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ritratto giovanile di Goethe |
Dei, Eroi e Wieland, note introduttive a una satira di
Johann Wolfang von Goethe (1773).
All'età di 24 anni, il Nostro Johann compie la sua prima
scelta di vita: abbandona i controversi studi di diritto che nella sua Weltanschauung
cercherà sempre di evitare, anche se non fu così, perché come consigliere di
stato a Weimar dimostrò di essere un fine giurista e un governante
amministrativo di polso (1). Così si dedicò profondamente alle lettere e alla
poesia. Intemperante nella vita e un bohémien a tutto respiro, ammalatosi di tutte le malattie
dell'artista sregolato, a pochi passi dalla morte, ha due folgorazioni:
l'amicizia virile per il poeta Jakob Lenz, portatore del germe culturale dello Sturm
und Drang; l'amore più duraturo per Susanna Katharina von Klettenberg che
lo introduce alla corrente protestante del pietismo (2). Due indirizzi
culturali che ebbero uno sbocco inaspettato, la diretta conoscenza di un altro
mito della cultura tedesca di metà settecento: il teatro di Shakespeare nella
traduzione di una altro eroe dell'illuminismo dell'epoca, Christoph Martin
Wieland (3). Chi era mai costui? Nato più a sud nel Baden-Württemberg, in un
area culturale più meridionale che guardava anche ad est - mentre Goethe era di
Francofonte, nettamente più vicino al mondo di lingua francese - aveva quasi 41
anni, quando accolse nel 1742 l'invito della duchessa Anna Amalia di
stabilizzarsi a Weimar in qualità di precettore dei principini Konstantin e
Karl August, destinato a diventare duca di Weimar, Sassonia e Eisenach. Ma
Wieland era già un nome nell'intellighenzia illuminista: editore e direttore
della rivista letteraria Der deutsche Merkur, non solo aveva tradotto
molte opere del Bardo (per es. Il sogno di una notte di mezza estate che
poi rielaborerà nella commedia Oberon) ma aveva pubblicato vari autori
classici greci e latini, riscrivendo e attualizzando Euripide - l'Alcesti
- e le Satire di Luciano, opere che avevano attirato l'attenzione degli
illuministi più avanzati, da Lessing a Herder; fino ad avere un certo consenso
fra i poeti più classici, fra cui Klopstock, col quale negli anni '50 del '700
aveva avuto non poche polemiche (4). Wieland, direttore del Merkur
tedesco, aveva raggiunto un certo equilibrio fra il desueto classicismo
conservatore protestante, rispetto alle avventurose teorie innovative di un
Lessing e le estremiste posizioni protestanti di Herder. Insomma, Wieland
rappresentava la giusta mediazione fra gli opposti ideali, un pò come il Parini
che demoliva il Metastasio ed era più moderato degli "eroici furori"
di un Alfieri (5).
Insomma, la qualifica di
Praeceptor Germaniae rispecchiava la domanda di moderazione e
di pace della società tedesca, dopo le rovine della guerra dei 30 anni e alle
soglie di quella guerra dei sette anni che la presunzione imperialista
prussiana stava per provocare (6). Ma proprio la frivola esterofilia che
Klopstock aveva bollato come il male del secolo aperto da Wieland; era stata la
molla positiva per il giovane Goethe per avvicinare e ribadire lo Sturm und
Drang e per rinnovare la fede protestante, che nel Pietismo
operativo e nell'impeto laico soggettivo - il c.d. titanismo - aveva
giustificato quella presunzione prussiana rivolta a unificare il mondo tedesco
e a fondare una cultura tedesca nazionale (7). La posizione compromissoria di
Wieland si allontanava da questa prospettiva: per i giovani Goethe e Lenz,
ormai divenuto il campione dello Sturm un Drang, occorreva una lingua
rivoluzionaria nell'arte e nella filosofia, nella musica e nella poesia. La
base era il proprio Io, la soggettività contro il conservatorismo superficiale;
ovvero, come dirà Marx- altro tedesco dell'800, figlio della stessa radice
pietista (8) - una nuova borghesia produttiva rivolta a cambiare il mondo (9).
