venerdì 4 gennaio 2019

Plutarco in Shakespeare. Parte 2

Nicolas Poussin, Veturia ai piedi di Coriolano

Seconda parte della lezione che terrò nella biblioteca Ruffilli il 9 gennaio dalle 17, 30.

Shakespeare, Coriolano (del 1607) e la Vita di Coriolano ( parallela alla  Vita di Alcibiade) di Plutarco (45-125 ca)

Prima parte uno sguardo d’insieme
Il Fato nel Coriolano di Shakespeare è la lotta di classe.
Shakespeare trae la trama da Plutarco.
Siamo nell’epoca successiva alla cacciata dei rem nei primi anni del V secolo a. C. I plebei hanno avuto i tribuni della plebe. Caio Marzio ha strappato Corioli ai Volsci e ha avuto il soprannome di Coriolano.
Si candida al consolato ma il popolo respinge la sua candidatura poiché questo “nemico del popolo” voleva eliminare il tribunato. I tribuni lo accusano di avere violato le leggi e lo fanno esiliare. Coriolano passa dalla parte dei Volsci. E propone una spedizione contro Roma.
Giunto alle porte di Roma, potrebbe conquistarla, ma la madre e la moglie lo fanno tornare indietro
Livio lo fa morire serenamente tra i Volsci. Plutarco scrive che i Volsci lo uccisero e Shakespeare segue questa versione
La città che scaccia il proprio comandante diventa inerme, il popolo sa solo odiare e azzannare, ma è incapace di difendere la propria città. Le masse sono un elemento cieco e distruttore, come il fuoco e le inondazioni”[1].
Plutarco  afferma che una natura buona e generosa se non riceve un’educazione buona produce molti vizi, come un terreno fertile se non trova chi lo coltivi.
 Il vizio di Coriolano è l’alterigia.
La storia feudale raccontata da Plutarco trova facilmente i suoi modelli nella storia romana.
Agrippa parla in versi, i plebei  in prosa.
Agrippa  racconta l’apologo dello stomaco e delle menbra che si ribellarono contro lo stomaco- all the body’s members –rebelled aganst the belly- e lo accusavano- thus accused it:  di essere come un golfo like a gulf (gr. kovlpo") nel mezzo del corpo (I, 1, 93-95), torpido e nullafacente, idle and unactive, sempre a stiparsi di cibo, senza lavorare, mentre the other instruments did minister unto appetite and affection common of the whole body  (I, 1, 102-104), gli altri organi provvedevano agli appetiti e bisogni comuni di tutto il corpo

Un apologo che si trova sia in Livio sia in Plutarco il quale scrive che i plebei occuparono  o[ro"  o} nu'n iJero;n kalei'tai para; to;n   jAnivwna potamovn un colle che ora si chiama sacro presso il fiume Aniene. La data tradizionale è quella del 494. Il senato allora mandò uno dei suoi membri più moderati e ben disposti verso il popolo, Agrippa il quale andò dalla plebe secessionista e narrò il ben noto apologo: e[fh ga;r ajnqrwvpou ta; mevlh pavnta pro;" th;n gastevra stasiavsai kai; kathgorei'n aujth'"  wJ" movnh" ajrgou' kai; ajsumbovlou kaqezomevnh"  ejn tw'/ swvmati (6, 4) raccontava infatti che tutte le membra del corpo si ribellarono contro lo stomsco e lo accusarono di starsene unica parte del corpo inerte e ozioso, mentre le altre parti per i suoi appetiti-eij" ta;" ejkeivnh" ojrevxei"- si sobbarcavano grandi  fatiche e servizi povnou" te megavlou" kai; leitourgiva" uJpomenovntwn .
  Lo stomaco rise della loro ingenuità continua il racconto di Agrippa-th;n de; gastevra th" eujhqeiva" aujtw'n katagela'n-poiché ignoravano che lui trofh;n uJpolambavnei me;n eij" aujth;n a{pasan raccoglie sì, dentro di sé tutto il  nutrimento, ma poi lo rimanda e lo distribuisce alle altre parti del corpo ajnapavmpei d j au\qi" ejx auJth'" kai; dianevmei toi" a[lloi" (6, 4).
  
Nel Coriolano di Shakespeare  il ventre rispose (I, 1, 105) with a kind of smilemeidiavw-, con una specie di sorriso,  di essere il deposito the storehouse (I, 1, 131) e l’officina di tutto il corpo:  attraverso il sangue rimando la sostanza del cibo al palazzo del cuore e  al trono del cervello I send it trough the rivers of your blood even to the court , the heart, to the seat of the brain (I, 1, 133-134).
Agrippa contrappone alla opposizione di classe una concezione organica della società che è appunto un grande organismo.
La conclusione di agrippa è
the senators of Rome are this good belly
And you the mutinous members” (I, 1, 146-147)

Alla rozza dicotomia patrizio- plebea viene contrapposta una teoria organica e funzionale.

