Frederic Leighton, Heracles wrestling with Death |
Nell'Eracle, Megara protegge i
figli suoi e dell'eroe, minacciati dall'usurpatore Lico: "come un uccello salvo i piccoli sotto le ali" (uJpo; pteroi`~ swvzw neossou; ~ o[rni~ w{~, vv.
71 - 72 72).
Questa
attenzione per i bambini, come del resto per i vecchi, anch'essi latori di pathos,
e per il mondo della natura si accentuerà con l'Ellenismo.
Il
bambino Eumelo però non si esaurisce nell'aspetto naturalistico: egli, come
ogni personaggio euripideo è anche un ragionatore:
"o padre 411
sono state vane vane le tue nozze e non sei
giunto
al termine di vecchiaia con questa.
Infatti è morta prima, e andata via tu,
madre, la casa va in rovina". 415
Un
altro ragionamento lo fa il corifèo, cercando di consolare il vedovo con
l'argomento dell'hoc non tibi soli.
"Admeto, è necessario sopportare questa
disgrazia: 416
infatti non sei certo il primo né l'ultimo
dei mortali
ad avere perso una buona moglie; renditi
conto del resto
che tutti noi dobbiamo morire". 419
Quindi
Admeto dà disposizioni per il funerale della moglie, degna di onori eccezionali:
rimanete qui e intanto intonate
il peana all'inesorabile dio di laggiù (423
- 424).
Il
peana di solito è un canto di vittoria (cfr. Agamennone di Eschilo, vv. 246)
ma qui e in Edipo re (v. 5) è una preghiera funebre, forse del resto in
previsione della vittoria finale.
Admeto
continua a dare disposizioni per il funerale:
"A tutti i Tessali sui quali io comando (v. 426)
ordino di associarsi al lutto per questa
donna
con la chioma recisa e l'abbigliamento dei
pepli neri;
e voi che aggiogate cavalli alle quadrighe e
curate
i corsieri da sella, recidete con il ferro la
criniera dalle cervici.
Nella città non ci sia clamore di flauti
né di lira per dodici lune intere.
Infatti non seppellirò un altro morto più
amico
né migliore verso di me: è degna di onore
da parte mia poiché lei sola morì per me. (v.
434)
L'ammirazione
del marito dunque dipende in gran parte dall'enorme favore ricevuto dalla donna
incensurabile; più disinteressata è quella del Coro che nella prima strofe del
Secondo Stasimo (vv. 435 - 475) porta avanti il processo di beatificazione
raccomandando Alcesti agli dèi infernali:
"Sappia Ades il dio (v. 438)
dalla negra chioma, e quello
che siede al remo e al timone,
il
vecchio conduttore dei morti
che è di gran lunga, sì di gran lunga la
migliore delle donne quella che ha trasportato sulla palude acherontea
sulla barca a due remi. (v. 444)
Nella
prima antistrofe il coro propone l'eroina all'attenzione delle Muse e dei poeti:
"Molte volte i servitori delle Muse (v. 445)
ti canteranno sulla montana lira
dalle sette corde e celebrandoti negli inni
senza lira,
a Sparta quando con il volgere delle stagioni
torna la festa ciclica del mese Carneo,
quando è alta la luna per tutta la notte,
e nella splendida ricca Atene.
Tale materia di canto
lasciasti morendo ai poeti (v. 453).
Queste
parole esprimono un'esigenza euripidea: che i poeti cantino non solo l'eroismo
maschile ma anche quello femminile. Al tempo dell'Alcesti invero l'aveva
già fatto Sofocle con l'Antigone, la fanciulla tanto eroica e sublime
che il ricordo di lei ci impedisce di amare qualsiasi donna vivente, ebbe a
dire Shelley.
Euripide
canterà l'eroismo di altre ragazze: con particolare impegno quello di Ifigenia
in Aulide; ma il coro di donne corinzie della Medea nel Primo
Stasimo lamenta la malevolenza storica dei poeti verso le donne (basta pensare
a Esiodo e Semonide):
"Le Muse dei poeti antichi smetteranno (v. 421)
di cantare la mia malafede.
Febo infatti, il signore dei canti, non accordò
al nostro spirito la voce divina della lira,
poiché avrei elevato un canto di risposta
alla
stirpe dei maschi. Una lunga epoca ha
molte cose da dire sul nostro ruolo tra i
maschi (v. 427).
Il
coro dell'Alcesti invece non tralascia alcuna benedizione per la sua
santa:
"Oh se mi fosse consentito (v. 455)
se potessi ricondurti
alla luce dalle dimore di Ades
e dalle correnti del Cocito
con un remo adatto al fiume sotterraneo.
Tu infatti, tu sola o cara tra le donne
osasti
liberare lo sposo dall'Ade a prezzo
della tua vita. Che la terra
cada leggera su di te, o donna (kouvfa soi - cqw; n ejpavnwqe pevsoi, v. 463)
Queste
ultime parole corrispondono al latino sit tibi terra levis: "e ti
sia lieve il suol "leggiamo nell'Ode Per l'inclita Nice del Parini
(v. 120).
Quindi
il Coro minaccia Admeto di abomini se dovesse sposarsi di nuovo:
"Se lo sposo si prendesse un nuovo letto, certamente
verrebbe in odio a me e ai tuoi figli"
(465).
