sabato 2 marzo 2019

Le "Troiane" di Euripide. Introduzione. Parte 6

Scipione Compagno, La città di Troia in fiamme



Le Troiane di Euripide (415 a. C.)


Parte 6


I Stasimo (vv. 511-567)
Il coro delle prigioniere troiane ricorda il cavallo di Troia, la dovlio~ a[th (530), la rovina ingannevole che indusse i Troiani a portarlo dentro la città. Era uno xesto;~1 lovco~ (534), un inganno levigato costruito in pino montano.
Il cavallo venne tirato con giri di lino ritorto ( klwstou` d j ajmfibovloi~ livnoio, v. 537). Anche il giro di corda simboleggia l’inganno.

Poi c’è la similitudine con il nero scafo di nave (nao;~ wJsei;-skavfo~ kelainovn, 538-539, come nero scafo di nave) che richiama la barca di Caronte

cfr. Alcesti, 251 skavfo~ divkwpon, lo scafo a due remi
"Vedo una navicella a due remi, la vedo nella
palude: il traghettatore dei morti
con una mano sulla pertica, Caronte,
già mi chiama: perché indugi? Tiv mevllei~;
affrettati. Tu mi fai perdere tempo (su; kateivrgei~). Così
adirato mi fa fretta.(252-257).

Così nella Morte a Venezia di T. Mann la gondola evoca la barca di Caronte: “nero come nere al mondo sono soltanto le bare, lo strano legno … evoca la morte stessa, il feretro, il corteo tetro, il silenzio dell’ultimo viaggio” (p. 78).
Aschenbach non vuole pagare e non paga il gondoliere con un rovesciamento del paradigma culturale del pagamento dell’obolo a Caronte.
Aschenbach a un certo punto teme che il gondoliere lo spedisca con un colpo di remo alla dimora di Ade (p. 81).
Nella festa notturna della fine della guerra, ricorda il Coro, la fiamma mandava mevlainan ai[glan 549, un fosco bagliore, anche questo simbolico.
Infatti durante le nozze di Psiche la luce della fiaccola (lumen tedae) appassisce (marcescit) in cenere di nera fuliggine (Asino d’oro, IV, 33).

Il Coro descrive l’eccidio dei Troiani cui si accompagna foiniva boav (555-556), un grido sanguinoso, con pianti di bambini terrorizzati, con la strage sugli altari e sui talami.

C’è una di quelle descrizioni piene di pathos che Polibio vuole escludere dalla storiografia, confutando Filarco che ha descritto la strage di Mantinea (223 a. C.) come deve e può fare solo un tragediografo.
L'immagine topica dei capelli sciolti e quella dei seni scoperti per suscitare compassione è fortemente biasimata da Polibio, lo storico antitragico il quale è critico nei confronti dei colleghi storiografi che danno spazio alle lacrime nelle loro opere per suscitare la partecipazione sentimentale di chi le legge. Il suo obiettivo polemico è soprattutto Filarco2 considerato uno storico "tragico" poiché ha cercato di colpire la sfera emotiva dei lettori, adoperandosi per invitarli alla compassione e renderli partecipi dei suoi sentimenti riguardo a quanto viene raccontato. Egli dunque introduce abbracci di donne (periploka;" gunaikw'n) e chiome scarmigliate (kovma" dierrimmevna") e denudamenti di seni (mastw'n ejkbolav"), e, oltre questo, lacrime e lamenti di uomini e donne (davkrua kai; qrhvnou" ajndrw'n kai; gunaikw'n ) trascinati via alla rinfusa con figli e vecchi genitori"3. Ci fu per esempio l'eccidio di Mantinea. Durante la guerra cleomenica, la città fu conquistata dai Macedoni alleati degli Achei, nel 223: secondo Filarco e Plutarco ( Vita di Arato 45, 6-9) la città subì un massacro che Polibio tende a nascondere o minimizzare. Lo storico di Megalopoli si limita a dire (II 54) che Antigono Dosone, dopo essere stato nominato capo delle forze alleate della lega ellenica costituitasi contro Sparta e gli Etoli, riuscì a sottomettere prima Tegea poi Mantinea, che nel 229 erano state prese da Cleomene.
Filarco viene biasimato per avere "faziosamente" descritto le sofferenze di questa gente.
Una critica del genere viene fatta da alcuni personaggi della nostra televisione a chi racconta gli orrori della guerra in Iraq: per esempio “Giuliano Ferrara che di fronte alle prove fotografiche della tortura fornite dalle stesse autorità americane, sproloquia di “episodi circoscritti” (almeno venticinque prigionieri morti per le sevizie dei militari Usa!), del virus che “ci indebolisce nella guerra”: non la tortura, beninteso, ma “la voracità morbosa di dire che è colpa dell’Occidente, di pubblicare immagini delle torture degli occidentali”. Cioè quel poco di spirito autocritico rimasto nelle opinioni pubbliche democratiche”4.

Secondo Episodio (568-792)
Arriva Andromaca con Astianatte presso il battito (lett. “remeggio”) delle mammelle (para; d j eijresiva/ mastw`n, v. 570)- che si muovono ritmicamente come i remi e vorrebbero portare via con loro sul mare il bambino, lontano da Troia ndr.-
Sono su un carro, con le armi di Ettore. Andromaca dà la colpa a Paride e ai suoi letti odiosi (596).