Come poteva accettarsi, allora, il filisteismo conformista di un Wieland, che
nella sua Alcesti aveva dileggiato il vero senso ideale di Euripide,
trasformando la tragedia di una moglie che amava il consorte, volontariamente
sostituitasi per salvarlo dalla morte in una commediola irriverente, che
aderiva al consenso popolare che voleva si rappresentasse una tradizionale
relazione di coppia ormai consunta, dove i personaggi erano simbolicamente
legati alla crisi della famiglia tradizionale? Invece Goethe credeva in
Euripide che aveva tratteggiato una crisi soggettiva più profonda nel momento
in cui l'Attica era attraversata dalle inquetudini economiche e sociali dei
nuovi commerci e della guerra del Peloponneso (10). Wieland si era seduto
sull'esistente e con facile ironia realizzava un comune conflitto familiare;
Goethe, che aveva capito il messaggio di Euripide e che aveva ascoltato le note
di Gluck (11), non accettava la logica corrente e aspirava
all'elevazione di un Io che poteva capovolgere la situazione di un Prometeo
che rompeva ogni argine (12). Soprattutto, quando seppe che il suo mito -
Wieland traduttore e primo seguace di Shakespeare - aveva accettato la proposta
della Princiepsa Anna Maria, ruppe gli indugi. Narra nelle Sue Memorie
(13), dopo aver rinunziato alla tranquilla vita forense e dopo aver
oltrepassato gli schemi rococò della cultura moderata, tra Weimar a
Francoforte, decise di dileggiare Wieland il traditore dei valori
universali, il falso illumista, il parruccone svelato, il gazzettiere politically
correct, o meglio, come disse il Foscolo di Monti, il gran traduttore
dei traduttori di Omero, per di più con l'aggravante di servile cameriere
della volontà del potere nobiliare (14). E l'arma fu quella della farsa,
proprio uno degli strumenti lirici riesumati dallo stesso Wieland, la satira,
che derivava dalla tragedia greca, quella appunto di Luciano, lo stesso terreno
già riesumato dal giovane Christoph Martin. E nel 1772, Numi, eroi e
Wieland, Goethe la illustrò una sera a Strasburgo a Lenz, tra due bottiglie
di Borgogna, quasi una scena iniziale della futura Bohème di Puccini,
nei caffé scapigliati di Milano, o al caffè Le giubbe rosse di Firenze,
dove nel primo '900 futuristi e nazionalisti avrebbero commentato le opere di
Beck, Mac e Kandinskij (15). A Lenz non parse vero di avere pubblicato sulla
sua rivista - Die Anmerkungen übers Theater, ed. Th. Friedrich raccolta
a Lipsia nel 1908 - la farsa di Goethe, non comprendendo il fine del grande
Johann, che voleva non tanto criticare Wieland, ma soprattutto stigmatizzare la
pericolosa piega consolatoria e filistea della borghesia tedesca (16). E a
riprova della buona fede di Goethe, va ricordata la posteriore dichiarazione in
Poesia e verità della volontà di non denigrare la persona di Wieland, ma
di spronare la classe intellettuale a non gettare le armi, a rileggere
indipentemente i Classici, in breve di non trasfigurare in modo plateale lo
spirito di Eruipide e di Luciano (17).
Sorprendentemente, Wieland recensì
l'operetta con toni un pò sarcastici, dichiarando senza apparente astio che la
satira era molto originale e molto completa rispetto alle altre che si possono
leggere oggidì....Sembrava un offerta di pace, ma Goethe mantenne l'accordo
con Lenz e continuò la guerra letteraria con coloro che insistevano a
marginalizzare il movimento sturmeriano, rinnegando piuttosto le posizioni
quietiste e scientiste dell'epoca, svalutando il pensiero di Jacobi e riaprendo
il discorso dello Spinozismo più avanzato. Ovvero, nel campo della musica
preferì Mozart e Beethoven piuttosto che i consumati Salieri e Haydn (18). Ma
ben presto lo stesso Goethe dovette scendere a patti: malgrado il successo
formale dei Dolori del giovane Werther del 1774 - di poco successivo all'opera
che presentiamo - la sua situazione economica non migliorava. Come nella sua
vita di intellettuale borghese non era riuscito ad ottenere l'amore di una
ragazza, che forse lo avrebbe ricambiato, ma che lo respinse perché promessa ad
altri e che non poteve avere allora da essa solo amicizia; e mentre Werther si
suicida per amore, espediente letterario che aprì la porta alla rivoluzione
romantica (19). Così il Goethe reale dovette cedere al conformismo delle
piccole corti aristocratiche tedesche. In altre parole, non si può vivere di
ideali, si deve pur mangiare, come già disse il nostro Dante, cioè com'è
duro lo salire le altrui scale (20). Nel 1775 Goethe ritornò alla carica
del già potente consigliere di stato Wieland e per lettera gli chiederà scusa.