Entra poi in scena Coriolano che dice alla plebe: “che c’è di nuovo, sediziose carogne che grattando la triste rogna delle vostre opinioni vi coprite di pustole?” (Coriolano, I, 1, 161-163)

Agrippa è l’ideologo dei patrizi (…) è  il tattico e il filosofo dell’opportunismo (…)  Nel Coriolano Agrippa fa la parte, nel migliore dei casi, di Polonio nel’Amleto (Kott, Op. cit., p. 145 e p.  146).

Agrippa in Plutarco è un personaggio positivo, un membro moderato del senato, tra  i più vicini al popolo (mavlista dhmotikouv", 6, 3)

Coriolano respinge ogni genere di tattica
Marzio aggiunge alla divisione in classi, quella tra i nobili e i vili, un’altra separazione: quella tra gli intelligenti e gli scemi.
Chiama la plebe cani senza razza, chi merita onore ha il vostro odio, e le vostre passioni sono desideri di malato che vuole soprattutto ciò che gli fa male “and your affections are- a sick man’a appetite who desires most that -which increase his evil, cambiate opinione ad ogni momento- with every minute you do change a mind- (I, 1, 174-189).
 Gridate contro il Senato, ma se questo non vi tenesse a freno, vi divorereste l’un l’altro.

Per Coriolano i plebei sono delle bestie che troppo nutrite si avventano contro gli uomini.
La canaglia con il tempo spezzerà le serrature del Senato e farà entrare i corvi a beccare le aquile and bring in the crows  to peck the eagles (III, 1, 138)

C’è la guerra: i Volsci insorgono contro Roma e Caio Marzio dice: The Volsces have much corn; take these rats thither to gnaw their garners-granarium- (I, 1, 248) portiamo là questi topi a rodere i loro granai.

I tribuni della plebe Sicinio e Bruto commentano l’insolenza di Coriolano.
 Bruto dice che quando si arrabbia non esita a insultare gli dèi, e Sicinio aggiunge: bemock the modest moon (I, 1, 254) sfotte la casta luna.
Quindi: se il successo lo aizza, sdegna l’ombra che pesta a mezzogiorno.disdains the shadow which he treads on at noon (I, 1, 259)
Coriolano non vuole chiedere i voti del popolo per diventare console.
La madre Volumnia gli consiglia di dire anche parole bastarde come si può fare con dei nemici esterni.
Questo è il dramma dell’odio di classe
Ma Coriolano non  vuole adulare “la moltitudine volubile e puzzolente” (III, 1, 66). Il popolo è tetro e miserabile ma non silenzioso. Abbaia come una muta di cani. E’ mutevole, grida “evviva”, poi “a morte” ed è pronto a tutto pur di salvare la pelle e i suoi cenci puzzolenti
Per Shakespeare, il popolo è solo materia della storia, non il suo attore: può suscitare pietà o ribrezzo o paura, ma è impotente, è un giocattolo nelle mani dei pochi che hanno il potere.

Cfr. Tacito delle Historiae e i cives Romani che assistevano all’ultimo scontro sanguinoso tra Flaviani vincitori e Vitelliani vinti facendo il tifo come al circo e spostandosi da bordelli a osterie.

E anche per il popolo la guerra civile-quando non importi la privazione dei comodi più volgari- può essere motivo di squisito sollazzo” (Marchesi, Tacito, p. 257). In Hist. III, 83 Tacito racconta come entrarono i Flaviani vittoriosi in Roma nel dicembre del 69 durante la festa dei Saturnali
Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludrĭco certamine, hos, rursus illos clamore et plausu fovebat
Sangue e accanto bagasce e bagascioni,
-saeva ac deformis urbe tota facies: alibi proelia et volnera, alibi balineae popinaeque: simul cruor  et strues corporum, iuxta scorta et scortis similes.  
Una pace dissoluta, il saccheggio più bruto. Furore e gioia. Era già successo con Silla e con Cinna. C’era una disumana indifferenza - inhumana securitas- e la dissolutezza non ammetteva interruzioni e i piaceri non furono interrotti, come se ai Saturnali si fossero aggiunti altri spassi. Godevano per la sola allegrezza del pubblico male (p. 258)

Nel Giulio Cesare il popolo prima acclama Bruto, poi, dopo l’orazione di Marco Antonio, vuole farlo a pezzi. Si può pensare a Mussolini a piazza Venezia poi a piazzale Loreto. Nihil novi.
Shakespeare aveva visto gli artigiani londinesi salutare Essex con le torce, poi pascersi alla vista della sua esecuzione (Kott)
I tribuni in Plutarco difendono il popolo; nel Coriolano sono degli imbecilli: sono “la lingua della bocca comune” ( the multi tudinous tongue, III, 1, 1,56), una lingua che il senato dovrebbe strappare. I tribuni Bruto e Sicinio sono malmessi e ridicoli.
Bruto  accusa Coriolano di parlare da traditore e coriolano replica: che nemmeno al popolo può venire alcun beneficio da “questi tribuni spelacciati” these bald Tribunes (III, 1, 163).

