NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 2 marzo 2013

Quintessenze dei tre autori di tragedia


Seconda parte del seminario di martedì 5 marzo Via Zamboni 32, aula Guglielmi. Dalle 17 alle 19.

Che cosa è quintessenziale  nella tragedia in generale, e in quelle di ciascun autore.

Tragedia in generale

L’essere umano come problema (cfr. lo squillo iniziale del I Stasimo dell’Antigone polla; ta; deinav…, v. 332).

L’ u{bri~ come dismisura demenziale, peccato morale,
difetto mentale, e pure errore politico e militare (cfr. i Persiani di Eschilo).

Nesso pavqo~ -mavqo~ (cfr. Agamennone, 177 tw`/ pavqei mavqo~). Può esserci resipiscenza (Alcesti, 940-a[rti manqavnw- e anche il Duskolo~ di Menandro che prosegue sulla linea euripidea, e così pure gli  jEpitrevponte~  dove Carisio dice: “  ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn"(v. 588)
Dove non c’è ravvedimento, o il ravvedimento è tardivo, c’è la catastrofe (Antigone).

Codice quadripartito: venerare gli dèi, onorare i genitori  accogliere gli ospiti (Supplici, Eumenidi di Eschilo), seppellire i morti (Antigone, Aiace).

La democrazia come bene e il tiranno come figura negativa (i Persiani di Eschilo; Edipo re e Antigone di Sofocle; Supplici di Euripide).

Il mito di Atene. Il poeta scrive per il popolo che per tutto il tempo dei tre autori vive in un regime democratico caratterizzato dalla libertà, a partire dalla irrinunciabile  parrhsiva.
La tragedia greca del V secolo è arte per il popolo.

Condanna della stupidità che coincide con l’empietà
Nell'Agamennone[1] di Eschilo il protagonista quando  esita a calpestare il tappeto di porpora dice:" to; mh; kakw'" fronei'n-qeou' mevgiston dw'ron[2]" (vv. 927-928);
Le parole conclusive dell’Antigone contengono la morale del dramma e presentano una  quintessenza presente in tutti e tre gli autori  : "il comprendere (to; fronei'n[3]) è di gran lunga il primo requisito/della felicità; è necessario poi non essere empio/ in nessun modo negli atti che riguardano gli dèi (crh; de; tav  g j ej" qeou;" mhde;n ajseptei'n)" [4]. Lo stesso Creonte alla fine lo capisce:"mh; fronei'n pleivsth blavbh" (v. 1051), non comprendere è il danno massimo. Ma è tardi (ojyev, 1270).
Luogo simile nelle Baccanti[5] :" Essere equilibrati e venerare gli dèi /è la cosa più bella (To; swfronei'n de; kai; sevbein ta; tw'n qew'n-kavlliston"), e credo che questo sia anche il bene/più saggio per chi sa farne uso (vv.1150-1151).
Nelle Troiane, la lucida follia di Cassandra dichiara che chi ha senno deve evitare la guerra: “feuvgein me;n ou\n crh; povlemon o{sti~ eu\ fronei`” (v. 400) 


Quintessenze di Eschilo.
Lotta tra i sessi (le Supplici).

Attualizzazione e utilizzazione del mito visto come preistoria
(Pelasgo nelle Supplici; Oreste, argivo nell’Orestea).

Scontri tra civiltà: mitiche (Prometeo incatenato), preistoriche (matriarcato-patriarcato nell’Orestea) e storiche (i Persiani).
Eterno conflitto tra caos e cosmo, tra dispotismo e libertà, tra u{bri~ e swfrosuvnh.

Conciliazione finale delle collisioni (Eumenidi)

Funzione positiva della paura (Eumenidi)

Mito di Stato (Persiani, Eumenidi).

Il segno ambiguo del tappeto rosso e il  nomen-omen di Elena (Agamennone).


Quintessenze di Sofocle.
Devozione nei confronti degli oracoli, in particolare di quello delfico, l’ombelico del mondo (Edipo re, 480) da dove emanano i vaticini (mantei`a, Edipo re, 481)
Pio è chi capisce i responsi oracolari  che vengono dagli dèi.
Chi non è empio rispetta il vate Tiresia che è profeta di Apollo il quale è a sua volta profeta di Zeus[6].

Polemica con la sofistica, l’illuminismo dell’epica.
Non l’uomo, come affermava il sofista Protagora[7],  ma Dio è misura di tutte le cose.
L’uomo che presume troppo di sé, o per la sua forza (Aiace, vv. 768-769 ejgw; de; - divca keivnwn[8], ) o per la sua intelligenza (Edipo re, v. 398 gnwvmh/ kurhvsa~), va in rovina.
Tiresia come figura positiva (Antigone, Edipo re).

Tema della sepoltura (Aiace, Antigone, Edipo a Colono)

Limitatezza della mente umana (gnwvmh nell’Edipo re) e ambiguità del lovgo~ come parola. Il novmo~ di Creonte e quello di Antigone.

