NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 31 maggio 2024

Ifigenia CXCIII La seconda parte della lettera mai spedita.

Ecco io ora sono felice solo se penso intensamente a te, se riesco a vederti, a vivere una scena passata

Non credo che tu sia felice- pensai- comunque io non lo sono con te, perché tu in questo mese mi hai reso infelice e tutte queste sciocche moine non cambiano i fatti.

Seguitai comunque a leggere

Anche per questo sono tornata a Bologna, dove tutto mi ricorda te, tesoro mio adorato. Perché non sei qui? Torna presto”.

Intanto ero già tornato e ogni parola contraddiceva le cose.

Sai, sono stata anche a casa tua, dentro e ho visto tante cose: i libri, il tuo album da cui ho preso due foto, la cucina, le scritte sui muri, ma per prima cosa il letto”.

Sì il letto dei nostri tripudi c’era ancora e conservava ricordi belli, perfino qualcosa del nostro calore. Mai però come il letto della camera quattro del secondo collegio di Debrecen dove Helena otto anni prima mi aveva detto: “io non sono materia”.

 Ifigenia nell’ultimo mese si era reificata mentendo, e questa lettera confermava le mie ipotesi peggiori.

Mi ci sono sdraiata e tu eri accanto a me”. C’ero stato e non c’ero più. Dovevo trovarne un’altra. Della levatura di Helena.

Io ti adoro,sai, e sono felice di adorarti perché tu sei la persona migliore che io conosca. Per me ora se l’Unico: il più intelligente, il più sensibile, il più sincero, il più giusto, il più dolce, il più desiderabile, il più sensuale”. Maldisposto com’ero feci caso a quell’ “ora”. “E nel mese scorso- pensai- e domani?”. Devo mettermi in guardia da una come te. Non ripeterò la sciocchezza di questa estate quando potevo allungare di almeno un paio la lista delle belle  che ho amato e non l’ho fatto per non rompere la fede a una che  mi ha disonorato. Sono arrivato appena a 32 con te e non sono più di primo pelo. A 1003 non ci arriverò più. Nemmeno a 103, temo. Però le 50 devo raggiungerle e superarle: l’ho giurato a me stesso quando ero più giovane e non ero ancora arrivato alla prima decina: una miseria da vergognarsene.

Quella seguitava a mentire

Non sto esagerando, per me è veramente così. Ed io ti amo, e tu mi ami

Chi te l’ha detto? Il demone che ti suggerisce sempre bugie. Il demone che sei tu che falsifichi ancora.

Non è una cosa meravigliosa?” No, fa schifo le risposi virtualmente e virtuosamente

Sai, sono emozionata e contenta perché finalmente sono riuscita a scriverti”. Già fino a ieri il ganzo ti teneva troppo occupata. Magari quando facevate l’amore muggiva come quello di Pasife.

Qui il tempo è brutto e triste: il cielo piange amare gocce, dopo avere già pianto molto: anche lui desidera la tua persona

Cerca di essere poetica usando espressioni peregrine del tutto inadeguate alla nostra situazione, mi dissi

Il sole è scomparso, forse è da te in questo momento. Guardalo bene perché sta parlando, e sai cosa dice? Dice che io ti amo, che sono con te e tu con me, che ce l’abbiamo fatta”.

La bugiarda attribuiva falsità anche al sole: "Solem quis dicere falsum/audeat? ",  solo una scellerata come costei.

“Evviva! In fondo io negli ultimi tempi ho sempre pensato che sarebbe andata così- Il nostro amore è troppo vero, unico e profondo, perché la prova potesse fallire”.

Fallire più di così non poteva

E tanti saluti

Bologna 31 maggio 2024 ore 17, 13 giovanni ghiselli

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Pindaro Pitica I. Strofe, antistrofe, epodo 2.


 

Epodo 1

Ma quanti Zeus non ama si spaventano udendo

la voce delle Pieridi

sulla terra e il mare invincibile

e anche quello che giace nel Tartaro, nemico degli dei,

Tifone dalle cento teste, che un tempo

l’antro della Cilicia  famoso nutriva

e ora le coste cinte dal mare

oltre Cuma,

e la Sicilia  schiacciano il suo

petto villoso, e anche la colonna del cielo- kiwvn  d’ ouraniva-

comprime,

l’Etna nevosa,

nutrice perenne

di ghiaccio pungente-civono~ ojxeia~-

 

La voce delle Pieridi dunque, le Muse nate nella Pieria, regione  alle falde dell’Olimpo, spaventano i nemici di Zeus. L’arte disturba chi non la  capisce né la sente: presenta un mondo del tutto diverso dal loro.