La plebe scaccia Coriolano, gli imbelli patrizi lo abbandonano, Roma si è dimostrata vile e Coriolano dice: “Io disprezzo per causa vostra la città e le volgo le spalle: there is a world elsewhere, vi è un mondo altrove (III, 3, 134).
Coriolano va dai Volsci dando ragione alla plebe che lo considera un nemico del popolo.
Menenio dice di lui: “La sua natura è troppo nobile per il mondo” (III, 1, 254). Non adulerebbe nettuno per il suo tridente né Giove per il tuono: “his heart, s his mouth” (III, 1, 253), il suo cuore è la sua bocca.
Coriolano comincia a perdere quando accetta i compromessi. Egli cade vittima  delle leggi di natura: “io mi intenerisco e non sono di un’argilla più resistente di quella degli altri” (V, 3, 28-29).
Poi l’ironia della storia: sarà Aufidio, il generale dei Volsci a uccidere Coriolano e a pronunciare il suo elogio funebre.
 Come Ottaviano rende omaggio alle spoglie di Antonio. Si pensi a Moro (Aldo), fatto ammazzare, poi celebrato dalle stesse persone
Alla fine le trombe, i pifferi, i tamburi dei romani make the sun dance (V, 4, 50), fanno danzare il sole

Confronti tra il testo inglese e quello greco.

Coriolano è un “edipico”.

Coriolano non vuole ricompense in denaro, Un cittadino dice che quanto ha fatto di meglio he did it to please his mother and to be partly proud  per piacere a sua madre e anche per la superbia, che ha grande come il coraggio (Shakespeare, Coriolano I, 1, 37-38).

Plutarco scrive che Coriolano si proponeva come fine della gloria la felicità di sua madre  tevlo" ejkeivnw/ de; th'" dovxh" hj th'" mhtro;" eujfrosuvnh ( Vita di coriolano, 4, 5).
Marzio si sposò quando la madre Veturia (Volumnia in Shakespeare) glielo chiese ed ebbe anche dei figli dalla moglie Virgilia, ma continuò a vivere nella stessa  casa con la madre. La madre del resto lo ha allevato come facevano le spartane: ero contenta di lasciarlo cercare il pericolo dove poteva trovare la fama (I, 3).
 To a cruel war I sent him, dalla quale tornò con le tempie cinte di quercia. Non provai tanta gioia quando seppi che mi era nato un uomo, quanta ne sentii seeing he had proved himself a man (I, 3, 10 ss.)
E ancora: “i seni di Ecuba quando allattava  Ettore non erano belli come la fronte del figlio quando pieno di sprezzo (contemning- lat. contemno) schizzava sangue contro le spade greche” (I, 3, 41-44).

Cfr. Gorgò la moglie di Leonida, a una straniera che le aveva detto: solo voi donne spartane comandate sugli uomini, Gorgò rispose: “movnai ga;r tivktomen a[ndraς (Plutarco, Vita di Licurgo, 14), infatti solo noi partoriamo degli uomini.
Gorgò da bambina diede ordini perfino al padre, al re Cleomene. Lo dissuase dall’accettare il denaro (50 talenti) che Aristagora di Mileto gli offriva in cambio di un aiuto militare (Erodoto, V, 52, 2). 

Virgilia, la moglie, vuole fare la parte di Penelope. Glielo rinfaccia Valeria, un’amica della madre Volumnia, aggiungendo che tutta la lana filata in assenza di Ulisse non fece che riempire Itaca di tarme (I, 3, 82 ss)

Dopo la battaglia nella quale Coriolano si è coperto di gloria, il collega generale Cominio vuole assegnargli the tenth, la decima parte della preda (I, 9, 39-40)), ma Coriolano rifiuta un premio tanto grande e dice che la sua parte deve essere uguale a quella di chi lo ha visto combattere.
Una forma di comunismno aristocratico. Uguaglianza economica ma comamdino i migliori, i più capaci.

Siamo nel periodo immediatamente successivo al 494 quando la plebe ottenne magistratus sacrosanti quibus auxilii latio adversus consules esset (Livio, II, 33). Nell’anno della presa di Corioli morì Menenio Agrippa cui mancarono i denari per il funerale e la plebe fece una colletta.
Vedi anche il potere dell’intercessio, il diritto di veto dei tribuni.

