domenica 27 gennaio 2019

Homo sum

Il massacro del Carandiru, 1992


Va bene ricordare e deprecare lo sterminio degli Ebrei perpetrato dai nazisti.  Non si dovrebbero però dimenticare le stragi subite da tanti esseri umani, centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini ammazzati inermi in Giappone, nella stessa Germania, nel Vietnam, in Iraq, in Libia, in Italia durante e dopo la guerra, massacri che non sono stati abominati con altrettanta insistenza né con simile sdegno. Le vittime sono da compiangere tutte, non solo quelle di un popolo o di un altro. Ora poi viene applaudito un ministro dell’interno che con ceffo e tono mutuati dalla canaglia che a sua volta lo imita, proclama al popolo che dei poveri disgraziati devono essere tenuti fuori dai porti italiani e sfida chi oserà contraddirlo.
D’altra parte se qualche mentecatto prova a negare l’olocausto viene immediatamente ridotto al silenzio in un modo o in un altro.
Io non credo che ci siano genti elette ma penso che quanti sono umani costituiscano l’umanità, dai Greci ai Tedeschi, agli Ebrei, agli Italiani, agli Africani, agli Asiatici, a tutti insomma. Dai miei autori classici ho imparato l’umanesimo che è amore per l’umanità, per tutta l’umanità. La oloumanità da salvare. Questa sarebbe il modo migliore di  deprecare l’olocausto.
Vi lascio qualche espressione di tale amore, parole di semplice e bella solidità contro il parlare sgangherato dei razzisti

l' Antigone di Sofocle dichiara il suo amore per l'umanità dicendo a Creonte: "ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), io non sono nata per condividere l’odio ma l’amore.
Teseo dice "e[xoid  j ajnh;r w[n"(Edipo a Colono, v.567), so di essere un uomo a Edipo che gli ha chiesto perché accolga e aiuti lui che è il più disgraziato e malfamato degli esseri umani.
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età ellenistica e partorirà l'humanitas  latina.  
Una simile dichiarazione di umanesimo si ritrova in Terenzio: "Homo sum: humani nil a me alienum puto" Heautontimorumenos, 77
Didone, nell'Eneide di Virgilio, incoraggia i Troiani giunti naufraghi sulle coste della Libia ricordando che anche lei è esperta di sventure le quali l'hanno resa non solo attenta e diffidente, ma pure compassionevole verso i disgraziati:"non ignara mali miseris succurrere disco "(I, 630), non ignara del male imparo a soccorrere gli sventurati.
Tanta humanitas  non verrà contraccambiata da Enea che deve fondare la città imperiale e imperialistica.
Nel primo declinare di questo impero Marco Aurelio, imperatore (161-180 d. C.)  e filosofo, uomo di potere lontanissimo dalla rozzezza dell’attuale, enfatico ministro dell’interno, scrive : “noi siamo nati per darci aiuto reciproco ("pro;" sunergivan"), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due file dei denti. Dunque l'agire  uno a danno dell'altro è cosa contro natura "to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi" para; fuvsin" (Ricordi , II, 1)
Questo è uno degli insegnamenti massimi dei nostri autori e dovrebbe esserlo tanto  nella scuola  quanto nella: "E infine, possiamo imparare la lezione fondamentale della vita, la compassione per le sofferenze di tutti gli umiliati, e la comprensione autentica"[1].

giovanni ghiselli

p. s
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[1] E. Morin, La testa ben fatta, p. 49.

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