martedì 25 giugno 2024

Ifigenia CCXIX. “Dunque in giardin verrai?" / "Se piace a voi, verrò”.


 

Tornai a casa contento. Potevo dare un nuovo stimolo alla mia vita con un’altra collega e amante. La mia lista deve aumentare ancora,  cantavo pedalando scaldato dall’aria di giugno  e dal fervore interno. “Sono in vista le nozze? mi domandai. Invece di rispondere mi diedi a cantare un duetto che ricordavo da Le nozze di Figaro:

 “Crudel! Perché finora

farmi languir così?

 

Signor, la donna ognora

tempo ha di dir di sì

 

Dunque al Baumann verrai?

 

Se piace a voi, verrò

 

E non mi mancherai?

 

No, non vi mancherò

 

Verrai?

 

 

Non mancherai?

 

No

 

Dunque verrai?

 

No!

 

No?

 

Se piace a voi verrò

 

Mi sento dal contento

pieno di gioia il cor

 

Il cuore era contento ma il mio ceffo accusava dei dubbi con un ghigno nervoso.

 

Alle 18 e 45 ero già al campo sportivo. Il sole era ancora al di sopra degli alberi posti sul lato ovest del Baumann sicché nell’attesa della bella potevo abbronzarmi. Mi tolsi la maglietta e rimasi in calzoncini e le scarpe da corsa. Quasi come Lady Chatterly che fugge inseguita da Mellors. I due sono nudi ma lei dopo essersi spogliata  si era messa di nuovo le scarpe di gomma. Non era dunque una ninfa ma una donna svestita

Io allora ero un satiro nudo ma un uomo poco vestito.

 Le gambe mie erano di ossatura sottile e muscolatura potente. “Un fisico fatto per correre i 5000 metri, scalare lo Stelvio e amare le donne”, mi compiacqui. Hinault quel giorno aveva stracciato Battaglin. Alle 19 e 15 la graziosa non era arrivata. “Scorretta però questa  deliziosa signorina” pensai.

“Ora corro i 5000 che devo a me stesso,  poi vado a cercare Ifigenia”. Lucia era in ritardo con tutto che mi aveva chiesto di anticipare l’ora da me  proposta.

Mi venne un dubbio:“Che sia peggiore di quell’altra? Il tempo rivelerà qual è la più ingiusta”

Senza indugiare, iniziai la mia gara a cronometro. Andavo  discretamente: potevo metterci meno di venti minuti: per fare metà del percorso avevo impiegato nove minuti e cinquantaquattro secondi. Dunque non dovevo mollare. Nemmeno Lucia, se arrivava. Se no c’era quell’altra oppure ritrovavo una delle smarrite per strada. Poco dopo, a meno duemila metri dalla conclusione della mia prova, Lucia arrivò. Ricordai che da militare ero arrivato secondo dietro un calciatore professionista in una gara di duemila metri appunto ed ero entrato nella compagnia atleti per un po’ di tempo.

Lucia si era appostata sulla linea di arrivo e mi incoraggiava. Terminai in 19 minuti e 35 secondi. La deliziosa ragazza mi guardava amabilmente e mi faceva i complimenti dovuti. Contraccambiavo i suoi sguardi senza parlare. Lucia indossava una tutta nera aderentissima che le stava bene, snella e pure formosa com’era. Volle provare a correre anche lei: si stancò subito ma anche la fatica le donava:  aveva affinato il  suo viso e reso ancora più grandi gli occhi da attrice cinematografica.

Verso le otto il sole era arrivato alle cime dei pioppi che orlano il campo. Una brezza tiepida, gradevole, muoveva adagio le foglie imbevute di luce. Poteva essere l’ora del corteggiamento, preludio dell’idillio sognato, ma lei se ne andò: aveva un impegno.

Feci un altro giro in bicicletta dandomi del perfetto imbecille, poi tornai a casa. A mezzanotte telefonò Ifigenia dicendo che si era annoiata a Modena con le cugine e che le ero mancato. “Meno male”, pensai.

 

Bologna 25 giugno 2024 ore 18, 29 giovanni ghiselli

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