martedì 11 dicembre 2018

Shakespeare e la letteratura antica. Dalla mia "Introduzione alla tragedia greca"

Shakespeare

Shakespeare e la letteratura antica. Dalla mia "Introduzione alla tragedia greca"

Le comparazioni etimologiche tra il latino il greco e l’inglese sono tratte da
A CONCISE ETYMOLOGICAL DICTIONARY OF THE ENGLISH LANGUAGE BY THE REV.
WALTER W. SKEAT NEW AND CORRECTED IMPRESSION (1984)
First impression 1882
OXFORD AT THE CLAREDON PRESS

Catarsi e mimesi nell’Amleto (1603) di Shakespeare
l’Amleto di Shakespeare dice: “I have heard that guilty creatures creaturasitting - sedēre -e[zomai- at a play, - have, by the very cunning of the scene, - been struck - da strike, allied to stringere toccare leggermente striga fila di fieno falciato - so to the soul that presently - they have proclaim’d - proclamare gridare - their malefactions” (Hamlet, II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite, dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.

Non molto diversamente Aristotele nella Poetica:
"La tragedia è dunque imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/) di attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28.
Nietzsche in La nascita della tragedia definisce la catarsi di Aristotele “quella scarica patologica di cui i filologi non sanno bene se sia da annoverare tra i fenomeni della medicina o quelli della morale” (cap. XII). 
 La kavqarsiς dunque può essere una specie di purga o di cura medica, e non solo per il filosofo tedesco: già Platone nelle Leggi le dà tale significato: kavmnon sw'ma ijatrikh'ς kaqavrsewς tucovn (628d), un corpo malato che ha avuto una cura medica.
Più avanti anche la teoria della mimesi è espressa da Amleto egli definisce “the purpose of playing”, lo scopo dell’arte drammatica, “whose end, both at the first and now, was and is, to hold as ‘twere, the mirror-(lat. mirari) up to nature” (Hamlet, III, 2), il cui fine, all’inizio come ora, è sempre stato quello di reggere, per così dire, lo specchio alla natura.
Secondo Aristotele l'arte è essenzialmente mimèsi, imitazione della realtà e proprio per questo il teatro ne costituisce la quintessenza.
Nell’ Encomio di Elena di Gorgia ritroviamo fovboς kai; e[leoς associate alla poesia che provoca identificazione di chi la ascolta con i personaggi o i fatti narrati
“Chiamo e giudico la poesia nel suo complesso parola con metro, e in chi la ascolta si insinua frivkh perivfoboς, un brivido di terrore, una pietà dalle lacrime kai; e[leoς poluvdakruς, e un rimpianto che accarezza il dolore kai; povqoς filopenqhvς. L’anima davanti a faccende di altri, liete o tristi, prova, attraverso le parole un’esperienza propria iJdivon ti pavqhma dia; tw'n lovgwn e[paqen hJ yuch (9). 

Oscar Wilde in La decadenza della menzogna (del 1889) sostiene che non è l’arte a imitare la vita, ma il contario: "La vita imita l'arte assai più di quanto l'arte imiti la vita... Un grande artista inventa un tipo, e la vita tenta di copiarlo, di riprodurlo in forma popolare... I greci, con il loro rapido istinto artistico, capirono questo, e mettevano nella stanza della sposa la statua di Ermes o di Apollo, affinché ella potesse generare figli altrettanto ben formati delle opere d'arte che contemplava nell'estasi o nel dolore. Sapevano che la vita non solo guadagna dall'arte la spiritualità, la profondità del pensiero e del sentimento, il turbamento o la pace dell'anima, ma che essa può formarsi sulle stesse linee e colori dell'arte, e può riprodurre la dignità di Fidia come la grazia di Prassitele... Schopenhauer ha analizzato il pessimismo che caratterizza il pensiero moderno, ma Amleto lo ha inventato. Il mondo è diventato triste perché una volta una marionetta fu malinconica.
Il nichilista, quello strano martire che non ha fede, che va al patibolo senza entusiasmo, e muore per quello in cui non crede, è un prodotto puramente letterario. Esso fu inventato da Turgenev e completato da Dostoevskij"[1] 

