venerdì 4 gennaio 2019

Plutarco in Shakespeare. Parte 1

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Plutarco Vita di Antonio (II sec. d.C.) con Shakespeare Antonio e Cleopatra  (1606-7)

Prima parte della conferenza che terrò il 9 gennaio a Bologna: 
Plutarco in Shakespeare

La nobiltà nella morte

La bellezza e la dignità della morte vengono anteposte alla degradazione della vita da Cleopatra, l'ultima dei Tolomei: lo capisce l'ancella Carmione la quale, al soldato che, vedendo il cadavere della regina, le ha domandato : "kala; tau'ta Cavrmion ;" è bello questo?, la regina risponde con il suo ultimo fiato: "kavllista me;n ou\n kai; prevponta th'/ tosouvtwn ajpogovnw/ basilevwn" (Plutarco, Vita di Antonio, 85, 8), è bellissimo e si confà a una donna che discende da re tanto grandi.

Lo stesso personaggio (Charmian) dell'Antonio e Cleopatra di Shakespeare, all'ottuso guardiano (First Guard) che le ha posto la medesima domanda retorica (Charmian, is this well done?) , replica : "It is well done, and fitting for a princess-Descended of so many royal kings. Ah, soldier! (5, 2)", è ben fatto e adatto a una sovrana discesa da tanti nobili re. Ah soldato!
Cfr. anche Antigone e Aiace di Sofocle e pure Polissena nell'Ecuba di Euripide per la dignità e la nobiltà nella morte.

Soltanto nella bellezza si può tollerare il dolore di vivere, afferma  Polissena quando antepone una morte dignitosa a una vita senza onore:"to; ga;r zh'n mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Euripide, Ecuba , v. 378),  vivere senza bellezza è un grande tormento".
Il culto della bellezza nella vita e nella morte non manca in Sofocle: Antigone dice a Ismene: ma lascia che io e la pazzia che spira da me/soffriamo questa prova tremenda: io non soffrirò/nulla di così grave da non morire nobilmente"peivsomai ga;r ouj-tosou`ton oujden w{ste mh; ouj kalw`~ qanei`n ( Antigone, vv. 95-97).
Aiace   risponde al corifeo ajll j h] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai-- to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve o vivere con stile, o con stile morire (Sofocle, Aiace vv.479-480):".

La dignità nell’insuccesso
Neottolemo, il figlio schietto dello schietto Achille, dice al subdolo Odisseo del Filottete :"
bouvlomai d j, d' , a[nax, kalw'"-drw'n ejxamartei'n ma'llon h]  nika'n kakw'" " (vv. 94-95), preferisco, sire, fallire agendo con nobiltà che avere successo nella volgarità.
John Middleton Murry (in Shakespeare, trad. it. Einaudi, 1953) rileva la regalità di Cleopatra e quella di Antonio nell' Antonio e Cleopatra di Shakespeare.
Cleopatra ricorda regalmente la regalità di Antonio vivo, come lo vede morto: "Cleopatra stessa rimane soffusa di uno splendore di tramonto e la sua dignità nella morte viene rivestita della maestà dei cieli. La disposizione delle parole è magica: dà valore e rilievo a quella definizione della poesia data dal Coleridge: "le parole migliori nel miglior ordine" prose: words in their best order; poetry: the best words in the best order
"Quest'ordine  è tale che ogni rilievo confluisce in quella parola "regale" (p. 351)
Regalità e lealtà, procedono allora di pari passo; e colui ch'è leale, diviene regale  per la sua lealtà"

La  regalità di Cleopatra, del suo fascino,  è messa in evidenza anche da Plutarco  
Il quale scrive che la la sua bellezza in sé -auJto; to; kavllo"- non era proprio incomparabile-ouj pavnu dusparavblhton.-dus-parabavllwgetto di fianco, paragono- né tale da stordire quelli che la vedevano-oujd j oi|on ejkplh'xai tou;" ijdovnta"- ma la sua compagnia aveva una presa dalla quale non si poteva fuggire-ajfh;n  (a[ptw)  dj ei\cen hJ sundiaivthsi" a[fukton (Plutarco, Vita di Antonio, 27).

