Dedicato a Patrizia Aldrovandi, la mater
dolorosa di Federico.
Ne ho pianto
con mia sorella Margherita.
La pietà non è
morta.
Per festeggiare
l’approssimarsi della Pasqua, in mancanza e desiderio di Sole[1], di
cielo, di rondini, di prati e alberi fioriti, di cieli variopinti, di pietà. di
giustizia, ricorro ai personaggi, buoni
e farabutti, seri e buffi, calzati di
socci [2] o coturni [3], che
in questi giorni ravvivano, o mortificano ancora di più, il clima algido di una
primavera renitente alla propria rinascita, o piuttosto di un inverno che non
vuole andarsene accrescendo il nostro scontento [4].
Partiamo da papa Francesco. Ci ha raccomandato di
non essere mai tristi.
Ha ragione. Voglio convalidare questo precetto santo con altri maestri.
Strabone [5] ha scritto una Geografia della quale
riporto questa sentenza educativa e
religiosa: “ gli uomini imitano benissimo gli dèi quando fanno del bene, ma, si
potrebbe dire anche meglio, quando sono felici (" a[meinon d j a[n levgoi
ti", o{tan eujdaimonw'si", X, 3, 9).
Spinoza
associa
la virtù alla felicità, e qui mi avvalgo del magistero dell’amico Remo Bodei:
“Spinoza intende condurre gli uomini verso la felicità e la pienezza mediante
un sereno rifiuto dell’amor mortis,
della malinconia, della vanitas,
della misantropia e del sentimento di caducità, argomentando in favore della
“meditazione della vita”, anche perché è la felicità che produce la virtù, e
non viceversa (…) gli uomini sono
malvagi perché infelici, perché in preda alla tristitia che ne diminuisce la gioia o il potere di esistere e che
li precipita spesso sempre più in basso, avvitandoli in una spirale di
distruzione e autodistruzione”[6].
“Dipingendosi come avverso alla
malinconia, Spinoza dice di non trascorrere la vita in pianti e gemiti, bensì
in tranquillità gioia e allegria [7]”[8].
Il Papa che raccomanda la letizia
dovrebbe costituire un paradigma morale per la scelta del prossimo presidente
della Repubblica.
Questo pontefice omonimo ed emulo di
San Francesco ha altresì consigliato di
non valutare il denaro più della persona umana. Ha ricordato la nonna sua che
diceva: “il sudario non ha le tasche”.
Fra cento anni, 150 al più tardi, noi
attuali inquilini cives [9]
di questo pianeta saremo tutti morti, compresi i bambini che corrono con lieto
rumore, comprese le fulgide fanciulle
ridenti, allegre per un nonnulla.
Quello che resterà del nostro usufrutto [10],
sostiene, credo non a torto, Platone [11],
saranno i segni impressi per sempre nella yuch`.
La falsità e l’ingiustizia lasciano
piaghe che deformano l’anima, come una
frattura imprime un marchio nelle ossa. Allora, da morti, probabilmente saremo
inquisiti da giudici che, più inesorabili perfino della Bocassini, ci faranno
sprofondare nel Tartaro con sentenze inappellabili.
Ma
intanto qui sulla terra Bersani prova a vedere se sia possibile rendere
esorabile [12]
Grillo.
Il politico-comico o comico-politico,
a seconda dei giorni, ha dato dei “padri puttanieri” a Berlusconi, a Monti e
perfino al suo corteggiatore Bersani, che invano si atteggia a semplice e schietto
giovanotto di campagna collinare.
Questa aiscrologia[13]
o scatologia[14]
, comunque si voglia chiamarla, fa venire in mente gli attacchi portati ai
demagoghi dal più grande dei comici politici: Aristofane. Non vorrei creare
confusione nelle vostre teste, cari 17846 lettori che mi motivate a scrivere,
ma i demagoghi ora vengono chiamati “populisti”, forse perché combinare dh`mo~ con a[gw è troppo complicato
per i capi svigoriti dei nostri caporioni. Ebbene, io sto per assimilare, forse
non senza contraddizione, il populista Grillo all’odiatore dei demagoghi Aristofane
il quale, anzi, voleva che dalla città ideale degli Uccelli, Nefelokokkugiva[ 15], venissero espulse tutte le esistenze deformi. Ma il pezzo più
forte dell’antidemagogia aristofanesca è costituito dai Cavalieri dove due mestatori arruffapopoli si contendono lo scettro
della volgarità e dell’abilità nell’ingannare Demo lusingandolo. Il Popolo è un
vecchietto irritabile e un po’ sordo [16],
che sta al gioco finché gli conviene,
poi si sbarazza di uno, mentre l’altro alla fine della commedia, vince la gara
e fa buon uso della vittoria: rinsavisce e ringiovanisce lo scontroso,
attempato sordastro.
