lunedì 30 dicembre 2019

Nietzsche, "La nascita della tragedia". Sommario. Capitoli I-X


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Sommario di  La nascita della tragedia (1872) di Nietzsche.

Postfazione.
 Tentativo di un’autocritica del 1886
L’autore fa un’abiura delle formule schopenhauriane e kantiane del suo scritto giovanile. Soprattutto non crede più che la tragedia insegni la rassegnazione e fornisca una consolazione metafisica.
Rimangono valide invece due intuizioni.
 In Ecce homo[1] il filosofo le rivendica “ innovazioni decisive: intanto la comprensione del fenomeno dionisiaco fra i Greci-il libro ne dà la prima psicologia, vedendo in esso la radice una di tutta l’arte greca.
L’altra è la comprensione del socratismo: Socrate come strumento della disgregazione greca, riconosciuto per la prima volta come tipico décadent. “Razionalità” contro istinto. La “razionalità” a ogni costo come violenza pericolosa che mina la vita!”[2].
Cfr. Penteo nelle Baccanti travolto dalla irrazionalità che ha cercato di combattere oppure Aschenbach di T. Mann. La morte a Venezia.
Inoltre la giustificazione estetica della vita

La nascita della tragedia

I Capitolo
Apollineo e Dionisiaco.
Apollineo: sogno, principium individuationis, volontà di potenza, conosci te stesso, nulla di troppo, scultura, architettura, immagini dell’epos
Dionisiaco: ebbrezza, sentimento dell’unità, musica.
Apollo impone la misura anche in maniera rigida, Dioniso la spezza e manda la gente in strada a tamburellare ditirambi (cfr. il Maggiore Barbara di Bernard Shaw del 1905).
L’inno alla gioia di Beethoven con le parole di Schiller evocano il dionisiaco. (Nona sinfonia, quarto movimento).

Gioia, bella scintilla divina,
Freude, schöner Götterfunken
figlia di Elisio,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.

Il tuo fascino riunisce
ciò che la moda separò
tutti gli uomini diventano fratelli
dove la tua ala soave freme.
Deine Zauber binden wieder
Was die Mode streng geteilt;

Alle Menschen werden Brüder,
Wo dein sanfter Flügel weilt.

Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura;

Freude trinken alle Wesen
An den Brüsten der Natur;

 
II capitolo
Dioniso viene dall’Asia, ma là il suo culto era un orrendo miscuglio di crudeltà e voluttà., Quando giunge in Grecia, diventa fenomeno artistico.

III capitolo
Il mondo olimpico di Apollo è preceduto dalla sapienza silenica.
Excursus sulla sapienza silenica:  Erodoto, Teognide, Bacchilide, Sofocle, Euripide, Leopardi, Menandro, Lucrezio, Cicerone, Seneca, Petronio, T.S. Eliot
Nel canto dei morti dell’Odissea (XI) c’è il rovesciamento della sapienza silenica. L’indice dei libri e dei passi proibiti nella Repubblica di Platone.

IV Capitolo
La sapienza silenica e l’apollineo riscontrabili pure nella Trasfigurazione di Raffaello. Il titanico e il barbarico compaiono anche nelle varie gigantomachie: dalle metope del Partendone, al fregio dell’altare di Pergamo, e nella centauro-lapitomachia del maestro di Olimpia dove del resto compare anche Apollo che li domina.
Nella civiltà greca abbiamo dunque diverse fasi. Queste trovano la sintesi nella tragedia greca

V Capitolo
Omero e Archiloco: i due archetipi della poesia greca. L’artista non può essere soggettivo: deve dare voce all’Uno originario, all’Universale.

VI Capitolo
Il linguaggio teso della lirica. ( cfr. Leopardi su Pindaro)

VII Capitolo
La tragedia nasce dal coro. Interpretazioni del coro. Schlegel-lo spettatore ideale-, Schiller- il muro vivente-, Leopardi-poetica dell’indefinito, del lontano-, Manzoni-il cantuccio che l’autore riserva a sé stesso. L’arte ci salva dalla buddistica-o amletica- negazione della volontà. Trasforma l’atroce in sublime e il grottesco in comico.

VIII Capitolo
Il satiro è il simbolo dell’onnipotenza sessuale della natura. Degenerazione del satiro è il pastore falso e agghindato della poesia ellenistica e latina.
Il drammaturgo quando scrive, si immedesima in altre persone. Cfr. Leopardi e il suo mettere al terzo posto il genere drammatico.

IX Capitolo
La chiarezza delle figure apollinee sono macchie luminose che ci appaiono dopo che abbiamo guardato nel fondo terribile della natura dove c’è un’orrenda notte.
Edipo è l’eroe della passività (nell’Edipo a Colono). Invece quando agiva ha sconvolto la natura confondendo le generazioni.
La propria passività viene proclamata da Edipo ai vecchi di Colono:" ejpei; ta; e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon  h] dedrakovta" (Edipo a Colono, vv. 266-267), poiché le mie azioni sono state subite piuttosto che fatte. Lo stesso afferma "the lunatic King "[3] di Shakespeare:" I am a man/more sinned against than sinning" (King Lear, III, 2), sono uno contro cui si è peccato più di quanto io abbia peccato.

Prometeo invece è l’eroe dell’attività. Il suo è un peccato attivo e pure rivendicato dallo stesso Titano.
Le Oceanine si impietosiscono per la sorte di Prometeo e lo stesso Titano si sente meritevole di tanta compassione ( Prometeo incatenato, v.246), eppure è tutt'altro che pentito e prorompe nel grido di ribellione con il quale afferma la dignità del suo delitto:"io sapevo tutto questo:/di mia volontà, di mia volontà ho compiuto la trasgressione, non lo negherò (eJkw;n eJkw;n h{marton, oujk ajrnhvsomai)/ aiutando i mortali ho trovato io stesso le pene (aujto;~ huJrovmhn povnou~ )"(265-267).
  
X Capitolo
Dioniso è un dio che lotta e soffre il dolore dell’individuazione. Nonno di Panopoli (V sec. Dionisiache)  racconta che fu fatto a pezzi dai Titani.
Del resto Dioniso ha la doppia natura di un demone crudele e selvaggio (le Baccanti di Euripide) e di un dio mite e dolce (Iliade VI) Nelle Rane è addirittura un buffone e un vigliacco. Varietà dei personaggi nei miti.
L’individuazione è dolorosa e l’arte ci dà la speranza di una ripristinata unità. Nel Prometeo liberato infatti la cultura titanica viene riportata dal Tartaro alla luce. Come nelle Eumenidi. Con Eschilo il mito si risolleva dalla pretesa di renderlo storico e di ucciderlo. Ma poi arrivò il sacrilego Euripide





[1] Del 1888.
[2] F. Nietzsche, Ecce homo, La nascita della tragedia,  p.  49.
[3] Il re matto (Re Lear, III, 7)

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