Il riconoscimento, l’ajnagnwvrisiς delle tragedie greche.
Cfr. la Poetica di Aristotele 1452a: ajnagnwvrisiς dev, w{sper kai; tounoma shvmainei, ejx ajgnoivaς eijς gnw'sin metabolhv, il riconoscimento, come indica il nome è cambiamento dalla non conoscenza alla conoscenza.
Nelle tragedie greche abbiamo, per esempio, quelli di Oreste-Elettra, Oreste-Ifigenia, Ione-Creusa.
In Shakespeare quelli tra Imogene e suo padre Cimbelino nel Cimbelino (1610), tra Leonte ed Ermione poi con Perdita nel Racconto d’inverno (1611), e quello di Pericle con Taisa la moglie e la figlia Marina in Pericle principe di Tiro (1608)
Inoltre nel Racconto d’inverno, Ermione resuscitata dalla sua statua ricorda l’Alcesti di Euripide. Così pure Taisa nel Pericle.

Amleto di Shakespeare e Oreste dell’Elettra di Sofocle.
Amleto è il falso sciocco[2], come il Bruto Maggiore di Tito Livio.
Vedi Pirandello: “La tragedia d’Oreste in un teatrino di marionette! - venne ad annunziarmi il signor Anselmo Paleari (…)
 “La tragedia d’Oreste?”
 “Già! D’après Sophocle, dice il manifestino. Sarà l’Elettra. Ora senta un po’ che bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la maionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei”.
“Non saprei”, risposi, stringendomi ne le spalle”.
“Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo”
“E perché?”
“Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì, a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta”
E se ne andò ciabattando”[3]

I naufràgi (La TempestaPericle principe di Tiro) fanno pensare al Satyricon: di fronte al cadavere dell’arcipirata Lica, Eumolpo dice:"si bene calculum ponas, ubique naufragium est " (115, 17), se fai bene i conti, il naufragio è dappertutto.
Maria Zambrano afferma che l'uomo, da quando ha memoria e storia, ha sempre avuto nel fondo dell'animo il sentimento del naufragio e ricorda che il suo maestro Otega y Gasset nei suoi corsi su "La razòn vital" descriveva "la condizione di "naufragio" come la più umana della vita umana"[4].

La Provvidenza e gli auspici. Per questo traggo spunti da Il vangelo secondo Shakespeare di Piero Boitani (il Mulino, Bologna, 2009).

Amleto dice a “Orazio: “C’è una divinità che dà forma ai nostri piani, per quanto rozzamente li abbozziamo (There’s a divinity that shapes our ends/rough-hew them how we will, V, 2).
Amleto evoca la Provvidenza anche per il fatto che aveva con sé il sigillo di suo padre quando ha scritto la lettera che chiedeva la condanna a morte di Rosencratz e Guildestern: Why, even in that was heaven ordinant/I had my father’s signet in my purse” (V, 2, 48)
Dunque we defy augury, sfidiamo i presagi.
There is special Providence in the fall of a sparrow (Amleto, V, 2), c’è una una mano della Provvidenza pur nella caduta di un passero.
Ora o dopo, tuttavia la morte verrà.
Cfr. Ammiano Marcellino XXI, 1, 7: “volatus avium dirigit deus”, è un dio che dirige i voli degli uccelli. Per questo gli auspici si ricavano dal volo degli uccelli.
Cfr. Matteo: “Nonne duo passeres asse veneunt? Et unus ex illis non cadet super terram sine Patre vestro (10, 28).
Ogni cosa succede quando deve succedere: the readiness is all (Amleto,V, 2), essere pronti è tutto.
Nel Vangelo di Luca troviamo l’archetipo di the readiness is all: “Et vos estote parati, quia, qua hora non putatis, Filius hominis veniet” (12, 40)

La parola finale di Amleto è significativamente silence- the rest is silence-silentium
Nell’addio di Orazio c’è la comparsa di un cielo lontano: good night, sweet prince, and flights of angels sing thee to thy rest!

