Seconda parte del seminario di martedì 5 marzo Via
Zamboni 32, aula Guglielmi. Dalle 17 alle 19.
Che
cosa è quintessenziale nella tragedia in
generale, e in quelle di ciascun autore.
Tragedia in generale
L’essere umano come problema (cfr. lo squillo iniziale del I Stasimo dell’Antigone polla; ta; deinav…, v. 332).
L’ u{bri~ come dismisura demenziale, peccato morale,
difetto mentale, e pure
errore politico e militare (cfr. i Persiani
di Eschilo).
Nesso pavqo~ -mavqo~ (cfr. Agamennone,
177 tw`/ pavqei
mavqo~). Può esserci resipiscenza (Alcesti, 940-a[rti manqavnw- e anche il Duskolo~ di
Menandro che prosegue sulla linea euripidea, e così pure gli jEpitrevponte~ dove Carisio dice: “ ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan
blevpwn"(v. 588)
Dove non
c’è ravvedimento, o il ravvedimento è tardivo, c’è la catastrofe (Antigone).
Codice quadripartito: venerare gli dèi, onorare i genitori
accogliere gli ospiti (Supplici,
Eumenidi di Eschilo), seppellire i
morti (Antigone, Aiace).
La democrazia come bene e il tiranno come figura
negativa (i Persiani di Eschilo; Edipo re
e Antigone di Sofocle; Supplici di Euripide).
Il mito di Atene. Il poeta scrive per il popolo che per tutto il tempo dei tre autori
vive in un regime democratico caratterizzato dalla libertà, a partire dalla
irrinunciabile parrhsiva.
La tragedia greca del V
secolo è arte per il popolo.
Condanna della stupidità che coincide con l’empietà
Nell'Agamennone[1] di Eschilo il protagonista quando esita a calpestare il tappeto di porpora dice:"
to; mh; kakw'"
fronei'n-qeou' mevgiston dw'ron[2]" (vv. 927-928);
Le parole conclusive dell’Antigone contengono la morale del dramma
e presentano una quintessenza presente
in tutti e tre gli autori : "il
comprendere (to;
fronei'n[3]) è di gran lunga il primo requisito/della felicità; è
necessario poi non essere empio/ in nessun modo negli atti che riguardano gli
dèi (crh; de;
tav g j ej" qeou;" mhde;n
ajseptei'n)" [4]. Lo stesso
Creonte alla fine lo capisce:"mh; fronei'n pleivsth blavbh" (v. 1051), non comprendere è il danno massimo.
Ma è tardi (ojyev, 1270).
Luogo
simile nelle Baccanti[5] :" Essere
equilibrati e venerare gli dèi /è la cosa più bella (To; swfronei'n de; kai; sevbein
ta; tw'n qew'n-kavlliston"), e credo
che questo sia anche il bene/più saggio per chi sa farne uso (vv.1150-1151).
Nelle
Troiane, la lucida follia di
Cassandra dichiara che chi ha senno deve evitare la guerra: “feuvgein me;n ou\n crh; povlemon
o{sti~ eu\ fronei`” (v. 400)
Quintessenze di Eschilo.
Lotta tra i sessi (le Supplici).
Attualizzazione e utilizzazione del mito visto come preistoria
(Pelasgo nelle Supplici; Oreste, argivo nell’Orestea).
Scontri tra civiltà: mitiche (Prometeo incatenato),
preistoriche (matriarcato-patriarcato nell’Orestea)
e storiche (i Persiani).
Eterno conflitto tra caos e
cosmo, tra dispotismo e libertà, tra u{bri~ e swfrosuvnh.
Conciliazione finale delle collisioni (Eumenidi)
Funzione positiva della paura (Eumenidi)
Mito di Stato
(Persiani, Eumenidi).
Il segno ambiguo del tappeto rosso e il nomen-omen
di Elena (Agamennone).
Quintessenze di Sofocle.
Devozione nei confronti degli oracoli, in particolare di quello delfico, l’ombelico del
mondo (Edipo re, 480) da dove emanano
i vaticini (mantei`a, Edipo re,
481)
Pio è chi capisce i responsi
oracolari che vengono dagli dèi.
Chi non è empio rispetta il
vate Tiresia che è profeta di Apollo il quale è a sua volta profeta di Zeus[6].
Polemica con la sofistica, l’illuminismo dell’epica.
Non l’uomo, come affermava il
sofista Protagora[7], ma Dio è
misura di tutte le cose.
L’uomo che presume troppo di
sé, o per la sua forza (Aiace, vv.
768-769 ejgw; de; -
divca keivnwn[8], ) o per la sua intelligenza (Edipo re, v. 398 gnwvmh/ kurhvsa~), va in rovina.
Tiresia come figura positiva
(Antigone, Edipo re).
Tema della sepoltura (Aiace, Antigone, Edipo a Colono)
Limitatezza della mente umana (gnwvmh nell’Edipo re) e ambiguità del lovgo~ come parola. Il novmo~ di Creonte e quello di
Antigone.