Vedremo se il populista di oggi saprà
fare altrettanto
Intanto vediamo questi due populisti
antichi. Uno è Paflagone, un mercante di cuoio, schiamazzatore (vv. 135-136),
un mestafango che ha assordato la città con le grida (v. 311). Costui è la personificazione di Cleone, il beniamino
del popolo dopo il successo di Sfacteria del 425 a. C.
Il suo rivale è un personaggio
immaginario, un salcicciaio che lo toglierà di mezzo in seguito a una gara
ignobile. Entrambi sono attrezzati per vincere la competizione demagogica poiché “la demagogia-hJ dhmagwgiva- non è roba per
uomini istruiti e di buoni costumi, ma per ignoranti e infami (v. 193). Per
prevalere nell’agone tutt’altro che olimpico, il Salsicciaio deve superare
Paflagone-Cleone in maleducazione.
Non ti viene da pensare, lettore,
alla celebrazione giornaliera dell’ignoranza perpetrata dalle chiacchiere della
maggior parte dei personaggi televisivi, da non pochi sedicenti maestri,
professori, giornalisti, ministri incolti? Ignoranza e impudenza, dicevo, sono
le qualità negative richieste all’eterno caporione.
Inviterei Bersani a scegliere i suoi
portaborse e portavoce con oculatezza maggiore.
Tale Alessandra, non ne ricordo il cognome, giovane e belloccia, per
carità, ma senza alcun segno positivo che traspaia dall’anima, ha detto in
televisione, testualmente che “i voti si prendono sporcandosi le mani”.
Certe donne il segretario di Bettola,
“per amor di Dio !”, le lasci a Berlusconi!
La raccomandazione, anzi il dovere
delle mani sporche
mi ha fatto venire in mente il salcicciaio dei
Cavalieri il quale, fin da bambino,
andava nelle cucine a fare fessi i cuochi con metodica furfanteria. Diceva:
“guardate, ragazzi, non vedete? È primavera! C’è una rondine! (celidwvn, v. 419).
Quelli alzavano gli occhi al cielo, e
il fanciullo rubava la carne. Se
qualcuno lo intravvedeva, il mariolo [17]
nascondeva il maltolto tra le natiche e, su gli dèi, giurava di no (v. 424).
Io replico dunque che i voti si
dovrebbero prendere pulendosi molto bene le mani, non sporcandosele come
sostiene la belloccia. Come può un uomo politico di lungo corso, una volpe così
consumata, farsi rappresentare da una persona tanto inopportuna e inappropriata
? Ma è una donna ed è giovane, si dirà.
Giovane donna “fa grado”
aggiungeranno alcuni, come dicevano una volta gli alpini di se stessi.
Io dico e ripeto che le donne vanno bene,
anche meglio degli uomini intelligenti e onesti, se hanno la testa e lo stile
di Rita Montalcini o la capacità di rielaborare il dolore manifestata in tutti questi anni da Patrizia
Aldrovandi.
Le sue sofferenze sono state motivo
di educazione per tutti i figli della luce. Federico sarà fiero di lei.
Ogni donna e ogni uomo deve esserlo.
Dicevo che si soffre la mancanza del
sole e della pietà.
Pensando all’oltraggio subito dall’eroica, bellissima madre di Ferrara, credo che il sole
impallidisca, poi nasconda la sua splendidissima faccia, il suo santo volto di
luce [18],
per la vergogna e il disgusto di illuminare uomini come quelli che ieri oltraggiavano il ragazzo assassinato dai loro
colleghi e colpivano barbaramente le ferite di Patrizia
Aldrovandi, povere bocche, non mute [19]
del resto, grazie al coraggio e alla forza della magnifica signora, come,
giustamente non ha taciuto Laura Boldrini, una donna non indegna dell’alta carica che ricopre.
