Alcesti al Teatro Greco di Siracusa, 2016 |
Un
altro esempio di tale genere di realismo si trova nell'Elettra euripidea
che dice:
"guarda la mia chioma sordida e questi stracci
del mio peplo" (vv. 184 - 185).
Ma
Admeto non soffre solo per la perdita dell'ottima sposa; patisce anche la
pessima fama di cui si è coperto chiedendo il sacrificio della vita alla
giovane moglie:
"Dirà, chiunque, essendo malevolo, mi
incrocerà:
guarda quello che vive vergognosamente, che
non ebbe il coraggio di morire/
ma avendo dato al suo posto per viltà colei
che sposò
schivò l'Ade. E poi crede di essere un uomo?
E odia i genitori, proprio lui che non vuole
morire. Tale reputazione avrò oltre le
sventure. (vv. 954 - 959).
E' la
"civiltà di vergogna" dunque, oltre quella della colpa che rendono
preferibile il morire al vivere di Admeto e gli fanno professare la triste
saggezza del Sileno:
"Perché dunque, amici, sarebbe preferibile
vivere
per me che ho cattiva fama e me la passo male?
" (vv. 960 - 961).
Nel Terzo Stasimo (962 - 1005) il Coro eleva
un inno alla Necessità (Ananche), vista come la divinità massima,
quella che vincola e subordina tutti gli dèi:
"Io attraverso le Muse
mi
lanciai nelle altezze, e
ho toccato moltissimi ragionamenti,
ma non ho trovato niente più forte
della Necessità - (krei`sson oujden jAnavgka"
hu|ron)
né
alcun rimedio
nelle tavolette tracie che
scrisse la voce di
Orfeo, né tra quanti farmaci
diede agli Asclepiadi Febo
dopo averli ricavati dalle erbe come antidoti
per i mortali afflitti dalle malattie (962 - 972).
Si
ricorderà che alla parte (Moira) assegnata dal destino nemmeno Zeus può
sfuggire secondo Eschilo ( Prometeo incatenato, 518), mentre Platone sostiene che l'asse dell'Universo è il
fuso di Ananche ( jAnavgkh~ a[trakton, 616c) il quale si volge sulle ginocchia
(617b) di lei, madre delle Moire: Cloto, Atropo e Lachesi che presiede alla
distribuzione delle parti. Queste nella Repubblica vengono scelte dalle
anime in prossimità di intraprendere un'altra vita ("non sarà il demone a
sorteggiare voi, ma voi sceglierete il demone", 617e), ma esse sono
comunque condizionate dal numero che ricevono con il turno della scelta e dalle
esperienze dell'esistenza precedente: Agamennone per esempio "per
avversione al genere umano e i dolori sofferti prese in cambio la vita di
un'aquila" (620b).
In
ogni caso Lachesi sostiene che"la virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà
di più o di meno a seconda che la apprezzi o la disprezzi. Responsabile è chi
ha fatto la scelta, non la divinità" (617e).
Più ineluttabile è dunque la Necessità nei poeti
drammatici che nel filosofo:
"Di questa sola dèa
non è possibile recarsi agli altari,
né alle statue, né ascolta i sacrifici.
Signora, non venire da me
più potente di prima nella vita.
Anche Zeus infatti qualunque cosa decida,
con te la porta a compimento.
Tu domi con la tua forza
anche il ferri dei Calibi,
e non ha ritegno
il tuo
volere scosceso. (973 - 983).
Non
c'è medicina dunque, non c'è alcuna forza che possa opporsi a tale potenza che
ora sembra travolgere Admeto:
" La dea ha preso anche te nei nodi
inestricabili delle sue mani. " (985)
Si
rassegni allora il re, e si consoli pensando a quale sposa gli è toccata, una
donna che non è morta del tutto poiché sarà oggetto di culto divino:
"Né la tomba della tua sposa sia considerata
un tumulo
di
cadaveri consunti, ma venga onorata
come si fa con gli dèi, sia un luogo di culto.
E qualcuno entrando per il sentiero
sghembo dirà questo:
"ella una volta morì per suo marito,
ora è una dèa beata.
Salve o signora, possa tu darmi del
bene". cai`r j, w\ povtnia, eu\ de; doivh~
Tali parole la saluteranno. (996 - 1005).
Compiuta
la beatificazione di Alcesti, comincia
l'esodo
(1006 - 1163) della resurrezione.
Entra Eracle con una donna velata ed esordisce
con una sentenza sull'amicizia:
"Ad un amico si deve parlare
liberamente" (1008)
, quindi
rimprovera (1017) l'ospite di non avergli detto la verità. Poi gli chiede un
favore:
"prendi e custodiscimi questa donna,
finché io sia arrivato qui con le cavalle
tracie
dopo avere ucciso il re dei Bistoni.
Ma se dovesse toccarmi ciò che non mi accada
(possa io tornare infatti)
te la do perché serva nella tua casa" (vv.
1020 - 1023).
Chi è?
Dove l'ha trovata?
Dice di averla ricevuta come premio della
vittoria, in aggiunta a del bestiame, non in una gara leggera ma in un cimento
maggiore: quello di pugilato e lotta (1031).
Precisa
anzi di non averla rubata ( ouj ga; r klopaivan, v. 1035), cosa che suggerisce a Kott un
altro commento maligno: si giustifica in questa maniera poiché sa di essere
considerato un ladro.
continua
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