lunedì 16 dicembre 2019

Sulle “sardine”


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L’antefatto dei giorni scorsi: lo sbandierato sciopero scolastico
Lucignolo descrive il paese dei balocchi: “Lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri. Lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai” e avanti così.
Pinocchio vuole essere rassicurato: “Ma dunque - soggiunse - tu sei veramente sicuro che in quel paese non ci sono punte scuole?”
“Neanche l’ombra” garantisce Lucignolo
“E nemmeno maestri?”
“Nemmeno uno”
“E non c’è l’obbligo si studiare?”
“Mai, mai, mai”
Una citazione che farà venire “l’acquolina in bocca” a diversi poveri ragazzi burattini di oggi manovrati da orribili burattinai.

Oggi però voglio rivolgermi alle sardine che mi fanno sperare come tanti giovani e non giovani cui racconto i miei autori nelle conferenze che tengo in vari luoghi. Persone che credono nella lettura e nella cultura, come, mi sembra, le sardine.
Gad Lerner, che stimo, nel quotidiano “la Repubblica” di oggi 16 dicembre 2019, presenta un articolo dal titolo “La dieta moderata” (p. 1 e p. 22). Non lo condivido del tutto. Intanto l’aggettivo moderato è uno di quei termini che cambiano il significato secondo le mode. Una volta si applicava ai benpensanti bacchettoni grigi e tetri ed era quasi un insulto se indirizzato a una persona di sinistra.
Pasolini vedeva nel Penteo di Euripide il prototipo dei moderati: “ i Pentéi italiani sono dei mediocri, dei meschini imbecilli, neanche degni di essere dilaniati dalle Menadi ”[1].

Ora anche gli estremisti di una volta si vantano di essere moderati.

Vi faccio un paio di esempi: uno greco, uno latino di tali cambiamenti di significato delle parole.
Nei conflitti interni molti valori si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della stavsi", la guerra civile, di Corcira[2], quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario:"Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw`n ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito. 

Nel Bellum Catilinae di Sallustio, Catone , parlando nel Senato dopo e contro Cesare, il quale aveva chiesto di punire i congiurati "solo" confiscando i loro beni e tenendoli prigionieri in catene nei municipi, denuncia questo cambiamento del valore delle parole:"iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est " (52, 11), già da tempo veramente abbiamo perduto la verità nel nominare le cose: poiché essere prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male, coraggio, perciò la repubblica è ridotta allo stremo.

Ebbene, la parola “moderato” a me suona tuttora poco bene. Per me significa ancora stare dalla parte del potere. Cristo non era moderato, Bergoglio, il suo vicario, non è moderato. Di Maio e Zingaretti (il fratello dell’attore) sono moderati e infatti perdono voti da sinistra.
C’è un’altra parola nell’articolo in questione che non viene abbastanza chiarita dal bonus Gad che talora dormitat, come pure Omero del resto.
Sentiamolo: “E’ di una semplicità esemplare quel che i giovani autodefinitisi sardine chiedono alla politica italiana”. Esemplare poi mi sembra una parola enorme.
La semplicità ha valore ed è davvero esemplare se è complessità risolta. La semplicità incosciente di Cidippe la rende preda della scrittura astuta di Aconzio l’inventore delle scritte pubblicitarie che vogliono obbligarci al loro imperioso volere: nella XXI delle Heroides di Ovidio la ragazza di Nasso ricorda che navigava verso Delo impaziente di arrivare. Una volta giunta, Aconzio di Ceo ne vide la semplicità ingenua e gli sembrò che potesse essere facile preda: “visaque simplicitas est mea posse capi” (v. 106) ricorda e rinfaccia la ragazza.
Il ragazzo fallace gettò davanti ai piedi della fanciulla una mela con quei versi che Cidippe non vuole ripetere “mittitur ante pedes malum cum carmine tali ” (v. 109). C’era scritto: Lo giuro per Artemide, sposerò Aconzio.
La nutrice raccolse l’ingannevole frutto e lo fece leggere a Cidippe: “insidias legi, magne poeta, tuas” (112). Aconzio non deve essere fiero di avere preso con ‘inganno una fanciulla sprovveduta: “ sumque parum prudens capta puella dolis” (v. 124). E’ stata ingannana come Atalanta da Ippòmene che lasciò cadere una mela durante la corsa[3]. Aconzio avrebbe dovuto convincerla.
Questa storia si trova già, alcuni secoli prima, negli Aitia di Callimaco.
Più tardi Marziale raccomanderà una prudens simplicitas (10, 47, 7), una semplicità accorta e competente.

