Senza la guerra
Massimo Cacciari Il
tramonto di Padre Polemos.
Lucio Caracciolo L’eredità
geopolitica della Grande guerra.
Ernessto Galli della Loggia La coscienza europea e le guerre del Novecento.
Elisabetta Rasy Uomini
e donne: metamorfosi della guerra nello specchio della letteratura.
Il Mulino, Bologna, 2016
Sto leggendo con interesse Il tramonto di Padre Polemos di Massimo Cacciari.
Voglio trasmettere ai lettori del mio blog almeno parte
dell’incremento conoscitivo che ne ricavo
La prima parte del saggio si fonda sulla profonda conoscenza
di Eraclito posseduta dall’autore che ritiene necessario “ritornare a pensare i termini fondamentali del
problema” (p. 87).
Infatti senza fondamento si cade nell’abisso e oggi nessun
Sovrano o legislatore sembra in grado di definire la guerra “in qualche forma
giuridico-politica”.
Cacciari dunque trae fuori dal suo “eterno passato” la parola iniziale di
un frammento di Eraclito (DK53) che cito per intero e traduco:
“povlemo" pavntwn
me;n pathvr ejsti, pavntwn de; basileuv", kai; tou;" me;n qeou;"
e[deixe tou;" de; ajnqrwvpou", tou;" men douvlou" ejpoivhse
tou;" de ejleuqevrou"”, il
conflitto è padre di tutte le cose, di tutte è sovrano, e alcuni ha rivelato dèi, altri uomini, alcuni
ha reso schiavi, altri invece liberi.
Vediamo ora la
traduzione e il commento alle parole di
Eraclito del filosofo veneziano che associa a questo frammento il DK 80
“Polemos (il Colli non lo traduce; Diano: il conflitto;
Marcovich :guerra) è padre di tutte le cose, di tutte è re, e gli uni édeixe (valore gnomico: ha mostrato e
sempre mostra) dèi, e gli altri uomini, gli uni epoíese (come prima èdeixe:
ha fatto e fa) schiavi gli altri liberi” (Eraclito, DK53)
Frammento da leggersi insieme a DK 80, che giustamente, a
mio avviso, Diano colloca di seguito a quello appena citato: “è necessario (chré) sapere che Polemos è xynón,
e che díken (è) érin (o éris è díke) e tutte le cose ginómena
secondo éris e chreón , necessità”.
Riporto il frammento in caratteri greci e lo traduco per chi
non conoscesse la lingua di Eraclito: “eijdevnai
de; crh; to;n povlemon ejovnta xunovn, kai; divkhn e[rin, kai; ginovmena pavnta
kat j e[rin kai; crewvn”, è necessario sapere che il conflitto è comune
a tutti, e giustizia (è) contesa, e che tutto accade secondo contesa e
necessità.
Ora torniamo a
Cacciari
“Polemos non “sostituisce” Zeus, ma stabilisce un Principio
a tutti gli essenti comune, un
Principio cui tutti per necessità
obbediscono, anche se non lo sanno, quel Principio che parla nel Logos stesso di Eraclito” (p. 88).
Per quanto riguarda la parola xunovn,
mi viene in mente che il poeta di elegie guerresche Tirteo (seconda metà del VII secolo a. C.) la
associa all’aggettivo sostantivato ejsqlovn
(bene)
Traduco alcuni versi
(15-20) del fr. 9D
“Questo è un bene comune (xuno;n
d j ejsqlovn) per la città e per il popolo intero:/
quell'uomo che a gambe divaricate resista in prima fila
senza tregua, e della turpe fuga si è del tutto scordato
offrendo la vita e l'animo coraggioso,
e incoraggi con parole l'uomo vicino standogli accanto;
questo è il prode in guerra”.
Nei Sette a Tebe
di Eschilo c’è l’identificazione di xunovn
senza altro con il bene comune: Eteocle il difensore di Tebe dagli assalitori
argivi prega gli dèi di salvare la città, di non lasciarla asservire dai
nemici, quindi conclude: “xuna; d’ ejlpivzw
levgein” (v. 76), spero di parlare per il bene comune.
Torniamo a Cacciari: “Tale Principio è pater, cioè potens, solo
esso ha patria potestas effettiva. La
sua potenza, cioè, non si manifesta distruggendo, ma ponendo: essa costituisce
gli uni come dèi, gli altri come uomini; essa rende gli uni schiavi, gli altri liberi. Il Principio è padre
poiché genera (ma in senso infinitamente superiore al semplice genitor); da esso sorgono e divengono (ginómena) tutti gli essenti
nel loro differire, dalla sua unità i
molti nel loro opporsi. Il
Principio-Polemos genera distinguendo,
ovvero tutti accomuna proprio nel costituirli come differenti (…) allora díke e éris debbono formare un’opposizione inscindibile, tutto deve accadere secondo il “ritmo” formate da
entrambe” (p. 89).