Jan Kott lascia un interrogativo: “Chi è questo giovane principe norvegese? Non lo sappiamo. Shakespeare non ce lo dice. Che cosa deve rappresentare? Il destino cieco, l’assurdità del mondo o il trionfo della giustizia? Gli shakespearologi hanno difeso a turno ciascuna di queste tre interpretazioni. E’ il regista che deve decidere. Fortebraccio è un uomo giovane, forte, splendente. Arriva e dice: “Portate via questi cadaveri. Amleto era un buon ragazzo, ma è morto. Adesso il vostro resono io. Torna tutto benissimo, perché mi sono ricordato che ho dei diritti su questa corona”. Dopodichè sorride ed è soddisfatto di sé”
Mi fa pensare al deus ex machina, per esempio Apollo alla fine dell’Oreste di Euripide o i Dioscuri alla fine dell’Elena di Euripide.
“Ed ecco alla fine arriva un giovanotto sano e vigoroso e con un affascinante sorriso dice: “Portate via questi cadaveri. Adesso il vostro re sono io”[5].
 “Take up the bodies

La rassegnazione dei personaggi (Prospero per esempio)
Calibano costituice il fallimento educativo di Prospero: “a devil, a born devil, on whose nature /nurture - nutritura can never stick - stivzeinsegnare un marchio - instigare spingere,; on whom my pains, /humanely taken, all, all lost, quite lost (IV, 1, 188 ss.)
Cfr. nell’ Oedipus di Seneca il “perdidimus operam!” di Edipo (1014)
A misura che il suo corpo diventa più brutto con l’età, il suo animo si corrompe sempre di più (IV, 1, 191-193)
Dopo questa scena, Prospero spezzerà e butterà via la bacchetta magica
Cfr. il pessimismo pedagogico dell’Ecuba di Euripide.

Dalla mia metodologia LIX
Pessimismo e ottimismo pedagogico. Pindaro. Euripide: Ecuba (oJ me;n ponhro;" oujde;n a[llo plh;n kakov") e Supplici (“hJ eujandriva-didaktovn). Protagora in Platone: paraskeuasto;n ei\nai ajrethvn.

E’ chiaro che non tutti sono portati per le stesse materie; che il greco e il latino sono facili per alcuni, difficilissimi per altri. L’intuizione infatti è una qualità indispensabile, come la leggerezza e la potenza per un campione. Quelli predisposti alle nostre materie ci inducono all’ottimismo pedagogico, quelli maldisposti, al pessimismo.

