martedì 1 luglio 2025

Edipo a Colono versi 361- 373 Traduzione e commento.


 

Ismene

360   Io i patimenti che ho patito, padre- ta; paqhvmaq j a{paqon, pavter

figura etimologica e alliterazione.

Si sente il colpo e il contraccolpo nel suono del significante e pena che su pena si posa

Cfr. Erodoto: kai; tuvpo" ajntivtupo", kai; ph'm  j ejp  j phvmati kei'tai  I, 67, 4).

362 cercando dove conducessi la tua vita

 363 tralascerò mettendole da parte. non voglio infatti

364 provare dolore due volte penando e poi raccontando ancora di nuovo.

Ismene è meno fanatica, meno masochista di Antigone. Meno compiaciuta del proprio dolore e non vuole soffermarsi sulle sofferenze dopo averle menzionate. Non vuole rinnovellare disperato dolor  che il cuor le preme, né infandum renovare dolorem (cfr. Eneide, II, 3)

 365Invece i mali sui tuoi due miseri figli

366 c’è ora, questi sono venuta a rivelarti.

Ismene dà maggiore importanza alle sventure dei due sciagurati fratelli che alle proprie.

Un segno di nobiltà e di quella educazione  che Tolstoj rileva in Anna Karenina: “

 Levin riconobbe le maniere piacevoli della donna del gran mondo, sempre calma e naturale(…) Non soltanto Anna parlava con naturalezza e intelligenza, ma con un'intelligenza noncurante, senza attribuire alcun pregio ai propri pensieri e attribuendo invece gran pregio ai pensieri dell'interlocutore"[1]

367 Dapprima in effetti a loro piaceva

368  lasciare il trono a Creonte e che non venisse contaminata la città,

369 considerando a ragione l’antica rovina fqoravn della stirpe

 Tale rovina risale almeno alla tragedia delle Baccanti con lo sbranamento di Penteo da parte della madre Agave e delle zie, le figlie di Cadmo fondatore di Tebe. Euripide ha drammatizzato questo orrore in una delle sue tragedie più belle

370 quale scempio colse la tua misera casa;

371 ora invece per volontà di uno degli dèi  o  di mente traviata

372 si è insinuata tra i due sventurati tre volte una cattiva contesa e[ri~ kakhv,

373 per prendere il regno e il potere assoluto.

Esistono due tipi di Eris secondo Esiodo: una buona o una cattiva, come questa tra Eteocle e Polinice denunciata da Ismene. Semplificando al massimo, l’Eris pessima è la guerra.

Sono buone  invece le gare ginniche o le competizioni  elettorali libere della democrazia.

Nel secondo stasimo dell’ Edipo re il coro canta: “ La nobile gara benefica per la città,/prego dio di non/interromperla mai;/dio non cesserò mai di averlo patrono".

 

Una Eris cattiva può entrare, anzi entra spesso anche nel rapporto amoroso

 

"Eros si associa a Eris, Lotta, quella Eris che Esiodo, nelle Opere e Giorni , colloca "alle radici della terra" (v. 19)"[2].

   Anche nel grande amore di Anna Karenina  e Vronskij a un certo punto entra la cattiva Eris, ossia lo spirito della competizione distruttiva dovuta al fatto che l’uomo era in allarme per la propria autonomia minacciata dall'amante; ella a sua volta:" sentì che, a fianco dell'amore che li univa, fra loro si era insediato un certo malvagio spirito di dissidio e che lei non poteva scacciarlo dal cuore di lui, né, ancor meno, dal proprio"[3]. Perfino le espressioni di approvazione diventano sospette e allarmanti quando l'amore, in uno solo dei due, è in fase calante:" C'era qualcosa di offensivo nel fatto che egli avesse detto:"Questo sì che va bene", come si dice ai bambini quando smettono di fare i capricci; e ancor più offensivo era quel contrasto fra il tono di colpa che aveva lei e quello sicuro di sé di lui: e per un istante Anna sentì sollevarsi dentro di sé il desiderio di lotta; ma, fatto uno sforzo su se stessa, lo soffocò e accolse Vrònskij con la stessa allegria di prima" (Anna Karenina  p. 746). Tuttavia la simulazione non regge:" anche sapendo che si rovinava, non poté non fargli vedere quanto lui avesse torto, non poteva sottomettersi" (p. 747).

 

Bologna primo luglio 2025 ore 17, 49 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Anna Karenina (1873-1877), trad. it. Milano, 1965, pp 703 e 704.

[2]J. P. Vernant, Tra mito e politica , p. 136.

[3]L. Tolstoj, Anna Karenina (del 1877) , p. 711.

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