Nell’Andromaca la stessa dramatis persona chiama quel connubio ouj gavmon ajlla; tin j a[tan (103), non nozze ma un accecamento.
Del resto le nozze non sono mai ben viste da Euripide.
Contro le nozze Euripide si esprime già nell'Alcesti5 dove pure la protagonista è un'ottima sposa, anzi il corifèo la definisce "gunhv t j ajrivsth tw'n ujf j hJlivw/ makrw'/ " (v. 151), di gran lunga la più nobile tra le donne che vivono sotto il sole. Tuttavia il Coro, formato da vecchi di Fere, amici del re, concludendo il primo stasimo canta: “ou[pote fhvsw gavmon eujfraivnein-plevon h] lupei'n, toi'" te pavroiqen-tevkmairovmeno"6 kai; tavsde tuvca"-leuvsswn basilevw", o}sti" ajrivsth"-ajplakw;n ajlovcou th'sd j, ajbivwton-to;n e[peita crovnon bioteuvsei”, (vv. 238-242), non dirò mai che le nozze portino gioia più che dolore, argomentandolo dai fatti passati e vedendo questa sorte del re, il quale, persa l'ottima sposa, vivrà in futuro una vita non vita.
Più avanti Admeto ribadisce: “zhlw' d j ajgavmou" ajtevknou" te brotw'n :-miva ga;r yuchv, th'" uJperalgei'n-mevtrion a[cqo".-paivdwn de; novsou" kai; numfidivou"-eujna;" qanavtoi" kerai>zomevna"-ouj tlhto;n oJra'n, ejxo;n ajtevknou"-ajgavmou" t j ei\nai dia; pantov"” (Alcesti, vv. 882-888), invidio quelli senza nozze e senza figli tra i mortali: infatti una sola è la vita e l’angoscia per questa è un peso sopportabile. Le malattie dei figli invece e i letti nuziali devastati dalle morti non sono tollerabili da vedere, quando è possibile rimanere del tutto privi di figli e di nozze.

Ecuba lamenta ancora la sciagura, e il Coro nota la dolcezza delle lacrime per quelli che se la passano male (wJ~ hJdu;7 davkrua toi`~ kakw`~ pepragovsi, v. 608). Euripide, attraverso la vecchia regina, ricorda la consolazione che deriva dalla poesia che contiene dolori.
E’ la stessa poetica che si trova nella Medea (vv. 195-197).

Ecuba nota che gli dèi sollevano in alto come torri (purgou``s j a[nw, v. 612) gente che non vale nulla, mentre a volte abbattono quelli che meritano reputazione.
L’apparenza talora violenta anche verità dice Adimanto, fratello di Platone citando Simonide : “to; dokei`n kai; ta;n ajlavqeian bia`tai” (Repubblica, 365c).
Ma può succedere pure il contrario.

Ecuba aggiunge che la nobiltà è diventata schiavitù, con grandi cambiamenti (metabolaiv). La sorte infatti è capricciosa e imprevedibile8.

La vecchia regina rileva anche to; th~ ajnavgkh~ deinovn (v. 616), il terribile effetto della necessità.
Altrettanto fa il coro dell’Alcesti nel III stasimo 962 ssg.

CONTINUA
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1 Xestov~ è qualche cosa di liscio e ingannevole. Cfr. xevw, raschio.
Palinsesto (palimpsestus) invece è formato con palin e il verbo yavw che significa comunque “raschio”
2 nato a Naucrati ma vissuto ad Atene, nel III secol oa. C. , autore di Storie in 28 libri che andavano dal 272 al 219, anno della morte di Cleomene III, il re di Sparta ben visto da questo autore e mal visto da Polibio il quale dichiara di seguire le Memorie di Arato, stratego della lega Achea, per la narrazione della guerra cleomenica che oppose Sparta ed Etoli ad Achei e Macedoni.
Filarco, ci informa Mazzarino, "ha capito il genio di Cleomene III e la necessità della rivolta sociale, in mezzo al tramonto della gloriosa libertà greca. Michele Rostozev (Die hellenistische Welt , trad. ted., I, 146) ha detto benissimo:"la Grecia era dalla parte di Filarco, e non da quella di Arato e degli Achei difesi da Polibio" (Il Pensiero Storico Classico , II, 1, p. 126). Arato potenziò la lega achea, operò e scrisse in favore degli abbienti, mentre Filarco era favorevole a Cleomene III di Sparta. Questo re riformatore fu sconfitto a Sellasia, nel 222, da Antigono Dosone di Macedonia e dallo stratego acheo Filopemene, e per tale ragione gli scrittori suoi partigiani possono essere accusati di menzogna dallo storico partigiano dei vincitori nei quali si è incarnata la verità.
3 Polibio, Storie, II, 56, 7.
4 M. Travaglio, La scomparsa dei fatti, p. 124.
5 Del 438 a. C.
6 Trarre conclusioni congetturando dagli indizi offerti dal passato è un elemento che accomuna Euripide a Tucidide il quale procede appunto attraverso prove e indizi: cfr " ejk de; tekmhrivwn" di I, 1 o "tekmairovmeno"" di I, 21.
7 Cfr. suavis-sweet, süss-
8 Cfr. la conclusione di Medea, Andromaca, Alcesti, Elena, Baccanti con la medesima considerazione

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