L’essenza della regalità è qualche cosa che rende l’uomo più uomo, cioè più buono. Nel Mercante di Venezia, Porzia dice che la clemenza adorna il monarca sul trono meglio della sua corona poiché lo scettro è l’emblema del potere terreno e in esso risiedono il timore e la paura che ispirano i re, but mercy is above the sceptred sway, ma la misericordia è al di sopra del potere scettrato. Essa ha il suo trono nel cuore dei re ed è un attributo del Dio stesso, it is an attribute to God himself (IV, 1, 188-197).
In questa essenza della regalità vi è l’idea della comunione fra gli uomini.

Antonio e Cleopatra immortalano la loro regalità perseverando nella loro diversità dai politici usuali.
Viene in mente il Vangelo di Matteo: “et eritis odio omnibus propter nomen meum; qui autem perseveraverit usque in finem, hic salvus erit”, oJ de; ujpomeivna" eij" tevlo" ou|to" swqhvsetai (NT. 10, 22).
Cleopatra affronta la morte per non perdere la propria identità diventando schiava di Ottaviano e non assimilarsi alla canaglia che l’ha tradita asservendosi al vincitore come ha fatto Seleuco cui la regina dice: “se tu fossi uomo, avresti pietà di me –wert thou a man, thou wouldst have mercy on me” V, 2, 173-174)
Piuttosto che vedersi vilipesa da littori e istrioni che rappresenteranno Antonio come ubriaco e che dover assistere a qualche giovanotto il quale travestito da becera Cleopatra squeaking Cleopatra avvilirà la sua grandezza raffigurandola in the posture of a whore (V, 2, 214-219), la donna regale, la donna non comune decide di uccidersi. Non ha più dubbi: “My resolution is placed, and I haved nothing of woman in me: now from head to foot I am a marble-constant; now the fleeting moon non planet of mine” (V, 2, 238-241), adesso la luna incostante non è il mio pianeta.

Cf Lady Macbeth che vuole defemminilizzarsi quando invoca gli spiriti che apportano pensieri di morte:"unsex me here", snaturatemi il sesso ora, e riempitemi dalla testa ai piedi della crudeltà più orrenda (of direst cruelty). Il sangue di cui gronda la tragedia, nel suo corpo deve  addensarsi e chiudere ogni via di accesso al rimorso ( Macbeth, I, 5).
Cfr. pure la Medea di Seneca la quale pensa di incenerire l'istmo di Corinto e di assumere la ferocia massima negando la propria femminilità:" pelle femineos metus/et inhospitalem Caucasum mente indue./ " (vv. 42-44, scaccia le paure femminili e indossa mentalmente il Caucaso inospitale, dice a se stessa.
Lady Macbeth e Medea vogliono uccidere altre persone, Cleopatra  solo la schiava che diventerebbe dopo la vittoria di Ottaviano,  e lo fa con regalità: the stroke of death is as a lover's pinch (V, 2, 294), il tocco della morte è come il pizzicotto di un amante.

Il voltagabbana
Domizio Enobarbo, già pompeiano, perdonato da Cesare, poi si unì a Sesto Pompeo contro i triumviri. Ma nel 40 passò ad Antonio dal quale  defezionò durante la battaglia di Azio, come la vide perduta.

Plutarco racconta che in seguito a questo tradimento di Enobarbo, Antonio si comportò magnanimamente con benevolenza (eujgnwmovnw", Vita di Antonio, 63, 3) pur contro il parere di Cleopatra para; th;n Kleopavtra" gnwvmhn. Infatti si dispiacque di quella defezione, tuttavia gli mandò pa'san th;n ajposkeuh;n, tutti i suoi bagagli con gli amici e i servi. Enobarbo morì subito come se avesse cambiato opinione  (w{sper metabalovmeno") per il fatto che non erano rimasti nascosti la sua infedeltà e il suo tradimento -ejpi; tw'/ mh; laqei'n th;n ajpistivan aujtou' kai; prodosivan.