Forza dei legami di sangue (Antigone).

Superiorità delle leggi non scritte, divine, rispetto ai codici umani (Antigone a[grapta kajsfalh' qew'n novmima, le leggi non scritte e  non cancellabili degli dei vv.454-455).
, Edipo re , II stasimo.).

Mito di stato (Edipo a Colono).

Sua “omericità” e arcaismo[9]
Sua densità (Sofocle e Shakespeare secondo  Nietzsche)

L’ironia sofoclea (Edipo re, 264-265: “wJsperi; toujmou` patrov~, -uJpermacou`mai”)

L’umanesimo sofocleo (Antigone ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523); Edipo a Colono e[xoid  j ajnh;r w[n"(v.567),


Quintessenze di Euripide.
Critica della tradizione.
Blasfemia nei confronti degli oracoli, della pretaglia delfica, (Andromaca), degli dèi tradizionali (Eracle). Eroi straccioni[10]-[11],
piagnucolosi, (Menelao nell’Elena), irrisoluti (Agamennone nell’Ifigenia in Aulide) [12]
Cfr. Acarnesi di Aristofane

Pochi punti fermi:
1Il mito di Stato. Atene è la città della cultura, dell’arte (Medea), la città che dà asilo ai supplici (Medea) e li aiuta (Supplici, Eraclidi ). Teseo quale paradigma mitico di Pericle (Supplici).
2Esecrazione degli Spartani  e delle Spartane (Andromaca, Oreste, Eraclidi), degli orientali (Ifigenia in Aulide), dei Tebani (Baccanti), insomma dei nemici di Atene.
Polemica con l’oracolo delfico che spartaneggiava e con il dio Apollo (Andromaca, Alcesti).
3Altri obiettivi polemici sono i demagoghi ( Odisseo nell’Ecuba, il ciarlatano dell’Oreste che adombra Cleofonte),  il  politicante Agamennone nell’Ifigenia in Aulide, gli araldi (Taltibio nell’Oreste), Eraclidi [13]

La teoria della classe media.  Il galantuomo dell’Oreste.

Greci e barbari (Ifigenia in Aulide, Ifigenia fra i Tauri e i sacrifici umani).
Ma nelle Troiane i veri barbari sono i Greci[14]

Le buone mogli: Al cesti e Andromaca (Andromaca e Troiane)
La buona Elena dell’Elena, e la cattiva Elena delle Troiane.

I dissoi; lovgoi (Troiane dibattito giudiziario Ecuba-Elena)

Ambiguità delle situazioni  (Alcesti).

Pessimismo pedagogico (Ecuba), ottimismo pedagogico (Supplici).

Maggior valore dei rapporti affettivi rispetto a quelli di sangue.  (Alcesti, Oreste[15], Ifigenia in Tauride).

Valore della gratitudine (Eracle[16])


Non mancano le contraddizioni fra tragedia e tragedia: esecrazione della guerra (Troiane); assurdità della guerra combattuta per un fantasma (Elena, Elettra, Oreste); chiamata alle armi per la guerra santa (Ifigenia in Aulide).

 Poetica di Euripide (Medea).

Scontri fra culture nella Medea (cfr. il film Medea di Pasolini).

 La consolazione delle lacrime (Troiane, Elena).

Rifiuto o pentimento del potere: Ione, Ifigenia in Aulide.

Simpatia e compassione per i giovani che muoiono ante diem (Ifigenia in Aulide;  Ecuba (Polissena);  Al cesti; Fenicie  (Meneceo):  Eraclidi (Macaria).

Rimpianto  della giovinezza (Eracle).

Aspetti di tradizionalismo:  contro gli uomini straordinari  e sofisticati nelle Baccanti;   la bella semplicità di Achille allevato dal pio Chitone nell’Ifigenia in Aulide).

Euripide è il poeta del razionalismo greco? Nietzsche, Snell e Dodds

Euripide per certi versi apre la strada all’Ellenismo (cfr. Snell e le Rane di Aristofane). Maggiore attenzione alla natura (Baccanti).

E’ vera o presunta la misoginia che Aristofane  gli attribuisce nelleTesmoforiazuse?[17]  
E l’ ateismo del “sacrilego Euripide”[18], ha davvero aperto la strada a tutti i beffardi Luciani dell’antichità?[19]

La linea critica contraria a Euripide, e Goethe.
La linea critica Aristofane-A. W. Schlegel-Nietzsche ha marchiato Euripide quale corruttore e becchino della grande tragedia attica (cfr. Nietzsche: il socratismo estetico, lo spettatore sulla scena).
Ma Goethe  alcuni mesi prima della morte scriveva nel suo Diario:"Non finisco di meravigliarmi come l'elite  dei filologi non comprenda i suoi meriti e secondo la bella usanza tradizionale lo subordini ai suoi predecessori seguendo l'esempio di quel pagliaccio di Aristofane...Ma c'è forse una nazione che abbia avuto dopo di lui un drammaturgo che sia appena degno di porgergli le pantofole?"

