mercoledì 23 gennaio 2019

Il potere della passione. Parte 10

Ricordo della Notte dei licei a Manfredonia 2019
Foto di Mattia Zerulo



Il potere della passione
Percorso presentato nel liceo Aldo Moro di Manfredonia durante la notte dei licei, 11 gennaio 2019


Torniamo alla teoria della classe media già indicata (p. 24)  nelle Supplici e nell’Oreste di Euripide. Questa classe sarebbe costituita da contadini, piccoli proprietari che lavorano la terra in proprio -  aujtourgoiv -

he turned away from the actual Demos, which surrounded
him and howled him down ,to a Demos of his imagination, pure and uncorrupted, in which the heart of the natural man should speak. His later plays break out more than once into praises of the unspoiled countryman,neither rich nor poor, who works with his own arm and whose home is "the solemn mountain " not the city streets (cfr. especially Orestes, 920 aujtourgov~, as contrasted with 903 ff. ;also the Peasant in the Electra ; also Bac,717)[1], Euripide si scostò dal Demos contemporaneo che lo circondava e lo disapprovava ululando, e si volse al Demos della sua immaginazione, puro e incorrotto, nel quale potrebbe parlare il cuore dell’uomo incorrotto. Le sue ultime tragedie esplodono più di una volta in lodi del contadino incontaminato, né ricco, né povero, che lavora con le sue braccia e la cui casa è la “solenne montagna”, non le strade della città (cfr. specialmente Oreste 920 aujtourgov~, in contrapposizione a 903ss.; anche il contadino dell’Elettra; anche le Baccanti  (717)

 In questa tragedia un personaggio negativo è
 “Un vagabondo della città, uno consumato nei discorsi” kai; ti" plavnh" kat j a[stu kai; trivbwn lovgwn disse a tutti: “o voi che abitate i sacri pascoli dei monti, volete che andiamo a caccia di Agave la madre di Penteo e la togliamo dalle orge e facciamo cosa gradita al re?” (Baccanti[2], vv. 717 - 721)
Positivo è invece il contadino dell’Elettra[3] di Euripide (del 413). Questo personaggio recita il prologo davanti alla capanna che è la dimora della figlia del re assassinato. Dice che Egisto ha fatto sposare la principessa a lui, un miceneo autentico ma un campagnolo, affinché dandola a uno debole, ne ricavasse una paura debole (v. 39). Questo autourgov" (coltivatore diretto) dice : “non ho mai mancato di rispetto nel letto alla ragazza: parqevno" d j ejsti; dhv (43)
Il contadino, marito di Elettra, solo di nome, è pevnh~ ajnh;r gennai`o~ (v. 253), un uomo povero ma nobile. Discendeva da veri Micenei, ma poveri, per cui la razza si perde.  

II Lezione - sintesi
La civiltà classica tende a condannare l’eccesso come categoria che appartiene al caos, alla barbarie, o alll’errore dell’uomo civilizzato. Euripide, nella sua ultima tragedia, le Baccanti, lancia un giudizio negativo contro gli uomini straordinari: il Coro chiede di potersi differenziare da costoro. Le condanne del perissovn, lo straordinario, e dello smodato arrivano a deprecare Ares, l’omicida dio della guerra.
Il dio della dismisura.
La stessa hybris, il peccato dei Greci, è una forma di demenziale dismisura. Il tiranno può essere considerato l’incarnazione di tale dismisura. Sofocle infatti afferma che è l’hybris a generare il tiranno. La sua prepotenza sopprime la libertà, trasforma i cittadini in sudditi, e umilia la cultura. Il Filosofo,  un personaggio del trattato Sul sublime, scritto da un autore anonimo del I secolo d. C. , fa dipendere l’universale  carestia letteraria (lovgwn kosmikh; ajforiva, 44) dalla fine della democrazia che è la sorgente dell'eloquenza e la vera nutrice della grandezza. Tacito nel Dialogus de oratoribus dà una spiegazione simile a questa. Curiazio Materno, il personaggio portavoce dell'autore, afferma che una grande oratoria era possibile solo con la libertà, o addirittura con la licenza dell’ultima repubblica, nel fervore dei tumulti e dei conflitti civili. Soppressa la libertas, è finita la grande eloquenza e la grande storiografia: “nobis in arto et inglorius labor, la nostra fatica è limitata a un campo ristretto e non dà gloria, afferma il medesimo autore negli Annales (IV, 32). Gli stessi contenuti della storia si restringono nel passaggio dalla repubblica all'impero.