A lei avvicino la simpatica Laura
Puppato che votai alle primarie, e non ne sono pentito. Poi alle politiche ho
votato Ingroia, forse perché mi piacciono i perdenti e tendo a saltare sul loro
carro.
Da bambino tenevo per i Troiani e per
gli Indiani massacrati dai cowboys. Da adulto tengo per i civili bombardati in varie parti del mondo ed
esecro mandanti e autori di questi massacri applauditi da troppi dei nostri
politici.
Sono strano, no?
Ma torniamo alle politiche menzionate sopra.
Donne non giovanissime, non vuote,
non inutili, né dannose. Poiché se tutte le giovani donne vanno e fanno bene,
se giovane donna fa già di per sé grado, allora il più benemerito è Berlusconi
che incensava le varie Minetti, e non solo durante le messe nera di Arcore, ma
anche in sedute, che, se l’Italia non fosse malata dovrebbero essere consessi
resi sacri dall’onestà, dall’intelligenza e dalla cultura di gentildonne e
galantuomini, non paludi assordate da schiamazzi di tangheri e tanghere, per
non dire peggio, come ha fatto Battiato, forse esagerando [20]
.
La Cancellieri che alcuni vorrebbero Presidente di tutti noi
ha esitato a dire che quattro poliziotti
, tre uomini e una donna, i quali hanno vilmente ammazzato di botte
un ragazzo inerme di 18 anni, devono essere senz’altro espulsi dal corpo
da loro disonorato. Ovviamente non intendo il corpo come sw`ma e non alludo alla
pena di morte cui sono fieramente avverso. Credo infatti che l’uccisione di
ogni persona, anche della peggiore del mondo, offenda l’umanità e il cosmo
stesso di cui facciamo o dovremmo fare parte. L’assassinio invece è parte del
caos.
A questo proposito ho già citato Alessandro
Manzoni e lo faccio di nuovo:" Il sangue di un uomo solo, sparso per mano
del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra" [21].
Per questo credo che anche i marò, se
dimostrati colpevoli, debbano essere seriamente puniti. Non con la pena di morte,
certo, e nemmeno con l’ergastolo, cui pure sono contrario, ma nemmeno per finta.
Invece alcuni dei nostri politici
aristofaneschi, a partire da La Russa che giubila roco si impanca a paladino,
non certo dei deboli, dei vinti, dei morti, ma ogni volta, coerentemente, della
prepotenza, e vorrebbero fare passare per eroi, o per santi, e subito,
questi militari accusati di avere
ammazzato due pescatori.
Gli uomini vorrei che fossero della levatura
morale di Papa Francesco. E’ molto più giovane lui di tanti quarantenni
recentemente cooptati in tutti i partiti. Giovani o mezzi giovani che non sanno
parlare né stare zitti. Ma “ anche giovane uomo fa grado” dicono. Lasciamo
perdere. Di questo basta.
Seguitiamo invece ad aspettare la primavera quasi con
ansia, e, ripeto, desideriamo il sole, la pietà, la giustizia, i fiori, le
rondini, il canto dell’usignolo, il garrire della rondine.
“Illa
cantat, nos tacemus. Quando ver venit meum?
Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it
[1] The
all-cheering sun (Shakespeare, Romeo
e Giulietta, I, 1), il sole che
tutto rallegra. The all-seeing sun
(ivi, I, 2. il sole che tutto vede.
F. Hölderlin in Iperione scrive:" l'eroica luce del sole dona
gioia con i suoi raggi alla terra" (p.76), e, "il sacro sole
sorrideva tra i rami, il buon sole che non posso nominare senza gioia e
gratitudine, che spesso, con un solo sguardo, mi ha guarito da un profondo
dolore e ha purificato la mia anima dallo scontento e dalle
preoccupazioni"(p.111).
[2] Soccus è il
sandalo basso usato dagli attori comici.
