NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 22 maggio 2017

Introduzione alla satira "Numi, Eroi e Wieland" di Goethe. Di Giuseppe Moscatt

ritratto giovanile di Goethe
Dei, Eroi e Wieland, note introduttive a una satira di Johann Wolfang von Goethe (1773).


All'età di 24 anni, il Nostro Johann compie la sua prima scelta di vita: abbandona i controversi studi di diritto che nella sua Weltanschauung cercherà sempre di evitare, anche se non fu così, perché come consigliere di stato a Weimar dimostrò di essere un fine giurista e un governante amministrativo di polso (1). Così si dedicò profondamente alle lettere e alla poesia. Intemperante nella vita e un bohémien a tutto respiro, ammalatosi di tutte le malattie dell'artista sregolato, a pochi passi dalla morte, ha due folgorazioni: l'amicizia virile per il poeta Jakob Lenz, portatore del germe culturale dello Sturm und Drang; l'amore più duraturo per Susanna Katharina von Klettenberg che lo introduce alla corrente protestante del pietismo (2). Due indirizzi culturali che ebbero uno sbocco inaspettato, la diretta conoscenza di un altro mito della cultura tedesca di metà settecento: il teatro di Shakespeare nella traduzione di una altro eroe dell'illuminismo dell'epoca, Christoph Martin Wieland (3). Chi era mai costui? Nato più a sud nel Baden-Württemberg, in un area culturale più meridionale che guardava anche ad est - mentre Goethe era di Francofonte, nettamente più vicino al mondo di lingua francese - aveva quasi 41 anni, quando accolse nel 1742 l'invito della duchessa Anna Amalia di stabilizzarsi a Weimar in qualità di precettore dei principini Konstantin e Karl August, destinato a diventare duca di Weimar, Sassonia e Eisenach. Ma Wieland era già un nome nell'intellighenzia illuminista: editore e direttore della rivista letteraria Der deutsche Merkur, non solo aveva tradotto molte opere del Bardo (per es. Il sogno di una notte di mezza estate che poi rielaborerà nella commedia Oberon) ma aveva pubblicato vari autori classici greci e latini, riscrivendo e attualizzando Euripide - l'Alcesti - e le Satire di Luciano, opere che avevano attirato l'attenzione degli illuministi più avanzati, da Lessing a Herder; fino ad avere un certo consenso fra i poeti più classici, fra cui Klopstock, col quale negli anni '50 del '700 aveva avuto non poche polemiche (4). Wieland, direttore del Merkur tedesco, aveva raggiunto un certo equilibrio fra il desueto classicismo conservatore protestante, rispetto alle avventurose teorie innovative di un Lessing e le estremiste posizioni protestanti di Herder. Insomma, Wieland rappresentava la giusta mediazione fra gli opposti ideali, un pò come il Parini che demoliva il Metastasio ed era più moderato degli "eroici furori" di un Alfieri (5). 