Gli artisti invece continuano a dire: “Pergite, Pierides”, avani Pieridi!  (Virgilio, Ecloga VI, 13)

Tifone, abitatore degli antri Cilici,  suscitò la pietà di Prometeo quando lo vide  soggiogato a forza dopo essere stato sconfitto da Zeus. E ora è gravato dalle radici dell’Etna (Eschilo, Prometeo incatenato, 351- 365)

Pindaro menziona la Cilicia, la Campania e la Sicilia cercando di conciliare versione diverse del mito. Ho ricordato Eschilo perché amo la tragedia.

La colonna del cielo accosta l’Etna al mito di Atlante ricordato dal Prometeo di Eschilo subito prima di quello di Tifone citato sopra. Prometeo è tormentato da questo ricordo del fratello Atlante. Sono i Titani che hanno cercato di sconvolgere l’ordine imposto da Zeus e sono stati sconfitti.

L’assonanza kiwvn- civono~- colonna- neve, gelo- mi fa pensare, arbitrariamente, a quanto possono essere scivolose  tante colonne  che sembrano sostenitrici di uno stato mentre fanno spesso precipitare chi vi è salito sopra.

 

Bologna 30 maggio 2024 ore 10, 46 giovanni ghiselli

 

Pindaro Olimpica I Strofe 2

Viene descritta un’eruzione dell’Etna. Tale e[kfrasi~ si ritrova in diversi altri testi a partire dal Prometeo incatenato di Eschilo.

 

Traduciamo intanto le parole di questa seconda strofe :

“Dai suoi recessi eruttano fonti misteriche  aJgnovtatai pagaiv-

di fuoco  inaccostabile;  fiumi –potamoiv-

nel giorno riversano una corrente di fumo

fulva, ma nelle notti  la fiamma purpurea

rotolando porta dei massi

alla distesa profonda del mare con fragore.

Quella fiera kei`no e{rpetovn- solleva

spaventosi zampilli di Efesto,

mirabile mostruosità a vedersi,

meraviglia anche a udirsi dai presenti,

 

ajgnov~, qui al superlativo, significa “santo”: letteralmente sarebbe santissime. Ho tradotto misteriche per fare una sincrasi tra santo e misterioso.

potamoiv : cfr. potamoi; purov~ del Prometeo incatenato di Eschilo citato sotto

e{rpetovn ha la stessa radice indoeuropea *serp- del latino serpo e indica un animale che striscia, con allusione alla forma serpentina di Tifone che Esiodo descrive come un mostro dalle cui spalle spuntavano cento teste di serpente, terribile drago (Teogonia 825)

Dicevo del Prometeo incatenato di Eschilo che descrive un’eruzione dell’Etna. Il Titano racconta che dal vulcano fiumi di fuoco potamoi; purov~-  i quali con mandibole feroci divorano i campi fecondi della Sicila- 367- 368.

E’ l’ira di  Tifone /369) che fa traboccare tempeste di fuoco con strali ardenti

Non si conosce la data del Prometeo incatenato e non si dà per certa nemmeno la paternità eschilea di questa tragedia ma sono convinto sia opera di Eschilo e non escludo che i due poeti si siano consultati

Ricordo che il drammaturgo, dopo i Persiani del 472, si recò a Siracusa ospite di Ierone e compose le Etnee  per celebrare la fondazione di Etna. In quegli anni la corte di Ierone era frequentata anche da Pindaro, Simonide e Bacchilide.

Quindi il tragediografo tornò ad Atene dove rappresentò l’Orestea (458)

Dopo di che tornò in Sicilia, a Gela dove morì nel 456 a 69 anni. In quel tempo i Dinomenidi avevano perso il potere a Siracusa.

 

Antistrofe 2

come (la terribile fiera) è incatenata  tra le cime dell’Etna nera di foglie

e il suolo, e il giaciglio lacerando strazia

tutto il dorso disteso.

Sia dato, Zeus, sia dato di piacerti,

tu che governi questa montagna , fronte – mevtwpon-

di una terra ferace, del cui  nome

il fondatore illustre onorò

la città vicina, nella corsa di Pito

l’araldo la nominò dando l’annuncio

per Ierone dalla bella vittoria.

 

Viene glorificata la vittoria pitica a Delfi e la fondazione della città di Etna che prende il nome del gande vulcano, fronte- mevtwpon-  della Sicilia come la fronte si erge sul viso.

 

Epodo 2

nella gara dei carri. Agli uomini che intraprendono

 un viaggio per nave la prima gioia è che giunga un vento

che conduca la nave: è verosimile infatti

che anche nell’esito potrebbero ottenere un migliore ritorno.

 

Forse perché il vento propizio, da poppa o da schiena, è un segno del favore divino e questo se c’è non cambia quando cambia la direzione del moto. Lo dico da ciclista.

