Oreste uccide la madre IV sec. a.C. |
Siracusa, 11 giugno 2016; dopo la sera del 10 giugno al teatro
greco dove si rappresentava l’Elettra
di Sofocle.
Sofocle assassinato, la sua tragedia in gran parte fraintesa
da una regia da scalzacane (Lavia)
Il testo mutilato di molte parti anche nodali del dramma
(manca p. e., il grido forsennato di Elettra: “colpiscila un’altra volta, se ce
la fai!” (1415). La traduzione in alcune parti falsa il testo. L’Elettra di
Lavia è quasi del tutto diversa da quella di Sofocle. Questa di Siracusa è
querula, stridula, becera, priva di forza e dignità eroica, mentre quella
sofoclea si esprime secondo il codice eroico. L’attrice del resto recita in
maniera talmente enfatica da rasentare il ridicolo. Ottima è invece la
recitazione del pedagogo ed è un pezzo di bravura il racconto della morte di
Oreste nei giochi pitici (vv. 680-763)
Brava anche Maddalena Crippa che fa Clitennestra e
accettabile Crisotemi. Insignificanti Oreste ed Egisto.
Questa rappresentazione è uno dei tanti segni del
decadimento culturale del nostro paese. In venti anni che seguo questo festival
non avevo mai visto un risultanto altrettanto scadente.
Sofocle Elettra
(rappresentata di sicuro dopo il 420, probabilmente non molto tempo prima del
Filottete del 409 )
Prologo 1-120
La scena è ad Argo- Micene davanti alla reggia degli Atridi.
Parla il pedagogo che condusse Oreste nella Focide dieci
anni prima.
Oreste è stato allevato per essere il vendicatore del padre
ucciso.
Con Oreste c’è Pilade. Il vecchio dice che non è il kairov~ di indugiare (ojknei`n, 22), ma di agire (e[rgwn).
Oreste elogia l’aio che è come un cavallo di razza (w{sper i{ppo~ eujgenhv~, 25) il quale non
perde il coraggio nei pericoli, ma drizza l’orecchio.
Virgilio ricorda questo passo traducendo eujgenhv~ con generosus, : tale è il puledro che non
conosce il timor :" Continuo pecoris generosi pullus in
arvis/altius ingreditur et mollia crura reponit;/primus et ire viam et fluvios
temptare minantis/audet et ignoto sese committere ponti/nec vanos horret
strepitos. Illi ardua cervix" (Georgica, III, vv. 75-79),
subito il puledro di buona razza avanza sui campi sollevandosi piuttosto in
alto e fa cadere flessuosamente le zampe; per primo osa procedere nella via e
affrontare i fiumi minacciosi e affidarsi a un ponte sconosciuto e non ha paura
di vani strepiti. Ha il collo eretto.
Oreste riferisce l’oracolo di Apollo che gli ha ordinato di
compiere con l’inganno ejndivkou~ sfagav~
(37) giusta strage.
Il vecchio deve entrare senza farsi riconoscere e dire che
viene dalla Focide, mandato da Fanoteo, amico di Egisto e Clitennestra. Poi
deve dare la notizia che Oreste è morto rotolando da un carro in corsa durante
i giochi pitici (con anacronismo poiché quelle gare iniziarono nel 586).
Intanto Oreste e Pilade verseranno libagioni sulla tomba,
poi porteranno l’urna con le mentite ceneri dando agli usurpatori hjdei`an favtin (56), la “lieta” notizia.
Oreste non teme il cattivo augurio. “dokw` me;n oujde;n rJh`ma su;n kevrdei kakovn” 61, credo che
nessuna parola associata al vantaggio sia cattiva.
Si vede subito che questo Oreste non avrà l’esitazione di
quello di Eschilo. Del resto la figura di Oreste qui perde importanza rispetto
a quella di Elettra che è carica di odio nei confronti della propria madre.
Tra i due fratelli è la ragazza che segue i dettami del
codice eroico (non cedere, non fingere mai)
Quindi Oreste spinge il vecchio pedagogo a entrare poiché è
arrivato il kairov~ che è il mevgisto~ ejpistavth~ ( 76), il sovrintendente più grande di ogni azione
umana (e[rgou pantov~).
Kairov~ è una parola chiave. Cfr.
Isocrate.
Si sentono giungere i gemiti di Elettra dall’interno
Escono Oreste, Pilade e il Pedagogo. Vanno a portare
libagioni sulla tomba di Agamennone.
. Quindi compare Elettra uscendo dalla soglia della reggia e
recita una monodia.
Si rivolge alla luce pura (w\
favo~ aJgnovn, 86 ). Ricorda che di notte e di giorno piange il padre
cui sua madre e l’amante (koinolechv~,
97) Egisto spaccano la testa con la scure (scivzousi
kavra pelevkei, 99) come quercia i boscaioli (o{pw~ dru`n uJlotovmoi).
