NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 11 maggio 2017

Il potere. XXI parte

Harold Copping, Hamlet

Amelethus è Amleto nei Gesta Danorum di Saxo Grammaticus (1140 ca - 1210 ca).
Vediamo un aspetto della sua pazzia con altre considerazioni di Bettini: "L'eroe ha appena fatto all'amore con la futura Ofelia shakespeariana, e gli viene chiesto: su quale cuscino? E lui: " Su uno zoccolo di giumenta, una cresta di gallo e le travi del tetto"[1]. Ma il falso stolto deve anche farne, di sciocchezze, oltre che dirne. Odisseo a Itaca, davanti a Menelao e Agamennone, aggioga all'aratro un bue e un cavallo e se ne va in giro con in capo il berretto (pileus) dello stolto[2]. Peccato che non possiamo più vedere un celebre dipinto di Eufranore che stava a Efeso, forse nel santuario di Artemide. Plinio lo descriveva così: "Ulisse, fintosi pazzo, aggioga un bue insieme con un cavallo: vi sono anche uomini pensosi vestiti col pallio, e un comandante che rinfodera la spada"[3]. Ecco che le plateali insensatezze del (falso) sciocco suscitano il dubbio e lo sconcerto dei cogitantes, i personaggi "pensosi" che lo osservano. Solone, per parte sua, se ne uscì invece in pubblico "deformis habitu more vecordium" (tutto malvestito alla maniera dei pazzi), ovvero con in testa il famoso berretto[4]. David, alla corte di Achis, contraffaceva il volto, si lasciava cadere, inciampava nei battenti della porta, e la saliva gli correva lungo la barba[5]. Ancora Amelethus, alla corte di Fengo, giace per terra sporco di cenere, intento a indurire nel fuoco dei bastoncini ricurvi[6]; poi lo vediamo salire su un cavallo a rovescio, reggendo naturalmente la coda al posto delle redini"[7].
 Tacere e dissimulare è un modo per resistere alla stupidità della tirannide. Così avviene in 1984 di Orwell dove gli slogan del Partito sono: " La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza, (p. 8)... Non si possedeva di proprio se non pochi centimetri cubi dentro il cranio... Non era col farsi udire ma col resistere alla stupidità (by staying sane) che si sarebbe potuto portare innanzi la propria eredità di uomo" (p. 31).
Falso sciocco è anche Demo (Popolo) nei Cavalieri di Aristofane (del 424). Il coro lo accusa di dabbenaggine: sei uno facile da ingannare (eujparavgwgo", v. 1115), gli dice, ti piace troppo essere adulato. E il vecchietto irritabile, sordastro (duvskolon gerovntion - uJpovkwfon, vv. 42 - 43) risponde: non avete senno sotto le vostre zazzere, se credete che io non capisca “ejgw; d j eJkw; n - tau't j hjliqiavzw”, vv. 1123 - 1124), io mi comporto da sciocco apposta, e così me la godo a farmi portare da bere. Il Popolo insomma ha permesso ai demagoghi, Paflagone in testa, di essere ladri, per poi costringerli a vomitare fuori (pavlin ejxemei'n, v. 1148) quello che gli hanno rubato usando l’urna elettorale per provocare il vomito.
 Anche Amleto di Shakespeare si finge pazzo
 E anche nella sua follia c'è metodo (II, 2) tanto che il re sentenzia che la pazzia nei grandi deve essere vigilata (III, 1).

Torniamo su Amleto
Pirandello sostiene che l'Oreste dell'Elettra di Sofocle diventerebbe Amleto quando si producesse "uno strappo nel cielo di carta del teatrino (... ) quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia"[8]; Amleto dunque sarebbe un personaggio paralizzato dalla consapevolezza che tutto è finto, recitato, contraffatto; che ci troviamo nella caverna platonica.
 Amleto anzi secondo O. Wilde fu l'inventore del pessimismo che incupisce la terra: "il mondo è diventato triste perché una volta una marionetta fu malinconica"[9].
Ebbene un Oreste amletico, come personaggio "terribilmente sconcertato" e consapevole, è già presente nella tragedia greca ed è il protagonista dell' Oreste di Euripide. Infatti a Menelao che gli domanda: "tiv crh'ma pascei"; tiv" s j ajpovllusin novso"; "(v. 395) che cosa soffri? quale malattia ti distrugge?, egli risponde: " hJ suvnesi", o{ti suvnoida deivn j eijrgasmevno"" (v. 396) l'intelligenza, poiché sono consapevole di avere commesso cose terribili. E se Amleto dice a Guildestern "Denmark's a prison " (II, 2) la Danimarca è una prigione, Oreste fa a Pilade: "oujc oJra"; fulassovmeqa frourivoisi pantach'" (v. 760), non vedi? siamo sorvegliati da sentinelle da tutte le parti.
 Restando ancora su Amleto, Freud sostiene che Amleto piuttosto è paralizzato dalla coscienza che lo zio ha attuato quanto avrebbe voluto fare lui stesso: " Secondo la concezione tuttora prevalente, che risale a Goethe, Amleto rappresenta il tipo d'uomo la cui vigorosa forza d'agire è paralizzata dalla forza opprimente dell'attività mentale ("la tinta nativa della risoluzione è resa malsana dalla pallida cera del pensiero", III, 1). Secondo altri, il poeta ha tentato di descrivere un carattere morboso, indeciso, che rientra nell'ambito della nevrastenia. Senonché, la finzione drammatica dimostra che Amleto non deve affatto apparirci come una persona incapace di agire in generale. Lo vediamo agire due volte, la prima in un improvviso trasporto emotivo, quando uccide colui che sta origliando dietro il tendaggio, una seconda volta in modo premeditato, quasi perfido, quando con tutta la spregiudicatezza del principe rinascimentale manda i due cortigiani alla morte a lui stesso destinata. Che cosa dunque lo inibisce nell'adempimento del compito che lo spettro del padre gli ha assegnato? Appare qui di nuovo chiara la spiegazione: la particolare natura di questo compito. Amleto può tutto, tranne compiere la vendetta sull'uomo che ha eliminato suo padre prendendone il posto presso sua madre, l'uomo che gli mostra attuati i suoi desideri infantili rimossi"[10].




continua

[1] Saxo, 3, 6, 11.
[2] Igino, Fabulae, 95.
[3] Plinio, Naturalis historia, 35, 129.
[4] Giustino, 2, 7; Plutarco, Vita di Solone, 8, 1, sg.
[5] Il libro dei Re, 21, 11 (=Il libro di Samuele, 21, 11 - 13).
[6] Saxo, 3, 6, 6.
[7] M. Bettini, op. cit., p. 59.
[8]Il fu Mattia Pascal, p. 173.
[9]La decadenza della menzogna in Oscar Wilde, Opere, p. 224.
[10]S. Freud, L'interpretazione dei sogni, pp. 250 - 251. 

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