Pindaro nell’ Olimpica II chiarisce il suo pessimismo pedagogico: " sofo;" oJ polla; eijdw;" fua'-maqovnte" dev, lavbroi-pagglwssiva/ kovrake" w{"- a[kranta garuveton--Dio;" pro;" o[rnica qei'on (vv. 154-159), saggio è chi sa molto per natura, voi due[6] addottrinati invece, intemperanti, vaghi di ciance, come corvi di fronte al divino uccello di Zeus, gracchiate parole vuote.
Nell’Ecuba (del 424) di Euripide la protagonista eponima sente raccontare da Taltibio il sacrificio di Polissena e prova “una strana consolazione” per la nobiltà con la quale la ragazza è morta, splendendo di bellezza, come un’opera d’arte, e parlando con il coraggio di un eroe: “Non è strano che, se la terra è cattiva,/ma ottiene buone condizioni dagli dèi, produce buona spiga,/mentre se è buona, ma non riceve quanto essa deve ottenere,/ dà cattivi frutti; tra gli uomini invece, sempre/il malvagio non è nient'altro che cattivo / mentre il buono è buono, né per una disgrazia/guasta la sua natura, ma rimane sempre onesto? (“oJ me;n ponhro;" oujde;n a[llo plh;n kakov",-oJ d j ejsqlo;" ejsqlov", oujde; sumfora'" u{po-fuvsin dievfqeir j, ajlla; crhstov" ejst j ajeiv;”)/Dunque i genitori fanno la differenza o l'educazione?/Certamente anche essere educati bene, porta/ un insegnamento di onestà; e se uno l’ha imparato bene,/ sa che cosa è turpe, avendolo appreso con il metro del bello. /Ma questi pensieri la mente li ha scagliati invano"(Ecuba, vv. 592-603).
In questa tragedia dunque prevale il pessimismo, come nell’ode di Pindaro.
Nelle Supplici, del 422, un dramma che è tutto un encomio degli Ateniesi, leggiamo invece l'espressione di un incondizionato ottimismo pedagogico, forse per il fatto che si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia: Adrasto fa l'elogio funebre dei sette caduti nella guerra contro Tebe, poi conclude rivolgendosi direttamente a Teseo: “ Non ti stupire dopo quanto ho detto,/ Teseo, che questi abbiano avuto il coraggio di morire davanti alle torri./Infatti essere educati non ignobilmente comporta il senso dell'onore:/e ogni uomo che ha esercitato il bene/si vergogna di diventare vile. Il coraggio è/ virtù insegnabile (hJ eujandriva-didaktovn), se è vero che il bambino impara/a dire e ad ascoltare quello di cui non ha cognizione./Ma quello che uno abbia imparato, suole conservarlo/fino alla vecchiaia. Così educate bene i vostri figli"(vv. 909-917).
Un’opinione diffusa, non solo ad Atene, di ottimismo pedagogico viene riportata nel Protagora di Platone.

Valutazione comparativa di Shakespeare e i tragici greci
maschere della tragedia greca
Schopenhauer:"Shakespeare è molto più grande di Sofocle. In confronto all'Ifigenia di Goethe si potrebbe trovare quasi rozza e volgare quella di Euripide. Le Baccanti di Euripide sono un indegno pasticcio in onore dei sacerdoti pagani. Molti drammi antichi non hanno alcuna tendenza tragica; come l'Alcesti e l'Ifigenia fra i Tauri di Euripide; alcuni hanno motivi repellenti, o perfino nauseanti; come l'Antigone e il Filottete. Quasi tutti mostrano il genere umano sotto l'orribile dominio del caso e dell'errore, ma senza la rassegnazione da ciò provocata e di ciò redentrice. Tutto questo perché gli antichi non erano giunti ancora al sommo ed al fine della tragedia, anzi della concezione della vita in generale (…) Quindi l’esortazione alla rinunzia della volontà alla vita rimane la vera tendenza della tragedia[7]".
Nietzsche:" Shakespeare paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro anche lavorato nel modo più nobile, tale da far quasi dimenticare il suo valore come metallo"[8].

“La poesia fonda la sua potenza sulla compressione. Poeta in tedesco si dice Dichter, colui che rende le cose dicht (spesse, dense, compatte). L’immagine poetica comprime in un’istantanea un momento particolare caratteristico di un insieme più vasto, catturandone la profondità, la complessità, il senso e l’importanza”[9].

La confusione come male e camuffamento dei mali.
Nei Cavalieri di Aristofane il Salsicciaio dice a Paflagone-Cleone: “tu fai come i pescatori di anguille (oiJ ta;ς ejgcevleiς qhrwvmenoi, 864), quando lo stagno è calmo, non prendono nulla; ma se mescolano il fango sotto e sopra, le tirano su, e anche tu prendi se metti a soqquadro la città.

La confusione portata dal denaro latore anche di guerre.
Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi…Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
A proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"[10].