[3] Cothurnus è
il calzare a suola alta usato dagli attori tragici per aumentare la statura. Lo
usa anche Berlusconi, sebbene in lui prevalga la facies comica
[4] Cfr. The winter of our discontent,
Shakespeare, Richard III I, 1
[6] Remo Bodei, Geometria
delle passioni, p. 100.
[7] Cfr. Ep. XXXI, in OS, IV, p. 127: Vitam non maerore et gemitu, sed tranquillitate, laetitia et
hilaritate transigere studeo.
[8] Remo Bodei, Geometria
delle passioni, p. 123
[9] Cfr. Sallustio, Bellum
Catilinae, 31: M. Tullius, inquilinus
civis urbis Romae . Cicerone era di Arpino.
[10] Seneca che nella Consolatio
ad Marciam (10, 2) scrive:"mutua accepimus. Usus fructusque noster est ",
abbiamo ricevuto delle cose in prestito. L'usufrutto è nostro.
[11] Cfr. Gorgia,
524 a.
[12] Omero chiama gli dèi "esorabili", listoiv, ossia disponibili a perdonare i peccati, Iliade , IX, 497.
[15] Nibicuculia, città delle nuvole e dei cuculi.
[17] Ricordate Craxi su Mario Chiesa?
[18] Cito qui sotto primi cinque versi dell’Oedipus di Seneca che introducono la
descrizione di Tebe, la città malata, resa malata dalla contaminazione che
viene dai suoi regnanti :"Iam
nocte Titan dubius expulsa redit,/et nube moestum squalida exoritur iubar,
/lumenque flamma triste luctifica gerens/prospiciet avida peste solatas
domos,/stragemque, quam nox fecit, ostendet dies " (vv. 1-5), già,
cacciata la notte, torna un Titano incerto, e il suo splendore spunta cupo da
una nuvola sporca, e, portando una luce afflitta con fiamma luttuosa, osserverà
le case desolate dall'avida peste, e la strage che la notte ha compiuto la farà
vedere il giorno.
Il Titano è il Sole.
Edipo fin
dai primi versi, riconosce che
l’infezione viene dal Palazzo:"Fecimus coelum nocens" (v.
36), abbiamo reso colpevole il cielo. Un'eco di questa autodenuncia si
trova nell'Amleto quando il re assassino del fratello dice:"Oh,
my offence is rank, it smells to heaven" (3, 3), oh il mio delitto è
marcio, e manda fetore fino al cielo. Poco dopo Amleto, parlando con la madre,
paragona lo zio a una spiga ammuffita che infetta l'aria (3, 4).
Le ferite spesso
parlano: non sempre sono " dumb mouths " (Shakespeare, Giulio
Cesare , III, 2.) bocche mute, come quelle di Cesare assassinato. "Una
ferita è anche una bocca. Una qualche parte di noi sta cercando di dire
qualcosa. Se potessimo ascoltarla! Supponiamo che queste "intensità
sconvolgenti siano una sorta di messaggio: sono "cicatrici", ferite,
che segnano la nostra vita" (J. Hillman, Il piacere di pensare , p.
66.)
[20] Non più di Dante però: “Ahi serva Italia, di dolore
ostello,/nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma
bordello! “ (, VI, 76-78)
[22] Pervigilium Veneris, 89-90, lei canta,
noi stiamo zitti. Quando farò come la rondine, sì che smetta di
tacere?
Bellissimo!
RispondiEliminaL'altro ieri ho visto uno stormo di rondini in campagna: speriamo.
C'è tanto sesso che se ne va a male, in effetti.
Alessandro
E' proprio vero , la pietà non è morta. Infatti finchè ci sarà chi scrive così belle parole volte a evocare quello che di buono c'è nel nostro appartenere alla razza umana e a fare chiarezza dell'idea di umanesimo e giustizia , finchè questo stesso scrittore metterà al servizio dei meno colti la profondità del pensiero dei classici che di tutti noi e a tutti noi parlano , io continuerò a commuovermi e a credere che non tutto oggi ruoti intorno allo spread o al debito pubblico. Spread e debito pubblico che per dirla con Spinoza , non creano felicità perchè non contengono virtù.
RispondiEliminaMargherita