Plutarco mette in luce che in quel tempo il denaro non era un idolo. Marzio si presentò quale candidato al consolato (uJpateiva, u{patoς console) con il solo mantello (iJmavtiona[neu citw'noς, senza la tunica, sia per apparire più umile nell’aspetto, come è appropriato a chi fa delle richieste, sia per mostrare le cicatrici (wjteilaiv), come segni visibili del valore.
Più tardi infatti, e dopo molto tempo, si introdusse la compra vendita dei suffragi e si mescolò il denaro con i voti dell’assemblea” (ojye; ga;r meta; polu;n crovnon wjnh; kai; pra'siς ejpeish'lqe kai; sunemivgh tai'ς ejkklhsiastikai'ς  yhvfoiς ajrguvrion, Vita 14, 3).
Quindi la corruzione (hJ dwrodokiva) toccando anche i tribunali e gli accampamenti (kai; dikastw'n qigou'sa kai; stratopevdwn), portò la città alla monarchia, asservendo le armi al denaro ejxandrapodisamevnh ta; opla toi'ς crhvmasin.
Primo a minare la forza del popolo fu colui che iniziò a offrirgli  banchetti e doni. Cfr. il reddito di cittadinanza invece del lavoro.
Il popolo però riteneva già allora di subire vessazioni uJpo; tw'n daneistw'n (Vita, 5, 2) da parte degli usurai.
 L’indebitamento si chiamava nexum e prevedeva la schiavitù degli insolventi. Questa conseguenza provocò rivolte e fu abolita nella seconda metà del IV secolo. Cfr. Solone e le sue leggi.

In Shakespeare. Un cittadino dice che i senatori make edicts for usury (I, 1) fanno editti a vantaggio degli usurai.

Anno 492. Coriolano non venne eletto per il 491, bensì Minucio e Sempronio
 Gelone (tiranno di Siracusa dal 485 al 478; nel 491-490 era ancora tiranno di Gela) inviò del grano in dono e la plebe sperava che venisse venduto a prezzo politico o regalato. Coriolano si oppose. Era anche contrario al tribunato della plebe come stato nello Stato.

Tito Livio
In Livio, Coriolano dice: “Si annonam veterem volunt, iam pristĭnum reddant patribus (II, 34), se vogliono il grano al vecchio prezzo, restituiscano ai patrizi, lo stato di prima. Dice che non ha sopportato la dittatura di Tarquinio, e non vuole tollerare i tribuni. Et senatui nimis atrox visa sententia est (II, 35).
 La plebe vedeva in Coriolano un mostruoso carnefice. Coriolano damnatus absens in Volscos exulatum abiit, condannato in contumacia andò in esilio tra i Volsci (II, 35). Lo ospitò Attio Tullio (In Shakespeare si chiama Tullo Aufidio) acerrimo nemico dei Romani.

Trattare bene il popolo come facevano le democrazie radicali della Grecia, disse Coriolano, significava rifornire la loro indisciplina th;n ajpeivqeian aujtw'n ejfodiavzein (Plutarco, 16).

Cfr. Platone: la democrazia è costituzione anarchica e variopinta (Repubblica:  E' una costituzione populista, piacevole, anarchica e variopinta, che distribuisce una certa uguaglianza nello stesso modo a uguali e disuguali (hJdei'a politeiva kai; a[narco" kai; poikivlhijsovthtav tina oJmoivw~ i[soi~ te kai; ajnivsoi~ dianevmousa, 558c).

Coriolano  propone di togliere alla plebe th;n dhmarcivan (il tribunato,  Vita, 16, 7) che annulla il potere consolare e divide la città. Roma infatti è stata tagliata in due.
Il Coriolano di Shakespeare aveva detto ai senatori: “ nell’ assecondare la folla, noi nobili nutriamo contro il nostro senato la cattiva erba della ribellione, dell’insolenza della sedizione we nourish –nutrio-nutrire-‘gainst our Senate the cockle of rebellion, insolence, sedition (III, 1, 69-70 )

Plutarco: i tribuni dhvmarcoi aizzarono la folla contro Coriolano.
In Shakespeare i tribuni Sicinio e Giunio Bruto manovrano per danneggiarlo. Eppure aveva riempito Roma di benefici.

Plutarco ricorda che Coriolano quando era ancora un ragazzo partecipò alla battaglia finale contro Tarquinio che gettava l’ultimo dado (e[scaton kuvbon, 3, 1) avendo molti latini alleati (forse fa confusione con quella del lago Regillo contro i Latini del 499 o 496).
Allora il dittatore  incoronò il giovane eroe con una corona di quercia-ejstefavnwse druo;ς stefavnw/ (3)
E Shakespeare scrive che Marzio piegò Tarquinio e per ricompensa was brow-bound with the oak, fu incoronato con la quercia (II, 2).-brow, sopracciglio e fronte- cfr. ojfruvς, sopracciglio e orgoglio

