domenica 21 aprile 2013

L’ineleggibilità di tre galantuomini


Nell’ Aiace di Sofocle, Agamennone che vorrebbe calpestare (prosembh`nai, v. 1348)  il cadavere del malato di mente suicida,  dice a Odisseo il quale invece ne ha pietà: non è facile che un tiranno sia una persona pia “to;n toi tuvrannon eujsebei`n ouj rJa/dion”  (v. 1350).
Una volta, quando aveva molta visibilità, il cosiddetto filosofo Buttiglione disse che il Papa, condannando la guerra, faceva solo il suo mestiere, che è tutt’altra cosa rispetto a quello del politico. Il mestiere del politico dunque, secondo certa gente, dovrebbe essere quello di assecondare la spietatezza del tiranno.
Ora il tiranno è il mercato che ha periodicamente bisogno di guerre.
Il mercato libero con licenza di uccidere.

Questa tirannide tetra, non meno spietata di quella di Nerone che  anzi, in confronto era  un ghiribizzoso ragazzo [1] amato dalla plebe povera [2], non può ammettere alla presidenza di una Repubblica asservita alle sue regole infernali, un filantropo come Gino Strada che vuole eliminare ogni guerra e togliere il profitto dalla medicina. Sono parole sante contro cui ha posto il suo veto inappellabile il possente pugno di ghiaccio del demone che ci tiranneggia e vuole gelare il mondo ridente di chi ama la vita.
Stefano Rodotà è un illustre giurista e costituzionalista, uno studioso che quando è stato vicino al potere non ne ha tratto profitti illeciti per sé, né li ha assecondati in alcun modo.
Ebbene, in un mondo dai valori ribaltati, dove tutto, o quasi tutto, va all’incontrario, questo merito diventa un demerito.
Tale rovesciamento è  tipico del dramma, è addirittura un topos della tragedia europea. 
Nell’Oedipus di Seneca questo ribaltamento viene denunciato da Manto,  la profetessa figlia di Tiresia :" Mutatus ordo est, sed nil propria iacet;/ sed acta retro cuncta ( vv. 366-367) , è mutato l'ordine naturale e nulla si trova al suo posto; ma tutto è invertito.
Nell'Agamennone di Seneca l'ombra di Tieste, alludendo agli orrori dei Pelopidi, dice; "versa natura est retro "(v. 34), la natura è stata rivoltata.
Concludo la rassegna con il  Timone d'Atene di Shakespeare "All's obliquy;/there's nothing level in our cursed natures/but direct villainy" (IV, 3), tutto è distorto; nulla è in sesto nella nostra natura maledetta, se non la diretta scelleratezza.
Veniamo al terzo personaggio che, nei pezzi precedenti l'elezione fatale, avevo indicato come probabile, nel senso del latino probabilis: "da approvare" e plausibile, Romano Prodi.
Il politico emiliano, da tanti anni bolognese, è un nostro connazionale di chiara fama internazionale, uno studioso e un uomo che ha gestito il potere con dignità, ossia senza rubare. Ma questo, s'è già detto, agli occhi dei ladri è un disonore. A me piace anche perché è uno sportivo, e, in particolare, è un amante del correre in bicicletta e a piedi, come chi scrive, come ogni uomo che, pur essendo mortale, ama la natura e apprezza, sopra tutto, la vita.
Ebbene anche questi aspetti di sanità somatica e mentale, non possono che essere svalutati in una società dove il progresso viene commisurato alla crescita del PIL e alla vendita di automobili e motociclette. Per giunta Prodi viaggia spesso in treno. Il mercato non può sopportare certi "cattivi" esempi.
La tirannide del mercato esige politici che approvino la guerra, lo sfruttamento dei poveri sempre più poveri da parte dei ricchi sempre più ricchi, i loro sprechi, e il profitto comunque si faccia, anche a danno della salute e della vita umana. Pasolini denunciò la falsità di tale sviluppo contrapponendolo al progresso vero, che è un avanzamento[3] in termini anche, soprattutto, morali, culturali e di felicità collettiva.
Ma sentiamo il maestro assassinato nel novembre del 1975:
" E' in corso nel nostro paese…una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani"[4].
Quindi Morin: “Concepito in modo solo tecnico-economico, lo sviluppo a breve termine è insostenibile. Abbiamo bisogno di un concetto più ricco e complesso dello sviluppo, che sia nello stesso tempo materiale, intellettuale, affettivo, morale…Il XX secolo non è uscito dall’età del ferro planetaria, vi è sprofondato”[5].