 

Il discorso in tali eventi comporta la credenza

che nell’avvenire la città sarà celebre per le corone e i cavalli

e rinomata per le feste allietate dai canti.

 

Non posso astenermi dal rilevare la festività greca da contrapporre alle tetre superstizioni di altre culture.

 

Ricordo Tucidide  II, 38, 1, un paragrafo del lovgoς ejpitavfioς attribuito a Pericle

Essere cittadino impegnato non significa non avere svaghi. Ad Atene vige una festività agonistica: abbiamo procurato pleivstaς ajnapauvlaς th̃/ gnwvmh/ moltissimi sollievi allo spirito, ajgw`si mevn ge qusivaiς diethvsioς con agoni e feste sacre che durano  tutto l’anno  (Grandi Dionisie in primavera, Dionisie rurali e Lenee d’inverno) e anche con eleganti arredi privati il cui piacere quotidiano di queste cose scaccia il dolore.

Insomma non  circenses empi e volgari, bensì teatro quale festa e quale rito che pone l’uomo e dio, e la polis e la politica come problemi

La città riceve ogni cosa da tutta la terra per la sua potenza. La fruizione dei beni quindi non è solo quella di prodotti locali (Tucidide, II, 38, 2)

Offriamo la nostra città come bene comune per chi vuole imparare o assistere ai nostri spettacoli. Non pratichiamo xenhlasiva  (xenhlatevw, xevnoς- ejlauvnw) il bando degli stranieri, quindi non  escludiamo alcuno dall’imparare o dal vedere (kai; oujk ajpeivrgomevn tina h} maqhvmatoς h} qeavmatoς (Tucidide, II, 39, 1), anche se il nemico se ne può avvantaggiare.

 

Santo Mazzarino rileva che lo Scita Anacarsi sceglie la cultura greca contrassegnata dalla "festività orgiastica"[1], mentre il popolo scita"può essere caratterizzato, comunque, dal simbolismo", come si vede "nel racconto erodoteo sui doni scitici a Dario".

 " Attribuite ad un popolo come lo scita, che tiene un pò dell'orientale (come noi oggi sappiamo, e come anche Erodoto sapeva: IV 11[2]), e un pò dell'Europa giovane quelle maniere simboliche hanno un rilievo tutto particolare. Cosa si può contrapporre ad esse da parte della cultura greca? Tutto un mondo diverso: Erodoto lo sa benissimo. Ma egli sottolinea un punto: la festività orgiastica di tipo ellenico. Egli racconta che lo scita Anacarsi fu ucciso perché, tornato dalla greca Cizico nella sua patria, celebrò la festa in onore della Madre degli dèi, alla maniera greca "tendendo un timpano e appendendo statuette al suo corpo"[3].

 

Concludiamo dunque l’Epodo 2 della Pitica I di Pindaro

Febo licio, sovrano di Delo,

che ami la fonte Castalia del Parnaso,

voglia tu porre  nella mente queste parole

e la terra dai validi uomini.

 

Sono menzionati i luoghi che il culto attribuisce a Febo: la Licia, Delo, Delfi e la fonte Castalia sovrastate dal Parnaso.  

 

Mi pregio e mi vanto di avere scalato questa montagna superiore ai 2000 metri dal porto di Itea alle piste sciistiche, come del resto l’Etna superiore ai 3000 dalla stazione ferroviaria di Catania al rifugio Sapienza.

Le mie imprese ciclistiche e quelle amorose mi confortano non meno dei miei studi e dei miei scritti nell’avvicinarsi degli 80 anni. Che Dio mi benedica dato che gli ho reso onore.

 Quest’anno non sono andato in Sicilia perché nessuno mi aspettava in quella magnifica terra. In compenso sono stato accolto benissimo a Benevento dove tornerò, e ora studio per  tenere conferenze nella biblioteca Ginzburg qui Bologna poi ne terrò  a Pesaro nell’Hotel Alexander e al festival dei filosofi lungo l’Oglio di Brescia.

In luglio probabilmente tornerò in Grecia. Sento la mancanza di Olimpia e  in particolare, di Delfi, di Corinto sull’Istmo, e di Nemea studiando Pindaro

 

Bologna 31 maggio 2024 ore 11, 19

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[1]S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , I, vol., p. 149.

[2]Dove gli Sciti sono definiti:"nomavda" oijkevonta" ejn th'/ jAsivh/", nomadi abitanti dell'Asia.