Il popolo quasi si scagliava contro i senatori.
I tribuni presentarono un’accusa (aijtivan) contro Coriolano e lo invitavano a discolparsi ejkavloun aujto;n ajpologhsovmenon (Vita, 17, 4). Coriolano cacciò i funzionari con la citazione. Allora i tribuni, meta; tw'n ajgoranovmwn (17, 5) con gli edili della plebe, cercarono di catturarlo.
I patrizi lo difesero e scoppiò un tumulto (tarachv, 17, 7v)
Il giorno dopo i consoli tentarono di placare il popolo.
I tribuni chiesero che Marzio andasse a scusarsi sperando che si umiliasse o si arrabbiasse. Marzio invece si presentò con aria sprezzante e di sfida, e il popolo si inasprì. Il più ardito dei tribuni (tw'n dhmavrcwn oJ qrasuvtatoς), Sicinio, disse che loro, i difensori del popolo, avevano condannato a morte Marzio (Vita, 18, 3-4)
Alla fine Marzio si sottopose al giudizio e fu condannato all’esilio perpetuo-ajivvdio" fughv (20) Il popolo ne fu felice. Marzio non ne fu umiliato ma adirato. Quindi abbracciò le sue donne poi uscì da Roma seguito da tre o quattro clienti. trei'ς h] tevttaraς pelavtaς e[cwn peri; aujtovn (21). I clienti non mancano mai, a Roma non sono mai mancati.
 Coriolano prima dimorò nei suoi poderi poi decise di suscitare ajnasth'sai una grave guerra-povlemon baruvvn kai; o{moron contro Roma  da parte dei popoli confinanti (ojmo" o{ro"- ou- confine).
Coriolano  si rivolse a Tullo Attio che viveva nella città di Anzio. Questo accoglie la sua proposta e lo invitò a prendere il comando delle truppe. Marzio conquistò diverse città del Lazio fini a Bola che dista solo cento stadi da Roma (18 km circa). A questo punto la plebe chiese il ritorno di Coriolano a Roma ma il Senato non ratificò il plebiscito. Allora Marzio si infuriò e mosse contro Roma ponendo il campo a quaranta stadi (7 km e mezzo) quinque ab urbe milia (Livio, II, 9, 5).

Andarono a pregarlo dei suoi parenti e amici ma lui li ricevette seduto con una pompa e un sussiego insipportabili met j o[gkou kai; baruvthto" oujk ajnekth'" (30, 6). Coriolano rispose agli ambasciatotori di Roma con sdegno e ira pikrw'" kai; pro;" ojrghvn per i torti subiti, Poi chiese che si estendesse ai Volsci ijsopoliteivan h{nper Lativnoi" (30, 8) in pratica il foedus Cassianum concesso dal console Cassio ai Latini nel 493 dopo la battaglia del lago Regillo
Era un patto difensivo nei confronti dei Volsci e degli Equi.
In Shakespeare, Coriolano caccia Menenio Agrippa (V, 2, 87-88)
Tuttavia si ritirò dal territorio di Roma e questo suscitò tra i Volsci le prime accuse. Tra i detrattori ostili c’era Tullo invidioso di Coriolano –ejn d jj‘anqrwpivnw/ pavqei gegonwv", vittima di una debolezza umana (31, 2)
Marzio poi avanza di nuovo contro Roma.
Allora Valeria va a trovare Volumnia e Virgilia  e propone di recarsi dal loro figlio e marito con i figli della coppia. Gli stessi Volsci ne ebbero compassione
Rimane fondamentale il rapporto con la madre Volumnia.
 Coriolano come vide avanzare le matrone si stupì (ejqauvmasenVita, 34), poi, osservandole,  venne sopraffatto dall’emozione (genovmenoς de; tou' pavqouς ejlavttwn) e fu sconvolto a quella vista kai; suntaracqei;ς pro;ς th;n o[yin, e non sopportò di rimanere seduto: mentre si avvicinavano scese dalla tribuna, prwvthn me;n hjspavsato th;n mhtevra anche con l’abbraccio più lungo kai; plei'ston crovnon, poi abbracciò la moglie Virgilia e i figli, senza trattenersi dalle lacrime

In Shakespeare. Coriolano vede arrivare “lo stampo venerata da cui prese forma questo torso” ( the honoured mould-modulus misura- wherein this trunk truncus-was framed-V, 3, 22-23).
Volumnia porta per mano il nipote del suo sangue-and in her hand- the grandchild to her blood (V, 3, 23-24).
Coriolano è commosso ma cerca di resistere: let it be virtuous to be obstinate,-obstinatus- sia virtuosa la risolutezza (V, 3, 26)  
Dice: mia madre si inginocchia bows come un Olimpo che si curvi a implorare la tana di una talpa, and my young boy hath an aspect of intercession which great Natur cries ‘deny –nego-not’! che la grande natura mi grida: non respingere!” (V, 3, 29-33)

Coriolano cerca di non impietosirsi: “I’ll never be such a gosling  to obey-oboedio- instinct, non sarò come un papero che obbedisce all’istinto, but stand as if man were author of himself and knew no other kin-ma resisterò come se fossi un uomo che ha fatto se stesso e non conosce altri parenti (34-37)