Un segno di infelicità grande che colpisce un mulierosus quale mi pregio di essere, anche se sono contrario alle "quote rosa" , è vedere che gli uomini non corteggiano più le femmine umane. Fateci caso: è addirittura difficile notare coppie di un ragazzo e una ragazza che si guardano negli occhi, che dialogano.
Il mercato ha imposto telefonini, video giochi e altre porcate del genere di cui nemmeno conosco il nome. E me ne vanto.
Per non apparire troppo arretrato e, dato l'avvio sofocleo, pressoché confinato  nell'isola dei miei adorati autori greci e latini che rischia oramai la fine di Atlantide[6], concludo citando alcuni versi di Leopardi che raccomando ai miei 28786 lettori e  alla mia terna di presidenti:
" Di questa età superba,
che di vote speranze si nutrica,
vaga di ciance, e di virtù nemica;
stolta, che l'util chiede,
e inutile la vita
quindi più sempre divenir non vede,
maggior mi sento" (Il pensiero dominante,[7] vv. 59-65).
E così sia.
Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it


[1] Quando si uccise, nel giugno del 68 d. C. non aveva compiuto 31 anni.
[2] La fine di Nerone aveva suscitato sentimenti diversi. Sentiamo come li descrive Tacito: “patres laeti, i senatori erano contenti, anche perché il nuovo princeps, Galba era vecchio, ed era lontano; i primi tra i cavalieri ( quelli che possedevano un milione di sesterzi e avevano il diritto di portare il laticlavio, segno della dignitas senatoria) erano vicinissimi alla gioia dei senatori   primores equitum proximi gaudio patrum ;  poi era contenta la pars populi integra et magnis domibus adnexa, la parte sana del popolo e legata alle grandi famiglie; invece erano maesti et rumorum avidi, abbattuti e avidi di chiacchiere, la plebs sordida et circo et theatris sueta, simul deterrimi servorum, aut qui adēsis  bonis per dedĕcus Neronis alebantur (Historiae I,  4),, la plebaglia sordida e avvezza al circo e ai teatri, inoltre i pessimi tra gli schiavi e  quelli che, mangiatisi i patrimoni, si nutrivano attraverso gli abomini di Nerone.
 “Vi è da notare come Tacito chiami “parte sana” del popolo quella che è vincolata alle grandi famiglie, inquadrata nelle clientele, mentre la “plebe sordida” è quella svincolata dalle clientele aristocratiche, legata all’imperatore; egli depreca che il principato abbia dato un colpo al vecchio sistema della subordinazi ione clientelare…il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti” (L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, p. 30 e p. 31).
Credo che la mafia attuale, e nazionale, non solo siciliana, sia una discendenza diretta dei rapporto clientelari vigenti e legalizzati nell’antica Roma. Nerone era il patrono della plebe e venne ammazzato per questo.
Il che non toglie, se è vero quanto raccontano di lui, Tacito, Svetonio e Cassio Dione, che sia stato anche un criminale. Non manca tuttavia un   Elogio di Nerone di Gerolamo Cardano (1501-1576) e una biografia simpatizzante di Massimo  Fini, Nerone, duemila anni di calunnie, Mondadori, 1993.
[3] Cfr. latino progredior, “vado avanti”. Ora tra i politici peggiori è di moda il rancido luogo comune: “ così non si va da nessuna parte”.
Nessuno di questi profittatori imbecilli e ignoranti ha avuto il coraggio o la capacità di introdurre una piccola e realistica variante: “così si va indietro”. Cfr. Acta retro cuncta citato sopra.
[4] Scritti corsari, p. 286.
[5] E. Morin, I sette saperi, p. 70.
[6] Li cito spesso e volentieri non solo perché mi piacciono molto ma anche per farli piacere a voi, cari lettori
[7] Del 1831.

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