Nel Timone d'Atene (1607) il protagonista diventato misantropo per l’ingratitudine umana dice: All’s obliquy;-there is nothing level in our cursed –natures-but direct villainy. Therefore be abhorred-all feasts, societies, and throngs of men-His semblable (similis-)yea himself, Timon disdains-(dedignari)-Destruction fang-(azzanniallied to latin pangere conficcare affondare) mankindIV, 3, 18-24), tutto è storto, non c’è niente di diritto nella nostra natura maledetta, se non la malvagità diretta al male. Perciò sono da detestare tutte le feste, compagnie e folle di uomini. Timone disprezza il suo simile, anzi se stesso. Che la distruzione azzanni l’umanità.
"The time is out of joint-iungere, iunctus, zeuvgnumi-" (Amleto, I, 5), il tempo si è disconnesso, dice il principe di Danimarca dopo avere visto e sentito lo spettro del padre che chiede vendetta del turpe e snaturato assassinio.

Si può pensare al Dyskolos di Menandro, e ancor più all’Oedipus si Seneca: L'ordine naturale è sovvertito affermano queste parole di Manto:"Mutatus ordo est, sed nil propria iacet;/ sed acta retro cuncta " (vv. 366-367), è mutato l'ordine naturale e nulla si trova al suo posto; ma tutto è invertito.
Tutto si trova fuori posto nel corpo emblematico degli animali sacrificati:" Non animae capax/in parte dextra pulmo sanguineus iacet;/non laeva cordis regio; non molli ambitu/omenta pingues visceri obtendunt sinus/Natura versa est; nulla lex utero manet " (vv. 368-371), il polmone sanguinante incapace di aria sta a destra; la zona del cuore non è la sinistra; la membrana non stende davanti alle viscere con morbido avvolgimento le grasse pieghe: la natura è sovvertita, nessuna regola sussiste per il ventre materno.

L’oro
Per quanto riguarda l’oro questo metallo presunto prezioso will make black white, foul fair, wrong right - (rectus-)base - (vile, late latin bassus) - noble, old young, coward valiant (Timone di Atene IV, 3, 29-30).
Cfr. La transvalutazione lessicale dovuta alla guerra civile (stavsiς) in Tucidide (III, 82)
Nei conflitti interni molti valori si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della stavsi" di Corcira[11], quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario:"Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw`n ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito. 

This yellow slave-will knit and break religion- lo schiavo giallo unirà e spezzerà religioni, bless the accursed, benedirà i maledetti, make the hoar leprosy adored, farà adorare la lebbra canuta, place thieves, darà posti ai ladri and give them title, knee and approbation with senators on the bench (Timone di Atene, IV, 3, 35-38) a darà loro titoli genuflessioni e applausi nei banchi del senato

Dunque l’oro è "the common whore - allied to polish kurwa lat. carus loving diletto e costoso - of mankind, comune bagascia del genere umano; l'universale mezzana" (IV, 3, 43) che semina discordia tra la marmaglia delle nazioni. 

In Romeo e Giulietta (1596) il protagonista, comprando un veleno, afferma che l'oro, preso in cambio dallo speziale, è "worse poison", un veleno peggiore, per l'anima degli uomini. Esso "commette in questo odioso mondo più assassinî, che non queste povere misture che tu non puoi vendere; io vendo a te del veleno, tu non ne hai venduto a me" (V, 1).