Segue
la seconda antistrofe (466 - 476) con altri elogi e benedizioni dell'impareggiabile
Alcesti:
"mentre la madre non volle
per il figlio nascondere il corpo
sotto terra né il padre vecchio
quelli che lo generarono, non ebbero il
coraggio di salvarlo,
gli sciagurati, pur avendo bianca la chioma.
Tu invece te ne
vai
morendo nella giovinezza al posto di un
giovane uomo.
Possa io incontrare una moglie
legata da simile amore, questo infatti
nella vita è un raro destino: certo con me
starebbe
per tutta la vita senza dolore (a[lupo~).
Un
altro elogio dell'ottima donna, fatto però dall'aspirante alle nozze con lei, Achille,
pure lui un ottimo partito, si trova nell'Ifigenia
in Aulide. La ragazza esprime il proposito eroico di morire per la
Grecia:
"do il mio corpo per l'Ellade.
Sacrificatemi, distruggete Troia. Questo infatti
è il mio monumento" (vv. 1397 - 1398).
Il Pelide allora le fa la dichiarazione
d'amore e la proposta di matrimonio
"O figlia di Agamennone, uno degli dei mi
renderebbe
felice se ottenessi le tue nozze.
Invidio la Grecia per te e te per la Grecia.
Infatti hai parlato bene e in maniera degna
della patria
e abbandonata la lotta con la divinità che su
te prevale
hai considerato le cose buone e necessarie.
Il desiderio delle tue nozze mi invade ancora
di più
considerando la tua natura: infatti sei nobile"
(1404 - 1411).
Lo stesso tipo di nobiltà manifesta Macaria negli Eraclidi, quando
dice: "io vi annuncio
che sono pronta a morire per questi fratelli
e per me stessa.
Infatti io non sono attaccata alla vita e ho
fatto una
scoperta bellissima: lasciare la vita nella
gloria" ( eujklew`~ lipei`n bivon, vv. 531 - 534).
Quindi
comincia il Terzo Episodio. (476 - 567).
Entra
in scena Eracle che, afferma Kott, si comporta come un soldato al bivacco. Passa
di lì diretto in Tracia dove compirà l'ottava fatica:
"vado a prendere la muta dei destrieri del
tracio Diomede" (483). Deve portare le cavalle antropofaghe a
Euristeo il re di Tirinto (v. 491) che ha il potere di dargli ordini. Si tratta
dell’VIII fatica.
Eracle è l'eroe della razza dorica, colui che
debella i mostri e porta la civiltà. In questo dramma, pur rimanendo una figura
benefica, assume aspetti comici e grotteschi che forse nelle intenzioni del
"maligno" Euripide, alludono alla rozzezza dei Peloponnesiaci, nemici
no, poiché nell'anno della rappresentazione dell'Alcesti era ancora in
vigore la pace del 446, ma incolti, maleducati sì e parecchio.
Del
resto Eracle è un personaggio del mito che assume aspetti diversi: dal ragazzo
giudizioso, al marito assenteista e donnaiolo, all’amico fedele.
G. B. Conte nota che ogni mito (con le
sue varianti) possiede una pluralità di significati che si aggregano intorno a
una funzione tematica fondamentale. Ma quando un poeta utilizza un mito o un
carattere mitico, egli opera attraverso una selezione, riorientando la storia
nella direzione del suo testo. Viene fatto l'esempio di Eracle che è stato impiegato dai poeti come eroe
civilizzatore, come maschio esuberante nelle faccende sessuali (fino al punto
di diventare lo schiavo di Onfale) ma è anche un insaziabile mangiatore e un
intemperante bevitore di vino; una figura tragica che impazzisce poi ammazza i
figli e la moglie; il mitico progenitore dei re spartani e così via. Lo
studioso procede in quella che chiama enumeratio chaotica, poi chiede: vi
sareste aspettato che il sofista Prodico (come Senofonte riferisce nei suoi Memorabili
II. 1. 21 - 34) avrebbe un giorno inventato una favola il cui protagonista era
Eracle, ma questa volta come esempio di saggezza e autocontrollo, come
paradigma di virtù morale? Prodico evidentemente ha fatto una scelta tra i vari
aspetti di Eracle. Così Virgilio ha attivato alcuni lineamenti del mito a spese
di altri e li ha adattati al suo testo. Sentiamo alcune parole del testo
inglese di Conte: "For poets, myth is like a word contained in a
dictionary: when it leaves the dictionary and enters their text, it retains
only one of its possible meanings ", per i poeti il mito è come una parola contenuta in un dizionario: quando
essa lascia il dizionario ed entra nel testo, mantiene soltanto uno dei suoi
possibili significati. Il Mito, continua il professore di Pisa, come una parola,
deve essere modificato da declinazioni e coniugazioni per conformarsi al
significato globale del discorso: la sua funzione è determinata dal contesto. Ogni
poeta greco (e, a fortiori, ogni poeta latino, che inevitabilmente ha
trovato se stesso confrontando una serie riccamente stratificata di varianti e
adattamenti) si è sentito autorizzato a intervenire nella tradizione e ha
"coniugato" liberamente il paradigma mitico.
continua
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