domenica 8 dicembre 2019

La Bellezza. Quarta parte

Józef Simmler
Ritratto di Jadwiga Łuszczewska in veste di Diotima

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Lo scopo cui tende amore, secondo Diotima del Simposio platonico è la procreazione nel bello secondo il corpo e secondo l'anima: "
tovko" ejn kalw'/ kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn" (206b).

 Plotino riprende Platone.
 Le cose belle sono quelle congeniali alla Yuchv che è una manifestazione del Nou`~ che è il primo prodotto dell’Uno.

Plotino (205 - 270 d. C.) Sei Enneadi, ciascuna con nove scritti. Furono edite dal discepolo Porfirio che scrisse una Vita di Plotino.
La sesta parte della prima Enneade (I, 6) riguarda il bello: Peri; tou' kalou'. C’è il bello nella combinazione delle parole, nei ritmi, nella virtù. Alcune cose come i corpi sono belli non per la loro stessa sostanza, ajlla; meqevxei, per la loro partecipazione (all’dea).
La natura della virtù invece è bella per se stessa.

Confutazione: molti affermano che la bellezza dei corpi consiste nella simmetria delle parti tra loro (summetriva tw'n merw'n pro;~ a[llhla). Simmetria e misura. Dottrina stoica. Per costoro il bello non è ajplou'n, semplice, ma composto da parti.
Per questi che sbagliano, i colori, come la luce del sole, sarebbero privi di bellezza perché sono semplici[1].
 Ma la simmetria può esserci anche tra pensieri cattivi, come credere che la temperanza sia una sciocchezza e che la giustizia sia una generosa ingenuità. Fine confutazione

La virtù è una bellezza dell’anima senza che in lei ci siano parti simmetriche. L’anima è nipote dell’Uno ed è semplice.
 Che cosa è dunque la bellezza dei corpi tiv dh'tav ejsti to; ejn toi'~ swvmasi kalovn; (2).
 L’anima respinge ciò che le è discordante ed estraneo. L’anima (Yuchv) è manifestazione del Nou'~ che è il primo prodotto dell’Uno. L’anima dunque si compiace di contemplare ciò che vede dello stesso genere suo (suggenev~) o le tracce del congeniale ( h] i[cno~ tou' suggenou'~). Allora gioisce e rimane stupita e lo riporta a se stessa e si ricorda di sé e di ciò che le appartiene (cfr. Fedro 250 e Simposio 209). Le bellezze inferiori e superiori hanno una oJmoivoth~, rassomiglianza in quanto in loro c’è la metochv ei[dou~, la partecipazione a una idea, a una forma.

Di nuovo Cicerone
Cicerone consiglia una semplicità elegante al suo gentiluomo quando pone le basi del galateo nel De officiis [2] ": quae sunt recta et simplicia laudantur. Formae autem dignitas coloris bonitate tuenda est, color exercitationibus corporis. Adhibenda praeterea munditia est non odiosa nec exquisita nimis, tantum quae fugiat agrestem et inhumanam neglegentiam. Eadem ratio est habenda vestitus, in quo, sicut in plerisque rebus, mediocritas optima est " ( I, 130), viene lodata la naturalezza e la semplicità. Ora la dignità dell'aspetto deve essere conservata mediante il bel colore dell'incarnato, il colore con gli esercizi fisici. Inoltre deve essere impiegata un'eleganza non sfacciata né troppo ricercata, basta che eviti la trascuratezza contadinesca e incivile. Lo stesso criterio si deve adottare nel vestire dove, come nella maggior parte delle cose, la via di mezzo è la migliore. Lo stesso, vedremo, Seneca (Ep. 5). 

La bellezza può essere quella del corpo, del viso, dei capelli,

La bellezza può essere curata attraverso il cultus, ma può essere anche trasandata.