Forza dei legami di sangue (Antigone).
Superiorità
delle leggi non scritte, divine, rispetto ai codici umani (Antigone a[grapta kajsfalh' qew'n novmima, le leggi non scritte e non cancellabili degli dei vv.454-455).
, Edipo re , II
stasimo.).
Mito di stato
(Edipo a Colono).
Sua “omericità” e arcaismo[9]
Sua densità
(Sofocle e Shakespeare secondo
Nietzsche)
L’ironia sofoclea (Edipo re, 264-265: “wJsperi; toujmou` patrov~, -uJpermacou`mai”)
L’umanesimo sofocleo (Antigone ou[toi sunevcqein
ajlla; sumfilei'n e[fun",
(v. 523); Edipo a Colono e[xoid j ajnh;r
w[n"(v.567),
Quintessenze di Euripide.
Critica della tradizione.
Blasfemia nei confronti degli
oracoli, della pretaglia delfica, (Andromaca), degli dèi tradizionali (Eracle). Eroi straccioni[10]-[11],
piagnucolosi, (Menelao nell’Elena), irrisoluti (Agamennone nell’Ifigenia in Aulide) [12]
Cfr. Acarnesi di Aristofane
Pochi punti fermi:
1Il mito di Stato. Atene è la città della cultura, dell’arte (Medea), la città che dà asilo ai supplici (Medea) e li aiuta (Supplici,
Eraclidi ). Teseo quale paradigma mitico di Pericle (Supplici).
2Esecrazione degli Spartani e delle Spartane (Andromaca,
Oreste, Eraclidi), degli orientali (Ifigenia
in Aulide), dei Tebani (Baccanti),
insomma dei nemici di Atene.
Polemica con l’oracolo delfico che spartaneggiava e
con il dio Apollo (Andromaca, Alcesti).
3Altri obiettivi polemici sono i demagoghi ( Odisseo nell’Ecuba,
il ciarlatano dell’Oreste che adombra
Cleofonte), il politicante
Agamennone nell’Ifigenia in Aulide, gli
araldi (Taltibio nell’Oreste), Eraclidi [13].
La teoria della classe media. Il galantuomo
dell’Oreste.
Greci e barbari
(Ifigenia in Aulide, Ifigenia fra i Tauri e i sacrifici
umani).
Ma nelle Troiane i veri barbari sono i Greci[14]
Le buone mogli:
Al cesti e Andromaca (Andromaca e Troiane)
La buona Elena dell’Elena, e la cattiva Elena delle Troiane.
I dissoi; lovgoi (Troiane
dibattito giudiziario Ecuba-Elena)
Ambiguità delle situazioni (Alcesti).
Pessimismo pedagogico (Ecuba), ottimismo pedagogico (Supplici).
Maggior valore dei rapporti affettivi rispetto a
quelli di sangue. (Alcesti,
Oreste[15], Ifigenia in Tauride).
Valore della gratitudine (Eracle[16])
Non mancano le contraddizioni fra tragedia e tragedia: esecrazione
della guerra (Troiane); assurdità della guerra combattuta per
un fantasma (Elena, Elettra, Oreste);
chiamata alle armi per la guerra santa
(Ifigenia in Aulide).
Poetica
di Euripide (Medea).
Scontri fra culture nella Medea (cfr. il film
Medea di Pasolini).
La
consolazione delle lacrime (Troiane,
Elena).
Rifiuto o pentimento del potere: Ione, Ifigenia in Aulide.
Simpatia e compassione per i giovani che muoiono ante
diem (Ifigenia in Aulide; Ecuba (Polissena); Al
cesti; Fenicie (Meneceo):
Eraclidi (Macaria).
Rimpianto della
giovinezza (Eracle).
Aspetti di tradizionalismo: contro gli
uomini straordinari e sofisticati nelle Baccanti;
la bella semplicità di
Achille allevato dal pio Chitone nell’Ifigenia
in Aulide).
Euripide è il poeta del razionalismo greco? Nietzsche, Snell e Dodds
Euripide per certi versi apre la strada all’Ellenismo (cfr. Snell e le Rane
di Aristofane). Maggiore attenzione alla natura (Baccanti).
E’ vera o presunta la misoginia che Aristofane gli attribuisce nelleTesmoforiazuse?[17]
E l’ ateismo del “sacrilego Euripide”[18], ha davvero aperto la strada a
tutti i beffardi Luciani dell’antichità?[19]
La linea critica contraria a Euripide, e Goethe.
La linea critica Aristofane-A.
W. Schlegel-Nietzsche ha marchiato Euripide quale corruttore e becchino della
grande tragedia attica (cfr. Nietzsche: il socratismo estetico, lo spettatore
sulla scena).
Ma
Goethe alcuni mesi prima della morte
scriveva nel suo Diario:"Non
finisco di meravigliarmi come l'elite dei filologi non comprenda i suoi meriti e
secondo la bella usanza tradizionale lo subordini ai suoi predecessori seguendo
l'esempio di quel pagliaccio di Aristofane...Ma c'è forse una nazione che abbia
avuto dopo di lui un drammaturgo che sia appena degno di porgergli le
pantofole?"
