venerdì 28 giugno 2024

L’umanesimo dell’idiota di Dostoevskij.


 

Nelle prime pagine del romanzo, l’idiota Myškin racconta la sua esperienza di  maestro  in un paesetto della Svizzera e afferma: “i bambini ci curano l’anima” (I, 6).

In una parte successiva il  principe Lev Nikoljevič Myškin asserisce che anche osservare la natura senza volersene appropriare ci cura l’anima

: “Io non so come sia possibile passare accanto a un albero e non sentirsi felici di vederlo. Parlare con una persona e non essere felice di volerle bene! Oh io non so esprimere bene i miei sentimenti, ma quante cose belle vediamo a ogni pie’ sospinto, belle al punto che l’uomo più abietto non può che vederle sempre belle? Guardate un bambino, guardate l’alba divina, guardate come cresce un fuscello, guardate negli occhi che vi guardano a loro volta e vi vogliono bene (Fëdor Dostoevskij, L’idiota, IV, 7).

Ho fatto l’esperienza di entrambe queste terapie insegnando per cinque anni scolastici- dai  miei 24 e 9 mesi ai 29 e sette mesi- in una scuola media di un paesetto del Veneto. Quegli ex bambini ora ultrasessantenni mi hanno insegnato più di quanto abbia fatto io con loro. Ci sentiamo ancora. Ci siamo voluti bene e aiutati a vicenda. L’esperienza mi ha fatto imparare e mi è piaciuta tanto che ho seguitato a insegnare per tutta la vita. A imparare insegnando quanto via via imparavo dalla vita, dalle persone e dai libri. In novembre compirò 80 anni e non ho intenzione di smettere.

 

L’amore per gli alberi

Una notte d’inverno Ulrich “aprì le finestre e guardò i tronchi nudi degli alberi, coi rami stranamente neri e lisci fra le coltri di neve del suolo e della chioma, e improvvisamente ebbe voglia di scendere in giardino così com’era, in veste da camera: voleva sentire il freddo nei capelli”

Mentre percorreva un viottolo”a un tratto l’oscurità torreggiante fra le vette degli alberi gli ricordò la gigantesca figura di  Moosbrugger e le piante spoglie gli parvero stranamente corporee, brutte e bagnate come vermi, eppure avrebbe voluto abbracciarle e cadere ai loro piedi con il viso inondato di lacrime. Ma non lo fece. Il sentimentalismo del suo impulso lo ributtò indietro nell’istante stesso in cui lo toccava.

Attraverso la spuma lattea della nebbia apparvero al di là del cancello due o tre passanti attardati, ed egli, come la sua figura in vestaglia rossa, si staccava adesso dai tronchi neri, avrebbe potuto sembrar loro un pazzo; ma fece il sentiero a passo femo e rientrò in casa relativamente contento”

 (Musil L’uomo senza qualità Parte Seconda, Le stesse cose ritornano, capitolo 62.)

Cfr la cura di Anteo.

Bologna 28 giugno 2024 ore 10, 49 giovanni ghiselli

 

 

 

 

 

 

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