sabato 30 luglio 2016

Alcesti. XIII parte

Alcesti al Teatro Greco di Siracusa, 2016

Un altro esempio di tale genere di realismo si trova nell'Elettra euripidea che dice:
"guarda la mia chioma sordida e questi stracci del mio peplo" (vv. 184 - 185).

Ma Admeto non soffre solo per la perdita dell'ottima sposa; patisce anche la pessima fama di cui si è coperto chiedendo il sacrificio della vita alla giovane moglie:
"Dirà, chiunque, essendo malevolo, mi incrocerà:
guarda quello che vive vergognosamente, che non ebbe il coraggio di morire/
ma avendo dato al suo posto per viltà colei che sposò
schivò l'Ade. E poi crede di essere un uomo?
E odia i genitori, proprio lui che non vuole
morire. Tale reputazione avrò oltre le sventure. (vv. 954 - 959).

E' la "civiltà di vergogna" dunque, oltre quella della colpa che rendono preferibile il morire al vivere di Admeto e gli fanno professare la triste saggezza del Sileno:
"Perché dunque, amici, sarebbe preferibile vivere
per me che ho cattiva fama e me la passo male? " (vv. 960 - 961).

Nel Terzo Stasimo (962 - 1005) il Coro eleva un inno alla Necessità (Ananche), vista come la divinità massima, quella che vincola e subordina tutti gli dèi:
"Io attraverso le Muse
 mi lanciai nelle altezze, e
ho toccato moltissimi ragionamenti,
ma non ho trovato niente più forte
della Necessità - (krei`sson oujden jAnavgka" hu|ron)
 né alcun rimedio
nelle tavolette tracie che
scrisse la voce di
Orfeo, né tra quanti farmaci
diede agli Asclepiadi Febo
dopo averli ricavati dalle erbe come antidoti
per i mortali afflitti dalle malattie (962 - 972).

Si ricorderà che alla parte (Moira) assegnata dal destino nemmeno Zeus può sfuggire secondo Eschilo ( Prometeo incatenato, 518), mentre Platone sostiene che l'asse dell'Universo è il fuso di Ananche ( jAnavgkh~ a[trakton, 616c) il quale si volge sulle ginocchia (617b) di lei, madre delle Moire: Cloto, Atropo e Lachesi che presiede alla distribuzione delle parti. Queste nella Repubblica vengono scelte dalle anime in prossimità di intraprendere un'altra vita ("non sarà il demone a sorteggiare voi, ma voi sceglierete il demone", 617e), ma esse sono comunque condizionate dal numero che ricevono con il turno della scelta e dalle esperienze dell'esistenza precedente: Agamennone per esempio "per avversione al genere umano e i dolori sofferti prese in cambio la vita di un'aquila" (620b).
In ogni caso Lachesi sostiene che"la virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la apprezzi o la disprezzi. Responsabile è chi ha fatto la scelta, non la divinità" (617e).

 Più ineluttabile è dunque la Necessità nei poeti drammatici che nel filosofo:
"Di questa sola dèa
non è possibile recarsi agli altari,
né alle statue, né ascolta i sacrifici.
Signora, non venire da me
più potente di prima nella vita.
Anche Zeus infatti qualunque cosa decida,
con te la porta a compimento.
Tu domi con la tua forza
anche il ferri dei Calibi,
e non ha ritegno
 il tuo volere scosceso. (973 - 983).

Non c'è medicina dunque, non c'è alcuna forza che possa opporsi a tale potenza che ora sembra travolgere Admeto:
" La dea ha preso anche te nei nodi inestricabili delle sue mani. " (985)
Si rassegni allora il re, e si consoli pensando a quale sposa gli è toccata, una donna che non è morta del tutto poiché sarà oggetto di culto divino:
"Né la tomba della tua sposa sia considerata un tumulo
 di cadaveri consunti, ma venga onorata
come si fa con gli dèi, sia un luogo di culto.
E qualcuno entrando per il sentiero
sghembo dirà questo:
"ella una volta morì per suo marito,
ora è una dèa beata.
Salve o signora, possa tu darmi del bene". cai`r j, w\ povtnia, eu\ de; doivh~
Tali parole la saluteranno. (996 - 1005).

Compiuta la beatificazione di Alcesti, comincia
l'esodo (1006 - 1163) della resurrezione.
 Entra Eracle con una donna velata ed esordisce con una sentenza sull'amicizia:
"Ad un amico si deve parlare liberamente" (1008)
, quindi rimprovera (1017) l'ospite di non avergli detto la verità. Poi gli chiede un favore:
"prendi e custodiscimi questa donna,
finché io sia arrivato qui con le cavalle tracie
dopo avere ucciso il re dei Bistoni.
Ma se dovesse toccarmi ciò che non mi accada (possa io tornare infatti)
te la do perché serva nella tua casa" (vv. 1020 - 1023).
Chi è? Dove l'ha trovata?
 Dice di averla ricevuta come premio della vittoria, in aggiunta a del bestiame, non in una gara leggera ma in un cimento maggiore: quello di pugilato e lotta (1031).

Precisa anzi di non averla rubata ( ouj ga; r klopaivan, v. 1035), cosa che suggerisce a Kott un altro commento maligno: si giustifica in questa maniera poiché sa di essere considerato un ladro.


continua 

Nessun commento:

Posta un commento

Il caso Vannacci e la doverosa difesa della parresia.

  Sono in disaccordo su tutto quanto dice,   scrive e forse pensa il generale Vannacci, eppure sostengo la sua libertà di parola, come...