Insomma, la qualifica di Praeceptor Germaniae rispecchiava la domanda di moderazione e di pace della società tedesca, dopo le rovine della guerra dei 30 anni e alle soglie di quella guerra dei sette anni che la presunzione imperialista prussiana stava per provocare (6). Ma proprio la frivola esterofilia che Klopstock aveva bollato come il male del secolo aperto da Wieland; era stata la molla positiva per il giovane Goethe per avvicinare e ribadire lo Sturm und Drang e per rinnovare la fede protestante, che nel Pietismo operativo e nell'impeto laico soggettivo - il c.d. titanismo - aveva giustificato quella presunzione prussiana rivolta a unificare il mondo tedesco e a fondare una cultura tedesca nazionale (7). La posizione compromissoria di Wieland si allontanava da questa prospettiva: per i giovani Goethe e Lenz, ormai divenuto il campione dello Sturm un Drang, occorreva una lingua rivoluzionaria nell'arte e nella filosofia, nella musica e nella poesia. La base era il proprio Io, la soggettività contro il conservatorismo superficiale; ovvero, come dirà Marx- altro tedesco dell'800, figlio della stessa radice pietista (8) - una nuova borghesia produttiva rivolta a cambiare il mondo (9). Come poteva accettarsi, allora, il filisteismo conformista di un Wieland, che nella sua Alcesti aveva dileggiato il vero senso ideale di Euripide, trasformando la tragedia di una moglie che amava il consorte, volontariamente sostituitasi per salvarlo dalla morte in una commediola irriverente, che aderiva al consenso popolare che voleva si rappresentasse una tradizionale relazione di coppia ormai consunta, dove i personaggi erano simbolicamente legati alla crisi della famiglia tradizionale? Invece Goethe credeva in Euripide che aveva tratteggiato una crisi soggettiva più profonda nel momento in cui l'Attica era attraversata dalle inquetudini economiche e sociali dei nuovi commerci e della guerra del Peloponneso (10). Wieland si era seduto sull'esistente e con facile ironia realizzava un comune conflitto familiare; Goethe, che aveva capito il messaggio di Euripide e che aveva ascoltato le note di Gluck (11), non accettava la logica corrente e aspirava all'elevazione di un Io che poteva capovolgere la situazione di un Prometeo che rompeva ogni argine (12). Soprattutto, quando seppe che il suo mito - Wieland traduttore e primo seguace di Shakespeare - aveva accettato la proposta della Princiepsa Anna Maria, ruppe gli indugi. Narra nelle Sue Memorie (13), dopo aver rinunziato alla tranquilla vita forense e dopo aver oltrepassato gli schemi rococò della cultura moderata, tra Weimar a Francoforte, decise di dileggiare Wieland il traditore dei valori universali, il falso illumista, il parruccone svelato, il gazzettiere politically correct, o meglio, come disse il Foscolo di Monti, il gran traduttore dei traduttori di Omero, per di più con l'aggravante di servile cameriere della volontà del potere nobiliare (14). E l'arma fu quella della farsa, proprio uno degli strumenti lirici riesumati dallo stesso Wieland, la satira, che derivava dalla tragedia greca, quella appunto di Luciano, lo stesso terreno già riesumato dal giovane Christoph Martin. E nel 1772, Numi, eroi e Wieland, Goethe la illustrò una sera a Strasburgo a Lenz, tra due bottiglie di Borgogna, quasi una scena iniziale della futura Bohème di Puccini, nei caffé scapigliati di Milano, o al caffè Le giubbe rosse di Firenze, dove nel primo '900 futuristi e nazionalisti avrebbero commentato le opere di Beck, Mac e Kandinskij (15). A Lenz non parse vero di avere pubblicato sulla sua rivista - Die Anmerkungen übers Theater, ed. Th. Friedrich raccolta a Lipsia nel 1908 - la farsa di Goethe, non comprendendo il fine del grande Johann, che voleva non tanto criticare Wieland, ma soprattutto stigmatizzare la pericolosa piega consolatoria e filistea della borghesia tedesca (16). E a riprova della buona fede di Goethe, va ricordata la posteriore dichiarazione in Poesia e verità della volontà di non denigrare la persona di Wieland, ma di spronare la classe intellettuale a non gettare le armi, a rileggere indipentemente i Classici, in breve di non trasfigurare in modo plateale lo spirito di Eruipide e di Luciano (17). 

Sorprendentemente, Wieland recensì l'operetta con toni un pò sarcastici, dichiarando senza apparente astio che la satira era molto originale e molto completa rispetto alle altre che si possono leggere oggidì....Sembrava un offerta di pace, ma Goethe mantenne l'accordo con Lenz e continuò la guerra letteraria con coloro che insistevano a marginalizzare il movimento sturmeriano, rinnegando piuttosto le posizioni quietiste e scientiste dell'epoca, svalutando il pensiero di Jacobi e riaprendo il discorso dello Spinozismo più avanzato. Ovvero, nel campo della musica preferì Mozart e Beethoven piuttosto che i consumati Salieri e Haydn (18). Ma ben presto lo stesso Goethe dovette scendere a patti: malgrado il successo formale dei Dolori del giovane Werther del 1774 - di poco successivo all'opera che presentiamo - la sua situazione economica non migliorava. Come nella sua vita di intellettuale borghese non era riuscito ad ottenere l'amore di una ragazza, che forse lo avrebbe ricambiato, ma che lo respinse perché promessa ad altri e che non poteve avere allora da essa solo amicizia; e mentre Werther si suicida per amore, espediente letterario che aprì la porta alla rivoluzione romantica (19). Così il Goethe reale dovette cedere al conformismo delle piccole corti aristocratiche tedesche. In altre parole, non si può vivere di ideali, si deve pur mangiare, come già disse il nostro Dante, cioè com'è duro lo salire le altrui scale (20). Nel 1775 Goethe ritornò alla carica del già potente consigliere di stato Wieland e per lettera gli chiederà scusa. Poi diverrà a sua volta il precettore del principe Karl August - la stessa carica di Wieland - fino a diventare amico del suo vecchio rivale e addirittura nel 1779 consigliere Segreto, quasi capo di governo, il fedelissimo del principe (21). E Lenz? Dopo un breve soggiorno a Weimar, segretario di Goethe e sua cattiva coscienza, Lenz comincia a impazzire; poi vaga da esule in Europa, per morire a Mosca di fame... Senza quella morte impietosa, Goethe non avrebbe forse avuto il ripensamento e la fuga in Italia che lo pone tra i grandi proprio per aver metabolizato le due anime della nostra vita, ritrovando in quel viaggio l'unità di vita e di pensiero perdute nel decennio weimeriano (22). 