Nel Satyricon  vengono descritti con lingua da orafo i vizi di una civiltà decrepita. L’autore che era, molto probabilmente, Petronius arbiter,  l’arbitro dell’eleganza del lunatico, terribile despota Nerone e della sua corte, mette in alto rilievo la decadenza del buon gusto, della cultura, dell’educazione. La scuola non apre le menti dei giovani, non ne promuove lo spirito critico, non sottopone gli scolari alla necessaria disciplina, e ne consegue una generale impreparazione ad affrontare la vita in maniera consapevole. Quando non funziona lo spirito, un poco alla volta  smette di funzionare anche il  lavoro e i mezzi di sostentamento dell’uomo: “ agri iacent" (Satyricon, 44, 18), i campi giacciono nell’abbandono.

C’è chi sostiene che la democrazia non si concili con il monoteismo, tuttavia anche nel variegato Olimpo politeistico non mancano divinità imperiose, intolleranti di critiche e dinieghi, dèi addirittura crudeli come il Dioniso delle Baccanti di Euripide, o smodati e indegni di onore, come l’Ares dell’Edipo re  di Sofocle.

Diversi autori  mettono in luce le quintessenze delle costituzioni, dei regimi e dei poteri.

Euripide si occupa anche di un’altra forma di potere: quello degli uomini sulle donne. Medea[4] nella tragedia omonima non è soltanto la madre assassina dei propri figlioli: è anche la moglie, per giunta straniera, usata, colonizzata dal marito, quindi abbandonata per un’altra sposa  più conveniente.

L’eccesso come disvalore. La ricerca dello straordinario. Elogi della democrazia e della libertà. Il Menesseno di Platone. L'Anonimo Sul sublime. Il Dialogus de oratoribus di Tacito.
Il Satyricon di Petronio: la fine della libertà fa decadere non solo l’oratoria ma tutta la cultura e la scuola.
Nel Satyricon c’è una paralisi che blocca tutto, dalla scuola, all’amore, all’economia.
Democrazia e politeismo. Euripide denuncia la malvagia violenza della scellerata pretaglia delfica.
La "monarchia" in Polibio, Sofocle, Lucrezio, Leopardi. Passaggio dal regno alla tirannide, quindi all'aristocrazia che degenera in oligarchia. Polibio e Lucrezio, quindi Platone e Aristotele. Un passo di Polibio. Democrazia e oclocrazia.
Il Potere degli uomini sulle donne: Medea.

Di questo lungo percorso per ora vediamo solo il rapporto di potere fra uomini e donne secondo la protagonista della tragedia Medea di Euripide.

“Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio, 230
noi donne siamo la creatura più tribolata:
noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito
con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone
del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male. 234
E in questo sta la gara massima, prenderlo cattivo
o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo.
Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi,
bisogna che sia un'indovina, se non ha appreso da casa
con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il marito.
E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo,
il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza,
la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.
Un uomo poi, quando gli pesa stare insieme a quelli di casa,
uscito fuori, depone la noia dal cuore 245

(volgendosi a un amico o a un coetaneo);

per noi al contrario è necessario mirare su una sola persona.

Dicono di noi che viviamo una vita senza pericoli

 in casa, mentre loro combattono con la lancia,

 pensando male: poiché io tre volte accanto a uno scudo

 preferirei stare che partorire una volta sola “. 251

Ma questo argomento richiede dell’altro spazio.

19 dicembre 2018

FINE


[1] G. Murray, Euripides and his age, pp. 194 - 195.
[2] Presenterò questa tragedia il 6 marzo 2019 nel liceo Torricelli di Faenza.
[3] Presenterò questa tragedia il 28 maggio 2019 nel liceo Pirandello di Bivona
[4] Presenterò questa tragedia con l’Ippolito nel Liceo Filateco di Fiorentino il 19 febbraio 2019

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