mercoledì 21 novembre 2018

Edipo re di Sofocle. Parte I

fare click sulla locandina per ingrandirla

PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA

Traduzione e commento dei vv. 1-30 dell’Edipo re di Sofocle. Parte della lezione che l’autore di questo lavoro terrà a Cento sabato 24 novembre 2018

Edipo
O figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo 1
quali seggi mai sono questi dove state seduti
con i supplici rami incoronati?"
la città è piena tanto del fumo dei sacrifici,
quanto di preghiere, quanto di gemiti 5
ed io ritengo giusto ascoltare queste disgrazie, o figli, non da messaggeri,
da altri, e sono venuto qua in persona,
io noto a tutti, chiamato Edipo
su vecchio, racconta, poiché sei adatto
a parlare per questi: in quale modo siete disposti 10
avendo concepito timore oppure amore? Poiché vorrei bastare
io ad aiutarvi in tutto: infatti sarei disumano
se non avessi compassione di tale seduta”.

Sacerdote
Ma, Edipo, che sei padrone della mia terra
tu vedi noi,di quale età siamo seduti 15
davanti ai tuoi altari, gli uni senza ancora la forza
di volare a lungo, gli altri appesantiti dalla vecchiaia
 sacerdote io sono di Zeus; quelli poi sono stati scelti
tra i giovani ancora celibi, e il resto del popolo incoronato
sta seduto nelle piazze, davanti ai due templi di Pallade 20
presso la cenere profetica dell'Ismeno.
la città infatti, come anche tu stesso vedi,troppo
già ondeggia e di sollevare il capo
dai gorghi del fluttuare insanguinato non è più capace
e si consuma nei calici infruttuosi della terra, 25
si consuma nelle mandrie dei buoi al pascolo, e nei parti
senza figli delle donne; e intanto, il dio portatore di fuoco,
scagliatosi, si avventa sulla città, peste odiosissima,
dalla quale è vuotata la casa di Cadmo, e il nero
Ades si arricchisce di gemiti e lamenti. 30


vv.1-13. Edipo esce dalla porta centrale della reggia e si rivolge al popolo in difficoltà con affetto paterno. La città ridonda di gemiti e preghiere; il re sa bene di cosa soffre, ma vuole sentirselo dire per promettere aiuto ed esplicare ancora un volta, dopo quella della Sfinge, le sue capacità non comuni. Indirizza una prima domanda ai figli-sudditi, poi una seconda a un vecchio sacerdote perché si faccia portavoce dei supplici afflitti.

v. 1. j'W...trofhv :"O figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo".
tevkna: “la parola-chiave che allude al motivo centrale della vicenda, vale a dire la parentela incestuosa nella casata di Edipo”[1]. Edipo chiama figli, i sudditi tebani. E' una prima avvisaglia dell'ironia tragica per la quale chi parla dà informazioni diverse dalle sue intenzioni: se la discendenza del primo re di Tebe ha come padre l'ultimo re , allora anche questo discende dal fondatore della città, e pertanto è "rea progenie"di Laio, figlio di Labdaco, figlio di Polidoro, figlio di Cadmo, figlio di Agenore (cfr.vv. 267-268). E' un esempio di"quei ponti di parole sui quali passano le vie che portano all'inconscio", per dirla con Freud (L'interpretazione dei sogni, p. 346).-tou' pavlai: l'avverbio preceduto dall'articolo è in posizione attributiva.
vv.2-3. tivna" ... ejxestemmevnoi; :"quali seggi mai sono questi dove state seduti/con i supplici rami incoronati?"
-e[dra" =seggi(cfr.e[zomai=seggo) è accusativo dell'oggetto interno di qoavzete. -- moi è dativo etico.-iJkthrivoi" kladoivsin e[xestemmevnoi ( participio perfetto passivo di ejkstevfw): è un'ipallage[2]: incoronati, ossia bendati di lana, in realtà sono i rami, non i supplici.

Plutarco nella Vita di Teseo (18) racconta che l'eroe ateniese , dopo l’estrazione a sorte dei giovani da portare a Creta "andò al Delfinio dove offrì ad Apollo il simbolo dei supplici, consistente in un ramo dell'olivo sacro avvolto di lana bianca (h\n de; klavdo~ ajpo; th`~ ijera`~ ejlaiva~ ejrivw/ leukw`/ katestemmevno~), per impetrare l'aiuto del dio".
Dopo il ritorno e la morte del padre, Teseo sciolse i voti fatti ad Apollo. Era il settimo giorno di Panepsione (la fine di ottobre). I giovani fecero un pasto comune, quindi portarono l’eijresiwvnh: klavdon ejlaiva~ ejrivw/ me;n katestemmevnon (Plutarco, Vita di Teseo, 22, 6), un ramo d’olivo fasciato di lana, come quello dei supplici, e coperto pure di primizie, in ricordo della fine della sterilità.

