martedì 29 ottobre 2019

L'amore viene calunniato spesso e talora riabilitato

Brugel, Amore e Psiche

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L’amore viene spesso calunniato perfino dalla madre sua
Nel romanzo di Apuleio, Psiche è adorata più di Venere la quale si risente e convoca il figlio pinnatum et satis temerarium. Costui ferisce, corrompe et nihil prorsus boni facit (Metamorfosi, 4, 30).

Ricordiamo altre calunnie.
Apollonio Rodiodaivmwn ajlginovei~ (IV, 64) il dio del dolore.
 La Luna vide Medea correre verso Giasone, gioì con malizia e disse tra sé: non solo io brucio per il bell’Endimione, io che ho dovuto obbedire ai tuoi riti: ora il daivmwn ajlginoveiς (64), il dio del dolore ti ha dato il penoso Giasone per la tua angoscia. Vai a sopportare dolori infiniti.
Esecrazione dell’amore come nel finale dell’Ippolito di Euripide dove Teseo maledice Afrodite dicendo: wJς polla;, Kuvpri, sw'n kakw'n memnhvsomai (1461), quante volte Cipride mi ricorderò dei tuoi delitti.
Cfr. anche “nequiquam quoniam medio de fonte leporum/ surgit amari aliquid quod in ipsis floribus angat (De rerum natura, IV, vv. 1131 - 1134).
Altra apostrofe contro Eros nelle Aronautiche: “ atroce amore - scevtlie [ Erwς, grande sventura, mevga ph'ma, grande abominio per gli uomini, mevga stuvgoς ajnqrwvpoisin ( IV, 445), da te nascono travagli e dolori. Vieni armato sui figli dei miei nemici a gettare rovina come hai fatto con Medea.
VirgilioEneide IV 412: improbe amor, quid non mortalia pectora cogis!

Platone nella Repubblica fa dire a Sofocle che è contento della vecchiaia, w{sper luttw`nta tivna kai; a[grion despovthn ajpodrav~ come se fossi fuggito da un padrone furioso e e selvaggio. Ab domino agresti ac furioso profūgi (Cicerone, De senectute, 14).
Venere vuole che Psiche si innamori di un homo extremus (4, 31

Vediamo una riabilitazione rispetto alle tante calunnie dei detrattori di Eros.
 il discorso di Agatone nel Simposio platonico (194e 4 - 197e 8). dove c’è una rivalutazione del dio calunniato da molti poeti
 Agatone parla dopo Fedro, Pausania, Erissimaco, Aristofane. Dopo di lui Socrate poi Alcibiade.
Amore come concordia, pace, delicatezza felicità, stenebramento, arte, virtù in tutte le sue forme (coraggio, temperanza, giustizia)
 Amore è il più bello e nobile tra gli dèi. E' anche il più giovane: infatti fugge di corsa la vecchiaia. Egli genera concordia: e se ci fosse stato lui nei tempi primordiali non ci sarebbero state amputazioni né incatenamenti :" ejktomai; oujde; desmoiv"(195c).
Amore è delicato (aJpalov"), ma gli manca un poeta come Omero che rappresenti la sua delicatezza. Egli si insedia nelle anime delicate, mentre si allontana dalle anime dure. Inoltre è bello e cerca bellezza: infatti tra amore e bruttezza c'è una guerra continua. Passa la sua esistenza in mezzo ai fiori. La sua virtù sta nel fatto che il dio non fa e non riceve torti (ou[t j ajdikei' ou[t j ajdikei'tai). Oltre che di giustizia è dotato di somma temperanza (196c): infatti, essendo più forte di tutti gli altri piaceri e istinti, li domina. Quanto a coraggio, neppure Ares resiste ad amore.
Inoltre Eros rende poeta chi lo prova. Amore insegna tutte le arti. Ciò che amore non tocca rimane nella tenebra (Simposioskoteinov" 197a). Dall'amore della bellezza ha preso origine ogni cosa buona fra gli dèi e fra gli uomini. Egli ci vuota di ogni ostilità e ci riempie di ogni fratellanza e "prepara tali incontri tra noi per metterci insieme e diventa nostra guida nelle feste, nei cori, nei sacrifici" (197d), ispira mitezza, è timoniere, compagno e salvatore supremo nella fatica, nella paura, nel desiderio, nella parola (197e).
Sembra che Agatone sia in procinto di anticipare la canzone di Cherubino (Le nozze di Figaro, II, 3) “Voi che sapete/che cosa è amor/ donne, vedete/s’io l’ho nel cor”

Altre riabilitazioni
Shakespeare in Pene d’amore perduto, dice che il sentimento d’amore è più lieve e sensibile delle tenere antenne di chiocciole increspate (IV, 3).

Il mondo senza Eros e Venere è una colossale immondizia enormis eluvies
Nell’Asino d’oro di Apuleio, Psiche punisce le sorelle attirandole in una trappola e facendole morire. Ha perso la sua santa semplicità. Poi va a cercare Amore e intanto avis peralba illa gavia, va a parlare a Venere.
Il gabbiano dice che nell’assenza delle due divinità dell’amore, il mondo sta precipitando nell’età del ferronon voluptas, non gratia, non lepos, sed incompta et agrestia et horrida cuncta; non nuptiae coniugales, non amicitiae sociales, non liberum caritates, sed enormis eluvies, una colossale inondazione di immondizia et squalentium foederum insuāve fastidium (5, 28) e una sgradevole noia di rapporti squallidi.
La verbosa et satis curiosa avis borbottava queste parole .
Credo che l’immondizia che si accumula in alcune nostre città sia simbolica proprio della mancanza di concordia e simpatia tra gli esseri umani

La nutrice rinfaccia a Ippolito di essere uno truculentus et silvester (Fedra, v. 462), truce e selvatico, in quanto passa una gioventù senza Venere, una dea che colma i vuoti della razza umana. Se la escludi, il mondo rimane senza vita: “Excedat… rebus humanis Venus…vacuum sine ullis piscibus stabit mare/alesque caelo derit et silvis fera (v. 469 ss.), mancherà l’uccello al cielo e la fiera ai boschi.
Insomma: orbis iacebit squalido turpis situ (471), il mondo giacerà brutto in uno schifoso squallore. 
Proinde vitae sequere naturam ducem (v. 481), segui dunque la guida della natura.

Cfr. Il Pervigilium Veneris
Cras amet qui numquam amavit, quique amavit cras amet,
Ver novum ver iam canorum; vere natus orbis est,
Vere concordant amores vere nubunt alites,
Et nemus comam resolvit de maritis imbribus. (1 - 4)
(…)
Iam loquaces ore rauco stagna cygni perstrepunt,
adsonat Terei puella subter umbram populi,
ut putes motus amoris ore dici musico
et neges queri sororem de marito barbaro
Illa cantat, nos tacemus. Quando ver venit meum?
Quando faciam uti chelidon, ut tacere desinam? (85 - 90)
Sette trochei e mezzo: tetrametro trocaico catalettico in syllabam con un anceps finale

Cfr. amor omnibus idem di Virgilio
"Omne adeo genus in terris hominumque ferarum - que/et genus aequoreum, pecudes pictaeque volucres/ in furias ignemque ruunt: amor omnibus idem "( Georgica III, vv. 243 - 244) così ogni specie sulle terre di uomini e di animali, e la razza marina, il bestiame e gli uccelli colorati si precipitano in ardori furiosi, amore è lo stesso per tutti.

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