 [3]"oJ jAnavcari" th;n oJrth;n ejpetevlee pa'san th'/ qew'/, tuvmpanovn te e[cwn kai; ejkdhsavmhno" ajgavlmata" Erodoto, IV, 76, Anacarsi celebrava tutta la festa in onore della dea, tenendo un timpano e con le immagini appese al collo-

giovedì 30 maggio 2024

La bandiera palestinese esposta dal sindaco di Bologna

Approvo senza alcuna ambiguità di parole questo gesto di Matteo Lepore che  in un video lo ha commentato così: “come sindaco di un Comune storicamente schierato per la pace, la non violenza e i diritti umani, ho deciso che non possiamo restare in silenzio a guardare quello che sta succedendo in Palestina. Occorre prendere posizione. Ho deciso di assumermi questa responsabilità fino a che non termineranno i bombardamenti e la violazione del diritto internazionale. Quando finalmente il governo israeliano deciderà di cessare questa vilenza inaudita, allora potrò esporre anche la bandiera israeliana”.
 
C’è stata una risposta polemica da parte di due presidenti delle comunità ebraiche: Noemi Di Segni e Daniele De Paz. Accusano Lepore con queste parole: “Un gesto simile non fa che legittimare la voce del terrorismo e della prevaricazione”. Cito dal quotidiano “la Repubblica” di oggi.
Vorrei capire il significato di tale reazione. Mi chiedo come può entrare nella categoria orrenda del terrorismo, subìto prima dagli Israeliani poi dai Palestinesi, la richiesta di smettere di ammazzare.
Il terrorismo antiisraeliano è stato giustamente condannato da tutti fin dall’inizio; questa risposta dal contrappasso decuplicato invece non deve essere nemmeno criticata secondo alcuni. Sarebbe la vendetta giusta? La punizione proporzionata al massacro subito? Domando a questi assertori del versamento del sangue di tanti civili, decine di migliaia, in maggior parte donne e bambini, se tale strage è un’opera di bene in quanto punisce chi ha perpetrato il primo crimine. Non credo che uccidendo ancora si possa arrivare alla giustizia o alla verità.
A questo proposto citò alcune parole attribuite da Dostoeskij a Ivàn Karamazov: “Se le sofferenze dei bambini sono servite a completare la somma delle sofferenze necessarie per acquistare la verità, io dichiaro fin d’ora che tutta la verità presa insieme non vale quel prezzo “ (I fratelli Karamazov, libro quinto, capitolo quarto, La ribellione)
Io so di essere uomo e non posso approvare alcuna uccisione.
 Torno dunque a ripetere un verso che Euripide fa dire alla vecchia regina di Troia la quale chiede ai Greci vincitori di non ammazzare anche sua figlia , la ragazza Polissena, dopo che le hanno ucciso il nipote, il bambino Astianatte:
mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" "  Ecuba, v. 278), non uccidete: ce n’è abbastanza di morti.
Ho ripetuto spesso queste parole nel mio blog a partire dal 7 ottobre dell’anno scorso. Aspettando la Pace e il cielo sereno.
 
Bologna 30 maggio 2024

Ifigenia CXCII La lettera di Ifigenia.

Ifigenia CXCII

La lettera di Ifigenia. Scritta quando? Scritta come?

 

Arrivammo a Bologna indispettiti, stremati, oppressi quasi quanto Tifone dal peso dalla mole dell'Etna, e non la invitai a casa mia per fare l'amore.

Sicché l'accompagnai direttamente fino alla porta della sua abitazione. Giunti nei pressi di casa sua, cominciò a frugare nella borsa che aveva sulle ginocchia. Disse che cercava l'espresso promesso, scritto pochi giorni prima e non spedito perché stavo per tornare. Aggiunse che ci aveva messo tutto il suo impegno. Mi chese di leggerlo presto. Arrivato a casa mia lo feci.

Ne trascrivo delle parti, poi magari le commento come faccio con i testi dei miei autori-accrescitori.

 In fondo per qualche tempo anche Ifigenia mi aveva aiutato a cescere.

 

Bologna 16-8-1979

(ma 16 è scritto sopra un altro numero, forse 18

"Caro amore mio,

che voglia ho di rivederti! E' quasi un mese che siamo separati e mi sembra tanto, tanto tempo. In questi giorni passati non sono mai stata felice.

Pensai che io invece lo sarei stato se avessi letto queste parole dieci giorni prima. Non è difficile essere felici quando si sa e si fa quello che si vuole.

Più e più volte in quel mese l'avevo supplicata di scrivemi!

Torniamo alle parole scritte che già vedevo sconciate dalla lordura dell'ipocrisia e della menzogna.

Non che mi sia annoiata non facendo mai nulla. Anzi. Ho letto (Shakespeare, Sofocle, Kafka, un po' di Nietzsche), camminato, nuotato, parlato con un paio di amiche, osservato, senza però essere mai interamente felice.

Ma vedi la studiosa indefessa: Nietzsche solo un po', mentre Shakespeare, Sofocle e Kafka tutti interi, magari in lingua, chissà.

