venerdì 26 aprile 2019

Ecuba di Euripide 4


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Primo Episodio (vv. 154 - 443)
Inizia con una monodia di Ecuba , seguita da un commo con Polissena (154 - 215). A questa parte cantata seguono i trimetri giambici recitati (216 - 443).
L’infelice regina non sa nemmeno con quali gemiti o grida manifestare il suo dolore. Si definisce infelice per la vecchiaia infelice, per la servitù intollerabile, insopportabile. Ciede: chi mi difende? tiv" ajmuvnei moi; 160, quali figli? Quale patria? Il marito e i figli sono frou'doi scomparsi.
Il vecchio rimasto solo si sente come il bambino abbandonato dai genitori.
Ecuba è disorientata: non sa quale strada prendere.
Così desolata chiede aiuto a un dio o a un demone che la soccorra - ejparwgov" 164. Alle Troiane del coro dice che le hanno riferito di strazi cattivi che l’hanno annientata - ajpwlevsat j, wjlevsat j (167), non mi è più cara la vita alla luce del sole - oujkevti moi bivo" - ajgasto;" ejn favei (167 - 168)
Sono parole di resa che fanno pensare a quelle di Macbeth: “I gin to be aweary of the sun” (Macbeth, V, 5), comincio a essere stanco del sole.
La luce del sole significa vita illuminata dalla gioia di vivere.
Quindi la vecchia chiede al proprio piede sventurato tlavmwn pouv" di condurla alla tenda dove si trova la figlia della disgraziatissima madre, Polissena cui chiede ripetutamente di uscire –e[xelq j e[xelq j di dare ascolto al suo grido –a[ie matevro" aujdavn (174)
Esce, ossia entra in scena, Polissena spaventata dal gridare della madre tiv boa'/" ; che fa pensare al prossimo annuncio di qualche brutta, spaventosa novità - ti nevon;(177) che la fanno uscire colpita da sbigottimento w{st j o[rnin, come un uccellino (178)
Pure Polissena è tornata bambina in questo momento di terrore.

Anche nelle Troiane al piccolo uccello viene paragonato il bambino spaventato. Andromaca si rivolge al figlio prossimo a essere sacrificato dalla barbarie dei Greci, come sarà Polissena, con queste parole:
O figlio, tu piangi: ti accorgi dei tuoi mali?
Perché mi hai afferrata con le mani e ti tieni stretto alle vesti,
Come un uccellino - neosso;" wjseiv - rifugiandoti nelle mie ali? (749 - 751)

La madre alza un altro lamento oi[moi tevknon (Ecuba, 180) e la figlia le domanda tiv me dusfhmei'" ; perché mi rivolgi parole di cattivo augurio? Il preludio a me rivolto è cattivo froivmiav moi kakav (181).
La madre accenna dolorosamente alla vita della figliola - aijai' sa'" yuca'" -
Tale allusione reticente accresce la paura di Polissena che vuole venga determinato l’annuncio di sciagura - mh; kruvyh" darovn - deimaivnw deimaivnw, ma'ter . Le domanda perché gema (183 - 185)

Cfr. Sofocle, Edipo re:"Ahimé, innumerevoli –ajnavriqma - infatti sopporto/le pene e mi sta male tutto/lo stuolo, e non c'è arma della mente con cui uno si difenderà (vv. 168 - 171)" - : diversamente da Edipo che vuole misurare e commisurare(cfr.vv.73 - 84), il coro non riesce più a contare le sofferenze. Quando le pene sono innumerevoli non si sa più neanche per quale ragione si soffre e viene meno la capacità di reagire.
Cesare Pavese nell'ultima pagina de Il mestiere di vivere , in data 18 agosto 1950, ossia dieci giorni prima di ammazzarsi, scriveva:"Più il dolore è determinato e preciso, più l'istinto della vita si dibatte, e cade l'idea del suicidio".