Poi diverrà a sua volta il precettore del principe Karl August - la stessa
carica di Wieland - fino a diventare amico del suo vecchio rivale e addirittura
nel 1779 consigliere Segreto, quasi capo di governo, il fedelissimo del
principe (21). E Lenz? Dopo un breve soggiorno a Weimar, segretario di Goethe e
sua cattiva coscienza, Lenz comincia a impazzire; poi vaga da esule in Europa,
per morire a Mosca di fame... Senza quella morte impietosa, Goethe non avrebbe
forse avuto il ripensamento e la fuga in Italia che lo pone tra i grandi
proprio per aver metabolizato le due anime della nostra vita, ritrovando in
quel viaggio l'unità di vita e di pensiero perdute nel decennio weimeriano
(22).
E Wieland? Goethe lo aveva rinnegato perchè aveva compiuto l'errore classico
dei traduttori, l'essersi allontanato dai valori storici del testo tradotto, di
aver privilegiato i caratteri dei personaggi legati alle loro attuali
preoccupazioni; di aver sminuito i loro problemi universali, limitandosi a
descrivere le necessità quotidiane. E perciò le opere di Wieland erano state
per Goethe mediocri e troppo leggere. Anzi la morale di Wieland era
sostanzialmente comoda e perbenista. tantoché le aspirazioni del vecchio
traduttore sembravano essersi fermate agli antipasti, cosa che Goethe intendeva
superare, ma che poi per ironia della storia lo stesso Goethe non aveva neppure
osato fissare fra i suoi obiettivi di vita e e tanto più viverli pieneamente,
finendo proprio come il nuovo favorito del principe. Wieland in tarda età aveva
capito tutta la lezione di Goethe, tanto che prima di morire, non volle restare
più nelle grazie del principe, anzi gli cedette presto quel posto di governante
che tanto aveva agognato quasi venti anni prima. Quasi con fine sarcasmo disse
in tarda età del suo ex rivale: Con Goethe ho passato momenti felici. Mi ha
davvero messo in allegria. Stima e rispetto più che formale, alla fine, fra
i due padri culturali della Germania, confortata dall'incessante lavoro di
Goethe nel Merkur prima e di Wieland nelle Ore, la rivista del
nuovo amico. Anzi Goethe, nel 1813, alla morte di Wieland, scriverà il saggio Zu
brüderlichem Andenken Wielands (1813), dove ne lodava la grande apertura
intellettuale, la lotta per la verità storica, il rigetto per la realtà politically
correct e il filisteismo conformista. Ma alla fine, si dovrà ancora
verificare se furono parole di commiato sentite, oppure quasi clausole di
stile che sempre Goethe aveva rivolto ai suoi scrittori contemporanei,
anche lui preso da un certo delirio di onnipotenza che lo resero un pò
antipatico a molti autori tedeschi che gli succedettero. Ma questa è un'altra
storia sarebbe opportuno tornare (23).
Giuseppe Moscatt
Note
1)
V. MARINO
FRESCHI, Goethe, l'insidia della modernità, Donzelli, Roma, 1999, pagg.
87 e ss.
2)
Sull'influsso
poetista di Goethe, v. LADISLAO MITTNER, Storia della letteratura tedesca.
Dal Pietismo al Romanticismo, Einaudi, 1964, pag. 44.
3)
Cfr. il classico FRIEDRICH GUNDOLF, Shakespeare und der deutsche Geist, Bondi Verlag,
Berlin, 1911, pagg. 160-181. Su Wieland, padre dell'Illuminismo moderato in
Germania, v. altresì ANDREA TAGLIAPIETRA, Che cos'è l'illuminismo? I testi e
la genealogia del concetto, B. Mondadori, 1997, pagg. 390 e ss.
4)
Sulla polemica fra Klopstock e Wieland, durante i primi
decenni del '700, cfr. FRANCESCA DI DONATO, Comunicare la cultura. Il
dibattito sulla repubblica delle lettere nell'illuminismo tedesco.
in didonato@unipi.it.
5)
Sul parallelo
fenomeno critico fra illuministi e arcadici nella prima metà del '700 in
Italia, v. FRANCESCO DE SANTIS, Storie della letteratura italiana, vol. II,
edizione Universale Barion, Milano, 1941, pagg. 314 e ss.
6)
Sul periodo di
relativa pace fra la guerra di 30 anni e quella dei 7 anni - dal 1648 al 1756 -
vide la nascita e lo sviluppo della Prussia, culminato nella personale e
peculiare formazione del Re Federico
II di Hohenzollern
(Federico il Grande), in merito al quale v. BEATRICE TALAMO, Federico II di Prussia
fra Thomas Mann e Friedrich Meinecke-Thomas Mann. Federico e la grande
coalizione, ed.
Artemide, 2003.