Inoltre la grande fedeltà: ha parlato con due amiche durante la mia assenza; invece quando c'ero mi raccontava di essere stata piacevolmente corteggiata da questo e da quello.

"Le uniche emozioni le ho provate nel guardare il mare, il sole, la luna, le stelle"

Le mie emozioni invece a Debrecen quell'anno erano state prevalentemente cattive, dato il silenzio di lei. Per riprovare emozioni buone dovevo ricordare i mesi passati con Helena, con Kaisa, con Päivi.

Tutti i luoghi dell'Università estiva conservavano sempre viva la gioia e la poesia di quei mesi oramai lontani. Costei era una caricatura di donna bugiarda.

Avrei tanto  desiderato che ci fossi anche tu. Pensa, io e te soli, soli nell'infinito.

Sai che noia!-pensai- I tre amori con le  finniche sono stati i supremi della mia vita perché intorno avevamo i rispettivi amici, e l'università era una polis, dove si parlava e si viveva appunto politicamente. Anche quegli amori erano stati politici: mi avevano aperto benevolmente verso l'umanità, il meglio dell'umanità che trovavo nelle parole di quelle amanti e dei  cari contubernali di allora.

Ma torniamo alle sciocchezze impolitiche  e impoetiche poetiche. nonostante i goffi tentativi.

Il cielo e il mare sono una cosa unica, hanno lo stesso colore e il tuffarsi nell'acqua è come  tuffarsi nel cielo. Quando stavo in acqua, mi sentivo libera e leggera, sicura, come se fossi stato l'unico essere umano vivente; avei voluto urlare, poi uscire dall'acqua e correre, correre cantando il mio vero amore per te".

Brava! Così ti mettevano in manicomio e non se ne parlava più. Modello di queste sciocchezze è il linguaggi pubblicitario che di recente è stato mutuato anche dalla marmaglia dei politici peggiori che cercano di attirare gli ignoranti e gli imbecilli.

Per ora basta così. E' quasi giunta l'ora di andare in bicicletta. Anzi, forse è già qui.

Bologna 30 maggio 2024 ore 11, 57 giovanni ghiselli

p. s

Cari lettori, preferite questi capitoli o le traduzioni e il commento delle Odi pindariche?

Fatemi trovare qualche risposta al mio rientro dal giro ciclistico.

  

 

 

 

 

 

 

  

 

 

Pindaro Pitica I. Epodo 1


 


Ma quanti Zeus non ama si spaventano udendo

la voce delle Pieridi

sulla terra e il mare invincibile

e anche quello che giace nel Tartaro, nemico degli dei,

Tifone dalle cento teste, che un tempo

l’antro della Cilicia  famoso nutriva

e ora le coste cinte dal mare

oltre Cuma,

e la Sicilia  schiacciano il suo

petto villoso, e anche la colonna del cielo- kiwvn  d’ ouraniva-

comprime,

l’Etna nevosa,

nutrice perenne

di ghiaccio pungente-civono~ ojxeia~-

 

La voce delle Pieridi dunque, le Muse nate nella Pieria, regione  alle falde dell’Olimpo, spaventano i nemici di Zeus. L’arte disturba chi non la  capisce né la sente: presenta un mondo del tutto diverso dal loro.

Gli artisti invece continuano a dire: “Pergite, Pierides”, avani Pieridi!  (Virgilio, Ecloga VI, 13)

Tifone, abitatore degli antri Cilici,  suscitò la pietà di Prometeo quando lo vide  soggiogato a forza dopo essere stato sconfitto da Zeus. E ora è gravato dalle radici dell’Etna (Eschilo, Prometeo incatenato, 351- 365)

Pindaro menziona la Cilicia, la Campania e la Sicilia cercando di conciliare versione diverse del mito. Ho ricordato Eschilo perché amo la tragedia.

La colonna del cielo accosta l’Etna al mito di Atlante ricordato dal Prometeo di Eschilo subito prima di quello di Tifone citato sopra. Prometeo è tormentato da questo ricordo del fratello Atlante. Sono i Titani che hanno cercato di sconvolgere l’ordine imposto da Zeus e sono stati sconfitti.

L’assonanza kiwvn- civono~- colonna- neve, gelo- mi fa pensare, arbitrariamente, a quanto possono essere scivolose  tante colonne  che sembrano sostenitrici di uno stato mentre fanno spesso precipitare chi vi è salito sopra.

 

Bologna 30 maggio 2024 ore 10, 46 giovanni ghiselli

 

 

 

 

 

mercoledì 29 maggio 2024

Poindaro. Pitica I A Ierone Etneo vincitore con il carro. Prima parte


 

Ierone vinse la corsa delle quadrighe a Delfi nel 470 –ventinovesima Pitiade.

