Nell’
Aiace di Sofocle, Agamennone che
vorrebbe calpestare (prosembh`nai, v. 1348) il
cadavere del malato di mente suicida, dice
a Odisseo il quale invece ne ha pietà: non è facile che un tiranno sia una
persona pia “to;n
toi tuvrannon eujsebei`n ouj rJa/dion” (v. 1350).
Una
volta, quando aveva molta visibilità, il cosiddetto filosofo Buttiglione disse
che il Papa, condannando la guerra, faceva solo il suo mestiere, che è
tutt’altra cosa rispetto a quello del politico. Il mestiere del politico dunque,
secondo certa gente, dovrebbe essere quello di assecondare la spietatezza del
tiranno.
Ora
il tiranno è il mercato che ha periodicamente bisogno di guerre.
Il
mercato libero con licenza di uccidere.
Questa
tirannide tetra, non meno spietata di quella di Nerone che anzi, in confronto era un ghiribizzoso ragazzo [1] amato
dalla plebe povera [2], non può ammettere alla
presidenza di una Repubblica asservita alle sue regole infernali, un filantropo
come Gino Strada che vuole eliminare ogni guerra e togliere il profitto dalla
medicina. Sono parole sante contro cui ha posto il suo veto inappellabile il
possente pugno di ghiaccio del demone che ci tiranneggia e vuole gelare il
mondo ridente di chi ama la vita.
Stefano
Rodotà è un illustre giurista e costituzionalista, uno studioso che quando è
stato vicino al potere non ne ha tratto profitti illeciti per sé, né li ha
assecondati in alcun modo.
Ebbene,
in un mondo dai valori ribaltati, dove tutto, o quasi tutto, va all’incontrario,
questo merito diventa un demerito.
Tale rovesciamento è tipico del dramma, è addirittura un topos
della tragedia europea.
Nell’Oedipus di
Seneca questo ribaltamento viene denunciato da Manto, la profetessa figlia di Tiresia :" Mutatus ordo est, sed nil propria iacet;/ sed
acta retro cuncta ( vv. 366-367) , è mutato l'ordine naturale e nulla si trova al suo posto; ma tutto
è invertito.
Nell'Agamennone di Seneca l'ombra di Tieste,
alludendo agli orrori dei Pelopidi, dice; "versa natura est retro
"(v. 34), la natura è stata rivoltata.
Concludo la rassegna con il Timone d'Atene di Shakespeare "All's obliquy;/there's nothing level in our
cursed natures/but direct villainy" (IV, 3), tutto è distorto; nulla è
in sesto nella nostra natura maledetta, se non la diretta scelleratezza.
Veniamo al terzo personaggio che, nei pezzi precedenti l'elezione fatale,
avevo indicato come probabile, nel senso del latino probabilis: "da approvare" e plausibile, Romano Prodi.
Il politico emiliano, da tanti anni bolognese, è un nostro connazionale
di chiara fama internazionale, uno studioso e un uomo che ha gestito il potere
con dignità, ossia senza rubare. Ma questo, s'è già detto, agli occhi dei ladri
è un disonore. A me piace anche perché è uno sportivo, e, in particolare, è un
amante del correre in bicicletta e a piedi, come chi scrive, come ogni uomo
che, pur essendo mortale, ama la natura e apprezza, sopra tutto, la vita.
Ebbene anche questi aspetti di sanità somatica e mentale, non possono che
essere svalutati in una società dove il progresso viene commisurato alla crescita
del PIL e alla vendita di automobili e motociclette. Per giunta Prodi viaggia
spesso in treno. Il mercato non può sopportare certi "cattivi" esempi.
La tirannide del mercato esige politici che approvino la guerra, lo
sfruttamento dei poveri sempre più poveri da parte dei ricchi sempre più
ricchi, i loro sprechi, e il profitto comunque si faccia, anche a danno della
salute e della vita umana. Pasolini denunciò la falsità di tale sviluppo
contrapponendolo al progresso vero, che è un avanzamento[3] in
termini anche, soprattutto, morali, culturali e di felicità collettiva.
Ma sentiamo il maestro assassinato nel novembre del 1975:
" E' in corso nel nostro paese…una sostituzione
di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di
comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo
affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero
costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati,
così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto
senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli
italiani"[4].