7)
Sul valore politico del titanismo in Goethe, cfr, GIULIANO BAIONI, Goethe.
Classicismo e rivoluzione, Einaudi, 1998, pagg. 21 e ss.
8)
V. in merito a tale relazione, gli approfondimenti di STEFANO RICCIUTI, Marx
oltre il marxismo. Tentativo di ricostruzione critica di un
pensiero, edizione Franco Angeli 2012, pagg. 43 e ss, soprattutto nelle sue
discussioni con Engels, molto più vicino alla fede pietista.
9)
Idem, op. cit., pagg. 105 e ss,
10)
Cfr. VINCENZO DI BENEDETTO, Euripide: teatro e
società,
Einaudi, 1992, dove si esamina il processo di mutamento del linguaggio poetico
alla luce della situazione storica che vede la divergenza degli interessi fra
cittadini poveri e ricchi. Circostanza che già Goethe vide come un fenomeno
moderno di attualizzazione delle forme politiche tutte nuove rispetto al teatro
dei Eschilo.
11)
L'esperienza di rinnovamento dell'opera classica in vesti di attualità
nella realtà del diciottesimo secolo, che può non stravolgere i canoni
universali della grecità, era stata manifestata nel teatro musicale di Gluck.
Al riguardo, cfr. ENRICO FUBINI, Musica e cultura nel Settecento
europeo, Ed. E.D.T., 1986, pagg. 24 e ss.
12)
E' questo il significato del Prometeo di Goethe, v. al riguardo,
MARINO FRESCHI, Goethe, l'insidia della modernità, op.cit., pagg. 55 e ss.
13)
Goethe in Poesia e verità, ne delinea le ragioni,
che a Suo dire avevano per motivo la fuga da un imminente vincolo matrimoniale
con la sedicenne Lili
Schönemann di Francoforte. Ma la scelta di emigrare ancora una volta della casa
paterna non erano soltanto legate alla sua indole libera da legami. V. in
proposito, MARINO FRESCHI, op. ult. cit. pagg. 87 e ss.
14)
Le accuse di Foscolo al Monti ebbero forti risonanze nella critica
dell'epoca. V. C. SALINARI - C.RICCI, Storia della letteratura
italiana, vol. III, Laterza, Bari, 1973, pagg. 47 e ss.
15)
La derivazione sturmiana dell'esperienza tedesca e delle sue propaggini
nel futurismo italiano, è tema prescelto Joris-Karl
Huysmans, Controcorrente, a cura di Binacci, traduzione di I. Sassi, edizioni integrali, Newton -Compton Milano, 2015.
16)
Su Jakob Lenz e sul movimento dello Sturm
und Drang, v. in italiano MARINO FRESCHI, op. più volta citata, pagg. 46 e ss.. Cfr. MARKUS BUSCHE, Der
Hofmeister - Vergleich des Originals von Jakob Michael Reinhold Lenz und der
Bearbeitung von Bertolt Brecht,
Verlag Philipps -Universität Marburg, Seminararbeit, 1998.
17)
Sulla rilettura critica dei classi v. GIULIANO BAIONI, op. cit. pagg.
41 e ss.
18)
La polemica fra illuminismo moderato e illuminismo rivoluzionario in
letteratura, qui appena accennata anche nei suoi riflessi in Italia nello
stesso periodo; trova pari riscontro nella musica classica dell'epoca, presente
nella rivalità fra Salieri e Mozart. V. LUIGI MAGNANI, Beethoven
nei suoi quaderni di conversazione, Laterza, Bri, 1970, pag. 167.
19)
La connessione fra il Werther di Goethe e le nuove
ideologie del Romanticismo scatenate proprio dalla germanizzazione di
Shakespeare, propria di Wieland, è descritta da BAIONI, op. cit. pag. 58.
20)
Su Dante cfr. CESARE MARCHI, Dante. Il poeta, il
politico, l'esule, il guerrigliero, il cortigiano, il reazionario, Rizzoli, 1983 pagg. 165 e
ss.
21)
V. BAIONI op.cit. pagg. 47 e ss.
22)
Cfr. ROBERTO ZAPPERI, Una vita in incognito. Goethe a Roma, ed.
Bollati Boringhieri, Torino,
2000, pagg. 15 e ss.
23)
Il saggio di cui al testo Zu brüderlichem Andenken
Wielands - Freimaurerloge Roland zu den Alten Pflichten è facilmente reperibile
su internet. In merito cfr. GUSTAV SEIBT, Il poeta e l'imperatore. La volta che Goethe incontrò
Napoleone, Donzelli, Roma, pagg. 30 e ss.