Vediamo un poco di storia della Sicilia grecizzata.

Nel 470 Ierone  era all’ apice del potere tirannico su Siracusa ereditato dal fratello Gelone morto nel 485. Questa ode ricorda le imprese riportate dai due fratelli figli di Dinomene. La famiglia dei Dinomenidi proveniva da Telo, un’isola vicina a Rodi.

Gelone aveva sconfitto i Cartaginesi nella battaglia di Imera del 480 quando era tiranno di Gela alleato con altri sicelioti tra cui Terone tiranno di Agrigento. A questa battaglia parteciparono anche Ierone e gli altri fratelli Polizelo e Trasibulo.

Con questa battaglia Siracusa divenne una potenza navale. Con il bottino Gelone fece grandi donativi a Delfi e Olimpia.

Nel 476-475 Ierone fondò Etna dopo avere distrutto la colonia ionica di Catania. La nuova colonia fu popolata da greci dorici e prese il nome dal Vulcano sovrastante. Il figlio di ierone, Dinomene, ne fu nominato reggente.

L’impresa militare più rilevante di Ierone fu la vittoria navale di Cuma riportata sugli Etruschi. Quindi insediò un presidio Siracusano nell’isola di Pitecussa-oggi Ischia- che però venne abbandonata per i fenomeni eruttivi.

 

L’ode che ora vedremo consta di cinque triadi  con strofe e antistrofe di sei versi, l’epodo di dieci.     

Ora traduciamo e commentiamo la prima strofe e la prima antistrofe che sono rivolte alls cetra, lo strumento eptacorde di Apollo e degli aedi.

 

Strofe 1solleva

Cetra d’oro- Crusiva formigx- possesso comune di Apollo

e delle Muse dai riccioli di viola,

che ai passi di danza attendi, principio di festa,

 i cantori obbediscono ai segni musicali

quando vibrando fai nascere gli accordi iniziali

dei preludi che guidano i cori.

 

L’invocazione alla cetra celebra la musica, l’elemento unificante, dionisiaco, che suscita amore, ordine e pace.

 

E spengi il fulmine acuminato

di fuoco che scorre continuamente.

Dorme sullo scettro di Zeus l’aquila,

abbassata da una parte e dall’altra l’ala veloce.

 

L’uccel di Giove” (Dante Purgatorio, XXXII, 112); “il santo uccello” (Dante Paradiso, XVII, 72);  lo  Iovis ales di Virgilio ( Eneide, I. 394), insomma l’aquila, non tiene sempre le ali aperte significando volontà di appropriazione imperiale voluta da dio. Quando sente la musica che spinge gli umani all’unità tra loro e con la natura, piega le ali. Dante nel VI canto del Paradiso racconta il volo dell’aquila “il sacrosanto segno” v. 32 di tutti i successi imperiali conseguiti con una serie di guerre.

Tutt’altra è questa aquila

 

Torniamo dunque all’aquila di Pindaro

Antistrofe 1

Sovrana tra gli alati- ajrco;~ oijwnw`n, però tu sul suo capo

rostrato hai versato una nuvola di nero aspetto,

dolce serrane delle palpebre, e quindi assopita

solleva il morbido dorso

posseduta dai tuoi suoni. Anche Ares

possente infatti lasciando lungi

l’aspra punta delle lance, molcisce il cuore

in un sonno profondo; i tuoi strali

affascinano anche le menti dei numi

con la sapienza del figlio di Latona

e delle Muse dalle ampie sinuosità.

 

La cetra  e la sua musica sono ispiratrici e forierr di pace, al punto che Ares, il cambiavalute dei corpi[1],  il dio disonorato tra gli dei[2] viene addormentato e placato dalla musica come il grande uccello  rapace, dai voli fulminei

 

Bologna 29 maggio 2024 ore 18, 50 giovanni ghiselli

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[1] Nel primo stasimo dell'Agamennone di Eschilo il coro di vecchi Argivi definisce Ares il dio della guerra "oJ crusamoibo;" d  j   [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi.

A causa sua

"invece di uomini

urne e cenere giungono

alla casa di ciascuno"(434-436). ajnti; de; fwtw`n-teuvch kai; spodo;~ eij~ eJkav-stou dovmou~ ajfiknei`tai (434-436).

 

[2] Sofocle nella Parodo dell’Edipo re invoca gli dèi dell’ordine cosmico, dell’arte, del benessere e degli agoni ginnici- Zeus, Apollo, Minerva, Artemide-, mentre depreca, cioè prega che si allontani con una corsa retrograda, precipitosa, Ares il dio della guerra-to;n malerovn, il violento (190), to;n ajpovtimon ejn qeoi`~ qeovn, il dio disonorato tra gli dèi (215).