E Wieland? Goethe lo aveva rinnegato perchè aveva compiuto l'errore classico dei traduttori, l'essersi allontanato dai valori storici del testo tradotto, di aver privilegiato i caratteri dei personaggi legati alle loro attuali preoccupazioni; di aver sminuito i loro problemi universali, limitandosi a descrivere le necessità quotidiane. E perciò le opere di Wieland erano state per Goethe mediocri e troppo leggere. Anzi la morale di Wieland era sostanzialmente comoda e perbenista. tantoché le aspirazioni del vecchio traduttore sembravano essersi fermate agli antipasti, cosa che Goethe intendeva superare, ma che poi per ironia della storia lo stesso Goethe non aveva neppure osato fissare fra i suoi obiettivi di vita e e tanto più viverli pieneamente, finendo proprio come il nuovo favorito del principe. Wieland in tarda età aveva capito tutta la lezione di Goethe, tanto che prima di morire, non volle restare più nelle grazie del principe, anzi gli cedette presto quel posto di governante che tanto aveva agognato quasi venti anni prima. Quasi con fine sarcasmo disse in tarda età del suo ex rivale: Con Goethe ho passato momenti felici. Mi ha davvero messo in allegria. Stima e rispetto più che formale, alla fine, fra i due padri culturali della Germania, confortata dall'incessante lavoro di Goethe nel Merkur prima e di Wieland nelle Ore, la rivista del nuovo amico. Anzi Goethe, nel 1813, alla morte di Wieland, scriverà il saggio Zu brüderlichem Andenken Wielands (1813), dove ne lodava la grande apertura intellettuale, la lotta per la verità storica, il rigetto per la realtà politically correct e il filisteismo conformista. Ma alla fine, si dovrà ancora verificare se furono parole di commiato sentite, oppure quasi clausole di stile che sempre Goethe aveva rivolto ai suoi scrittori contemporanei, anche lui preso da un certo delirio di onnipotenza che lo resero un pò antipatico a molti autori tedeschi che gli succedettero. Ma questa è un'altra storia sarebbe opportuno tornare (23).