 Tibullo (1, 10, 9) attribuisce la colpa della guerra alla brama dell'oro.
Tibullo [12] attribuisce la colpa della guerra alla brama dell'oro:" Quis fuit horrendos primus qui protulit enses?/Quam ferus et vere ferreus ille fuit!/ Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,/tum brevior dirae mortis aperta via est./An nihil ille miser meruit; nos ad mala nostra/vertimus, in saevas quod dedit ille feras?/Divitis hoc vitium est auri, nec bella fuerunt,/faginus adstabat cum scyphus ante dapes " (I, 10, 1-8), Chi per primo ha tirato fuori le orrende spade? Oh quanto feroce e davvero ferreo[13] fu quello! Allora la strage nacque per il genere umano, allora la guerra, allora più breve si è aperta la via della morte tremenda. Oppure quel disgraziato non ebbe colpa; ma noi volgemmo a nostro danno quello che egli ci diede contro le belve feroci? Questa è colpa del ricco oro, e non c'erano guerre quando una coppa di faggio stava davanti alle vivande. Non era ancora l'età del business.
Cfr. Ovidio, Metamorfosi I, 141-142: “Iamque nocens ferrum, ferroque nocentius aurum-prodierat, prodit bellum quod pugnat utroque”.

“Sebbene comporti le proprie determinazioni, le proprie logiche, le proprie razionalità, la Storia è anche irrazionale perché comporta rumori e furori, disordini e distruzioni. Si dovrebbero far copulare Marx e Shakespeare. In effetti i tragici greci, gli elisabettiani e, in particolare Shakespeare, hanno mostrato che le tragedie del potere erano tragedie della passione, dell’incoscienza, della dismisura umana”[14].

Shakespeare - Euripide (Eracle)
Anfitrione in Euripide: “In virtù io, sebbene mortale, supero te (Zeus), dio grande: infatti i figli di Eracle io non li ho traditi. Tu sapevi entrare di nascosto nelle coltri, prendendoti i talami altrui mentre nessuno te li dava,ma non sai salvare i tuoi cari. Sei un dio stupido (ajmaqhvς), oppure per natura non sei giusto (divkaioς oujk e[fuς)"(Eracle, vv. 339-347).
 Cfr. anche le Nuvole e gli Uccelli di Aristofane con Zeus donnaiolo.
 “Sofocle misura la morale con la religione[15], Euripide invece la religione con la morale. C’è qui senza dubbio un elemento razionale, ma non è né preminente né decisivo, è invece il sentimento morale - aijdwv~ lo chiama il greco- che si rifiuta di attribuire agli dèi quelle azioni “che sono ignominiose per gli uomini”[16]… La convinzione che “ci sia qualcosa di corrotto” (nosei`) nel modo in cui gli dèi governano il mondo[17] è espressa da Euripide in tanti passi”[18].

Altrettanto fa il Pericle di Shakespeare quando Licorida gli annunzia la morte della moglie Taisa: “O you gods!/Why do you make us love your goodly gifts/And snatch – strappate - them straight away? We here below – quaggiù - /Recall not what we give, and therein may/Use honour with you” (Pericle, principe di Tiro[19], III, 1), Oh, voi dèi! Perché ci fate amare I vostri buoni doni, e subito ce li strappate via? Noi quaggiù non ci riprendiamo quello che diamo, e in questo possiamo competere in onore con voi.
Taisa però verrà resuscitata

Dalla mia Metodologia
Plutarco e Shakespeare
“Per l'uomo moderno, Plutarco significa Shakespeare"[20], e viceversa.
 Alcune tragedie di Shakespeare (il Giulio Cesare, l'Antonio e Cleopatra, il Coriolano) dipendono da Plutarco che il drammaturgo inglese leggeva nella traduzione (del 1579) di Thomas North fatta su quella francese (del 1559) del vescovo Amyot il quale tradusse pure i Moralia (1572)[21]. Nonostante la doppia traduzione ci sono, e soprattutto nel Coriolano, situazioni e frasi che riproducono gli originali di Plutarco, tanto che Elias Canetti in un passo[22] di La provincia dell'uomo, afferma che " Plutarco non è affatto schizzinoso. Nelle sue pagine accadono cose terribili, come nelle pagine del suo seguace Shakespeare”.

