lunedì 10 giugno 2024

Ifigenia CXCIX. I fiori che non colgo più


 

Pochi giorni dopo il giro ciclistico a Mezzolara iniziò la scuola. Io tornai nella mia classe diventata una quinta ginnasio, Ifigenia ebbe confermate una decina di ore. Inoltre si ìscrisse  a una scuola di recitazione. Questa novità non mi dispiacque perché poteva suscitare altri interessi nella mia compagna e, se questi non l’avessero allontanata da me, ciò avrebbe significato che tra noi c’erano ancora gli interessi comuni necessari alla prosecuzione dell’ intesa non solo mentale ma anche sessuale. Alla carriera di insegnante Ifigenia non era interessata. Voleva diventare una grande attrice, ricca e famosa. A me la letteratura drammatica era sempre piaciuta e avevo già cominciato a scrivere una traduzione e commento dell’Edipo re di Sofocle, la tragedia con la quale avevo esordito trepido nel liceo di Imola due anni prima.

 Dunque qualcosa da fare insieme poteva esserci ancora: studiare e interpretare i grandi drammi, ciascuno a suo modo, comunque discutendone e scambiandoci idèe. Il “mio” Edipo re le piaceva.

Non mi spaventava la sua prospettiva, anzi pensavo che avrebbe potuto incentivare il mio scrivere. Piuttosto mi  sgomentava  vederla in certi momenti disgustata della scuola e priva di altri interessi, quando rimaneva silente nel letto con le braccia strette alle ginocchia poste davanti alla faccia. Allora la guardavo con pena come quando a Moena, in agosti remoti, dopo avere strappato una fiore da un prato, tornavo in paese, sedevo sull’agine dell’Avisio e mi fermavo a osservare l’appassimento di quella creatura bella e variopinta ma troppo effimera e fragile:  vista ancora viva tra l’erba e subito dopo averla còlta mi comunicava allegria con i colori vivaci, le fibre sode, il sugo del gambo reciso, ma presto la visione del suo scololarsi e avvizzire, mi infondeva rimorso, malinconia e rabbia per la sua debolezza.

Allora lo gettavo nei gorghi del torrente perché lo portasse via presto, verso la riva buia del paese dei morti.

 Ora i fiori li osservo vivi, variopinti, nutriti dalla terra e non me ne approprio più.

Pesaro 10 ngiugno 2024 ore 18, 56 giovanni ghiselli

 

p. s.

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