Pietro Liberi (?), Ecuba e Priamo |
Presenterò
questo percorso il 4 novembre nella biblioteca Ginzburg di Bologna
Eroismo
e nobiltà di Polissena. Infuriamento di Ecuba che punisce Polimestore che
uccise suo figlio Polidoro
Giacerò
al buio con i morti, continua Polissena, eppure con
questi
lamentosi canti funebri piango la tua sorte madre, non
la
mia vita lwvban luvman t j , oltraggio e vergogna, per me
morire e
l’accidente
migliore - qanei'n moi - xuntuciva
kreivsswn (214 - 215)
Quindi
la madre supplica Odisseo di non ammazzare la fglia
con
un verso che è un'alta espressione di umanesimo in
favore
della vita:"mhde; ktavnhte:
tw'n teqnhkovtwn a{li" "
(v. 278),
non
ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Grazie
a lei io giosco - gevghqa - e dimentico i mali kajpilhvqomai
kakw'n (279), lei per me è la consolazione moi parayuchv di
molte
sventure, lei è povli",
tiqhvnh, bavktron, hjgemw;n oJdou' (281)
patria,
nutrice, bastone, guida della strada.
Torniamo
a Ecuba la quale deplora i propri lovgoi
pro;" aijqevra - frou'doi mavthn (334 - 335) e consiglia alla figlia giovane e
bella –ei[ ti meivzw duvnamin
h] mhvthr e[cei" (336)
di provare ad autodifendersi : impegnati per non essere privata
della vita a lanciare trilli come la bocca di un usignolo - ws{ t j ajhdovno" stovma fqogga;"
iJei'sa (337
- 338). Convinci Odisseo ad avere pieta.
Polissena
dice a Odisseo che non deve temere di venire importunato da suppliche. Ti
seguiro per via della necessita, poi sono io che voglio morire qanei'n te crhv/zomai (347).
Se
non lo volessi, continua Polissena, kakh;
fanou'mai kai;
filovyuco"
gunhv (348) apparirò
quale donna vile e attaccata
alla
vita. Vengo da una condizione principesca, una ragazza h|/
path;r
h\n a[nax - Frugw'n ajpavntwn (349
- 350) e dovevo sposare un
re.
Avevo molti pretendenti. Ero i[sh
qeoi'si plh;n to; katqanei'n
movnon (356), simile alle dèe a parte che sarei
dovuta morire,
nu'n
dj eijmi; douvlh, ora sono
una schiava. Basta questo nome cui
non
sono avvezza a farmi amare il morire. Posso essere
comprata
per denaro, io, la sorella di Ettore e di molti altri
eroi,
addetta alla necessità di fare il pane, - prosqei;"
d j ajnavgkhn sitopoiovn ejn dovmoi",
362, di spazzare la casa - saivrein
te
dw'ma - e stare al telaio
363.
Uno
schiavo comprato da qualche parte dou'lo"
wjnhtov" povqen
insozzerà il mio letto - levch de; tajma; cranei' - craivnw - che una volta era
considerato
degno di principi. Mando fuori dagli occhi una luce
libera
attribuendo il mio corpo all’Ade (367). Polissena chiede
alla
madre di non impedirle quanto ha deciso: mhde;n ejmpodwvn
gevnh/ (372), anzi di condividere la sua volontà:
morire è meglio
che
subire turpitudini immeritate (374). Chi non è abituato ad
assaggiare
i mali li porta sul collo con sofferenza e si sente
più
fortunato morendo.
La
giustifcazione estetica della vita umana, il culto della
bellezza,
è un'altra delle ragioni per cui i Greci sono nostri
padri
spirituali.
Soltanto
nella bellezza si può tollerare il dolore di vivere,
afferma
Polissena quando antepone una morte dignitosa a
una
vita senza onore:"to; ga;r zh'n
mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Ecuba ,
v.
378), vivere senza bellezza è un grande tormento".
Il
coro commenta queste parole dicendo che nascere da
persone
nobili lascia un forte e chiaro segno - carakthvr - , ma il
nome
della nobiltà diventa più grande per chi se ne fa degno
(380
- 381)
Ecuba
si rivolge a Odisseo e prova a stornare la morte dalla
fglia
su se stessa: thvnde me;n mh;
kteivnete (385), non
ammazzate
questa, ejgw; jtekon Pavrin io ho partorito Paride
che
ha ucciso il fglio di Tetide tovxoi"
balwvn, colpendolo con le
frecce
(388).
