madre, l'imperiosa Agrippina, a sposare pure se aborrita- uxore ab Octavia abhorrebat (Annales, XIII, 12)- tanto che l’imperatore la tenne lontano da sé per anni, finché venne convinto da Poppea a farla “giustiziare” dopo avere raccolto accuse vituperose e del tutto false: quando Tigellino, il prefetto del pretorio famigerato per l'inveterata dissolutezza,  cercava di ottenere da un’ancella la  testimonianza diffamatoria e calunniosa di amori tra la giovane moglie del despota e uno schiavo, la fedele  famula :"castiora esse muliebria Octaviae respondit quam os eius" (Annales, XIV, 60), rispose che era più casto il sesso di Ottavia che la bocca di lui.
 Sulla vittima di tale orrendo sacrificio dunque, Tacito scrive queste parole lapidarie: "Octavia quoque, quamvis rudibus annis, dolorem caritatem omnes adfectus abscondere didicerat" ( Annales, XIII, 16), anche Ottavia, sebbene non scaltrita dall'età aveva imparato a nascondere la pena, l'amore e tutti i sentimenti.
Due autori per questa volta bastano.

Bologna 18 novembre 2018. giovanni ghiselli

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