lunedì 13 giugno 2016

l"'Elettra" di Sofocle rappresentata male a Siracusa. II parte

Pittore del Primato: Particolare con Elettra, Oreste e Pilade

La falsa morte di Oreste

Il vecchio ricorda che Oreste vinse la gara di corsa drovmo~. Vinse anche il diauvlo~ e le altre gare del pentathlon ( lotta, salto, disco, giavellotto). Ma quando un dio vuole fare del male, non c’è via di scampo, neppure se uno è forte. Il giorno seguente al sorgere del sole c’era la corsa dei carri-wjkuvpou~ ajgwvn (699). I concorrenti erano dieci da tutta la Grecia e due libici, ossia coloni ellenici della Cirenaica, C’era fragore di carri e polvere che si levava (kovni~, 714). Oreste tenendosi stretto alla meta, la rasentava sempre con il mozzo e allentava la briglia al cavallo di destra, mentre frenava quello di sinistra che la sfiorava. A un certo punto ci fu uno scontro. E l’intera pianura di Crisa si riempiva dei relitti dei carri.
 Rimanevano in gara Oreste e l’auriga ateniese, abilissimo (781). Oreste era dietro e inseguiva, a un tratto luvwn hJnivan ajristeravn, allentando la briglia sinistra (743) del cavallo che faceva la curva (kavmptonto~ i{ppou, 744), urtò l’orlo estremo della stele e spezzò l’asse della ruota. Cadde dal carro impigliato nelle redini. La folla lanciò un grido di orrore. Non c’era più niente da fare. Lo arsero sul rogo.
Clitennestra chiede a Zeus che cosa significhi. Se è una fortuna o una cosa tremenda ma utile (deina; me;n, kevrdh dev, 767). Comunque è penoso se mi salvo la vita a prezzo dei miei lutti  (768).
deino;n to; tivktein ejstivn (770), partorire è tremendo, e una madre, anche se maltrattata, non può odiare i figli (771).
Però poi dice di essersi liberata dalla paura di Oreste (783) e anche del fovbo~ delle minacce di Elettra che infatti si sente distrutta.
Elettra rimasta sola dice che non ha più voglia di vivere: tou` bivou d j oujdei;~ povqo~ (822).

Commo Coro Elettra 823-870.
Il Coro per fare coraggio alla ragazza che crede mporto il fratello nomina Anfiarao vendicato dal figlio Alcmeone che uccise la madre Erifile, la quale, sedotta dalla collana di Armonia promessale da Polinice rivelò il nascondiglio dove si era rifugiato il marito.
“Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fé caro
parer lo sventurato adornamento” (Purgatorio, XII, 49-51). Esempio di superbia punita I cornice 
Ma Elettra è disperata.

III Episodio 871-1057
Arriva Crisotemi dicendo che Oreste è vivo.
Ha visto safh`- shmei`   j segni chiari sulla tomba (885-6). Ha visto un bovstrucon tagliato da poco (901). E’ convinta che sia di Oreste perché nessun altro può avere fatto quell’offerta pericolosa. Ma Elettra continua a crederlo morto.
Comunque propone alla sorella un’impresa che costerà fatica poiché senza fatica niente riesce bene (povnou cwriv~ oujde;n eujtucei`, 945)
Elettra rivolge una perorazione a Crisotemi: vuole un aiuto contro gli assassini del padre. Se la loro ribellione avrà successo, lei sarà sempre chiamata ejleuqevra (970)  e otterrà nozze degna poiché le azioni nobili sono ammirate da tutti (972).
 Le due sorelle (kasignhvtw, 977) saranno ammirate per il loro coraggio. Per quelli di nobile nascita è turpe vivere turpemente ( zh`n aijscro;n aijscrw`~ toi`~ kalw`~ pefukovsin, 989).
Ecco il codice eroico e aristocratico (cfr. l’ Aiace: il Telamonio prima di suicidarsi per non sopravvivere alla degradazione, dice :"ajll j h] kalw'" zh'n  h] kalw'" teqnhkevnai- to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve  vivere con stile, o con stile morire. (vv.479-480).

Ma Crisotemi ha paura; dice alla sorella che deve cedere ai potenti (toi`~ kratou`sin eijkaqei`n (1014), poiché è nata donna e non uomo (gunh; me;n oujd j ajnhvr e[fu~, 997)  e non ha alcuna forza (sqevnousa mhdevn, 1014). Si comporta come Ismene nell’Antigone.
La Corifea è d’accordo con Crisotemi: dice che non c’è kevrdo~ a[meinon  pronoiva~ oujde; nou` sofou` (1016), guadagno migliore che la previdenza e una mente saggia.
Elettra allora decide che dovrà agire da sola e di sua mano ajll j aujtoceiriv moi movnh/ te drastevon (1029)
Dice poi alla sorella che invidia la sua prudenza ma odia la sua viltà.
Elettra vuole cacciarla e Crisotemi le rinfaccia la mancanza di mavqhsi~ (1032), capacità di capire. E aggiunge che anche la giustizia a volte porta danno: all’ e[stin e[nqa chj divkh blavbhn fevrei (1042). Cfr. summum ius summa iniuria[1] di Cicerone.
Elettra dice che non vuole vivere con le loro leggi (1043, cfr. ancora una volta Antigone).
Poi dà della vile e della odiosa alla sorella. E conclude: andare a caccia del vuoto è segno di grande stoltezza: “pollh`~ ajnoiva~ kai; to; qhra`sqai kenav (1054)