[2] Il non capire male/ è il dono più grande di dio.
[3] "Con fronei'n,
"saggezza", il coro non allude a qualità teoretiche, come la
conoscenza o la sapienza, ma a un modo di pensare, di sentire e di agire
misurato, equilibrato, improntato al rispetto degli dèi. Allude a qualità
morali" , G. A. Privitera, R. Pretagostini, Storie e forme della letteratura greca,
p. 281.
[5] Rappresentate postume
[7] Cfr. Platone, Cratilo (385e) :"w{sper Prwtagovra" e[legen
levgwn--pavntwn crhmavtwn mevtron ei\nai a[nqrwpon", come diceva Protagora che l'uomo è misura di
tutte
[7]
Nel contesto “ quelli” sono gli dèi le cose.
[8] Nel contesto “ quelli” sono gli dèi
[9] “ fa ritorno ad Achille che, irriconciliabile, siede corrucciato nella
sua tenda” Bernard Knox (L'eroe sofocleo).
[10] Diceopoli si reca da Euripide per farsi prestare gli
stracci dov~ moi rJavkiovn ti”, dammi uno straccio!" lo prega (v. 415) con i quali copriva i suoi
personaggi "cwlouv~” (v.411), zoppi, e “ptwcouv~ ”
(v.413), pitocchi.
[11]
Il Telefo
del 439, non pervenuto, in cui il re di Misia indossava le vesti di un pitocco,
suscitò vibrato imbarazzo e scalpore
[12]
Il Telefo
del 439, non pervenuto, in cui il re di Misia indossava le vesti di un pitocco,
suscitò vibrato imbarazzo e scalpore
[13] Negli Eraclidi,
il coro dei vecchi ateniesi afferma che gli araldi ingrandiscono quanto è
accaduto raddoppiandolo e innalzandolo come una torre (pa`si khvruxi novmo~ di;~ tovsa
purgou`n, v. 293). Si tratta dell’araldo
di Euristeo che ha minacciato Demofonte il re di Atene il quale lo ha cacciato
[14] Cruciali sono i versi con i quali Andromaca accusa i
Greci di essere loro i veri barbari: “w\ bavrbar j ejxeurovnte~ [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet j
oujde;n ai[tion; (764-765), o Greci
inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di
niente?
[15] dove il protagonista dice, in lode dell'amicizia di
Pilade:"acquistate amici, non solo parenti:/poiché chiunque collimi nel
carattere, pur essendo un estraneo,/è un amico più caro ad aversi di mille
consanguinei (murivwn
kreivsswn oJmaivmwn ajndri; kekth`sqai fivlo~)"(vv. 804-806).
[16]
Teseo manifesta a Eracle la
propria gratitudine: "mi riportasti alla luce dal regno dei morti"(v.
1222). Quindi aggiunge:"Io odio la gratitudine che invecchia degli
amici"..Io che una volta ho ricevuto un beneficio, ora ho compassione di
te"( v. 1223 e v.1236).
[17]
Dove il personaggio di Euripide manifesta il suo
timore delle donne decise a vendicarsi
per tutte le maldicenze, più o meno giustamente, subite : “mevllousi m j aiJ gunai'ke~
ajpolei'n thvmeron-toi'~ Qesmoforivoi~, o[ti kakw'~ aujta;~ levgw "(vv. 181-182), oggi alle Tesmoforie le donne vogliono uccidermi
poiché dico male di loro
[18]
La venditrice di ghirlande,
nelle Tesmoforiazuse di Aristofane
(455), si lamenta di guadagnare poco da quando Euripide ha convinto la gente,
con le sue tragedie, che gli dei non esistono. Tou;~ a[ndra~ ajnapevpeiken oujk ei\nai
qeouv~:-w[st j oujkevt j ejmpolw`men oujd j ej~ h{misu ( in realtà sono i versi vv. 451-452), ha persuaso
gli uomini che gli dèi non esistono:- così non vendiamo nemmeno la metà.
In realtà,
dietro a tutte queste critiche c’è la ricerca, da parte del poeta, di
un’immagine divina purificata:; è lapidaria l’espressione del Bellerofonte (292 N.): se gli dei fanno
qualcosa di vergognoso, allora non sono dei”
[19]
“Che cosa volevi, empio Euripide, quando
cercasti di costringere ancora una volta questo mito morente a servirti? Morì
tra le tue braccia violente, e allora sentisti il bisogno di un mito imitato,
mascherato, che come la scimmia di Ercole sapeva oramai soltanto adornarsi con
l’antica pompa. E come per te moriva il mito, moriva per te anche il genio
della musica: per quanto tu saccheggiassi con avide mani tutti i giardini della
musica, anche così giungesti solo a una musica imitata e mascherata. E poiché
avevi abbandonato Dioniso, anche Apollo abbandonò te” Nietzsche, La nascita della tragedia , pp. 74.
Nessun commento:
Posta un commento