martedì 4 dicembre 2018

L’umanesimo. parte III

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La storia universale e l'idea dell'unità, in Polibio, Posidonio, Cicerone, John Donne e Hermann Hesse.

Polibio afferma l'universalità della sua storia polemizzando con le scelte più o meno monografiche degli altri storiografi: per esempio condanna Teopompo (378-306) per le Storie Filippiche.
Queste del resto scoprono la "centralità di Filippo, in tutto analoga alla 'scoperta' polibiana della centralità dell'espansionismo romano".
Così Canfora che poi aggiunge:" E' dunque quella polibiana, una disputa alquanto nominalistica nei confronti dei predecessori. Oltre tutto, nonostante le insistenti proclamazioni, il racconto polibiano finisce ben presto col suddividersi in teatri di operazioni; ed in particolare le vicende della lega achea danno corpo ad un racconto minuzioso e settoriale (veri e propri jAcaikav) quanto mai stridente con l'organicismo di grande respiro del programma generale. Il fatto è che Polibio ripercorre la strada tucididea. Replica la 'scoperta' tucididea (manifestata nel proemio) del convergere-come Tucidide si esprime- di "quasi tutti gli uomini" nell'ingranaggio di un unico evento "grandissimo". Per Tucidide tale evento è la guerra peloponnesiaca (...) per Polibio tale evento è l'espansione romana tra la seconda punica e Pidna (con una "introduzione" costituita dalla prima punica). Dunque Polibio non 'inventa' la ricetta per risolvere le aporie in cui si dibatte chi tenti la strada della storia universale, sì piuttosto constata che in certi momenti della storia politico-militare delle nazioni si determina un annodamento (sumplevkesqai1) degli eventi"2.
E' una constatazione aggiungo dalla quale partono o cui arrivano anche diversi autori di drammi, di romanzi e di film che nelle loro opere mostrano intrecci appunto causati dal destino cieco o provvidenziale, a seconda delle fedi o delle ideologie. Quello dell'intreccio infatti è un criterio dal quale non può prescindere chi scrive.
Aggiunta questa nota personale, do ancora la parola a Canfora:" Ma questo criterio operava di fatto anche per la storiografia post-tucididea, che, a partire da Senofonte, orientava il racconto secondo il filo conduttore delle vicende riguardanti la potenza volta a volta egemone: le Elleniche appunto (di Senofonte, di Teopompo, di Callistene3) tutte ruotanti su di un asse narrativo costituito dalla grande potenza che-allo stesso modo di Roma nel racconto polibiano-svolge un ruolo dominante e perciò, anche sul piano della narrazione, orientativo. Tutte storie 'universali' dunque e tutte illusoriamente tali. Quando, alla fine del I secolo d. C., Pompeo Trogo, uno storico originario della Gallia Narbonese, tentò per la prima volta un esperimento di storia universale in lingua latina (Historiae Philippicae ), non fece che mettere in ordine una successione di egemonie a partire dall'antico Oriente fino alla vittoria di Augusto in Ispagna. Polibio dunque-che proclamava di riconoscere solo Eforo come proprio predecessore (V, 33)-lasciava irrisolta l'aporia"4.

La concatenazione e l'intreccio dunque rimandano all'idea dell'unità che è una meta inseguita, anche come scopo personale, da altri autori che ci sono familiari o dovrebbero esserlo: Hermann Hesse per esempio che scrive:" In nulla al mondo, infatti, io credo così profondamente, nessun'altra idea mi è più sacra di quella dell'unità, l'idea che l'intero cosmo è una divina unità e che tutto il dolore, tutto il male consistono solo nel fatto che noi, singoli, non ci sentiamo più come parti inscindibili del Tutto, che l'io dà troppa importanza a se stesso. Molto dolore avevo sofferto in vita mia"5.
A questo punto diamo di nuovo la parola a Canfora che individua in un "geniale continuatore" di Polibio, Posidonio di Apamea, filosofo stoico e storico" maestro di Cicerone "la soluzione ad un livello ben più alto, dell'aporia della 'storia universale'.
Le Storie dopo Polibio di Posidonio6 non sono conservate, ma ve ne è traccia notevole nella benemerita Biblioteca di Diodoro: e soprattutto nel proemio diodoreo sono sviluppati pensieri che sembrano risalire appunto al proemio posidoniano. Innanzi tutto l'idea stoica della storia universale come proiezione della fratellanza universale che collega in un nesso solidale-come membra di un unico corpo, secondo l'espressione senecana-tutti gli esseri umani. La storia universale "riconduce ad un'unica compagine gli uomini, divisi tra loro nello spazio e nel tempo, ma partecipi di un'unica reciproca parentela" (Diodoro, I, 1, 3).
Oltre che "strumento della provvidenza (uJpourgoi; th'" qeiva" pronoiva") ", perciò gli storici sono anche benefattori del genere umano: e la storiografia-prosegue Diodoro-oltre ad essere profh'ti" th'" ajlhqeiva" è anche "madrepatria della filosofia (mhtrovpoli" th'" filosofiva")" (I, 2, 2).
Allora se le leggende mitiche relative all'Ade contribuiscono al sentimento religioso, bisogna supporre che la storia possa preparare i caratteri umani alla kalokajgaqiva (i, 2, 2).