Plutarco: come riconobbe la madre che camminava davanti alle altre, dapprima cercò di non impietosirsi ma poi genovmeno" de; tou' pavqou" ejlavttwn, sopraffatto dall’emozione e sconvolto a quella vista kai; suntaracqei;" pro;" th; o[yin , non sopportò di rimanere seduto e andò loro incontro  senza risparmio di lacrime e gesti di tenerezza (34).
In Shakespeare Coriolano davanti alla moglie che gli rinfaccia il loro dolore dice a se stesso, a parte: “-aside-like a dull actor now I have forgot my part” (V, 3, 40 ).
Poi si inginocchia davanti alla madre. Volumnia lo fa alzare. Quindi si inginocchia lei stessa
Volumnia gli presenta il figlio come a poor epitome of yours (V, 3, 68) un povero compendio di te.
La  madre aggiunge che anche se loro non parlassero, should we be silent and not speak, our raiment and state of bodies would bewray what life we have led since thy exile le vesti e lo stato dei corpi direbbero quale vita abbiamo fatto dal tuo esilio (V, 3, 95-97)

In Plutarco Veturia dice oJra'ς w| pai', ka]n aujta; mh; levgwmen,  ejsqh'ti kai; morfh'/ tw'n ajqlivwn swmavtwn tekmairovmenoς oi{an oijkourivan hJ sh; fugh; periepoivhse (35, 2), tu vedi pure se noi non parliamo dalle vesti e deducendolo anche dall’aspetto dei nostri miseri corpi a quale vita ritirata in casa si abbia costretto il tuo esilio
Siamo ajtucevstatai pasw'n gunaikw'n poiché siamo quelle cui la sorte ha reso temibile  la più cara delle viste –ai|ς to; h{diston qevama foberwvtaton hJ tuvch pepoivhken (35, 2)

 How more unfortunate than all living women are we, poiché la tua vista che dovrebbe riempirci gli occhi di gioia e far danzare i cuori di felicità, li forza a piangere e a tremare di paura e di dolore (V, 3, 98-100.)
Ora noi dobbiamo perdere la patria, nostra cara nutrice o la tua persona Alack, or we must lose-the country our dear nurse-nutrix, or else thy person, our comfort in the country (V, 3, 109-111)

 E Plutarco: non è possible aijtei'sqai para; qew'n kai; th'/ patrivdi nivkhn a{ma kai; soi; swthrivan (35, 3)

Se attaccherai la patria thy country, gli dice Volumnia, non potrai che calpestare than to tread il ventre di tua madre –on thy mother’s womb-che ti mise al mondo  (V, 3, 123-125 )
E Virgilia aggiunge: e il mio ventre Ay, and mine che ti partorì questo ragazzo e  farà vivere nel tempo il nome di Coriolano (V, 3, 126-127).

In Plutarco Volumnia dice:  “se non riuscirai a farti benefattore di questi due popoli, tu non potrai attaccare la patria pri;n h[ nekra;n uJperbh'nai thn tekou'san (35, 6), prima di essere passato sulla morta che ti ha partorito”

Non ti chiedo di distruggere i Volsci, no, la nostra richiesta è di riconciliarli our suit is to reconcile them. (V, 3, 135-136)

a[dhloς d j w]n oJ povlemoς tou't j e[cei provdhlon” (Vita35, 9) essendo la guerra incerta, ha questo di certo; se vincerai, sarai il distruttore della patria, se verrai sconfitto tutti penseranno che per spirito di vendetta hai causato sventure ai tuoi benefattori e amici.

The end of war is uncertain; but this is certain” (V, 3, 141)
Se conquisti Roma, ti rimarrà la rinomanza di uomo che fu nobile ma con l’ultima impresa spazzò via la nobiltà:  egli ha distrutto la sua terra madre destroyed his country (V, 3, 147)

In Plutarco Volumnia dice che a Coriolano vincitore rimarrà la cattiva fama di ajlavstwr th'ς patrivdoς, demone vendicatore, flagello della patria (35, 9).
Coriolano non risponde subito.
Allora Volumnia fa: “tiv siga'/ς w\ pai';” (36, 2).
E  in Shakespeare:  Why dost not speak? (V, 3, 153)

Risentimento negativo e gratitudine invece positiva
 Poi aggiunge: “Think’st thou it honourable for a nobleman still to remember wrongs pensi che sia onorevole per un nobile ricordare le offese per sempre? (154-155).

Plutarco: “è forse bello abbandonarsi del tutto all’ira e al risentimento, mentre non è bello compiacere la madre che ti rivolge così gravi preghiere?  (povteron ojrgh'/ kai; mnhsikakiva/ pavnta sugcwrei'n kalovn, ouj kalo;n de; mhtri; carivsasqai deomevnh/ peri; thlikouvtwn 36, 2)
O conviene (proshvkei) a un grand’uomo ricordare il male subito mentre sarebbe indegno di un uomo grande e nobile rendere onore e omaggio ai benefici che da bambino ha ricevuto dai genitori? (36 , 2)

There’s no man in world more bound to’s mother, non c’è uomo al mondo più obbligato a sua madre (V, 3, 158-159)
Thou hast never in thy life-showed thy dear mother any courtesy” (V, 3, 160-163), nella tua vita non hai mai dimostrato gentilezza a tua madre, a lei che, povera chioccia-poor hen-, non volle una seconda covata, e che starnazzava se andavi in guerra , e se ne tornavi salvo, pieno di onori.