Ecuba
replica che sente grande necessità pollh;
ajnavgkh di
morire
con la figlia, ma Odisseo risponde sprezzantemente
che
non sapeva di avere dei padroni.
La
madre allora dice che vuole attaccarsi alla fglia ojpoi'a kisso;" druov", come l’edera alla quercia (398).
Polissena
suggerisce a Ecuba di non opporsi per non suscitare
la
violenza dei più forti - suv tj w\
tavlaina toi'" kratou'si mh; mavcou
(404).
Farebbero scempio del tuo vecchio corpo. La figlia
chiede
alla madre piuttosto un gesto di affetto: hJdivsthn cevra - dov",
dammi
la tua dolcissima mano e lascia che accosti la mia guancia alla tua (410) poiché non
succedera piu ma presto io vedrò il radioso cerchio del
sole per l’ultima volta (412). Il sole come sempre e la vita. Poi a[peimi kavtw,
me ne vado di sotto - a[numfo"
ajnumevnaio" w|n m j ejcrh'n tucei'n (416)
senza sposo né i canti nuziali che avrei
dovuto ottenere.
Cfr.
Sofocle, Antigone, a[gamo"...ajnumevnaio" vv. 867 e 876).
Polissena
chiede alla madre cosa debba dire a Ettore e Priamo.
Riferisci
che io sono la piu disgraziata di tutti - a[ggelle
pasw'n
ajqliwtavthn
ejmev (423).
La ragazza menziona con gratitudine i seni della madre mastoiv che l’hanno nutrita con dolcezza hjdevw" (424)
Quando
Neottolemo ebbe impugnato la spada, Polissena parlò in maniera davvero
nobile, da sorella di Ettore e principessa di Troia: ejkou'sa qnhvskw: mh; ti" a{yhtai
croov" - toujmou' (548
- 549), di mia volonta muoio, nessuno tocchi la pelle mia, offrirò infatti la gola con cuore
saldo.
Ovidio:
“Vos
modo, ne Stygios adeam non libera manes,
este procul, si iusta peto,
tactuque viriles
Virgineo removete manus! Acceptior illi
Quisquis is est, quem caede mea placare
paratis,
liber erit sanguis; …” (Metamorfosi,
XIII, 465 - 469),
ora
voi, perche io non scenda non libera alle ombre Stigie
state
lontani, se chiedo il giusto, e allontanate le mani
di
maschi dal contatto con la vergine! Piu gradito a quello
chiunque
lui sia, che vi accingete a placare ammazzandomi,
sarà il sangue libero…
Ammazzatemi lasciandomi libera,
perche muoia libera - wJ" ejleuqevra
qavnw
(Ecuba, 550), io che sono di
stirpe regale basiliv" non
voglio essere
chiamata schiava (douvlh, 552)
Polissena ha osservato persino
l’etichetta della principessa pur in un momento che avrebbe sconvolto chiunque
ma, come si dice, noblesse oblige. La folla apprezzò e
aplaudi. Agamennone ordinò ai guardiani di scostarsi. Polissena lacerò il
proprio peplo dalla spalla all’ombelico e scopri le mammelle e il petto
bellissimo come di statua - mastouv" t
j e[deixe stevrna q j wJ" ajgavlmato" - kavllista (560 - 561).
Poi
la principessa posò a
terra il ginocchio.
(cfr.Lucrezio e la sua Ifigenia,
molto diversa muta metu genibus summissa petebat, I, 92)
Quindi
Polissena disse parole piene di coraggio: ecco, giovane pai'son,
colpisci il petto se vuoi, o la gola che è qui pronta - laimo;" eujtreph;" o{de (565).
Lui
per compassione della ragazza non volendo e anche volendo - o[ d j ouj qevlwn te kai; qevlwn oi[ktw/
kovrh" (566),
taglia con il ferro i canali del respiro tevmnei sidhvrw/ pneuvmato" diarroav" (567).
Sgorgavano
sorgenti di sangue.
Mentre moriva la
principessa comunque si dava molta cura di cadere in bella forma pollh;n provnoian ei\cen eujschvmwn pesei'n (569) con decoro , coprendo cio che si deve coprire
rispetto agli occhi degli uomini - kruvptous
j a} kruvptein ommat j ajrsevnwn crewvn (570).CONTINUA