Vediamo alcune altre parole di Diodoro:"e[peita pavnta" ajnqrwvpou", metevconta" me;n th'" pro;" ajllhvlou" suggeneiva", tovpoi" de; kai; crovnoi" diesthkovta", ejfilotimhvqesan uJpo; mivan kai; th'" aujth;n suvntaxin ajgagei'n, w{sper tine;" uJpourgoi; th'" qeiva" pronoiva" genhqevnte" " (1, 1, 3), poi essi7 aspirarono a ricondurre tutti gli uomini che partecipano ad una comunanza di stirpe tra loro, ma sono separati da luoghi e da tempi, ad un solo e medesimo corpo, come se fossero in un certo senso aiutanti della divina provvidenza.

L'idea della fratellanza tra tutti gli uomini si trova anche in Cicerone, allievo latino di Posidonio, e, indirettamente, di Panezio che fu maestro di Scipione Emiliano, e dal 129 a. C. capo della Stoà.

Cicerone nel III libro del De Officiis dice che l'umanità è un unico corpo del quale i singoli individui sono le membra. Dobbiamo aiutare l'uomo perché ogni uomo è parte di noi stessi :"Etenim multo magis est secundum naturam excelsitas animi et magnitudo itemque comitas, iustitia, liberalitas quam voluptas, quam vita, quam divitiae, quae quidem contemnere et pro nihilo ducere comparantem cum utilitate communi magni animi et excelsi est. Detrahere autem de altero, sui commodi causa, magis est contra naturam quam mors, quam dolor, quam cetera generis eiusdem "(III, 24). Infatti è molto più secondo natura l'elevatezza e la grandezza d'animo, e parimenti la cortesia, la giustizia, la generosità, che il piacere, che la vita stessa e le ricchezze; quindi disprezzare questa roba e valutarla nulla paragonandola con l'utilità comune è proprio di un animo grande ed elevato. Sottrarre invece a un altro per il tornaconto proprio, è più contro natura che la morte, il dolore e altre cose del medesimo genere.
E più avanti (III, 25):" ex quo efficitur hominem naturae oboedientem homini nocere non posse ", da ciò deriva che l'uomo il quale obbedisce alla natura non può nuocere all'uomo.
Una splendida idea dell'humanitas del circolo scipionico che è stata e sarà ripresa nei secoli dei secoli : in Devotions upon Emergent Occasion di John Donne (1572-1631) per esempio leggiamo:" Nessun uomo è un'isola conclusa in sé; ogni uomo è una parte del Continente, una parte del tutto. Se il mare spazza via una zolla, l'Europa ne è diminuita, come ne fosse stato spazzato via un promontorio..la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché io appartengo all'umanità, e quindi non mandare mai a chiedere per chi suona la campana ("for whom the bell tolls "8 ); suona per te.


CONTINUA

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1 I, 3, 4.
2 L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 527.
3 Discepolo e nipote di Aristotele, scrisse, oltre le Gesta di Alessandro di cui era storico ufficiale, Storie Elleniche che andavano dalla pace di Antalcida del 386 allo scoppio della guerra sacra (356). La storia encomiastica del re di Macedonia non gli risparmiò il supplizio; fu esposto in una gabbia e fatto sbranare da un leone (Diogene Laerzio, v, 5) poiché rifiutò la proskuvnhsi" ad Alessandro e venne accusato di complicità nella "congiura dei paggi" ( 327 a. C.) , i giovani aristocratici macedoni contro il loro re. Plutarco nella Vita di Alessandro (52 e sgg.) ci dà una versione di questa storia e, secondo Canfora, il biografo greco " che ha visto i regni di Nerone e Domiziano, non sembra ignaro dell'affinità evidente tra il destino di un Callistene...e il destino della nobiltà senatoria romana divisa tra servilismo e repugnanza di fronte al dispotismo neroniano. La ribellione alla proskuvnhsi" è una specie di suicidio al pari di quello del Petronio di Tacito" (Storia Della Letteratura Greca , p. 440).
4 L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 527.
5 H. Hesse, La Cura , p. 77.
6 di Apamea, 135-50 a. C. ca.
7 Gli autori di storie universali cui tutti gli uomini devono gratitudine (1, 1, 1).

8 E', notoriamente, il titolo di un romanzo di Hemingway, 1940

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