Eppure a nessuno si converrebbe osservare la riconoscenza kai; mh;n oujdeni; ma'llon e[prepe threi'n cavrin wJς soiv (36, 2) più che a te che così duramente ti vendichi della ingratitudine.
Ti sei vendicato ampiamente della patria ma th'/ mhtri; oujdemivan cavrin ajpodevdwkaς  (36, 3), non hai mai mostrato gratitudine alla madre.

Quindi Volumnia dice: down ladies! Let us shame him with our knees-  govnu -govnato", tov -genu-us- a terra donnne!, svergogniamolo con le ginocchia! ( V, 3, 169)
E in Plutarco : kai; tau't j eijpou'sa prospivptei toi'ς govnasin aujtou' meta; th'ς gunaiko;ς a{ma tw'n paidivwn (36, 4-5), e detto questo, si getta alle ginocchia di lui con la moglie e i figli.

Allora Coriolano fa alzare la madre e le dice: “nenivkhkaς-ei\pen- eujtuch' me;n th'/ patrivdi nivkhn, ejmoi; d j ojlevqrion” (36, 5), hai vinto una vittoria fausta per la patria ma rovinosa per me.

E Shakespeare:  “ O my mother, mother! O! you have won a happy victory to Rome. But for your son-believe it, o believe it-most dangerously you have him prevailed  -praevaleo-if not most mortal to him”. (V, 3,  186-190)
A Roma vengono festeggiate le donne. Il Senato decretò che venisse loro concesso qualsiasi cosa chiedessero, ed esse chiesero solo che venisse edificato un tempio alla Fortuna muliebre oujde;n hxivwsan a[llo h] Tuvchς gunaikeivaς iJero;n iJdruvsasqai (37, 4)

A Roma suonano trombe oboi, tamburi and the shouting Romans make the sun dance (V, 4, 48-49),  mentre i Romani urlanti fanno ballare il sole
Quanto a Volumnia, Virgilia e Valeria, un senatore grida che bisogna spargere fiori sul loro cammino (Vita di Coriolano, V, 5, 3)

Plutarco racconta che il Senato fece erigere il tempio con la statua della Fortuna muliebre (Tuvch" gunaikeiva" iJerovn (37, 4), mentre le donne a loro spese fecero costruire una seconda statua che avrebbe anche parlato dicendo alle donne che il dono fatto era gradito agli dei (37, 5).
L’autore non se la sente di negarlo in quanto il divino non assomiglia all’umano e, se fa cose per noi impossibili, non è in contrasto con la ragione ou[te paravlogovn ejstin (38, 6).
La maggior parte delle cose divine tw'n qeivwn ta; pollav, come dice Eraclito, ci sfugge ajpistivh/, a causa della nostra incredulità (38, 7)



Cfr. mutatis mutandis, l’accoglimento del mito in Livio, Curzio Rufo, Tacito, Arriano. Nessuno se la sente di negarlo del tutto.

In Tito Livio le donne si recano da Veturia, la madre di Coriolano, e da Volumnia, la moglie. Queste vanno nel campo nemico con i due figli di Coriolano il quale rimase multo obstinatior adversus lacrimas muliebres (II, 40) di cui aveva avuto l’annuncio. Ma quando le vide, si lanciò verso la madre per abbracciarla. Veturia, prima di lasciarsi abbracciare gli chiese se fosse un figlio o un nemico e se lei fosse prigioniera o madre. Coriolano si commosse, ritirò l’esercito. Alcuni invidia rei oppressum tradunt, ma apud Fabium longe antiquissimum[2] auctorem  si legge che visse fino alla vecchiaia. Ripeteva che l’esilio è molto più doloroso nella vecchiaia.


 Curzio Rufo sui miti : “Equidem plura transcribo quam credo: nam nec adfirmare sustineo, de quibus dubito, nec subducere, quae accepi” (Historiae Alexandri Magni, 9, 1, 34), per conto mio riporto più notizie di quelle cui presto fede: infatti non me la sento di confermare notizie delle quali non sono sicuro, né di sottrarre quelle che ho ricevuto. Quindi, a proposito del cadavere di Alessandro che giaceva nel sarcofago da sei giorni, trascurato, e, nonostante il caldo estivo, non ancora degenerato: “Traditum magis quam creditum refero” (10, 10, 12).

