sabato 18 gennaio 2014

La poesia e il messaggio morale del film "Anita B." di Roberto Faenza




Ieri sera Roberto Faenza era a Linea notte, l’ultimo TG3 della giornata.
Ha detto che  Anita B. è uscito solo in poche sale poiché i gestori temono che  contenga una geremiade di lamenti già sentiti sulla tragedia dei campi di sterminio. Il regista ha replicato a tale pregiudizio dicendo che il suo film è un messaggio di giustizia, di ottimismo e perfino di gioia.
Scrivo questo nuovo pezzo sull’argomento per confermare le parole di Faenza e aggiungere che la storia di Anita, splendidamente interpretata dall’attrice Eline Powell, è pure ricca di poesia, che come sappiamo è madre della storia[1].
D’altra parte la Memoria, che Anita non vuole perdere, che nessuno deve perdere, è madre delle Muse che le generò con Zeus[2]  nella Pieria, bellissima base dell’Olimpo[3], perché portassero sollievo agli affanni di noi mortali. Esse godono delle feste, e della gioia del canto.
Le nove  figlie di Mnemosine e del padre Cronide  intrecciano belle danze guizzando con agili piedi, e la nostra vita senza le Muse dalla dolce voce, cioè senza la poesia, è grigia, incolore, se non addirittura indegna di essere vissuta da parte di noi umani dotati di parola.
Ebbene, il film di Faenza è opera poetica  e invece di infondere affanni, come pensano pregiudizialmente alcuni che non l’hanno visto, suscita energia morale e speranza in chi lo vede. La ragazzina  infatti esce maturata e rinforzata dall’esperienza di dolore cui i nazisti, e le successive circostanze l’hanno sottoposta. Anita non si lascia togliere la curiosità e la gioia della vita, siccome ha capito dai suoi carnefici,  i vari aguzzini incontrati dopo la perdita dei genitori nei campi di sterminio, che il male subìto non  deve incistirsi nell’anima facendola ammalare e morire con nuove formazioni maligne, ma va capito e trasformato in tanta luce di comprensione. Una luce continuamente  irradiata dal volto dell’ottima attrice che la interpreta. Un volto speciale, specialmente espressivo e significativo. Alle violenze subite da tanti agenti del male, compreso il suo  amante che, dopo averla messa incinta, cerca di imporle l’aborto, Anita reagisce con l’intelligenza e l’amore del grande bene che è la vita.  Un messaggio del genere, il bene che si oppone al male e lo supera, si trova  più o meno in tutti i film di Faenza, ma questo ultimo lo presenta con forza particolare. La giovane viene aiutata a sviluppare il senso del bene che ha dentro di sé da alcune persone buone che incontra: un compagno di lavoro, la donna che la sottrae alle grinfie del carnefice che vuole costringerla ad abortire, e il medico che le salva il bambino e le offre il viatico per il lungo viaggio della speranza  in una vita  non sfavorevole a lei e alla sua creatura. L’idea del bene è il fine più alto  di ogni sapere[4] ma non può svilupparsi in un deserto di persone buone. E’ forte, ma ha bisogno di aiuto per prevalere.   
Non manca una bella scena corale, di canti e di danza, che spira un sentimento di solidarietà e di identità culturale rafforzata. Il corifeo è Moni Ovadia il quale, in questo e in altri momenti, aiuta la ragazza a capire che non deve avere paura, né, tanto meno, vergognarsi della propria storia di persecuzioni subite.
Queste infatti sono vergognose solo per chi le infligge. Chi le subisce senza lasciarsi annientare, senza perdere l’amore per la vita, la gioia di vivere, la volontà di conoscere e fare il bene, può invece esserne fiero.
Credo che questo bel film vada visto dai giovani poiché ne possono trarre indicazioni per la loro crescita in termini umani e per quell’aspetto cruciale del loro sviluppo che è la definizione dell’identità.

giovanni ghiselli

P. S.
Presenterò il film Anita B. di Faenza il 27 gennaio nel liceo Gianbattista Vico di Corsico
 il 4 febbraio nella biblioteca Scandellara di Bologna.

Il blog  http://giovannighiselli.blogspot.it/   è arrivato a  127948


[1] Giambattista Vico  afferma  che "la storia romana si cominciò a scrivere da' poeti" La Scienza Nuova , Pruove filologiche, III,
[2] Cfr. Esiodo, Teogonia, v. 52 ss.
[3] Cfr. Euripide, Troiane, v. 215
[4] Cfr.Platone, Repubblica, 505a: hJ tou' ajgaqou' ijdeva mevgiston mavqhma.

2 commenti:

  1. Faenza ha ragione!
    E prima di giudicare il film farebbero meglio a vederlo, visto che non contiene alcuna accusa né autocompatimento per la shoah, ma dà uno spaccato verosimile di quel che deve essere stata a quel tempo la ripresa dei "salvati", volendo citare Primo Levi, che dovettero ricostruire la propria vita combattendo per non farsi annientare né dal ricordo né dai sensi di colpa né dal rito colletivo di cancellazione della memoria che comunque vissero un po' tutti, ebrei sopravvissuti compresi.
    E' una grande lezione di vita!
    Maddalena

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  2. Credo che le esperienze della vita maturino le nostre qualità più profonde , chi è buono diviene più buono e chi è cattivo più cattivo. La cancellazione della memoria non si limita alla shoah....trovatemi scuole primarie e secondarie dove si parli di Ustica o di Piazza Fontana o dell'Italicus o di Aldo Moro o della morte accidentale di un anarchico...nessuno vuole ricordare o capire o cercare giustizia. Si va avanti senza seppellire il passato e biancheggiano le ossa sotto l'urlo degli avvoltoi....perché spingere nelle sale cinematografiche una pellicola che è un inno alla memoria e al bisogno di rinascere dalle proprie esperienze più forti e più saldi? Ciao Giovanna

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