martedì 22 ottobre 2019

La Sfinge. Prima parte

Gustave Moreau, Edipo e la Sfinge
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Nuova redazione della prima parte del percorso sulla Sfinge che presenterò il 9 novembre 2019 a Milano.

Seminario “REPERTUM - Percorsi, Dentro la Sfinge e Fuori dal Tempo”, che si terrà a Milano nel nostro Centro Studi, in Via Mayr, 3 (angolo Viale Bianca Maria, 45)
in data 9 novembre 2019, ore 11.00–14.00.

L’iniziativa del CLE Centrum Latinitatis Europae, di Diotima Society e di Valente Academy Centro Studi Internazionali GEB Partners si svolge nell’ambito del Ciclo di Conferenze

La Sfinge nasce da un incesto
Echidna con Tifone generò Orto, poi Cerbero, il cane crudivoro dalla voce di bronzo per Gerione tricefalo, poi l’Idra esperta di lutti (Esiodo, Teogonia, 313 - lugra; ijduvian) il mostro di Lerna, poi la Chimera con tre teste: di leone, di capra e di drago. Pegaso e Bellerofonte la tolsero di mezzo.
La Sfinge nacque da un incesto: Echidna, vinta dalla passione per il figlio Orto generò questa creatura funesta, flagello dei Cadmei (Esiodo, Teogonia, 326 - 327).
Gerione, Orto e il bovaro Eurizione vennero uccisi da Eracle nella stalla oscura dell’isola di Eritea, al di là dell’inclito Oceano (293 - 294)

Nei Sette a Tebe JEpta; ejpi; Qhvbaς (467) di Eschilo, tragedia che faceva parte del gruppo LaioEdipo e il satiresco la Sfinge compare questo mostro.
Il quinto duce si trova alla porta Borrea, presso il tumulo di Anfìone. E’ Partenopeo nato da montanina madre (Atalanta). Si presenta con animo crudo e occhio truce non congruente con il nome verginale. Sul bronzeo scudo ha l’onta della città povlewς o[neidoς la crudivora Sfinge (Sfivgg j wjmovsiton, 541) inchiodata con arte. Un mostro che ha tra gli artigli uno dei Cadmei. Ad Argo, Partenopeo arcade è un meteco ma paga il conto del lauto nutrimento lanciando una sfida alle torri.
Contro questo giovanissimo guerriero Eteocle schiera Attorre : la sua mano guarda i fatti e non permetterà che la lingua disgiunta dalle azioni dilagando dentro le porte alimenti i mali: oujk ejavsei glw'ssan ejrgmavtwn a[ter - e[sw pulw'n rJevousan ajldaivnein kakav (556 - 557) né che in Tebe penetri chi sullo scudo nemico porta l’immagine dell’odiosissima belva feroce . Questa si rivolgerà contro chi la porta.

Il canto variopinto della Sfinge
Nell'Edipo re di Sofocle il figlio di Laio chiede:" Ma quale male, caduta così la tirannide,/stando tra i piedi (ejmpodwvn), vi impediva di sapere questo?" (vv. 128 - 129). La domanda verte sull'assassinio di Laio.
E Creonte risponde: La Sfinge dal canto variopinto (hJ poikilw/dov" Sfivgx) ci spingeva a guardare/quello che era lì tra i piedi (to; pro;" posiv), e a lasciare perdere quanto non si vedeva (tajfanh'). (vv. 130 - 131).
Il canto variopinto è la parola ingannevole e adulatoria della propaganda, del demagogo, del sofista. Oggi è quella della pubblicità.
E' il brutto senza semplicità.

 L'essere variopinto è un difetto anche per le costituzioni: Platone biasima la mancanza di serietà della democrazia, una politeiva piacevole, anarchica e variopinta (hJdei'a kai; a[narco" kai; poikivlhRepubblica 558c) che non si dà pensiero delle abitudini morali da cui proviene chi entra alla politica ma lo onora purché dica di essere amico del popolo.

Nell’Edipo re di Sofocle “la Sfinge dal canto variopinto"(v.130), non è solo un atroce flagello ma è pure una voce allettante che provoca distrazione rispetto ai problemi che appunto ostacolano la vita dei cittadini : Edipo la chiama hJ rJayw/dov" (…) kuvwn (v. 391)la cagna cantatrice.
La Sfinge è anche "la ragazza con le ali" (pterovess j h\lqe kovraEdipo re v.508) che venne a Tebe e fu sconfitta da Edipo, canta il coro nel primo stasimo. Comunque non fu una vittoria definitiva.
La Sfinge che inanellava parole funeste con tenebrosi enigmi[1], è chiamata da Sofocle anche "sklhra; ajoidov"" (Edipo re, v. 36) la cantatrice dura. 