Ecuba continua a commiserare la figlia e se stessa senza specificare, ma Polissena la incalza - tiv tovd j ajggevllei" ; (187) e la madre deve dirglielo: la decisione comune degli Argivi ha lo scopo di sgozzarti –sfavxai s j (188) sulla tomba del Pelide.
Cfr. Il sacrificio di Ifigenia Nell’Agamennone di Eschilo, il padre hJgemw;n oJ prevsbu~ (v. 185), il comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il tempo che andava sciupato nell’attesa che si placassero i venti kakovscoloi (193), forieri di ozio cattivo, naw'n kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195), sperperatori di navi e cordami, non osò diventare lipovnau~ (212), disertore della flotta e invece e[tla quth;r genevsqai qugatrov~ (224 - 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita Ifigenia, che venne sollevata sull’altare divkan cimaivra~ (232), come una capra, imbavagliata per giunta affinché non potesse proferire maledizioni contro la casa.
Polissena vuole sapere come faccia la madre a conoscere e gridare tali mali non augurabili a nessuno pw'" fqevggh/ ajmevgarta kakw'n (191 - 192).
Ecuba risponde che le hanno riferito tali decisioni degli Argivi sulla sua vita ta'" sa'" peri; yuca'" (197). Tali voci maledette riferisco, figliola - aujdw, pai'' dusfhvmou" fhvma" (194)ù
Polissena compiange prima che se stessa la madre, dalla nobile creatura che è. Nobile e nobilmente educata per quanto è ignobile Odisseo
La chiama madre di vita dolorosa, donna che ha sofferto di tutto e ora un demone le ha suscitato contro lwvban - ecqivstan ajrrhvtan tj (200) un oltraggio odiosissimo infame indicibile: io tua figlia non ci sarò più e non potrò più infelice condividere la schiavitù della tua infelice vecchiaia - oujkevti dh; - ghvra/ deilaivw/ deilaiva - sundouleuvsw (202 - 204)
Vedrai tua figlia strappata dalle tue braccia scendere nell’Ade con la gola tagliata - laimovtomon - laimov" oJ, gola - come una vitella cucciola nutrita sui monti ( skuvmnon gavr mj w[st j oujrivqrevptan - movscon 205 - 206)
Nelle Troiane di Seneca, Agamennone si oppone allo spietato Pirro che esige il sacrificio di Polissena :"Quidquid eversae pot
est/superesse Troiae, maneat: exactum satis/poenarum et ultra est. Regia ut virgo occĭdat/tumuloque donum detur et cineres riget/et facinus atrox caedis ut thalamos vocent,/non patiar. In me culpa cunctorum redit:/qui non vetat peccare, cum possit, iubet " (vv.285 - 291), tutto ciò che può sopravvivere di Troia sconvolta, rimanga: è stato fatto pagare abbastanza in fatto di pene e anche troppo. Non permetterò che la ragazza figlia della regina muoia e la sua vita sia donata a una tomba e spruzzi di sangue le ceneri e che il misfatto atroce dell’assassinio chiamino cerimonia nuziale: la colpa di tutti i misfatti ricade su me: chi non impedisce un delitto, quando può, è come se lo avesse ordinato.
Se deve essere fatto un sacrificio in onore di Achille, continua il dux "caedantur greges/fluatque nulli flebilis matri cruor" (vv. 296 - 297), si ammazzino animali del gregge e scorra il sangue che non faccia piangere nessuna madre umana.

 Giacerò al buio con i morti, continua Polissena, eppure con questi lamentosi canti funebri piango la tua sorte madre, non la mia vita lwvban luvman t j , oltraggio e vergogna, per me morire è l’accidente migliore - qanei'n moi - xuntuciva kreivsswn (214 - 215)

La coreuta annuncia l’arrivo di Odisseo spoudh'/ podov" con fretta di passo: ha intenzione di significarti nevon ti (216 - 217) qualche cosa di nuovo, cioè di brutto.
Entra in scena il subdolo e malvagio demagogo ( cfr. i vv 131 - 132)
e riferisce il volere dell’esercito, la votazione già effettuata - yh'fon kranqei'san (219).
Cfr. le Supplici di Eschilo con il re Pelasgo che fa dipendere la sua decisione di accogliere le Danaidi dal voto del popolo di Argo.

Agli Achei è sembrato bene sgozzare tua figlia Polissena pai'da sh;n Poluxevnhn sfavxai, sul tumulo eretto sopra la tomba di Achille - pro;" ojrqo;n cw'm j [Acilleivou tavfou (221).
Il sacerdote - ijereuv" - di questo sacrificio sarà pai'" j Acillevw" il ragazzo di Achille (224). 
Un sacerdote tutt’altro che santo.

Nell’Andromaca (del 426) “il ragazzo di Achille” subisce la morte per lapidazione dalla non santa pretaglia delfica aizzata da una voce terribile proveniente dal tempio.
 Neottolemo, il figlio di Achille, stando sotto gli occhi di tutti, prega il dio, e mentre viene ferito, domanda:"tivno" m j eJvkati kteivne t j eujsebei'" oJdou;" hJvkontapoiva" o[llumai pro;" aijtiva";", perché mi uccidete sulla strada della pietà? Per quale colpa muoio?" ( Andromaca, vv.1125 - 1126), ma nessuno dei molti presenti gli rispose; anzi lo uccisero colpendolo con pietre. Tutto questo è raccontato da un messo che alla fine della rJh'si" (v.1164) accusa Apollo di essere wJvsper a[nqrwpo" kakov", come un uomo malvagio, e domanda:"pw'" aj;n ou'jn ei[h sofov";", come potrebbe essere saggio?

Odisseo prosegue suggerendo a Ecuba di non opporre resistenza: deve riconoscere la forza in campo: e la presenza dei mali tuoi “givgnwvske d’ ajlkh;n kai; parousivan kakw'n - tw'n sw'n (226 - 227)
Nei mali è saggio capire quello che è necessario - sofo;n toi ejn kakoi'" a} dei' fronei'n (227)
Ecuba sente la presenza dell’ajgw;n mevga" (229) la grande gara, quella decisiva. Sarà una gara piena di gemiti e non vuota di lacrime (230 plhvrh" stenagmw'n oujde; dakruvwn kenov")

Nella Medea di Euripide la protagonista dice
“Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio,
 noi donne siamo la creatura più tribolata:
noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito
con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone
 del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male.
E in questo sta la gara massima - ajgw;n mevgisto" - prenderlo cattivo
 o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo (vv. 230 - 237)
ajgw;n mevgisto" ( v. 235):
Antifonte sofista afferma che le nozze sono un grande agone in effetti: "mevga" ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn[1].

CONTINUA


[1]Intorno alla Concordia fr. 49 Untersteiner.

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