 

Pindaro Olimpica IV. Traduzione e commento.

Olimpica IV a Psaumis di Camarina vincitore con il carro.

 

E’ un’ode breve che consta di una sola triade strofica.

Celebra la vittoria olimpica ottenuta da Psaumis nel 452 con la quadriga equestre. Vediamone i versi

 

Strofe

Zeus viene invocato come sommo signore, auriga del tuono dal piede infaticabile.

 

Platone nel Fedro riprende questa immagine: Zeus

Zeus è l’auriga che precede un esercito di dei e demoni conducendo il carro alato-ejlauvnwn pthno;n a{rma  e ordinando tutte le cose diakosmw`n pavnta. Non segue  la schiera divina solo  JEstiva la dea del focolare che rimane da sola nella casa degli dèi (246 E-247A )

Troviamo una ripresa di Giove auriga anche in Orazio: “ Diespiter –igni corusco nubila dividens- plerumque, per purum tonantis- egit equos volucremque currimCarm, I, 34, 5-8, Giove che suole rompere   le nuvole con il fulmine brillante ha spinto cavalli tonanti e il carro alato per il cielo sereno.

 

Le Ore figlie di Zeus, danzando circolarmente- eJlissovmenai- al suono variegato della cetra,  hanno mandato me quale testimone- mavrtur j  degli agoni più alti.

 

Testimone è il poeta compositore e il coro che intona il canto

 

 

Cfr. Euripide Troiane vv 2-3: e[nqa Nhrh/dwn coroi;- kavlliston i[cno~ ejxelissousin podov~- dove le danze delle Nereidi muovono in cerchio i piedi dalle bellissime impronte.

 

Quando gli ospiti hanno successo,

i  valenti provano subito gioia e[sanan

al dolce annuncio.

 

I valenti sono i poeti dotati, ospiti del vincitore ed esultano per il risultato della gara. Saivnw ha come primo significato “scodinzolo” ma qui è opportuno dargli un significato positivo.

 

Ma tu, figlio di Crono,  che tieni l’Etna,

massa ventosa,

sul possente Tifone dalle cento teste

accogli  anche per le Grazie questo festeggiamento

della vittoria Olimpica,

 

Il peso massiccio dell’Etna viene paragonato dai vecchi coreuti dell’Eracle di Euripide (vv. 637-640) a quello dell’età che grava sulle loro spalle

Callimaco invece scrive che tutta la Sicilia  pesa sul maledetto  Encelado ( Aitia,  fr. 36 Pfeiffer)

 

Antistrofe

durevolissima luce

di possenti virtù.

 

Il festeggiamento riflette la luce dei talenti del vincitore.

 

Infatti giunge sul carro di Psaumis

che incoronato dell’olivo di Pisa

corre a innalzare gloria a Camarina.

Sia propizio il dio alle restanti preghiere

poiché lo lodo, sempre pronto

all’allevamento di cavalli,

contento di accogliere gli ospiti

e  volto  con animo puro alla pace

amica della città.

Non tingerò di menzogna il discorso

 confutazione dei mortali è la prova

 

Epodo

che liberò dal disprezzo  delle donne di Lemno

il figlio di Climeno.

Vncendo la corsa in armi di bronzo

e andando incoronato al premio

Disse a Ipsipile:

“questo sono io

Per velocità

Uguale nelle mani e nel cuore

Crescono anche nei giovani

Uomini spesso capelli bianchi

Contro il tempo confacente all’età”.

 

Fine dell’Olimpica IV

 

Ergino è il figlio di Climeno, ricordato da Apollonio Rodio nell’elenco degli Argonauti (Argonautiche 186-187) quale figlio di Poseidone però-. Gli scoli spiegano che Ergino aveva i capelli bianchi per una precoce canizie e fu per questo deriso dalle donne di Lemno-le ardite femmine spietate di Dante-,

 Tuttavia questo argonauta vinse una corsa in armi superando i velocissimi figli di Borea Zete e Calais  ai giochi funebri in onore di Toante e smentì le donne beffeggiatrici.

Forse il laudandus celebrato dall’ode era canuto e magari neanche giovane però aveva vinto come Ergino. Nel caso la scelta di questo raro mito avrebbe una funzione encomiastica.

 

Bologna 29 maggio 2024 ore 10, 48 giovanni ghiselli

 

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martedì 28 maggio 2024

Ifigenia CXCI. La sentenza pressocché inappellabile. Seconda parte.


 

Viaggiavamo sull’autostrada verso l’anno scolastico da passare insieme: nel liceo le mattinate, se le rinnovavano la supplenza,  e in camera mia nei pomeriggi, come si era fatto nei mesi precedenti l'estate. Le ingorda   scorpacciate di piacere non ci avevano pocurato una gioia sicura.