Tale ritmo di contrari che in un altro frammento di Eraclito
(8 DK) concorrono a formare una bellissima armonia, è indicato da Archiloco
(fr. 67 a D.) quale giro della ruota sulla quale circola la vita degli uomini.
Eraclito ha esteso tale rJusmov" dal microcosmo psicologico all’eterno
macrocosmo.
Leggiamo le parole del poeta di Paro (VII sec. a. C.)
“animo, animo sconvolto da affanni senza rimedio
sorgi e difenditi dai malevoli, contrapponendo
il petto di fronte, piantandoti vicino agli agguati dei
nemici
con sicurezza: e quando vinci, non gloriartene davanti a
tutti,
e, vinto, non gemere
buttandoti a terra in casa.
Ma nelle gioie
gioisci e nei dolori affliggiti
non troppo: riconosci quale ritmo governa gli uomini. (mh; livhn: givgnwske d j oi|o~ rJusmo;~
ajnqrwvpou~ e[cei).
“Polemos pone gli opposti e tra gli opposti deve esservi
contesa , éris; questa contesa è giusta,
ovvero è necessario sia affinché ogni essente si manifesti secondo la propria
identità, secondo se stesso”.
“Diventa quello che sei”[1]
è uno dei vertici del pensiero educativo di Pindaro (VI-V sec.). Forse questo è
il compito più alto e difficile per ciascuno di noi.
“Dike e Eris sono contenuti insieme (cum) nell’abito dello Xynón
che è Polemos” (p. 89).
Si può pensare
all’Eris buona di Esiodo[2].
“La guerra individua,
fa emergere il carattere-demone[3]
di un individuo contra l’altro,
entrambi nel loro opporsi manifestano questo comune: il porsi, cioè,
di ciascuno come se stesso nella differenza dall’altro. Eris, dissidio e
contesa, è la forza che fa apparire gli essenti nella loro specifica
individualità, dissidenti l’un
l’altro, e tuttavia comuni proprio in tale contendere” (p. 90).
E’ il principium individuationis,
l’apollineo che, come nella tragedia greca, si associa al dionisiaco, magari
dopo un’aspra lotta.
Nelle Baccanti di
Euripide, Tiresia prevede l’epifania di Dioniso sulle rupi che sovrastano il
santuario di Apollo.
“Un giorno lo vedrai
anche sulle rupi Delfiche
saltare con le fiaccole sull’altopiano a due cime
agitando e scagliando il bacchico ramo,
grande per l’Ellade. Via Penteo, da’ retta a me:
non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini,
e non credere, se tu hai un’opinione, ma è un’opinione
malata,
di capire qualcosa; invece accogli il dio nella nostra terra
e fai libagioni e baccheggia e incoronati la testa (vv.
306-313).
“Costituendoli tutti, facendoli tutti sorgere-apparire,
Polemos li pone necessariamente anche in op-posizione.
L’opporsi è il tratto costitutivo dell’apparire degli essenti; Dike così
“dètta”, questo ordine cosmico impone, secondo necessità. L’ordine degli essenti, che si
pongono-oppongono come giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, sazietà
e fame, uomini e dèi, servi e liberi, manifesta il Logos di Polemos, che agli
uomini axýnetoi (DK1), incapaci di
intendero lo Xynón,, il Comune,
continua a risonare estraneo. Tutti gli essenti che, esistendo, di necessità si oppongono, stanno nel concatenarsi di tale Comune, e cioè nella Armonia, ovvero
nella Connessione”.
Sull’Armonia cito un altro frammento di Eraclito
“to; antivxoun sumfevron
kai; ejk tw`n diaferovntwn kallivsthn aJrmonian” (8DK) l’opposto
conviene e dai discordi bellissima armonia.
“Dissidio armonico-armonizzato, come appunto quello delle
diverse corde della lira, o del nome dell’arco (biós) che significa morte e vita.
giovanni ghiselli
[2] Nelle Opere e giorni Esiodo distingue due diversi tipi di [Eri":
quella cattiva che fa crescere la guerra malvagia e la lotta (v. 14) e l'altra
che, generata prima della sorella dalla Notte, Zeus pose alle radici della
terra (v. 19), cioè alla base del progresso umano, e questa suole svegliare al
lavoro anche l'ozioso. Allora il vasaio gareggia con il vasaio, l'artigiano con
l'artigiano, il mendico con il mendico e l'aedo con l'aedo (vv. 24-26).
Un ottimo suggerimento per una lettura . Approfitteremo della pausa estiva.Grazie,Giovanna Tocco
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