domenica 27 ottobre 2019

Esortazioni e apostrofi a certe parti del corpo


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La Medea di Euripide nel V episodio della tragedia:
“Su, avanti, armati, cuore - ojplivzou kardiva - Perché indugiamo
a compiere un male tremendo e necessario?
Avanti, o infelice mano mia –a[g j, w\ tavlaina cei;r ejmhv - prendi la spada,
prendila, vai verso il traguardo doloroso della vita,
e non essere vile, non ricordarti dei figli,
che sono carissimi, che li generavi, ma, almeno per questo
breve giorno, dimenticati dei tuoi figli
e dopo piangi; anche infatti se li ucciderai, comunque
sono per natura tuoi cari: ed io sono una donna disgraziata”. (1242 - 1250)

Per quanto riguarda le apostrofi indirizzate a un membro o a un organo del corpo, ricordo, del Satyricon, l'invettiva di Encolpio contro la mentula che ha disertato:"erectus igitur in cubitum hac fere oratione contumacem vexavi:"quid dicis - inquam - omnium hominum deorumque pudor? nam nec nominare quidem te inter res serias fas est." (132, 9 - 10), drizzatomi dunque sul gomito strapazzai il renitente con queste parole più o meno:" che cosa dici - faccio - vergogna degli uomini tutti e degli dèi? Infatti sarebbe un sacrilegio perfino nominarti tra le cose serie.
Quindi il giovane si rammarica di avere questionato con quella parte del corpo che non si dovrebbe nemmeno menzionare.
Però poi ci ripensa: allora gli vengono in mente anche l'Odissea e l'Edipo re:" quid? non et Ulixes cum corde litigat suo, et quidam tragici oculos suos tamquam audientes castigant?" (132, 13) e che? non litiga anche Ulisse con il suo cuore e certi personaggi tragici non se la prendono con gli occhi come se ascoltassero? Nell’Odissea il protagonista parla con il cuore che latra di sdegno di fronte al gozzovigliare dei proci, esortandolo a sopportare:"tevtlaqi dhv, kradivh: kai; kuvnteron a[llo pot j e[tlh" " ( XX, 18), sopporta, cuore: anche sofferenze più da cane hai già sopportato.


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