Ritratto paradossale: in Shakespeare il principe Enrico dissipato e gozzovigliatore[23], nel 1413 diviene re saggio e capo di eserciti valorosi, simbolo della grandezza nazionale.
Cfr. la battaglia di Agincourt del 1415 con l’appello agli happy few (Enrico V[24], IV, 3, 60).
“E’ opportuno qui riportare, non solo per la sua grazia ma anche per la sua profondità, un passo celebre in cui Shakespeare cerca di spiegare come grandi qualità potessero celarsi nel principe libertino (Enrico V, atto II, scena prima):
The strawberry grows underneath the nettle,/ And wholesome berries thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality:/And so the prince obscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt,/Grew like the summer grass, fastest by night,/Unseen, yet crescive in his faculty”. E’ il vescovo di Ely che parla.
La fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e maturano meglio in compagnia di frutti di qualità inferiore: così il principe celò il suo spirito di osservazione sotto le apparenze del libertinaggio, e questo spirito senza dubbio deve aver fatto come l’erba estiva che cresce di notte non vista, ma proprio allora più soggetta alla forza di sviluppo che le è insita.
 E’ probabile che Shakespeare non debba nulla alla tradizione antica del ritratto “paradossale” di tipo “petroniano”[25]. Al “paradosso” della compresenza di vizi e virtù egli aggiunge un altro “paradosso”, secondo cui il vizio può essere condizione favorevole alla segreta crescita della virtù; chi mai nell’antichità avrebbe potuto accettarlo? Non è poca cosa, comunque, che storici antichi quali Sallustio e Tacito avessero messo a fuoco il problema: il loro travaglio di pensiero, che coglie le contraddizioni di una realtà sempre più ricca ed oscura, non li porta troppo lontano dal genio del poeta moderno”[26].
La Penna inserisce in questa lista anche Silla, Catilina, Cleopatra, Otone e altri. 

Bibliografia
M. Bettini, Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino, 2000.
E. Canetti, Opere 1932-1973, trad. it. Bompiani, Milano, 1990
F. Dostoevskij, I demoni, trad. it. Garzani, Milano, 1973.
J. Hillman, La forza del carattere, trad. it. Adelphi, Milano, 2007.
Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Felrtinelli, Milano, 1976
A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, Einaudi, Torino, 1978.
K. Marx, Manoscritti Economico-Filosofici del 1844, trad. it. Einaudi, Torino, 1976.
S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Laterza, Bari, 1974.
M. de Montaigne, Saggi, trad. it. Adelphi, Milano, 1996.
E. Morin, L'identità umana, Raffaello Cortina, Milano, 2002.
W. Nestle, Storia Della Religiosità Greca, trad. it., La Nuova Italia, Firenze, 1973.
F. Nietzsche, Umano troppo umano I, II, trad. it. Mondadori, Milano, 1978.
L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Mondadori, Milano, 1963.
Arthur Schopenhauer, Scritti sulla musica e le arti, Supplementi al III libro di Il mondo come volontà e rappresentazione, trad. it. discanto edizioni, Fiesole, 1981.
 O. Wilde, Opere, trad. it. Mondadori, Milano, 1982,.
M. Zambrano, L'uomo e il divino, Edizioni Lavoro, Roma, 2001. p.65 n. 9.




