sabato 9 marzo 2019

Ammiano Marcellino. Parte 2. La decadenza culturale dell'impero romano e quella della nostra repubblica

Thomas Couture, I Romani della Decadenza

La decadenza culturale dell'impero romano e quella della nostra repubblica

Rerum gestarum libri XXXI
XIV, 6. Capitolo importante sulla decadenza che presenta alcuni aspetti simili a quella di oggi

Vizi del senato e del popolo romano
Nel 353 d. C. Il prefetto di Roma era Orfito, pure lui pieno di superbia e di arroganza
Ci furono disordini per la scarsità di vino seditiones graves ob inopiam vini.
La decadenza.
Una volta Virtus et Fortuna plerumque dissidentes, per lo più in contrasto, fecero un patto di pace tra loro, quarum si altera defuisset, Roma ad perfectam non venerat summitatem. Per 300 anni, dalla nascita fino al compimento della fanciullezza, Roma combatté sotto le sue mura
Deinde aetatem ingressus adultam, dopo molte guerre, Alpes transcendit et fretum. Quindi nella giovinezza e nell’età matura, conseguì molti trionfi, iamque urgens in senium, alle soglie della vecchiaia, ad tranquilliora vitae discessit. Diede al mondo con le sue leggi fundamenta libertatis, come una buona madre affidò ai Cesari, quali figli, il diritto di amministrare la sua eredità. Quindi Roma ut domina suscipitur et regina, è  accolta come signora e regina e la patrum reverenda canities populique Romani nomen è rispettato e venerato. Ma questo magnificus splendor viene sciupato dalla sconsideratezza disordinata di pochi levitate paucorum incondita ubi nati sunt non reputantium non considerano dove sono nati ma si lasciano andare ai vizi e alla licenza pensando che a loro sia permesso tutto.
Molti aspirano a essere onorati con statue, ossia con inerti figure di bronzo, sensu carentibus, dalle quali si aspettano plus praemii quam ex conscientia honeste recteque factorum. Esiodo Ascraeus ci ha insegnato ad ascensus verae gloriae tendere longos et arduos disprezzando queste meschinità exigua haec spernentem et minima.
Alcuni pongono la distinzione in carrūchis solito altioribus et ambitioso vestium cultu, in carrozze più alte della media un vestiario pretenzioso. Alii nullo quuaerente, senza che nessuno lo abbia chiesto, vultus severitate adsimulata, con la sembianza della serietà , patrimonia sua in inmensum extollunt,  multiplicantes annuos fructus, a primo ad ultimum solem iactitant possidere, si vantano di possedere da dove nasce a dove tramonta il sole.
 Ignorano che gli antenati non divitiis eluxisse sed per bella saevissima. Valerio Publicola, primo console romano con Bruto,  fu sepolto (nel 503)  conlaticia stipe,  la moglie di Regolo inops fu aiutata dagli amici del marito, et dotatur ex aerario filia Scipionis (Valerio Massimo 4, 4, 10)
Ma oramai a Roma prosperavano i vizi: facevano convivia longa et noxia, né mancava la distributio solemnium sportularum  (XIV, 6, , 14) la distribuzione delle sportule tradizionali
 Gli invitati ai banchetti non erano persone colte e assennate: homines  enim eruditos et  sobrios ut infaustos vitant, mentre i nomenclatores dovevano ricordare i nomi delle persone che incontravano. Da questi ricevevano mance e, per averle,  invitavano subditicios ignobiles  et oscuros, intrusi, volgari e oscuri (14, 6). 
Le mense erano voragines, baratri di scialacquio, nentre le biblioteche venivano chiuse come se fossero sepolcri : pro philosopho cantor accītur et bybliothecis sepulcrorum ritu in perpetuum clausis (14, 6, 18) Invece del filosofo si invita il cantore.
Dalla città vennero espulsi gli stranieri, per paura di una carestia  ob formidatam alimentorum inopiam, e veniva allontanato pure chi coltivava le arti liberali.

Nel 383 ci sarà una carestia ricordata dal prefetto dell’Urbe Simmaco il quale nel 384 pronunciò un discorso davanti all’imperatore Valentiniano II (383-392) per ottenere il ritorno nella Curia della statua della Vittoria.

Invece venivano accolti gli accompagnatori delle mime adsěclae mimarum (14, 6, 19), quindi tre mila danzatrici tria milia saltatricum.
A Roma sono molto ricercati gli uomini senza prole coluntur homines  sine liberis Romae. (14, 6, 22)

Cfr. Satyricon
 Eumolpo con Encolpio e Gitone arrivano a Crotone.
Qui Eumolpo ha successo spacciandosi per ricco senza figli. Il vecchio viene corteggiato da tutti cacciatori di eredità i quali  fanno a gara per conquistare i suoi favori a forza di regali:"certatim omnes heredipetae muneribus gratiam Eumolpi sollicitant" (124, 4).

I ricchi e i potenti passano le giornate in banchetti; tra i poveri “in tabernis aliqui  pernoctant vinariis”, altri si riparano sotto i tendoni dei teatri, oppure giocano accanitamente ai dadi, pugnaciter aleis certant, e fanno suoni volgari con le narici. O anche passano le giornate a osservare aurighi e cavalli e seguono con ansia dimicationem curulium, le gare dei cocchi (14, 6, 25). Gare che Giuliano aborriva, come vedremo

In Hist. III, 83 Tacito racconta come entrarono i Flaviani vittoriosi in Roma nel dicembre del 69 durante la festa dei Saturnali
Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludrĭco certamine, hos, rursus illos clamore et plausu fovebat
Sangue e accanto bagasce e bagascioni,
-saeva ac deformis urbe tota facies: alibi proelia et volnera, alibi balineae popinaeque: simul cruor  et strues corporum, iuxta scorta et scortis similes.   
Una pace dissoluta, il saccheggio più bruto. Furore e gioia. Era già successo con Silla e con Cinna. C’era una disumana indifferenza - inhumana scurita - e la dissolutezza non ammetteva interruzioni e i piaceri non furono interrotti, come se ai Saturnali si fossero aggiunti altri spassi. Godevano per la sola allegrezza del pubblico male (p. 258).

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