Nella tragedia di Shakespeare (Antonio e Cleopatra, III, 13) Enobarbo dice a Cleopatra che la colpa della sconfitta è di Antonio.
La regina gli domanda: “Is Antony or we in fault for this?”
Enobarbo risponde: “Antony only, that would make his will Lord of  his reason” (III, 13, 2-4).
Fece male a seguire Cleopatra che fuggiva: the itch of his affection should not then-have nick’d his captainship, il prurito dell’amore non avrebbe dovuto intaccare in quel momento la sua funzione di comando (III, 13, 7-8)
Enobarbo dopo le vittorie di Ottaviano pensa che the loyalty held too fools, la lealtà serbata ai pazzi trasforma la fede in pazzia-does make our faith mere folly,. Tuttavia ha dei dubbi: chi segue fedelmente il suo signore caduto, vince colui che ha vinto il suo signore (III, 13, 42-45).
Antonio nella tragedia di Shakespeare reagisce come nella Vita di Plutarco: Go Eros, send his treasur after; do it. non trattenere uno iota, te lo ordino. Scrivigli cortesi addìi e saluti. Digli che gli auguro di non trovare più motivi per cambiare padrone. O, my fortunes have-corrupted honest man! (IV, 5, 12-16).
Anche l'Enobarbo di Shakespeare si pente, e si uccide per giunta . Prega la luna di essere testimone del suo pentimento (IV, 9, 7).
Sempre rivolto a the blessed moon aggiunge: "trhow my heart against the flint and hardness of my fault", getta Il mio cuore contro la durezza di selce della mia colpa ed esso, inaridito dal dolore, si frantumerà in polvere, ponendo termine a tutti i ripugnanti pensieri. Oh Antonio, più nobile di quanto è infame il mio tradimento, forgive me in thine own particular, but let the world rank me in register a master-leaver and a fugitive: o Antony, Antony!  (IV, 9, 15-23), perdonami per tuo proprio conto, ma lascia che il mondo mi classifichi nel registro dei traditori e disertori.            
Nella prima scena del I atto Antonio afferma la propria identità di uomo passionale  e celebra l'amore che lo lega a Cleopatra dicendo:"kingdoms are clay" ( …) the nobleness of life is to do thus  (I, 1, 35-37) i regni sono fango, la nobiltà di vita è fare così. E abbraccia Cleopatra dicendo che il loro mutuo amore gli fa imporre al mondo, rischiando una punizione, di riconoscere che costituiscono una coppia incomparabile. E' il prevalere della passione sulla rispettabilità, sulle convenienze, sulla ragionevolezza.
Nella prefazione a Demetrio-Antonio,  Plutarco che è meno benevolo di Shakespeare nei confronti di Antonio,   afferma che forse non è male inserire tra gli esempi le vite  di uomini che hanno fatto uso del loro ingegno in modo troppo sconsiderato, e sono divenuti celebri nel potere e nelle grandi imprese per i loro vizi ("eij" kakivan").
Antonio era amato dai suoi soldati poiché amava gozzovigliare con loro. Fondamentale per lui era la figura di Ercole. Il suo comportamento, cameratesco, generoso, passionale, era visto come Erculeo. 
Nella tragedia di Shakespeare si sente una musica in aria, o sotto terra, davanti al palazzo di Cleopatra e un soldato chiede: “It signs well, does it not?” E un altro “No”.  Allora “What should this mean?” E il pessimista: “’Tis the god Hercules, whom Antony loved, Now leaves him” ( 4, 3, 14-16).
Sentiamone un riuso fatto da T. S. Eliot: “the God Hercules/Had left him, that had loved him well” (Burbank with a Baedeker, Bleistein with a cigar (1920).

Plutarco scrive che l’aspetto stesso di Antonio ricordava quello di Eracle quale appare nei dipinti e nelle statue. Aveva una bella barba, un’ampia fronte e un naso aquilino. Secondo una tradizione antica gli Antoni erano Eraclidi discendenti da Antone, figlio di Eracle e il triumviro si adoperava per confermare questa leggenda con l’atteggiamento e l’abbigliamento: portava al fianco una grande spada mavcaira megavlh e indossava un mantello ruvido savgo" perievkeito tw'n sterew'n (4, 1-4).
I Romani non approvavano il suo amore per Cleopatra e il fatto che riconobbe i gemelli avuti da lei. Ma Antonio era abile nell’abbellire le brutture ajll j ajgaqo;" w]n ejgkallwpivsasqai toi'" aijscroi'" (Vita,  36, 6)  diceva che la nobiltà di stirpe si propaga con molti figli. Così Eracle e il suo progenitore figlio di Eracle avevano dato libero corso alla natura mettendo al mondo tanti figli
Ed ecco il brutto segno in Plutarco: poco prima della guerra con Ottaviano “Pesaro città colonizzata da Antonio, situata sull’Adriatico Peivsaura
 jAntwnivou povli"  klhrouciva wj/kismevnh para; to;n   jAdrivan,  fu ingoiata da una voragine che si spalancò nella terra .
 Una statua di Antonio presso Alba stillò sudore  e mentre Antonio soggiornava a Patrasso, il tempio di Eracle fu colpito dai fulmini e ad Atene il Dioniso della Gigantomachia situato sul muro meridionale dell’acropoli cadde nel teatro strappato dal vento. Antonio diceva di essere parente di Eracle per la stirpe e di Dioniso poiché ne imitava lo stile di vita, Si faceva chiamare Diovnuso" nevo" (Vita di antonio, 60, 2-5).
Poi ci furono altri presagi con tristo annunzio di futuro danno.