Ovidio scrive: "Forma viros neglecta decet; Minoida Theseus/abstulit, a nulla tempora comptus acu;/ Hippolitum Phaedra, nec erat bene cultus, amavit;/ cura deae silvis aptus Adonis erat " (Ars amatoriaI, vv. 507 - 510), agli uomini sta bene la bellezza trasandata; Teseo rapì la figlia di Minosse senza forcine che tenessero in ordine i capelli sulle tempie; Fedra amò Ippolito e non era gran che curato; Adone avvezzo alle selve era oggetto d'amore di una dea.
Ancora Curzio Rufo, Ovidio Seneca
Degenerazione di Alessandro che imitava la magnificenza persiana. Voleva vedere i vincitori di tante genti iacēre humi venerabundos ipsum (Curzio Rufo, 6, 6, 3). Si mise sul capo un purpureum diadēma distinctum albo, diadema purpureo guarnito di bianco, come Dario, e si vestì alla persiana senza temere l’omen di indossare l’abito del vinto (6, 6, 4).

 Determinismo vestiario: Cum illis, quoque mores induerat (6, 6, 5).
Il cultus misurato
Ovidio " nelle sue oscillazioni poco tormentate si ferma alla proposta di un cultus misurato che eviti gli eccessi del lusso e, nello stesso tempo, di una raffinatezza dannosa. Per l'uomo egli rifiuta un trattamento dei capelli e della pelle che lo renda simile agli eunuchi servitori di Cibele (Ars I 505 sgg.): l'ideale virile è un equilibrio fra la mundities e la robustezza data dagli esercizi del Campo Marzio (ibid. 513 sg.): Munditiae placeant, fuscentur corpora Campo;/sit bene conveniens et sine labe toga.
Dunque, né rusticitas né effeminatezza"[3]. L'eleganza piaccia, siano abbronzati i corpi al Campo Marzio; la toga stia bene e sia senza macchie (vv. 511 - 512).
Anche per Seneca è auspicabile la via di mezzo:"non splendeat toga, ne sordeat quidem" (Epist., 5, 3), non brilli la toga, ma neppure sia sudicia.
A proposito dell’abbronzatura, interessante notare che nella Repubblica di Platone la rivolta contro l'oligarchia parte dal povero snello e abbronzato ijscno;" ajnh;r pevnh" hJliwvmeno" (556d) il quale è schierato in battaglia accanto al ricco cresciuto nell'ombra con molta carne superflua (paratacqei;" ejn mavch/ plousivw/ ejskiatrofhkovti, polla;" e[conti savrka" ajllotriva"), lo vede pieno di affanno e difficoltà e capisce che non vale nulla e che quindi il suo potere non è naturale.
Cfr. la dialettica servo signore di Hegel: “il signore si rapporta alla cosa in guisa mediata, attraverso il servo”; il servo invece “col suo lavoro non fa che trasformarla”[4]
Vero è che attraverso il lavoro del servo e il suo rapporto diretto con la realtà, avviene un rovesciamemto dialettico. Secondo Hegel in termini di coscienza. Lavorando il servo giunge alla consapevolezza, alla coscienza di sé e del mondo oggettivo
La servitù una volta compiuta diventerà il contrario di quello che è immediatamente. Diventata autocoscienza la servitù si trasformerà nel proprio rovescio. Marx utilizzerà questa dialettica servo - signore come chiave di lettura dell’intera storia che è storia di lotta di classi.
Aggiungo di mio che l’autocoscienza, il conosci te stesso, si raggiunge pure e forse più profondamente attraverso la lettura e la comprensione dei classici antichi e moderni.

Torniamo ai latini. La semplicità insomma non sia rozza, sprovveduta e inopportuna ma voluta e conquistata. Marziale[5] la chiama prudens simplicitas (X, 47, 7) semplicità accorta e la considera uno dei mezzi che abbelliscono la vita (vitam quae faciant beatiorem , v. 1). Si sente la lezione ovidiana: la simplicitas rudis (A. a. III, 113) non si confà alla Roma moderna.
Pirra è simplex munditiis (Odi I, 5, 5) semplice nell'eleganza.



[1] Teniamo conto che secondo Plotino noi giungiamo al Sommo, all’Essere originario (to; prw'ton) quando ci innalziamo al di sopra anche del pensiero in uno stato di e[kstasi~ e di a[plwsi~, di semplificazione.
[2] Del 44 a. C.
[3]A. La Penna, Fra teatro, poesia e politica romana , p. 201.
[4] Fenomenologia dello spirito (del 1807). Capitolo 4 (A)3.
[5] 40 ca. - 104 d. C.

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