mercoledì 15 gennaio 2014

Il film "Anita B." di Roberto Faenza



Ieri sera ho visto il film Anita B, in anteprima al cinema Barberini di Roma.
Uscirà nelle altre  sale tra un paio di giorni.
Rispetto al libro di Edith Bruck, Quanta stella c’è nel cielo, Faenza ha attenuato qualche urlo tragico. Eli, per esempio, è meno cinico e farabutto nel film che nel romanzo. Anita, la ragazza eponima e protagonista, è interpretata magnificamente da un’attrice molto brava, espressiva, significativa; con la luce dei suoi occhi e di tutto il volto illumina anche le oscurità degli altri personaggi e delle stagioni più dolenti. Alcune scene sono di invenzione del regista e servono appunto a mitigare la cupa drammaticità di certe parti della storia. Molto bello sono il canto e la danza corale guidati da Moni Ovadia. Tutti ballano e intonano: “Quando canta il rabbino cantano tutti, quando danza il rabbino danzano tutti”. In questa coralità scompaiono gli egoismi, le meschinità e i dolori dei singoli personaggi.
La compagna di lavoro e amica di Anita del libro è sostituita nel film da un ragazzo, innamorato di lei. E’ difficile non provare amore per un personaggio del genere, soprattutto se reso da un’attrice davvero dotata di talento recitativo come Elin Powell. Lo scrissi nel primo intervento su questo film del quale allora avevo solo letto la trama: Anita mi fa pensare ad Antigone di cui Shelley scrisse: “Alcuni fra noi, in una precedente esistenza, si sono innamorati di un'Antigone: ecco perché non troveranno mai completa soddisfazione in un legame mortale!”
Anita è assimilabile ad Antigone anche per il suo coraggio nel non rinnegare il proprio passato, per la volontà di capirlo, poi per la tenacia nel difendere e conservare la propria identità.
Alla fine del film, la ragazza domanda come possano odiarsi tra loro Ebrei e Arabi che discendono tutti da Abramo e sono quindi fratelli.
Le viene risposto che a volte anche i fratelli si odiano. Ebbene, questo film di Faenza è un invito a deporre  l’odio, a sostituirlo con l’amore, a non lasciarsi prendere dallo sconforto, dal pessimismo da cinismo come fa Eli, ma a lottare perché  prevalga la comprensione e l’amore per la vita, la fiducia nella vita. Ce lo insegna la ragazzina Anita, curandoci l’anima. Queste le ultime parole dell’adolescente incinta salita su un camion che la porterà a Gerusalemme: “Sono contenta perché viaggio verso il passato con un solo bagaglio, il futuro”.
Il passato, la sua comprensione, infatti non deve essere una zavorra nel nostro viaggiare verso il futuro ma un viatico che  renda più consapevole e quindi agevole il percorso, comunque difficile e bello.
Il cinena Barberini era pieno. C’era il regista, Edith Bruck, gli attori e tanti giovani che, come noi vecchi del resto, hanno molto da imparare vedendo questo il film e leggendo il libro da cui è tratto, libera mente.

giovanni ghiselli

1 commento:

  1. Bel commento e vero il messaggio di Faenza, uomo peraltro semplicissimo e sorridente che al di là delle accuse di buonismo voleva lanciare quel messaggio e secondo me ci è riuscito senza leziosità e grazie alla grande espressività della giovane attrice!
    Maddalena

    RispondiElimina

La gita “scolastica” a Eger. Prima parte. Silvia e i disegni di una bambina.

  Sabato 4 agosto andammo   tutti a Eger, famosa per avere respinto un assalto dei Turchi e per i suoi vini: l’ Egri bikavér , il sangue ...