E non c’è altro
compianto di donna (oi\kto~, 100)
che il suo.
Elettra dice ouj lhvxw
qrhvnwn (102-103) non cesserò di
piangere come l’usignolo (ajhdwvn)
che ha perduto i figli.
Cfr. il non cedere di Achille e il mito di Procne.
Quindi la ragazza invoca l’ jarav.
La Maledizione
e le Erinni, quelle del padre, perché ne vendichino l’eccidio. Inoltre chiede
il ritorno del fratello.
Parodo commatica (121-250).
E’ un dialogo lirico
(kommov~) tra Elettra e il Coro
formato da donne nobili di Micene.
Il Coro maledice gli assassini di Agamennone. Dice a Elettra
che piangendo non farà risalire il padre dalla palude di Ade, comune destino di
tutti. Mentre lei soffre ajpo; tw`n
metrivwn (140), fuori misura.
Elettra ribatte che è nhvpio~
chi dimentica i genitori periti
miseramente (145). E si assimila a Procne che Iti, Iti, eternamente geme o a
Niobe che piange nel suo sepolcro di roccia.
Il Coro replica dando a Elettra della perissav (155): le due sorelle Crisotemi e
Ifianassa non sono così eccessive.
Oreste è vivo nella giovinezza ignara di affanni.
Elettra lo aspetta mentre vive senza figli né sposo (a[tekno~, ajnuvmfeuto~, 164). Ma teme che
lui l’abbia dimenticata.
Infatti il fratello
non si degna di apparire (oujk ajxioi`
fanh`nai, 172)
Il Coro la incoraggia menzionando Zeus che tutto vede e
domina ( o}~ ejfora`/ pavnta kai; kratuvnei
(175, cfr. il Sole) e Crovno~ eujmarh;~ qeov~ (178), Tempo il
dio che tutto appiana (mavrh=mano).
Elettra torna a lamentare la solitudine nella quale si
consuma. Vive come una serva straniera con una veste sconcia (ajeikei` stola`//) (191).
Il Coro poi Elettra ricordano lo straziante omicidio
avvenuto durante un banchetto (dei`pnon
a[rrhton, il convito nefando 203), come nella Nevkuia (non nella vasca come in Eschilo).
Ma il Coro avverte Elettra che con la sua disperazione
procura mali a se stessa generando sempre nuovi conflitti con i potenti contro
i quali non si può ingaggiare e[ri~
(220).
A Elettra non sfugge la propria rabbia ouj lavqei mj ojrgav.
Lei non avrà tregua dai tormenti dovuti alla sciagure insanabili.
Il Coro, come fosse sua madre, la esorta a non aggiungere
sciagure a sciagure (a[tan a[tai~,
235)
Ma l’orfana di Agamennone non vuole smettere di lamentarsi:
vuole attirare la vendetta, perché se gli assassini non pagheranno il fio,
andrebbero in malora aijdwv~ e eujsevbeia (249-250), rispetto e pietà.
La corifea dice che comunque le coreute la seguiranno.
I Episodio 251-471
Elettra esprime tutto l’odio per la madre, lovgoisi gennaiva gunhv, 287, donna nobile
a parole, l’assassina che ha l’impudenza di festeggiare tutti i mesi il giorno ricorrente del crimine perpetrato
con l’amante
Per giunta la madre abbaia (uJlaktei`,
299) furiosa contro la propria figliola, e intanto il suo amante oJ pavnt j a[nalki~ ( il codardo in tutto
301) l’aizza, il miserabile che combatte con le donne (cfr. l’Agamennone di Eschilo).
La madre le rimprovera perfino di avere salvato il
fratello..
Io intanto mi consumo. Stando in mezzo ai mali è necessario
praticare il male (309). Cfr. Deianira nelle Trachinie e pure le donne ammazzate di recente: penso che abbiano
per lo meno fatto una scelta sbagliata mettendosi con un assassino che per
giungere a tanto deve essere stato da tempo un prepotente e un violento.
Sbagliatissimo è presentare queste vittime come eoine, “solari” etc. e
indicarle come modello santificandole.
Si guardino molto bene le ragazze dall’accettare tali
uomini!
Oreste intanto esita ( joknei`) a tornare, mentre Eletttra non esitò a
salvarlo.
Entra in scena Crisotemi (328)
La sorella (kasignhvth)
è bloccata dalla paura come Ismene nell’Antigone:
bisogna obbedire ai potenti (340)
Elettra le risponde che questo oblio del padre è deinovn (341). Anzi, la accusa di essere
complice della madre. La sua è deiliva (viltà
351)
Io-dice- continuo a lamentarmi rendendo onore al morto, se
pure laggiù c’è qualche cavri~
(356). Tu partecipi a mense sontuose, per me l’unico cibo (movnon bovskhma, 363. 364) è non dispiacere a me stessa (toujme; mh; lupei`n).
