martedì 29 gennaio 2019

"Elettra" di Euripide. Parte 3



Continua il prologo
La propaganda entra dappertutto.
Entra in scena Elettra la quale si rivolge alla nera notte nutrice di stelle d’oro - w\ nuvx mevlaina, crusevwn a[strwn trofev (Elettra, 54). Dice che scende alle sorgenti del fiume phga;" potamiva" metevrcomai (56) portando questa brocca tovd j a[ggo" fevrousa, posata sul capo  jefedereu'on kavra/. Non lo fa perché ridotta a tal punto di indigenza, ma per la volontà di mostrare agli dèi l’ybris di Egisto (59). La propaganda entra in molti comportamenti umani: dalla politica, alla religione, alla guerra (cfr. fama bella constant)
Alessandro Magno giustifica anche dal punto di vista laico la propria vanteria di essere figlio non di Filippo, bensì di Zeus.  Ricevere il nome di figlio di Giove aiuta a vincere le guerre, dice il giovane eroe macedone : “Famā[30] enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit” (Historiae Alexandri Magni  VIII, 8, 15), Le guerre sono fatte di quello che si fa sapere (attraverso la propaganda), e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha fatto le veci della verità.
Cfr. 3, 8, 7 dove Dario III dice “fama bella stare”.    

Appunti
Demagogo e tiranno
L'araldo tebano delle Supplici di Euripide ribatte che il governo di un solo uomo non è male: infatti il monarca esclude i demagoghi, i quali, gonfiando la folla con le parole, la volgono di qua e di là secondo la loro convenienza.  Del resto come potrebbe pilotare uno Stato il popolo che non è in grado di padroneggiare un discorso? Chi lavora la terra non ha tempo né per imparare né per dedicarsi alle faccende pubbliche: "oJ ga;r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou" - kreivssw divdwsi (vv. 419-420), è infatti il tempo che dà un sapere più forte, invece della fretta.
Teseo non controbatte la critica ai demagoghi, che condivide, ma risponde che il tiranno è l'entità più ostile alla polis: "oujde;n turavnnou dusmenevsteron povlei" (Euripide, Supplici, v. 429). Egli infatti uccide i migliori, quelli dei quali considera la capacità di pensare, in quanto teme per il suo potere:"kai; tou;" ajrivstou" ou{" a]n hJgh'tai fronei'n-kteivnei, dedoikw;" th'" turannivdo" pevri" (vv. 444-445). Sicché la città si indebolisce: come potrebbe essere forte quando uno miete i giovani come da un campo di primavera si porta via la spiga a colpi di falce? (vv. 447-449).
Inoltre il despota si impossessa dei beni altrui rendendo vane le fatiche di chi voleva acquistare ricchezze per i propri figli. Per non parlare delle figlie che l'autocrate vuole rendere strumenti del suo piacere.
l'Elettra di Euripide recitando il biasimo funebre di Egisto allude, con pudica e verginale aposiopesi, alle porcherie che l'usurpatore faceva con le donne: "ta; d j eij" gunai'ka", parqevnw/ ga;r ouj kalo;n-levgein, siwpw'" (Elettra, vv. 945-946) Il potere dunque può essere funzionale al soddisfacimento di varie brame, compresa quella sessuale inclusiva del libertinaggio.
Nell’Elettra di Euripide il coro sentenzia: “tuvch gunaikw'n ej~ gavmou~(v. 1100), è  il caso delle deonne nelle nozze: vedo che alcuni eventi dei mortali vanno bwne, altri cadono non bene
Passiamo all’Elettra  di Euripide del 413.
Il coro, composto da contadine argive considera Elena pollw`n kakw`n aijtivan (v. 213). Oreste svaluta la bellezza in generale: le carni vuote di intelletto, dice, sono ajgavlmat j ajgora`~ (v. 388), statue di piazza.
Più avanti Elettra gli fa da eco biasimando la bellezza molle di Egisto: le cose speciose sono solo ornamento per le danze: “ta; d j eupreph` dh; kovsmo~ ejn coroi`~ movnon” (v. 951).
Clitennestra poi si giustifica dell'assassinio di Agamennone davanti ai figli in procinto di ucciderla, ricordando loro i torti subiti dal marito, giustiziato dunque per le sue numerose malefatte. Intanto uccise la primogenita in maniera spietata:"leukh;n dihvmhs j [31]  jIfigovnh" parhΐda " (v. 1023), lacerò la bianca guancia di Ifigenia. E non lo fece per difendere la sua città o per salvare altri figli, ma per recuperare Elena che schiumava di lussuria (mavrgo~ h\n, era dissoluta, v. 1027) e Menelao era incapace di punire una moglie infedele. Inoltre tornò a casa dalla moglie portandosi dietro una menade invasata[32] e la infilò nel letto   ("mainavd j e[nqeon kovrhn-levktroi" t j ejpeisevfrhke[33]", vv. 1032-1033).

Elettra replica che Elena e Clitennestra sono “ a[mfw mataivw Kavstorov~ t j oujk ajxivw” (v. 1064), entrambe stolte e non degne di Castore. Elena infatti venne rapita ejkou`~  j (1064) e andò in rovina, mentre l’altra, che avrebbe potuto fare una bella figura al confronto con Elena, assassinò il marito.

Alla fine della tragedia tuttavia Castore annuncia a Oreste che Elena sta arrivando, insieme con Menelao, dall'Egitto, dalla casa di Proteo, poiché a Troia non è mai andata, “Zeu;~ d  j,  wJ" e[ri" gevnoito kai; fovno" brotw'n,- ei[dwlon JElevnh~  ejxevpemy j ej~  [Ilion ” ( Elettra, vv. 1282-1283),  ma Zeus mandò a Ilio un'immagine (ei[dwlon) di lei, affinché ci fosse guerra e strage dei mortali.
Il Paride di Ovidio scrive a Elena che non deve temere una guerra come conseguenza del suo adulterio: Teseo rapì Arianna e Giasone Medea senza che ne conseguissero guerre (Heroides, XVI, 347 ssg). Ma se un ingens bellum (353) dovesse scoppiare, Menelao non avrà più coraggio (plus animi, 357) di Paride.
I fatti dell’Iliade  (III canto) smentiranno questa previsione.
Insomma se ci sarà la guerra la vinceremo io e mio fratello Ettore, sostiene Paride.

  
FINE


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[30] Cfr. fhmiv. La gente non solo vive e mangia ma pure fa e interpreta la guerra seguendo il “si dice”. Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".
[31]     Aoristo di diamavw. Un sostituto simbolico della deflorazione.
[32]      Cassandra ovviamente.
[33]     Aoristo di ejpeisfrevw. Si noti ancora la presenza del letto.

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