La semplicità è una gran bella cosa ma deve essere una conquista raggiunta dopo un lungo, faticoso tirocinio poiché il discorso variopinto delle persone ingannevoli, come i pubblicitari appunto, deve essere confutato affinché le cose si possano vedere in sé, prive di orpelli nella loro bella semplicità. E per giungere a questa visione chiara bisogna leggere molto, capire e rifletterci sopra. La semplicità insomma è una conquista etica ed estetica e richiede applicazione, studio, fatica.
Sentiamone alcuni elogi
il Pericle di Tucidide dice:"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva"[4] kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in effetti amiamo il bello con semplicità e amiamo la cultura senza mollezza.
Dunque la semplicità è associata alla bellezza e alla cultura che a sua volta richiede della forza di volontà e di intelletto.
Nelle Fenicie[5] di Euripide, il personaggio Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità: "aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva"[6] e[fu, - kouj poikivlwn dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469 - 470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di rimedi artificiosi: "nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).
Platone nel Cratilo (405c) con riferimento alla semplicità di Apollo mette insieme il vero e il semplice: to; ajlhqev" te kai; to; ajplou'n - il semplice e il vero.
Chirone, dikaiovtato" Kentauvrwn[7], il più giusto dei Centauri, "nodrì Achille"[8] insegnandogli quella naturalezza e semplicità di costumi che è la quintessenza dell'educazione nobile. Il figlio di Peleo nell'Ifigenia in Aulide riconosce tale alta paideia all'uomo piissimo che l'ha allevato insegnandogli ad avere semplici i costumi:"ejgw; d j, ejn ajndro;" eujsebestavtou trafei;" - Ceivrwno", e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein" (vv. 926 - 927). In tal modo il figlio di Peleo si abituò a scartare gli usi degli uomini malvagi (v. 709).

Torniamo a Gad Lerner
Le sardine in effetti “dichiarano addirittura che continueranno, testuale, a difendere la complessità (…) Non ci sono soluzioni facili a problemi complessi, con gli slogan si va a sbattere contro la realtà”, Gad non sonnecchia più.
Torna l’aggettivo, secondo me fuori luogo, “moderata” riferito a “la loro piattaforma” Anche questo sostantivo mi piace poco: fa pensare a pontili, pedane, fondali continentali marini e altre cose concrete del genere prima che a un programma politico. Comunque se questa cosa è moderata “i valori dell’antifascismo e della solidarietà sociale manifestati dalle sardine, a modo loro rappresentano anche una risposta alla sconfitta di Corbyn e della sinistra inglese” (“la Repubblica, p. 22).
Una sinistra non moderata. Speravo che vincesse, ma i moderati non sono mai stati di sinistra. 

Saluti e auguri
giovanni ghiselli




[1] Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società,p p. 1142 - 1143
[2] 427 - 425 a. C.
[3] Vedi il dipinto di Guido Reni con Atalanta che si china a raccogliere la seconda mela d’oro mentre Ippomene detto anche Melanione procede nella corsa. Risale agli anni 1620 - 1625 e si trova al Museo Capodimonte di Napoli 
[4] eujtevleia è’ frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) per le cose necessarie, è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi. Augusto dava un esempio di frugalità mangiando secundarium panem et pisciculos minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides (Augusti Vita, 76), pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi. Giorgio Bocca commentò tale abitudine dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero padrone del mondo” G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11. Senza risalire al 14 d. C., penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per apprendere e capire, ascoltavo con avidità, alla radio, o anche andando a vederli nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di quel tempo lontano, quali De Gasperi e Togliatti. Imparavo da loro più e meglio che a scuola. In termini di idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante dell'Italia vinta: " Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me".
[5] Composte intorno al 410 a. C.
[6] Seneca cita questo verso traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.
[7] Iliade, XI, 832.
[8] Dante, Inferno, XII, 71.

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