Cfr. Antigone Quando Ismene le fa notare : "tu hai il
cuore caldo per dei cadaveri gelati" (v. 88), ella risponde : " ajll j oi\d
j ajrevskous j oi|" mavlisq
j aJdei'n me crhv" (Antigone, v. 89), ma so di essere
gradita a quelli cui soprattutto bisogna che io piaccia".
Elettra non vuole
avere i privilegi di Crisotemi che è figlia di sua madre e tradisce il padre.
Crisotemi avverte Elettra che i due amanti vogliono
rinchiuderla in un luogo privo di luce. Ora dunque ejn kalw`/ fronei`n (384) va bene ragionare.
Ma Elettra è irriducibile: le va bene il luogo di ogni luce
muto, pur di stare lontano da quella mala genìa.
“Elettra è un’Antigone ancora più implacabile”[1].
Crisotemi insiste che è necessario toi`~ kratou`si eijkaqei`n (397) cedere ai potenti.
Elettra preferisce cadere, se è necessario, vendicando il
padre (399)
Crisotemi è stata mandata dalla madre a portare libagioni
sulla tomba del padre
Clitennestra si è spaventata in seguito a un sogno.
Il sogno di Clitennestra
Ha visto di notte Agamennone che tornava al mondo, si univa
a lei, poi piantava lo scettro nel focolare. Dallo scettro germogliava un ramo,
un virgulto (qallov~, v. 422) che
ombreggiava tutta la terra di Micene.
Un sogno del genere lo fa Astiage in Erodoto: gli sembrava
che dalla vagina di sua figlia Mandane sposata con il persiano Cambise nascesse
una vite che occupava tutta l’Asia (I, 108). Gli predissero che il nascituro
avrebbe regnato al suo posto. Quindi consegnò il bambino ad Arpago perché lo
uccidesse. Arpago mandò il bambino da un bovaro di nome Mitridate.
Sua moglie di nome Kunwv
lo tenne e lo allevò al posto del proprio figlio partorito morto.
Elettra chiede alla sorella di gettare via le offerte che la
sfrontatissima donna (tlhmonestavth gunhv,
439) ha inviato. Agamennone è stato mutilato
ejmascalivsqh (455): gli hanno reciso le estremità a gliele hanno appese
alle ascelle (mascavlh) o al collo.
E per purificarsi l’assassina ha deterso le macchie di sangue sul capo della
vittima. Piuttosto mettiamo sulla tomba una ciocca dei nostri capelli. Secondo
Elettra è stato Agamennone, il padre loro, a inviare la visione a Clitennestra.
Crisotemi obbedisce ma chiede alle donne del coro di non
dirlo alla madre.
Primo Stasimo 472-515
Il Coro si aspetta che arrivi Diche. Agamennone ha dato un
segno.
Lui non dimentica e nemmeno l’antica ajmfavkh~ gevnu~ (485) scure a doppio taglio (ajmfiv, ajkhv) temprata di bronzo che lo
uccise con strazio.
Verrà l’Erinni dai molti piedi e dalle molte mani (489)
verrà con piede di bronzo (calkovpou~,
491).
Cfr. in Edipo re deinovpou~ ajrav, 418, la maledizione dal
terribile piede.
Non ci sono vaticini per gli uomini se quella visione
notturna non avrà compimento (500).
L’antica gara di Pelope è stata fonte di tanti travagli. Da
quando Mirtilo precipitò in mare, la violenza non ha più abbandonato la casa.
II Episodio 516-822
Entra Clitennestra che ricorda a Elettra l’assassinio di Ifigenia,
sua sorella. Quindi è stata Dike ad ammazzare Agamennone. Io, dice, partorii
quella ragazza con dolore; lui l’ha solo seminata. Non era diritto degli Argivi
sgozzare mia figlia.
Elettra ribatte alla madre che ha ucciso il marito solo
perché travolta dalla persuasione di Egisto. Agamennone dovette uccidere
Ifigenia perché aveva offeso Artemide vantandosi di avere fatto buona caccia
ammazzando un cervo (569)
Fu costretto a sacrificarla, con riluttanza. Tu piuttosto
giaci con l’assassino di Agamennone e gli dai perfino dei figli, mentre hai
allontanato quelli di prima. Tu sei più una padrona che una madre, mentre io
conduco una misera vita
Il coro vede spirare furore -oJjrw`
mevno~ pnevousan (610)
Elettra sa di essere eccessiva, ma, dice che da opere turpi
se ne imparano altre turpi (aijscra; pravgmat j, 621)
Le due donne litigano, poi Elettra tace, e Clitennestra
prega Apollo.
Entra il pedagogo fingendosi estraneo al luogo.
Dice che porta buone notizie: è morto Oreste.
Elettra si dispera, Clitennestra chiede come è morto.
continua
Giovanna Tocco
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