Nella Vita di Antonio l’autore cita due versi dell’Edipo re ("la città è piena tanto del fumo dei sacrifici,/quanto di preghiere, quanto di gemiti” il quarto verso è leggermente modificato e il quinto senza ritocchi) per significare la dissolutezza pestifera di Antonio: quando il triumviro si recò in Oriente, l’Asia intera, come quella famosa città di Sofocle (Tebe) era piena di fumi di incenso, e insieme di peani e di gemiti (24, 3).
Subito dopo Plutarco racconta che Antonio entrò in Efeso preceduto da donne vestite come le Baccanti e da uomini e fanciulli abbigliati da Satiri e da Pan; la città era piena di edera, tirsi, zampogne e flauti e la gente acclamava Antonio come Dioniso che dà gioia e amabile. Per alcuni sarà stato tale, ma per i più era
j Wmhsth;~ kai;  jAgriwvnio~ (24, 4-5), Dioniso Crudivoro e Selvaggio.

Quando Cleopatra si recò da lui risalendo il fiume Cidno, con teatralità ancora più vistosa, si diffuse dappertutto la voce che Afrodite con il suo corteo andava da Dioniso per il bene dell’Asia (wJ~ hJ jAfrodivth kwmavzoi pro;~ to;n Diovnuson ejp j ajgaqw`/ th`~  jAsiva~, 26, 5). Quindi Plutarco racconta alcune buffonate che i due amanti compivano divertendo gli Alessandrini i quali dicevano che Antonio con i
Romani usava la maschera tragica e con loro quella comica ( levgonte~ wJ~ tw`/ tragikw`/ pro;~ tou;~  JRomaivou~ crh`tai proswvpw/, tw`/ de; kwmikw/` pro;~ aujtouv~,  29, 4).

Plutarco fa notare un’altra analogia tra Eracle e Antonio: come Eracle fu schiavizzato da Onfale, la regina di Lidia che gli tolse la clava e la pelle leonina- to; rJovpalon kai; th;n leonth'n (Vita, 90, 3), così Cleopatra ammaliò, disarmò Antonio e lo persuase a rimanere ozioso divertendosi con lei sulle spiagge di Canòpo

Cleopatra nel rimpiangere Antonio ne ricorda la grandezza, la generosità la forza e la gioia di vivere: le sue gambe cavalcavano l’Oceano, il suo braccio alzato era il cimiero del mondo, la sua voce era armoniosa come tutte le intonate sfere, ma se voleva dominare e scuotere il mondo, era simile al tuono che rimbomba. Quanto alla sua generosità non c’era inverno in essa (…) le sue gioie erano come delfini; esse mostravano la schiena al di sopra dell’elemento in cui vivevano, (V, 2, 82-90).
Cleopatra decide di ricongiungersi all’amante morto e chiede a Charmian di adornarla dalla regina che è: “I am again for cydnus-to meet mark Antony” (V, 2,  227-228)

Allora torniamo al  trionfo dell’amore sul fiume Cidno.

 Plutarco Vita di Antonio (26),
Cleopatra risaliva il fiume: “ejn porqmeivw/ crusopruvmnw, tw'n me;n iJstivwn  aJlourgw'n ejjkpepetasmevnwn, th'ς d’ eijresivaς ajrgurai'ς kwvpaiς ajnaferomevnhς   pro;ς aujlo;n a{ma suvrigxi kai; kuqavraiς sunhrmosmevnon, in un battello dalla poppa dorata, con le vele purpuree spiegate, con il remeggio di remi d’argento condotto a suono del flauto insieme con zampogne e cetre

Nell’Antonio e Cleopatra di Shakespeare , la regina d’Egitto risaliva il fiume Cidno in un battello simile a un trono che risplendendo scintillava sull’acqua, la poppa era di oro battuto,  le vele di porpora e così profumate che i venti languivano d’amore per esse, i remi erano d’argento e mantenevano i colpi al ritmo del flauto. “the poop was beaten gold purple the sails…  the oars were silver  which to the tune of flutes kept stroke, (II, 2, 196-200).


CONTINUA


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