lunedì 9 settembre 2019

Mito e antimito


Socrate nella cesta (stampa del XVI secolo)
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Nuvole, tuoni e fulmini

Nelle Nuvole Aristofane suggerisce che Socrate è foriero di sovversione religiosa e ideologica.
 Infatti al contadino Strepsiade che gli domanda:
"ma Zeus, quello dell'Olimpo, per voi non è dio?", il filosofo risponde:
"quale Zeus? non vaneggiare! Zeus non esiste!"( - oujd j e[sti Zeuv" 367).
Il vecchio però non è ancora così "illuminato", forse ha sentito cantare e ha preso alla lettera le parole di Alceo :"Fa piovere Zeus[1]", e domanda: "chi fa piovere allora?"( - ajlla; tiv" u{ei; 369). Così offre una facile risposta a Socrate che indicandole dice :"queste senza dubbio" - au|tai dhvpou - .
 Infatti, sillogizza, quando mai si è visto piovere senza le nuvole?
Se fosse Zeus, farebbe piovere anche a cielo sereno.

 A questo punto Strepsiade crede di vedere la luce e ringrazia il maestro:
e io che prima credevo davvero che fosse Zeus a pisciare in un setaccio!"( dia; koskivnou oujrei'n - 372).
Poi il vecchio discepolo scopre che sono sempre le nuvole, muovendosi, a produrre i tuoni rivoltandosi - kulindovmenai (374), come gli spiega Socrate. Cozzano l’una con l’altra e fanno fracasso a causa della densità - fhmiv - ejmpivptousa" eij" ajllhvla" patagei'n dia; th;n puknovthta 8383 - 384).

Non molto diversa è la spiegazione di Lucrezio: Il tuono tonitrus dipende da un cozzare di nubi - concurrunt volantes aetheriae nubes (V, 97) spinte dai venti.
Fanno rumore come un velario steso sui grandi teatri - carbăsus ut quondam magnis intenta theatris - (109) quando è agitato dal vento.
A volte le nubi rumoreggiano sfregandosi a vicenda.
A volte la nuvola viene squarciata dai venti tum perterricrepo sonitu dat scissa fragorem (129) - perterreo e crepo, strido, allora squarciata esplode con terribile fragore 

A Socrate resta comunque la forza di fare l'obiezione di fondo dell'uomo religioso: "
ma chi le costringe a muoversi, non è Zeus?"(379).
 Socrate lo contraddice ancora e ricorre a un'altra divinità che sembra suprema:" no, per niente ma è il vortice d'aria"(h[kist j, ajll j aijqevrio" di'no" 379).

Qui c’è un ricordo di Anassagora che considerava il cosmo come il prodotto di un vortice infinitamente forte, tanto da non essere intralciato dall'infinito.
 Platone nel Fedone (97c sgg.) fa dire a Socrate che abbandonò Anassagora quando si accorse che di fatto era un naturalista tutto intero: aveva sentito dire che secondo Anassagora è la mente (nou'") la causa e l'ordinatrice di tutto; ma dovette ricredersi : in realtà adduceva come causa l'aria, l'etere, l'acqua e molte altre cose strane. Insomma secondo Socrate, Anassagora si occupava solo di cose materiali
Il Socrate di Platone, al contrario di quello di Aristofane, dunque dice: “credevo con gioia –a[smeno" - di avere trovato un maestro - huJjrhkevnai didavskalon - della causa delle cose che sono secondo le esigenze del mio intelletto e mi avrebbe chiarito se la terra è piatta o tonda povteron hj gh' platei'av ejstin h] strogguvlhpoi mi avrebbe spiegato la causa e la necessità di questo, dicendo perché è meglio per essa essere così. Poi la causa della centralità della terra, della velocità dei movimenti del sole e della luna. Doveva spiegarmi qual è il meglio per ciascun elemento del cielo e quale il bene comune per tutti. Non potevo credere che Anassagora favskonntav ge ujpo; nou' aujta; kekosmh'sqai, dal momento che diceva che queste cose sono ordinate da una mente, potesse allegare una causa diversa da questa: che il meglio per loro è essere così come sono o{ti bevltiston aujta; ou{tw" e[cein ejsti;n w{sper e[cei (98 a)
Ma mi allontanai come vidi che l’uomo non impiegava affatto la mente - oJrw' a[ndra tw'/ me;n nw/' oujde;n crwvmenon e non gli attribuiva le cause che invece attribuiva all’aria, all’etere, all’acqua e ad altre cose strane, fuori luogo - ajevra" de; kai; aijqevra" kai; u{data aijtiwvmenon kai; a[lla polla; kai; a[topa (98b).