 “Then there were the summer meetings for thanksgiving after harvest. There were several of these, for the several different harvests (…) As you would expect, they included a dedication of firstfruits. They also included something almost as familiar to us-processions of children carryng a ritual object from door to door, wishing good luck to the household in return for small donations. In this worldwide custom all that varies is the ritual object. With us it is ‘a penny for the Guy’; when I saw it done in China it was ‘a penny for the dragon’; in ancient Greece it was ‘a penny for Eiresione’. Eiresione was an olive or laurel branch, hung with cakes and figs and other firstfruits, and also with woolen threads to shaw its sacredness. But Eiresione was at the same time an old woman, as we see from the song the Children sang, which Plutarch[3] has recorded:
Eiresione brings
All good things,
Figs and rich cakes to eat,
Oil for your toilet and a pint of honey sweet,
And a cup of wine, strong and deep,
That she may get tipsy and go to sleep.
‘She’ means Eiresione , the green branch which is also the harvest spirit. And when the festival is over, Eiresione stands at the door of the farmhouse until next year’s festival comes round and a fresh one is made.[4]”, poi c’erano I raduni estivi per il ringraziamento dopo il raccolto. Ce n’erano diversi, per i vari, differenti raccolti ( …) Come vi aspetterete essi includevano la dedica delle primizie. Essi includevano anche qualche cosa quasi familiare a noi-processioni di bambini che trasportavano un oggetto rituale da porta a porta, augurando buona fortuna ai padroni di casa in cambio di piccoli doni. In questo uso largamente diffuso nel mondo, cambia solo l’oggetto rituale. Da noi è ‘un penny per Guy’; quando lo vidi in Cina era ‘un penny per il dragone’; nell’antica Grecia era ‘un penny per Eiresione’. Eiresione era un ramo di olivo o di alloro, con dolci e fichi appesi e altri primi frutti, e anche con fili di lana per mostrare la sua sacralità. Ma Eiresione era nello stesso tempo una vecchia, e noi la vediamo dalla canzone che i bambini cantavano, che Plutarco ha ricordato[5]
Eiresione porta
Tutte cose buone,
fichi e ricchi dolci da mangiare,
olio per la tua bellezza e una pinta di dolce miele,
e una tazza di vino, forte e profonda,
con la quale lei può diventare ubriaca e andare a dormire.
‘Lei’ significa Eiresione, il ramo verde che è anche lo spirito del raccolto. E quando il festival è finito, Eiresione rimane alla porta della casa di campagna finché torna circolarmente il festival dell’anno successivo e ne viene prodotto uno nuovo.

I rami di cui parla Edipo dunque alludono al ramoscello di olivo o di lauro fasciato di lana che ragazzi giovanissimi portavano in giro per la città e appendevano alle porte delle case in ricordo della fne della sterilità (dia; to; lh`xai th;n ajforivan, Plutarco, Vita di Teseo, 22, 6 ) per allontanare la carestia e il disordine delle stagioni.

Per realizzare l'espulsione del guazzabuglio umano invece venivano cacciati due farmakoiv, vittime espiatorie scelte tra gli scellerati brutti e presi di mira dalla natura.

Cleofonte, l’ultimo demagogo prima della catastrofe finale, viene messo alla gogna nella parabasi delle Rane di Aristofane, in quanto incapace di pronunciare correttamente la lingua dei veri Ateniesi: sulle sue labbra ambigue orrendamente freme la rondinella tracia (vv. 679-681), e, poco più avanti il demagogo è messo tra gli stranieri, rossi di pelo, mascalzoni e discendenti da mascalzoni, ultimi arrivati dei quali ora la città si serve per ogni uso, ma che in passato non sarebbero stati utilizzati a caso nemmeno come vittime espiatorie: “oujde; farmakoi'sin eijkh'/ rJa/divw~ ejcrhsat j an” (vv. 730-733).


CONTINUA



[1] G. Avezzù e G. Guidorizzi (a cura di) Edipo a Colono, p. 201.
[2] uJpallaghv=mutamento. Significa un cambio di concordanze: è un riferimento grammaticale discordante da quello semantico.
[3] Theseus 22. My version is adapted with a few changes from Jane Harrison’s Prolegomena to the study of Greek religion (2edn, 1908), 80.
[4] Dodds, The ancient concept of progress, p. 148.
[5] Teseo 22. La mia versione del testo di Dodds è ripresa con pochi cambiamenti da Prolegomeni allo Studio della Religione Greca di Jane Harrison.

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXVII- Judith e Peter.

Ifigenia CLXVII-   Judith e Peter.   Continuavo a osservare la sala della festa finale, in particolare quei pupazzi da farsa fliacica ...