Anzi questa si era già rovesciata.

 Nell'automobile non si parlava. La prospettiva sull’avvenire non era buona. Vedevo davanti a noi un anno buio e doloroso a meno che intervenisse un cambiamento: non il ribaltamento di un coccio bensì la conversione dell’anima, pensavo, ricordando Platone.

Se non ci volgevamo verso la luce spogliandoci delle miserie di un divenire disastroso, l'anno seguente sarebbe stato orrendo come una giornata invernale quando un cielo cupo, oppressivo, ci schiaccia l'anima sul pavimento della cucina dove ci ingozziamo senza fame per disperazione o stesi nel letto facciamo sesso senza desiderio, con fatica, quasi con disgusto per quella carne mortale che non piace più. Allora si ci avvicina a una finestra in cerca di visioni confortanti ma si notano i rami  degli alberi coperti da croste gelate e scossi da un vento boreale che fa cadere uccelli intirizziti sulla strada dove le ruote delle automobili li riducono a pezzi di spazzatura. E si stringe il cuore.

 Ifigenia mi aveva reso infelice. Già presoffrivo le sue visite lunghe, noiose, sgradite, l'insegnamento per niente creativo delle grammatiche, la lotta perdente contro il preside tanghero e con i colleghi ostili al mio metodo, alla mia persona e alla cultura.

Per non avvilirmi del tutto pensai: "tu non sarai mai come loro!"

Due mesi più tardi una nuova supplente, Lucia, mi diede una scossa vitalizzante che dissipò l'aria mefitica che mi stava mortificando e illuminò l'orizzonte come il sole di febbraio passa attraverso uno squarcio aperto dal vento nella bruma pomeridiana e promette una stagione migliore all'uomo avvilito e ottenebrato da mesi di buio.

Quel 22 agosto Ifigenia forse avrebbe trovato il coraggio e la forza di chiarirmi quanto le era capitato se mi fossi mostrato più disponibile ad  ascoltarle e capirla. Diversi mesi più tardi disse che quella sera alla stazione di Padova aveva visto in me un uomo malvagio, simile a un serpente  maligno che spirava un fumo velenoso e vibrava una lingua piena di odio verso la ragazza che gli era andata incontro mentre tornava da un mese di assenza in una città lontana dove aveva vissuto le giornate più belle della sua vita quando era più giovane e meno cattivo.

 

Bologna 28 maggio 2024 ore 10, 11 giovanni ghiselli

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Chiedo scusa


 

Carissimi allievi, amici, ascoltatori e collaboratori,

mi scuso per ieri: so che molti non hanno avuto il collegamento.

 Temo che ci siano stati degli errori tecnici. Ci starò molto attento la prossima volta. Nel caso telefonate tempestivamente alla biblioteca Ginzburg:

051-466307

Saluti cari

gianni.

Bologna 28 maggio 2024 ore 9, 53

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lunedì 27 maggio 2024

Pro memoria


Ricordo che oggi pomeriggio, dalle 17 alle 18, 30, terrò una conferenza sul Mito nella biblioteca Ginzburg di Bologna. Chi si trovasse lontano o non potesse venire di persona, può collegarsi con questo link: meet.google.com/ucw-gyvg-dzw

Se avrete difficoltà potete chiedere aiuto al tecnico della biblioteca: 051- 466307

Garantisco lsa serietà e la qualità del percorso preparato

Saluti

giovanni ghiselli

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domenica 26 maggio 2024

Persone falsificate e persone autentiche.


 

Ammiro il magnifico  ciclista sloveno Pogačar in quanto fa benissimo quello che fa. Gli uomini e le donne che svolgono il loro compito principale al massimo livello sono le persone non fasificate: quelle che non hanno tradito se stesse assumendo un’identita gregaria e non fanno niente oppure fanno tante cose e le fanno tutte male.

Il campione ciclista riesce a fare quanto speravo di fare da bambino e credevo di poterlo fare perché a 10 anni battevo i ventenni in bicicletta sulla Panoramica di Pesaro, la strada più bella del mondo.

Ero bravo, ma non abbastanza per primeggiare tra i primi nelle grandi gare.

L’ho capito in tempo e mi sono cimentato, e mi cimento ancora, nel campo dove posso gareggiare con chiunque: l’educazione dei giovani e, ora che sono vecchio assai, anche degli adulti e dei quasi vecchi.

In questo stadio davvero olimpico posso perdere confrontandomi con alcuni dei migliori però posso vincere cimentandomi con tanti altri pure  bravi.

Bologna 26 maggio 2024 ore 11, 59

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