La Sfinge e la Magna Mater dai molti nomi
Maurizio Bettini ricorda una definizione della Sfinge che può avvicinare tale " enigma vivente" alla Magna mater invocata da Prometeo[2]: "Dione Crisostomo[3] la definisce[4] ejk pantodapw'n fuvsewn miva morfhv [5]", una sola forma di molte nature.
 La polinomia della Magna Mater, come la polimorfia della Sfinge è uno dei segni della confusione portata dal mostro di Tebe che aveva il volto di donna, il petto, le zampe e la coda di leone e le ali da uccello (Apollodoro, Biblioteca, III, 5).
La confusione culmina nell’incesto che confonde i ruoli familiari e nella peste che mescola le generazioni nella morte comune.

Edipo e la Sfinge
L’Edipo di Seneca si dà animo e rivendica il proprio coraggio davanti al mostro “:
"Nec Sphinga coecis verba nectentem modis
fugi; cruentos vatis infandae tuli
rictus[6] et albens ossibus sparsis solum"
(v. 92 - 94) io non sono fuggito davanti alla Sfinge che intricava le parole in ciechi stilemi, ho resistito davanti alle fauci spalancate e insanguinate della mostruosa profetessa e al suolo che biancheggiava di ossa sparpagliate .
 Lo stesso effetto viene attribuito alle Sirene da Circe che avverte Odisseo di evitarle: chi approda e ascolta la voce delle Sirene non torna più a casa: "ajnqrwvpou" qevlgousin stregano gli uomini (Odissea, XII, 40),
ajlla; te Seirh'ne" ligurh'/ qevlgousin ajoidh'/
h{menai ejn leimw'ni: polu;" d’ amf j ojsteovfin qiv"
ajndrw'n puqomevnwn, peri; de; rJinoi; minuvqousin (XII, 44 - 46)
ma le Sirene stregano con il canto armonioso
sedute sul prato: gran mucchio di ossa intorno
di uomini in putrefazione, le pelli si disfano intorno.

Edipo ha risolto l’enigma della Sfinge ma non ha fatto cessare definitivamente le sciagure di Tebe che soffre il flagello della peste quale vendetta postuma del mostro sconfitto : “Ille, ille dirus callidi monstri cinis/in nos rebellat; illa nunc Thebas lues/perempta perdit " (vv. 106 - 108), proprio quella cenere tremenda del mostro scaltro riprende la guerra contro di noi: ora quella peste ammazzata uccide Tebe, lamenta Edipo mentre Giocasta cerca di incoraggiarlo.

i mostri non muoiono mai del tutto; spesso anche dopo essere morti uccidono i vivi. Se ne accorge Eracle quando muore per la tunica di Nesso:"ora quella belva, il Centauro, come era stato predetto, così ha ammazzato, da morto, me vivo" (Trachinie, vv. 1162 - 1163).


[1] Cfr. Seneca, Fenicie (vv. 131 - 132): "Saeva Thebarum lues - luctifica coecis verba committens modis " dove Edipo ricorda la Sfinge come l’atroce flagello di Tebe vhe che combinava in oscuri sintagmi parole mortifere.
[2] Nel Prometeo Incatenato è menzionata la Magna Mater sconfitta con il figlio, il Titano che la invoca:"Qevmi" - kai; Gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva"( vv. 209 - 210), Temide e Terra, una sola forma di molti nomi. Alla fine della trilogia ci sarà una riconciliazione tra il Titano e il dio che ha cosmizzato il caos, ma il predominio rimarrà comunque a Zeus e Prometeo con la Magna Mater resteranno subordinati. Nel libro XI dell’ Asino d’oro di Apuleio, Lucio ancora asino si sveglia di notte e vede la luna, immagine di Iside e la prega, attribuendole molti nomi. Chiede di deporre diram faciem quadripedis e di renderlo a se stesso redde me meo Lucio (11, 2), rendimi al Lucio che sono. La dea dunque è invocata con diversi nomi tra i quali Cerere, Venere Celeste, Diana, Proserpina. Pure in alcune opere di Pirandello la donna compare binominata: nella commedia Ma non è una cosa seria (del 1918) per esempio la protagonista è una sola donna di due nomi: Gasparina e Gasparotta. Altrettanto Evelina Morli che viene chiamata "Eva" dal marito Ferrante Morli, e "Lina" dall'amante Lello Carpani (La signora Molrli, una e due, commedia del 1920. Se questo da una parte può significare la lacerazione della donna e la divisione dei suoi affetti, dall'altra rimanda alla magna mater: pollw'n ojnomavtwvn morfh; miva del Prometeo incatenato appunto.
[3] Vissuto tra il I e il II sec. d. C. (40 - 112) fu tra gli iniziatori della Seconda Sofistica. Ci sono arrivate circa 80 orazioni.
[4] I 274, 32 Arnim.
[5] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, . p. 152.
[6] Rictus - us, m. (c’è anche rictum - i) sono le fauci spalancate e insanguinate della Sfinge, dal volto che ringhia mostrando i denti (ringor).

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