 Pure Arriano a proposito della morte di Alessandro riporta una notizia alla quale non crede, della quale anzi afferma che dovrebbero vergognarsi quanti l’hanno scritta: che il macedone, sentendosi morire, voleva gettarsi nell’Eufrate per sparire accreditando la fama di una sua assunzione in cielo, in quanto nato da un dio. Glielo impedì Rossane ed egli le disse che lo privava della gloria di essere nato dio. Ebbene lo storiografo di Nicomedia precisa che ha riportato queste notizie wJ" mh; ajgnoei'n dovxaimi perché non sembri che io le ignori, più che per il fatto che esse sembrino pista; ej”ajghvghsin, (Anabasi di Alessandro, 7, 27, 3) credibili a raccontarle.

Infine sui miti  Tacito a proposito della morte di Otone
Tacito, Historiae, II, 50. 
Ut conquirere fabulosa et fictis oblectare legentium animos procul
gravitate coepti operis crediderim, ita vulgatis traditisque
demere fidem non ausim. die, quo Bedrĭaci certabatur, avem
invisitata specie apud Regium Lepidum celebri luco conse-
disse incolae memorant, nec deinde coetu hominum aut cir-
cumvolitantium alitum territam pulsamve, donec Otho se ipse
interficeret; tum ablatam ex oculis: et tempora reputantibus
initium finemque miraculi cum Othonis exitu competisse.

Come reputerei lontano dalla serietà dell’opera iniziata  andare in cerca di miti e dilettare le anime dei lettori con delle invenzioni, così non oserei togliere credito a tradizioni diffuse.
Nel giorno in cui si combatteva a Bedriaco, gli abitanti ricordano che un uccello di aspetto mai visto si posò in un frequentato bosco sacro presso Reggio Emilia, e che non venne spaventato né scacciato di lì dalla grande quantità delle persone né degli uccelli che svolazzavano intorno, finché Otone non si fu ucciso; allora scomparve alla vista; e per chi tiene conto dei tempi, il principio e la fine del prodigio coincide con la fine di Otone.




Torniamo alle donne di Coriolano
Gli uomini romani non portarono invidia alle donne per il loro vanto –adeo sine obtrectatione gloriae alienae vivebatur- (Livio, II, 40) si viveva senza cercare di abbassare la gloria altrui, anzi  consacrarono e dedicarono un tempio alla Fortuna muliebre. 

 

 Shakespeare
 Tra i Volsci, Tullo Aufidio, il loro capo, fa uccidere Coriolano. Dice: “at a few drops of women’s rheum- rJeu'ma, flusso-, which are-as cheap as lies, he sold the blood and labour –of our great action. Therefore shall he die,-and I’ll renew-new-nevo" me in his fall(V, 6, 46-49), per poche gocce di lacrime di donna che sono a buon mercato come le bugie, egli ha venduto il sangue e la fatica della nostra grande impresa. Perciò morirà e io rinascerò nella sua caduta.  
Aufidio conclude dicendo che sebbene il Romano abbia riempito di lutti le donne dei Volsci, avrà un nobile monumento ( yet he shall have a noble memory, V, 6 , 154-155).

 Concludo la storia di Coriolano con le ultime parole della Vita di Plutarco: Marzio tornò ad Anzio dai Volsci, Tullo che da tempo lo odiava e non lo sopportava per invidia misw'n pavlai kai; barunovmeno" dia; fqovnon (39, 1) tramò per farlo uccidere, sicché  i suoi seguaci lo ammazzarono. Il popolo non era d’accordo e la tomba di Coriolano venne adornata con armi e spoglie come si fa con un prode. Presto dovettero rimpiangerlo. In seguito i Volsci  combatterono contro gli Equi poi vennero sconfitti e sottomessi dai Romani in una battaglia nella quale morì Tullo.  (Vita di Coriolano,  39, 13).
Murry: “Il Coriolano è per me un dramma assai più alto del Lear , ed è-come preludio dell’Antonio e Cleopatra-sommamente significativo per intendere l’evoluzione di Shakespeare. Segna il ritorno dallo sdorzo alla spontaneità, dall’artificio alla creazione, dal disumano all’umano”[3]  

Bologna 4 gennaio 2019. giovanni ghiselli



[1] Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, trad. it. Feltrinelli, 1964,  p. 140
[2] L’auctor longe antiquissimus è Fabio Pittore contemporaneo del Cunctator e appartenente alla stessa gens Fabia. Questo “antichissimo tra gli annalisti…accentuava il diritto (e i successi) dei Romani…non aveva più quella superiore serenità in cui è il fascino della storiografia greca classica, insomma di un Erodoto o di un Tucidide” (Mazzarino, Il pensiero storico classico, II, 104). Si tratta dell’obiettività epica di questi autori.
Fabio pittore scrisse in greco la sua opera storica, che andava dalle origini dei Romani, considerati come discendenti di Enea, sino, pare, alla fine della seconda guerra punica (il frammento più recente si riferisce alla battaglia del Trasimeno).
[3] John Middleton Murry, Shakespeare, trad it. Einaudi, 1977, p. 344

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