Quindi Morin: “Concepito in modo solo tecnico-economico, lo sviluppo a
breve termine è insostenibile. Abbiamo bisogno di un concetto più ricco e
complesso dello sviluppo, che sia nello stesso tempo materiale, intellettuale,
affettivo, morale…Il XX secolo non è uscito dall’età del ferro planetaria, vi è
sprofondato”[5].
Un segno di
infelicità grande che colpisce un mulierosus
quale mi pregio di essere, anche se sono contrario alle "quote rosa" ,
è vedere che gli uomini non corteggiano più le femmine umane. Fateci caso: è
addirittura difficile notare coppie di un ragazzo e una ragazza che si guardano
negli occhi, che dialogano.
Il mercato ha imposto telefonini, video giochi e altre porcate del genere
di cui nemmeno conosco il nome. E me ne vanto.
Per non apparire troppo arretrato e, dato l'avvio sofocleo, pressoché
confinato nell'isola dei miei adorati
autori greci e latini che rischia oramai la fine di Atlantide[6],
concludo citando alcuni versi di Leopardi che raccomando ai miei 28786 lettori
e alla mia terna di presidenti:
" Di questa età superba,
che di vote speranze si nutrica,
vaga di ciance, e di virtù nemica;
stolta, che l'util chiede,
e inutile la vita
quindi più sempre divenir non vede,
maggior mi sento" (Il pensiero
dominante,[7]
vv. 59-65).
E così sia.
Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it
[1] Quando si uccise, nel giugno del 68 d. C. non aveva
compiuto 31 anni.
[2] La
fine di Nerone aveva suscitato sentimenti diversi. Sentiamo come li descrive
Tacito: “patres laeti, i senatori
erano contenti, anche perché il nuovo princeps,
Galba era vecchio, ed era lontano; i primi tra i cavalieri ( quelli che
possedevano un milione di sesterzi e avevano il diritto di portare il
laticlavio, segno della dignitas
senatoria) erano vicinissimi alla gioia dei senatori primores
equitum proximi gaudio patrum ; poi
era contenta la pars populi integra et
magnis domibus adnexa, la parte sana del popolo e legata alle grandi
famiglie; invece erano maesti et rumorum
avidi, abbattuti e avidi di chiacchiere, la plebs sordida et circo et theatris sueta, simul deterrimi servorum, aut
qui adēsis bonis per dedĕcus Neronis alebantur (Historiae I, 4),, la plebaglia sordida e avvezza al circo
e ai teatri, inoltre i pessimi tra gli schiavi e quelli che, mangiatisi i patrimoni, si
nutrivano attraverso gli abomini di Nerone.
“Vi è da notare come Tacito chiami “parte
sana” del popolo quella che è vincolata alle grandi famiglie, inquadrata nelle
clientele, mentre la “plebe sordida” è quella svincolata dalle clientele
aristocratiche, legata all’imperatore; egli depreca che il principato abbia
dato un colpo al vecchio sistema della subordinazi ione clientelare…il rapporto
clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che garantisce
l’omertà, e il successo dei disonesti” (L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, p. 30 e p. 31).
Credo che la mafia attuale, e
nazionale, non solo siciliana, sia una discendenza diretta dei rapporto
clientelari vigenti e legalizzati nell’antica Roma. Nerone era il patrono della
plebe e venne ammazzato per questo.
Il che non toglie, se è vero quanto raccontano di lui, Tacito,
Svetonio e Cassio Dione, che sia stato anche un criminale. Non manca tuttavia
un Elogio
di Nerone di Gerolamo Cardano (1501-1576) e una biografia
simpatizzante di Massimo Fini, Nerone,
duemila anni di calunnie, Mondadori, 1993.
[3] Cfr. latino progredior,
“vado avanti”. Ora tra i politici peggiori è di moda il rancido luogo comune: “
così non si va da nessuna parte”.
Nessuno di questi
profittatori imbecilli e ignoranti ha avuto il coraggio o la capacità di
introdurre una piccola e realistica variante: “così si va indietro”. Cfr. Acta retro cuncta citato sopra.
[4] Scritti corsari, p. 286.
[5] E. Morin, I
sette saperi, p. 70.
[6] Li cito spesso e volentieri non solo perché mi
piacciono molto ma anche per farli piacere a voi, cari lettori
[7] Del 1831.
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