[1] In O. Wilde, Opere, trad. it. Mondadori, Milano, 1982, pp. 222-224
[2] Cfr. Maurizio Bettini su Bruto (ossimoro vivente), Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino, 2000 p. 86.
[3] Il fu Mattia Pascal XII L’occhio e Papiano.
[4] L'uomo e il divino, p.65 n. 9.
[5] Jan Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Felrtinelli, 1976, p.70
[6] Simonide e Bacchilide, secondo gli scoliasti
[7] A. Schopenhauer, Supplementi, p. 113.
[8] Umano, troppo umano II, Opinioni e sentenze diverse, 162.
[9] Hilman, La forza del carattere, p. 70.
[10] Manoscritti economico-filosofici del 1844, p. 154.
[11] 427-425 a. C.
[12] Nato a Gabii o a Pedum, nel Lazio rurale fra il 55 e il 50 a. C., morto tra il 19 e il 18 a. C. Sotto il suo nome ci è giunto il Corpus tibullianum, tre libri di elegie. Sono sicuramente e autenticamente tibulliani i primi due che cantano l'amore per due donne, Delia e Nemesi. Il terzo libro che gli umanisti divisero in due parti è un' antologia di vari autori, compreso Tibullo. Quintiliano lo definisce tersus atque elegans maxime…auctor (Institutio oratoria, X, 93), l'autore più elegante e raffinato, nel campo dell'elegia dove i latini possono sfidare i Greci.
[13] Cfr. Erodoto:" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (I, 68, 4), il ferro è stato inventato per la rovina dell'uomo
[14] E. Morin, L’identità umana, p. 207.
[15] Possiamo indicare una parentela spirituale tra Sofocle e Tolstoj che in Guerra e pace (p. 1607) scrive:" Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità".
[16] Xenophan. fr. 11, 2.
[17] Iph. Taur. 1403; Troad27, 1042; Iph. Aul. 411.
[18] Nestle, Op. cit., p. 36.
[19] E’ il primo dei drammi romanzeschi (1608)
[20] Mazzarino, op. cit., p. 138. L'autore continua così: "significa Robespierre e Verginaud e Danton; solo uno storico di razza (sia pure uno storico moralista, storico dell' ethos di grandi individui) poteva trasmetterci l'eredità classica, in quanto eredità di tradizione storica, in maniera così rilevante e decisiva.
[21]Traduzioni approvate, da Montaigne che, qualche anno più tardi, scrive nei Saggi :" Io do giustamente, mi sembra, la palma a Jacques Amyot su tutti i nostri scrittori francesi, non solo per la semplicità e la purezza del linguaggio, nella quale supera tutti gli altri, né per la costanza di un così lungo lavoro, né per la profondità del suo sapere, poiché ha potuto volgarizzare così felicemente un autore tanto spinoso...ma soprattutto gli sono grato di aver saputo discernere e scegliere un libro tanto degno e tanto appropriato per farne dono al suo paese. Noialtri ignoranti saremmo stati perduti se questo libro non ci avesse sollevato dal pantano; grazie a lui, osiamo ora e parlare e scrivere; le signore ne dànno lezione ai maestri di scuola; è il nostro breviario"(II, 4, pp. 467-468).
[22] In Opere 1932-1973, trad. it. Bompiani, Milano, 1990, p. 1812.
[23] Cfr. Dostoevskij, I demoni: “tutto ciò somigliava alla giovinezza del principe Harry che gozzovigliava con Falstaff” (p. 43). Lo dice Stepan Trofimovič a Varvara Petrovna a proposito del figlio di lei e allievo di lui Nikolaj Stavrogin 
[24] Del 1599.
[25] Egli, ossia Petronio, premette Tacito (Annales, XVI, 18), di giorno dormiva mentre passava la notte tra i doveri e i piaceri della vita, e come gli altri dall'operosità, quest'uomo era stato portato alla rinomanza dall'indolenza "habebaturque non ganeo et profligator, ut plerique sua haurientium, sed erudito luxu", ed era considerato non un dissoluto o un dissipatore, come i più tra quelli che sperperano le proprie fortune, ma uno dalla voluttà raffinata.
Petronio aveva scelto lo stile della semplicità:" Ac dicta factaque eius quanto solutiora et quandam sui neglegentiam praeferentia, tanto gratius in speciem simplicitatis accipiebantur” le sue parole e i suoi atti quanto più erano liberi e manifestavano una certa noncuranza di sé, tanto più piacevolmente erano presi come segno di semplicità- Insomma, come nel caso di Sofronia della Gerusalemme liberata, "le negligenze sue sono artifici" (II, 18).
[26] A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, pp. 220-221.

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