Giuseppe Moscatt


Note

1)                 V. MARINO FRESCHI, Goethe, l'insidia della modernità, Donzelli, Roma, 1999, pagg. 87 e ss.
2)                 Sull'influsso poetista di Goethe, v. LADISLAO MITTNER, Storia della letteratura tedesca. Dal Pietismo al Romanticismo, Einaudi, 1964, pag. 44.
3)                 Cfr. il classico FRIEDRICH GUNDOLF, Shakespeare und der deutsche Geist, Bondi Verlag, Berlin, 1911, pagg. 160-181. Su Wieland, padre dell'Illuminismo moderato in Germania, v. altresì ANDREA TAGLIAPIETRA, Che cos'è l'illuminismo? I testi e la genealogia del concetto, B. Mondadori, 1997, pagg. 390 e ss.
4)                 Sulla polemica fra Klopstock e Wieland, durante i primi decenni del '700, cfr. FRANCESCA DI DONATO, Comunicare la cultura. Il dibattito sulla repubblica delle lettere nell'illuminismo tedesco. in didonato@unipi.it.
5)                 Sul parallelo fenomeno critico fra illuministi e arcadici nella prima metà del '700 in Italia, v. FRANCESCO DE SANTIS, Storie della letteratura italiana, vol. II, edizione Universale Barion, Milano, 1941, pagg. 314 e ss.
6)                 Sul periodo di relativa pace fra la guerra di 30 anni e quella dei 7 anni - dal 1648 al 1756 - vide la nascita e lo sviluppo della Prussia, culminato nella personale e peculiare formazione del Re Federico II di Hohenzollern (Federico il Grande), in merito al quale v. BEATRICE TALAMO, Federico II di Prussia fra Thomas Mann e Friedrich Meinecke-Thomas Mann. Federico e la grande coalizione, ed. Artemide, 2003.
7)                 Sul valore politico del titanismo in Goethe, cfr, GIULIANO BAIONI, Goethe. Classicismo e rivoluzione, Einaudi, 1998, pagg. 21 e ss.
8)                 V. in merito a tale relazione, gli approfondimenti di STEFANO RICCIUTI, Marx oltre il marxismo. Tentativo di ricostruzione critica di un pensiero, edizione Franco Angeli 2012, pagg. 43 e ss, soprattutto nelle sue discussioni con Engels, molto più vicino alla fede pietista.
9)                 Idem, op. cit., pagg. 105 e ss,
10)             Cfr. VINCENZO DI BENEDETTO, Euripide: teatro e società, Einaudi, 1992, dove si esamina il processo di mutamento del linguaggio poetico alla luce della situazione storica che vede la divergenza degli interessi fra cittadini poveri e ricchi. Circostanza che già Goethe vide come un fenomeno moderno di attualizzazione delle forme politiche tutte nuove rispetto al teatro dei Eschilo.
11)             L'esperienza di rinnovamento dell'opera classica in vesti di attualità nella realtà del diciottesimo secolo, che può non stravolgere i canoni universali della grecità, era stata manifestata nel teatro musicale di Gluck. Al riguardo, cfr. ENRICO FUBINI, Musica e cultura nel Settecento europeo, Ed. E.D.T., 1986, pagg. 24 e ss.
12)             E' questo il significato del Prometeo di Goethe, v. al riguardo, MARINO FRESCHI, Goethe, l'insidia della modernità, op.cit., pagg. 55 e ss.
13)             Goethe in Poesia e verità, ne delinea le ragioni, che a Suo dire avevano per motivo la fuga da un imminente vincolo matrimoniale con la sedicenne Lili Schönemann di Francoforte. Ma la scelta di emigrare ancora una volta della casa paterna non erano soltanto legate alla sua indole libera da legami. V. in proposito, MARINO FRESCHI, op. ult. cit. pagg. 87 e ss.
14)             Le accuse di Foscolo al Monti ebbero forti risonanze nella critica dell'epoca. V. C. SALINARI - C.RICCI, Storia della letteratura italiana, vol. III, Laterza, Bari, 1973, pagg. 47 e ss.
15)             La derivazione sturmiana dell'esperienza tedesca e delle sue propaggini nel futurismo italiano, è tema prescelto Joris-Karl Huysmans, Controcorrente, a cura di Binacci, traduzione di I. Sassi, edizioni integrali, Newton -Compton Milano, 2015.
16)             Su Jakob Lenz e sul movimento dello Sturm und Drang, v. in italiano MARINO FRESCHI, op. più volta citata, pagg. 46 e ss.. Cfr. MARKUS BUSCHE, Der Hofmeister - Vergleich des Originals von Jakob Michael Reinhold Lenz und der Bearbeitung von Bertolt Brecht, Verlag Philipps -Universität Marburg, Seminararbeit, 1998.
17)             Sulla rilettura critica dei classi v. GIULIANO BAIONI, op. cit. pagg. 41 e ss.
18)             La polemica fra illuminismo moderato e illuminismo rivoluzionario in letteratura, qui appena accennata anche nei suoi riflessi in Italia nello stesso periodo; trova pari riscontro nella musica classica dell'epoca, presente nella rivalità fra Salieri e Mozart. V. LUIGI MAGNANI, Beethoven nei suoi quaderni di conversazione, Laterza, Bri, 1970, pag. 167.
19)             La connessione fra il Werther di Goethe e le nuove ideologie del Romanticismo scatenate proprio dalla germanizzazione di Shakespeare, propria di Wieland, è descritta da BAIONI, op. cit. pag. 58.
20)             Su Dante cfr. CESARE MARCHI, Dante. Il poeta, il politico, l'esule, il guerrigliero, il cortigiano, il reazionario, Rizzoli, 1983 pagg. 165 e ss.
21)             V. BAIONI op.cit. pagg. 47 e ss.
22)             Cfr. ROBERTO ZAPPERI, Una vita in incognito. Goethe a Roma, ed. Bollati Boringhieri, Torino,
 2000, pagg. 15 e ss.

23)             Il saggio di cui al testo Zu brüderlichem Andenken Wielands - Freimaurerloge Roland zu den Alten Pflichten è facilmente reperibile su internet. In merito cfr. GUSTAV SEIBT, Il poeta e l'imperatore. La volta che Goethe incontrò Napoleone, Donzelli, Roma, pagg. 30 e ss.

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