Giovanni ghiselli g.ghiselli@tin.it



[1] Del 458 a. C.
[2] Il non capire male/ è il dono più grande di dio.
[3] "Con fronei'n, "saggezza", il coro non allude a qualità teoretiche, come la conoscenza o la sapienza, ma a un modo di pensare, di sentire e di agire misurato, equilibrato, improntato al rispetto degli dèi. Allude a qualità morali" , G. A. Privitera, R. Pretagostini,  Storie e forme della letteratura greca, p. 281.
[4] Vv. 1347-1349.
[5] Rappresentate postume
[6] cfr. Eschilo, Dio;" profhvth" , Eumenidi,  v.19.

[7] Cfr. Platone,  Cratilo (385e) :"w{sper Prwtagovra" e[legen levgwn--pavntwn crhmavtwn mevtron ei\nai a[nqrwpon", come diceva Protagora che l'uomo è misura di tutte
[7] Nel contesto “ quelli” sono gli dèi le cose.

[8] Nel contesto “ quelli” sono gli dèi
[9] “ fa ritorno ad Achille che, irriconciliabile, siede corrucciato nella sua tenda” Bernard Knox (L'eroe sofocleo).


[10] Diceopoli si reca da Euripide per farsi prestare gli stracci  dov~ moi rJavkiovn ti”, dammi uno straccio!" lo prega  (v. 415) con i quali copriva i suoi personaggi "cwlouv~” (v.411), zoppi, e “ptwcouv~ ” (v.413), pitocchi.

[11] Il Telefo del 439, non pervenuto, in cui il re di Misia indossava le vesti di un pitocco, suscitò vibrato imbarazzo e scalpore
[12] Il Telefo del 439, non pervenuto, in cui il re di Misia indossava le vesti di un pitocco, suscitò vibrato imbarazzo e scalpore
[13] Negli Eraclidi, il coro dei vecchi ateniesi afferma che gli araldi ingrandiscono quanto è accaduto raddoppiandolo e innalzandolo come una torre (pa`si khvruxi novmo~ di;~ tovsa purgou`n, v. 293). Si tratta dell’araldo di Euristeo che ha minacciato Demofonte il re di Atene il quale lo ha cacciato

[14] Cruciali sono i versi con i quali Andromaca accusa i Greci di essere loro i veri barbari: “w\ bavrbar j ejxeurovnte~   [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?

[15] dove il protagonista dice, in lode dell'amicizia di Pilade:"acquistate amici, non solo parenti:/poiché chiunque collimi nel carattere, pur essendo un estraneo,/è un amico più caro ad aversi di mille consanguinei (murivwn kreivsswn oJmaivmwn ajndri; kekth`sqai fivlo~)"(vv. 804-806).


[16] Teseo manifesta a Eracle la propria gratitudine: "mi riportasti alla luce dal regno dei morti"(v. 1222). Quindi aggiunge:"Io odio la gratitudine che invecchia degli amici"..Io che una volta ho ricevuto un beneficio, ora ho compassione di te"( v. 1223 e v.1236).

[17] Dove il personaggio di Euripide manifesta il suo timore  delle donne decise a vendicarsi per tutte le maldicenze, più o meno giustamente, subite  :  “mevllousi m j aiJ gunai'ke~ ajpolei'n thvmeron-toi'~ Qesmoforivoi~, o[ti kakw'~ aujta;~ levgw "(vv. 181-182),  oggi alle Tesmoforie le donne vogliono uccidermi poiché dico male di loro


[18] La venditrice di ghirlande, nelle Tesmoforiazuse di Aristofane (455), si lamenta di guadagnare poco da quando Euripide ha convinto la gente, con le sue tragedie, che gli dei non esistono. Tou;~ a[ndra~ ajnapevpeiken oujk ei\nai qeouv~:-w[st j oujkevt j ejmpolw`men oujd j ej~ h{misu ( in realtà sono i versi vv. 451-452), ha persuaso gli uomini che gli dèi non esistono:- così non vendiamo nemmeno la metà.
In realtà, dietro a tutte queste critiche c’è la ricerca, da parte del poeta, di un’immagine divina purificata:; è lapidaria l’espressione del Bellerofonte (292 N.): se gli dei fanno qualcosa di vergognoso, allora non sono dei” 

[19] “Che cosa volevi, empio Euripide, quando cercasti di costringere ancora una volta questo mito morente a servirti? Morì tra le tue braccia violente, e allora sentisti il bisogno di un mito imitato, mascherato, che come la scimmia di Ercole sapeva oramai soltanto adornarsi con l’antica pompa. E come per te moriva il mito, moriva per te anche il genio della musica: per quanto tu saccheggiassi con avide mani tutti i giardini della musica, anche così giungesti solo a una musica imitata e mascherata. E poiché avevi abbandonato Dioniso, anche Apollo abbandonò te” Nietzsche, La nascita della tragedia , pp. 74.


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