La ricerca dello scopo oltre che dalle cause viene indicata come necessaria anche da Plutarco il quale nella Vita di Pericle (6) racconta che l’indovino Lampone vide un ariete con un solo corno portato dalle campagne del capo politico e disse che quell’unico kevra" ijscuro;n kai; stereovn solido e dritto significava che dei due capipartito di Atene, Pericle e Tucidide di Melesia, il primo sarebbe rimasto solo al potere. Allora Anassagora fece rompere il cranio dell’ariete e mostrò la causa fisica di quella anomalia: il cervello a punta dell’animale.
Plutarco dunque disse che potevano avere ragione tanto lo scienziato quanto l’indovino kai; to;n fusiko;n ejpitugcavnein kai; to;n mavntin - siccome uno lo scienziato aveva capito la causa - th;n aijtivan - (quella fisica, fisiologicamente), l’altro il fine, lo scopo to; tevlo". Lo scopo era dare un segno
Quelli i quali sostengono che la scoperta della causa - th'" aijtiva" th;n eu{resin - comporta l’eliminazione del segno - ajnaivresin ei\nai tou' shmeivou - non si accorgono che con i segni divini eliminano anche quelli artificiali, ossia fatti dagli uomini - tra i segni a[ma toi'" qevioi" kai; ta; tecnhta; tw'n sumbovlwn ajqetou'nte" ,come il suono dei timpani o le ombre degli orologi solare, prodotti tutti da una causa e pure come segno di qualche cosa.

 Nelle Nuvole invece a Socrate l'eliminazione di una mente dell'universo va bene; in fondo, se si elimina dio dal cielo:"tutte le vecchie concezioni e specialmente la vecchia morale cadranno da sé...e nascerà una vita nuova", come insegna Satana a Ivan Karamazov[2].

Le nuvole, prosegue Socrate, fanno rumore come il tuo ventre quando alle Panatenee, rimpinzato di zuppa - zwmou' ejmplhsqeiv" (386 lo zwmov" mevla" degli Spartani - lat ius), rimani sconvolto nelle viscere.
Strepsiade riconosce che la zuppa, il brodetto rimbomba come tuono - w[sper bronth; to; zwmivdion patagei' (389) prima fa pappavx poi papapappax.
Pensa, gli dice Socrate, quali scorregge fai - oi|a pevporda" - 392 - da uno stomachino, e non è verosimile che l’aria infinita tuoni così in grande?

Strepsiade è convinto, poi vuole sapere del fulmine oJ keraunov" (395) che splende di fuoco e incenerisce, oppure scotta chi prende.
Il vecchio ignorante crede sia chiaro che è Zeus a scagliarlo contro gli spergiuri - : “tou'ton ga;r dh; fanerw'" oJ Zeu;" i{hs j ejpi; tou;" ejpiovrkou" (397)
Socrate gli dà dello scemo “w\ mw're , antiquato e grullo.
E nomina tre famigerati spergiuri che non sono mai stati colpiti dal fulmine. Invece i fulmini colpiscono i templi, anche quello di Zeus, e il Souvnion a[kron jAqhnevwn, promontorio di Atene e le grandi querce - kai; ta;" dru'" ta;" megavla" che pure non spergiurano.
Strepsiade gli dà ragione.
Quindi il contadino domanda che cosa è allora il fulmine. Socrate spiega che il vento secco - a[nemo" xhrov" (404) entra nelle nuvole e le gonfia come una vescica - w{sper kuvstin fusa'/ , poi ne esce impetuoso schiantandole e si incendia da solo - eJauto;n katakaivwn - 407 rumorosamente
Strepsiade trova che questo assomigli a quanto gli accadde una volta ojptw'n gastevra - 409 - arrostendo una trippa che aveva dimenticato di bucare: anche questa si gonfiò e scoppiò schizzandogli merda negli occhi e scottandogli la faccia.
Il coro delle Nuvole proclama eujdaivmwn Strepside purché abbia memoria e riflessione e sia resistente alle fatiche, al freddo, alla fame e consideri bene supremo nika'n pravttwn kai; bouleuvwn kai; th'/ glwvtth/ polemivzwn (419) vincere, agendo e dando consigli e con la lingua polemizzando.
Strepsiade risponde che l’allenamento a una vita dura e parca non gli manca.
Quindi Socrate gli ordina di non credere più ad alcun dio tranne "tranne i nostri: il Caos e le Nuvole e la lingua. Solo questa trinità"(424).



[1] Frammento90 D.
[2] Dostoevskij, I fratelli Karamazov , p. 771

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