II Stasimo (1058-1097)
Il Coro nota che i saggissimi uccelli dell’aria (a[nwqen fronimwtavtou~ oijwnouv~, 1058) provvedono all’alumentazione dei padri dai quali ricevettero benefici. Perché noi no?

Negli Uccelli di Aristofane, Pistetero ricorda al parricida,  che vuole strozzare il padre e prendergli tutta la roba,  una legge antica degli uccelli: quando un padre cicogna (oJ path;r oJ pelargov~, 1355) ha nutrito tutti i cicognini, finché siano atti al volo, dopo dei` tou;~ neottou;~ to;n patera pavlin trevfein (1357), bisogna che i piccoli a loro volta poi nutrano il padre.
Zeus e Temi metteranno le cose in ordine.
Elettra piange senza posa suo padre come il dolente usignolo (o{pw~ aJ pavndurto~ ajhdwvn (1077) senza paura della morte. La ragazza è il degno germoglio di una stirpe di eroi.
Sei caduta in una sorte cattiva ma ricevi il premio più alto secondo le leggi che supreme germogliarono – a} de; mevgist j e[blaste novmima (1096).
Sono gli a[grapta novmima dell’Antigone (454 ss) e i novmoi uJyivpode~ dell’Edipo re (v. 865)

IV Episodio 1098-1383
Entrano Oreste e Pilade con un’urna cineraria.
Dicono che sono mandati dal vecchio Strofio.
Oreste mostra l’urna con le “sue” ceneri a Elettra  la quale stringe l’ a[ggo~ tra le braccia e dice al morto che  è diventato un nulla (oujdevn, 1129), mentre si allontanò da casa che era fiorente di vita. Sei giunto smikro;~ o[gko~ ejn smikrw`/ kuvtei (1142), piccolo mucchio in piccola urna.
Non nostra madre ajll j ejgw; trofov~ (1147), ma io ti sono state nutrice, io la sorella che sempre chiamavi.
Ora gelw`si d j ejcqroiv (1153), i nemici ridono e impazzisce di gioia la madre- non madre: maivnetai d j uJf j hJdonh`~ -mhvthr ajmhvtwr (1153.4). Cfr.l’orrore della derisione nell’Aiace di Sofocle e nella Medea di Euripide.

Ora oJ dustuch;~ daivmwn, il destino di sventura mi manda, invece della tua amatissima forma, spodovn te kai; skiavn (1159) cenere e ombra.
Elettra vorrebbe seguire il fratello nella tomba: “ non vedo infatti morti  che soffrono” ( tou;~ gar qanovnta~ oujc oJrw` lupoumevnou~, 1170).
Il Coro la consola dicendo che la morte è un debito che tutti dobbiamo scontare.
Un topos che si trova anche in Anassimandro (VI sec. a, C.)

Nietzsche definisce Anassimandro “il primo scrittore filosofico dell’antichità”, un filosofo che si esprime con “una scrittura lapidaria e grandiosamente stilizzata”[2].
Il frammento superstite dice che le cose che nascono devono morire kata; to; crewvn, secondo il dovuto, siccome pagano reciprocamente il fio della loro ingiustizia (didovnai ga;r auJta; divkhn kai; tivsin ajllhvloi~ th`~ ajdikiva~) secondo l’ordine del tempo (kata; th;n tou' crovnou tavxin).

