martedì 14 maggio 2024

Michele Gesualdi, Don Lorenzo Milani, L’esilio di Barbiana. Terza e ultima parte

 I giovani contadini di Barbiana aiutarono don Milani a sistemare la casa e la canonica

“ La cosa che li colpiva di più era sentirlo parlare. Aveva le loro stesse idee. Accusava i proprietari terrieri e diceva che la mezzadria era un brutale sfruttamenti dell’uomo forte su quello debole. La pensava esattamente come loro quando affermava che i contadini durano tanta fatica a lavorare la terra e curare le bestie per poi essere costretti a dare metà del frutto al padrone che vive comodamente a Firenze. Spesso quella metà la toglievano di bocca ai loro bambini (…) A Barbiana, da sempre, erano tutti contadini a mezzadria chiusi nella loro montagna, condannati a vivere nella solitudine e nella miseria. Non avevano diritti e nessun contrappeso sociale e culturale, per questo considerati socialmente inferiori e ultimi degli ultimi” ( p. 167)

Questi ultimi che vengono servono a dare un contentino alla borghesia infima dei penultimi che  di fronte a loro si sente privilegiata e con il voto appoggia i politici sostenitori dei grandi privilegi. Di fatto tali penultimi sono vessati e oppressi poco meno degli ultimi tuttavia si sentono solidali con i ricchi dei quali vorrebbero fare parte ed essere considerati tali. Il peggio dell’umanità. Vediamo allora dov’è il meglio dell’umanità.

 

Cito alcune righe della Lettera a una professoressa che mi ha sempre commosso fino alle lacrime: “In Africa, in Asia, nell’America latina, nel mezzogiorno, in montagna, nei campi, perfino nelle grandi città, milioni di ragazzi aspettano d’essere fatti uguali. Timidi come Sandro, svogliati come Gianni. Il meglio dell’umanità” (p. 80)

 

Lorenzo Milani  “sembrò un barbianese fin dal primo giorno e da subito volle dare un segnale concreto che non era lì di passaggio, ma che quello sarebbe stato per sempre il suo luogo, nella vita e nella morte” (p. 181. Comprò presto il terreno per la propria tomba  nel cimitero di Barbiana.

Due cardinali di Firenze lo contrastarono: Elia Dalla Costa poi Ermenegildo Florit. Li assomiglio ai due presidi tangheri che mi hanno ostacolato. Come quelle due eminenze cattoliche non capivano niente ma per fortuna non avevano abbastanza potere per distruggere i migliori tra quanti dipendevano da loro ma non li obbedivano.

Del resto i tangheri carrieristi e ignoranti devono ontologicamente opporsi ai migliori perché  sono il loro opposto

“Mi devono snobbare, dire che sono un ingenuo e un demagogo, non mi devono onorare come uno di loro, perché non sono come loro” (p. 221)

 

Prima o poi sono i dirigenti migliori a riconoscere i migliori.

Gli educatori benemeriti ostacolati da dirigenti cretini  si salvano grazie all’attenzione e all’amore degli allievi.

Don Lorenzo ha lasciato scritto: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma spero che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia iscritto tutto a suo favore” (p, 203)

Un incontro  con Florit: “purtroppo più che un incontro fu uno scontro” p. 187  

Don Milani coglieva i segni dei tempi sulla terra e pure quelli del cielo: “Tento di leggere nei fatti le indicazioni di Dio su come devo vivere” (p. 228.

“Non parlava mai dei suoi venti anni trascorsi nel privilegio che definiva. “I venti anni passati nelle tenebre dell’errore” p. 247.

La tenebra dell’errore fa parte dell’intineraio della mente verso la Verità, verso Dio.

Infine la morte a 44 anni. Poco prima disse: “In questa stanza c’è un cammello che passa dalla cruna di un ago”( p. 250)

 

Bologna 14 maggio 2024 ore 17, 35 giovanni ghiselli

 

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