Oreste si commuove e dura fatica a dominare la parola.
Compiange il corpo devastato di Elettra e la sua esistenza priva di nozze. Elettra accusa Clitennestra la quale mhvthr kalei`tai, mhtri;; d j oujde;n ejxisoi` 1194 , non assomiglia per niente a una madre.
Infatti ha percosso e umiliato la propria figliola. Oreste che ancora non si è fatto riconoscere è il primo a provare compassione.
Il fratello infine si rivela dicendo  che la storia della propria morte era un racconto fittizio (lovgo~ hjskhmevno~, 1217, da ajskevw)
Quindi mostra come prova sfragi`da patrov~ (1223) un sigillo del padre nel castone dell’anello.
Festeggiamenti reciproci
Duetto lirico-giambico tra i due fratelli (1232-1287)
Oreste dice che per il momento siga`n a[meinon (1238) è meglio tacere. Elettra non teme l’eccessivo carico di donne che sta dentro il palazzo ( perisso;n a[cqo~ e[ndon-gunaikw`n, 1241-1242).
Forse pensa anche a Egisto che il Coro dell’Agamennone aveva chiamato “donna” (1625)
Ma Oreste risponde che c’è un Ares anche nelle donne kajn gunaixi;n   [Arh~ e[nestin (1243-1244). Per agire bisogna aspettare l’occasione
Ora  Elettra si sente libera di parlare e dice al fratello quanto le è mancato
Oreste invita Elettra a non parlare invano correndo il rischio di non acciuffare il kairovn (1292). Bisogna piuttosto agire. Bisogna fingere davanti a Clitennestra che è nella reggia, mentre Egisto è lontano.
Questo calcolare pieno di prudenza fa pensare all’Odisseo di Omero e del Filottete.
Elettra, ben più eroica, dice a Oreste che se lui non fosse giunto lei si sarebbe salvata kalw`~ oppure sarebbe morta kalw`~ (h] kalw`~ ajpwlovmhn, 1321).
Il Pedagogo li esorta ad agire : “to; mevllein kakovn”  1337, l’esitazione è pericolosa.
Elettra manifesta la sua riconoscenza al vecchio maestro il quale ribadisce nu`n kairo;~ e[rdein (1368), ora è il momento di agire poiché Clitennestra è sola. Elettra prega Apollo.

III Stasimo 1384-1397
Ares avanza spirando strage. Poi ci sono a[fuktoi kuvne~  (1388) le cagne ineludibili, ma in questa tragedia non se la prendono con Oreste, l’ ajrwgov~ , il soccorritore guidato da Ermes, bensì con Clitennestra.

Esodo 1398-1510
Si sente Clitennestra che grida da dentro. Chiama Egisto. Poi dice al figlio oi[ktire th;n tekou`san (1411), abbi pietà per chi ti ha partorito.
Elettra ribatte da fuori che lei non ha avuto pietà.
E Clitennestra w[[moi pevplhgmai (v.1414, cfr. Eschilo,  Agamennone  1343 e 1345).
Quindi  Elettra: “pai`son, eij sqevnei~, diplh`n /1415). Parole chiave del dramma omesse da quell’imbecille di Lavia.
Dunque telou`s j ajraiv (1419), commenta il coro: le maledizioni si compiono, e i morti di prima attingono il sangue dai loro uccisori.
Come Nesso nelle Trachinie.
Oreste esce insanguinato e dice alla sorella che non dovrà più temere la madre. Quindi arriva Egisto, lo  spensierato, dal sobborgo.
Oreste e Pilade si appostano
Egisto chiede a Elettra notizie su Oreste e, credendo che sia morto, vuole farlo sapere a tutti. Elettra finge di sottomettersi.
Si apre la porta e si vede un cadavere coperto da un velo.
Egisto teme gli dèi e decide che come parente deve compiangere il morto. Poi vede che non è di Oreste il cadavere, ma di Clitennestra
Capisce di essere caduto ejn mevsoi~ ajrkustavtoi~ (1476) in mezzo a reti tese. Capisce di essere perduto o[lwla (1482) ma vuole parlare.
Elettra grida a Oreste di non permettergli di mhkuvnein lovgou~ (1484), allungare il discorso. Devono ammazzarlo subito e abbandonarlo tafeu`sin (1488) ai suoi becchini (cani e uccelli). Sarà il riscatto luthvrion (1490) delle proprie sofferenze.
Oreste dice a Egisto che non c’è un lovgwn ajgwvn (1491) una torneo oratorio, ma si tratta della sua vita. Poi lo spinge dove lui ha ucciso Agamennone. Egisto chiede se sia necessario che la casa dei Pelopidi continui a vedere delitti.
Ma Oreste non sente ragioni e gli fa fretta. Con le ultime parole dice che se la morte venisse inflitta a quanti vogliono trasgredire le leggi la delinquenza non sarebbe molta (to; ga;r panou`rgon oujk a]n h\n poluv (1507)
Il Coro chiude il dramma dicendo che con queste sofferenze, alla stirpe di Atreo si è aperto un varco verso la libertà.
Il problema morale non si pone. Oreste esegue un ordine di Apollo ed è innocente. Ma dell’oracolo Sofocle scrive poche parole. L’uccisione di Clitennestra è ridotta a un brevissimo episodio rispetto alle Coefore.
Per Sofocle gli dèi sono buoni e giusti ma gli uomini non possono penetrare nell’abisso della loro saggezza.


Giovanni ghiselli



[1] De officiis I, 10, 33.
[2] La filosofia nell’età tragica dei Greci,  p. 49

1 commento:

La trasfigurazione di Isabella.

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